Al-Qāʿida (AQ) è oggi un’organizzazione terroristica significativamente diversa da quella che ha compiuto gli attacchi dell’11 settembre 2001. l’analisi della struttura, dell’evoluzione e del rapporto con le cellule affiliate.
Nato nel 1988, originariamente il gruppo si componeva di veterani della rivolta afghana contro l’Unione Sovietica, con una struttura di comando centralizzata e composta principalmente da egiziani, provenienti dalle file della Fratellanza Musulmana.
Negli anni successivi, data l’attenzione che le potenze internazionali rivolsero all’organizzazione, al-Qāʿida si trasformò in una rete globale, moltiplicandosi in cellule affiliate ed infiltrate nel tessuto sociale, che riceveva finanziamenti, addestramento e approvvigionamento militare, guardando alla leadership per l’orientamento strategico, la propaganda teologica e una più ampia narrativa della lotta globale.
Il comando centrale era dislocato tra le zone montuose del Pakistan nord-occidentale confinanti con l’Afghanistan; mentre i franchising attivi lungo le principali direttrici commerciali – dall’Oceano Atlantico al Mar Cinese Meridionale, dalla Nigeria alla Cina, dalla Russia meridionale a Zanzibar – si costituirono come centri di potere del movimento.
Osāma bin Muhammad bin ʿAwaḍ bin Lāden, più noto come Osāma bin Lāden, saudita di etnia Kindita Yemenita, figlio del milionario Mohammed bin Awad bin Laden, durante i suoi studi in Arabia Saudita si avvicinò al Qutbismo, variante ideologica dei Fratelli Musulmani, ispirati dagli scritti di Sayyid Qutb. Uno degli obiettivi del Qutbismo era quello di colpire i regimi nazionalisti e socialisti degli Stati a maggioranza musulmana.
Con l’invasione sovietica dell’Afghanistan, che di fatto minacciava il dār al-islām, l’insieme di territori dell’imperio politico e giuridico dell’Islam, Bin Laden decise di unirsi ai Mujahideen e provare ad applicare le teorie qutbiste, sebbene mancassero le strutture per organizzare e indirizzare l’impegno degli aspiranti jihadisti1.
Già in Afghanistan dal dicembre del 1979, Osama bin Laden affermò la sua abilità imprenditoriale, finanziando quindi i Mujahideen afgani e gettando “le basi” per la creazione di una rete di uffici di reclutamento. Tale network, Maktab al Khidamat (MAK, Ufficio dei Servizi) può essere considerato come precursore organizzativo di Al-Qāʿida.
Se, però, i due principali esponenti dell’organizzazione – Bin Laden e Abdullah al Azzam – convergevano sull’obiettivo finale (organizzazione e nell’esecuzione di violente azioni ostili, sia nei confronti dei vari regimi islamici filo-occidentali definiti munāfiqūn (ipocriti), sia del mondo occidentale, definito sommariamente kufr (infedele), diverse furono le strategie messe in atto. Azzam incitava alla forza del gruppo come reazione islamica a difesa dei musulmani, ovunque fossero in pericolo. Al contrario, secondo Bin Laden, Al-Qāʿida doveva combattere prima la guerra sovietico-afgana e poi allungare i tentacoli per rovesciare i regimi apostati musulmani in altri paesi del mondo.
Nel novembre del 1989, l’omicidio di Azzam, forse per un gioco di potere, lasciò solo alla guida dell’organizzazione Bin Laden il quale diede nuovo impulso e una nuova direzione alla strategia jihadista. A distanza di un anno, l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq e la minaccia all’Arabia Saudita offrì a Bin Laden l’occasione di ottenere il consenso della famiglia reale saudita a scatenare l’esercito di Mujahideen contro gli americani. Le aspettative furono però disattese, perché la Monarchia saudita favorì il dispiegamento di una forza di coalizione guidata proprio dagli Stati Uniti. Una decisione che rafforzò la visione che Bin Laden aveva del nemico occidentale, principale fonte dei mali dell’Islam. Infatti, la presenza americana fu avvertita come un duplice atto di aggressione: l’invio di truppe americane in Arabia Saudita, testa di ponte per il Kuwait, temuta come occupazione militare da parte di soldati infedeli con il pretesto di proteggere il territorio; e la corruzione e l’apostasia delle autorità saudite2.
È in questa fase che Bin Laden, nel 1991, trovò rifugio nel quartiere di Al-Riyadh a Khartoum, in Sudan, accolto da Hassan al Turabi, Segretario generale della Popular Arab Islamic Conference3 che sostenne le attività clandestine dell’organizzazione consentendo a Bin Laden di stabilire un solido sostegno per i Mujahideen. La diffusione dell’ideologia di Al-Qāʿida tra segmenti radicalizzati della popolazione del Medio Oriente diventava una minaccia concreta, fonte di preoccupazione per le monarchie del Golfo per i delicati equilibri della regione mediorientale4.
Il crescente pericolo islamista, avvertito a livello internazionale, spinse Bin Laden a trovare un rifugio più sicuro. La scelta ricadde sull’Afghanistan, per la vicinanza alle basi installate in Pakistan e perché il regime dei Taliban da poco instauratosi a Kabul, gli era favorevole. Il vuoto politico post-invasione sovietica era stato occupato proprio dai talebani, il cui leader, il mullah Omar, reduce della guerra contro l’esercito sovietico. Il mullah Omar ed Osama Bin Laden avevano interessi convergenti. Il Mullah controllava grandi porzioni di territorio, pur non avendo risorse economiche per gestirlo. Bin Laden, al contrario, aveva disponibilità economica, ma privo di un territorio da gestire ed organizzare i campi per i nuovi volontari di Al Qaeda: l’intesa fu immediata.
I talebani autorizzarono la riapertura dei campi di addestramento per i volontari arabi, la gestione fu assegnata a componenti sauditi e yemeniti di Al-Qāʿida, oltre a militanti egiziani, sotto la guida di Ayman al-Zawahiri.
Un’alleanza che si consolidò su posizioni onorarie, legami matrimoniali, funzioni amministrative, sostegno finanziario e coinvolgimento nel traffico di esseri umani. Bin Laden, Emir di Al-Qāʿida, divenne componente del Consiglio degli Anziani dei Talebani e il mullah Omar del Majlis al-Shura, Assemblea consultiva di Al-Qāʿida. La struttura interna al movimento prevedeva che le diverse commissioni, ciascuna guidata da un emiro, riferissero all’Assemblea consultiva sulle rispettive aree di specializzazione: addestramento, attività, finanziamento, teologia, comunicazioni e propaganda. Nelle prime fasi dell’addestramento militare, durante gli incontri di propaganda gestiti dai leader del movimento, i potenziali Mujahideen erano reclutati e sistemati in alloggi noti come “stanze di accoglienza” (Beit) e ripartiti in base all’etnia, all’istruzione religiosa o scelti in base alla nazionalità, alle abilità tecniche e alle connessioni locali5.
L’addestramento durava quasi un anno e coloro che superavano le prove diventavano a tutti gli effetti combattenti. Le strutture di addestramento erano organizzate e suddivise in compartimenti sempre più specializzate, soprattutto con l’arrivo di una nuova generazione di esperti di guerra. La maggior parte dei militanti, poi, facevano ritorno nelle terre d’origine, formando celle dormienti e fornendo supporto logistico in attesa di ordini per preparare o partecipare a attacchi terroristici.
Le attività dei mujaheddin si concentravano su quattro principali missioni. Innanzitutto, le operazioni di reclutamento, nei campi di addestramento militare, situati principalmente in Afghanistan, ma anche nelle Filippine e nello Yemen.
Secondo obiettivo era quello di recuperare materiale specifico per gruppi di militanti e, infine, raccogliere fondi attraverso attività illecite, il crimine organizzato, il traffico di documenti falsificati, contraffazione, frodi con carte di credito e commercio di droga e armi.
Ultima fase, era il supporto logistico alle milizie6. Vari movimenti estremisti unirono le proprie forze, tra cui Al-Jihad, Harakat al-Ansar o il gruppo jihadista in Kashmir o nel Bangladesh (Harakat Al-Jihad). Il coinvolgimento nei sottogruppi, generati dalla rete afgana, era la prova del fatto che tali reti fossero composte da individui di diverse nazionalità che condividevano una comune volontà di colpire gli avversari. Al Qaeda riuscì a dislocare in più di cento paesi cellule autonome collegate ad altre organizzazioni terroristiche, quali:
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Jihad islamica in Egitto è una organizzazione islamista egiziana attiva dai tardi anni settanta che trova le sue origini dai Fratelli musulmani. Oggi è elencata dalle Nazioni Unite tra le entità appartenenti o associate ad al-Qāʿida7.
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Il gruppo combattente islamico libico Al-Jama’a al-Islamiyyah al-Muqatilah bi-Libya), conosciuto anche con la sigla LIFG, è un’organizzazione terroristica fondata negli anni ottanta dai mujaheddin libici veterani della guerra in Afghanistan. Dal 2001 l’organizzazione è stata inserita fra le organizzazioni legate ad Al-Qāʿida e successivamente, su decisione del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU il gruppo è stato messo al bando a livello internazionale.
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Al-Qāʿida della penisola arabica conosciuta anche come Ansar al-Sharia (abbreviato AQAP), è un’organizzazione che opera principalmente nello Yemen e in Arabia Saudita. È un gruppo di stampo jihadista salafita formato nel 2009 dalla fusione delle branche yemenita e saudita di Al-Qāʿida8. In seguito alla rivolta del 2011 e allo scoppio della guerra civile in Yemen nel 2015, AQAP, che controlla alcune porzioni di territorio nella regione centrale del Paese, si oppone al governo di Hadi, al gruppo sciita degli Huthi e ai rivali jihadisti sunniti affiliati allo Stato Islamico9
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Al-Qāʿida in Iraq (AQI) Il gruppo era nato come diramazione irachena di al-Qāʿida, evolutosi dalla Jama’at al-Tawhid wa al-Jihad10, ed era comandato da al-Zarqāwī. È stato il secondo stadio del nucleo operativo che porterà alla nascita dell’Isis.
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Lashkar-e-Taiba e Jaish-e-Muhammad, in Kashmir (LeT) è l’ala armata dell’organizzazione religiosa di base in Pakistan Markaz-ud-Dawa-wal-Irshad (MDI), movimento sunnita anti Stati Uniti formato negli anni ’80 in opposizione anche ai sovietici in Afghanistan. LeT è emerso negli anni ’90 come ala militare, è guidato da Hafiz Muhammad Saeed ed è uno dei tre gruppi più grandi e meglio addestrati che attualmente combatte in Kashmir contro l’India11.
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Movimento islamico, in Uzbekistan;
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Al Qaeda nel Maghreb islamico, abbreviato AQMI o AQIM. Fino al 2005 era noto come Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento. Dal 2012, è diventato attore non secondario nella guerra civile che in Mali portando alla dichiarazione dell’indipendenza del settentrione di quel paese (Azawad), abitato prevalentemente dalla componente tuareg. Nel 2016, insieme ad al-Murabitun, al-Qāʿida nel Maghreb islamico si rende protagonista di un attentato a Ouagadougou contro un ristorante e un hotel, provocando 30 morti, e di un attentato in Costa d’Avorio contro dei resort e delle spiagge frequentati da turisti occidentali, provocando 18 morti. Tra i leader del gruppo spicca la figura di Mokhtar Belmokhtar12
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Gruppo islamico armato, nato in Algeria nel 1991 dopo che il governo rifiutò di riconoscere il risultato elettorale favorevole agli islamisti. Tra le azioni riconosciute alla GIA il dirottamento del volo Air France 8969 nel 1994, e diversi violentissimi attacchi contro la popolazione algerina (in particolare massacro di Hai Rais il 23 settembre 1997 con più di 500 vittime, e quello di Bentalḥa il 29 agosto 1997 con oltre 250 vittime).
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Gruppo Abu Sayyaf, in Malesia e Filippine; Nato negli anni ’90 con l’obiettivo di creare nelle Filippine meridionali uno Stato islamico che si basasse sugli insegnamenti del Wahhabismo salafita13
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Jemaah Islamiya, nel Sud-est asiatico. La Jemaah Islamiyah (JI) fu fondata nel 1994 da Abu Bakar Bashir ed Abdullah Sungkar, due religiosi indonesiani, con lo scopo di diffondere l’interpretazione radicale dell’islam e reclutare militanti impegnati nel Jihād14
Questo non determinò la creazione di una struttura piramidale, ma Bin Laden si affermò come figura centrale e stratega del gruppo.
L’11 settembre 2001, alle 8:45, il volo 11 dell’American Airlines, in rotta da Boston a Los Angeles, si schiantò contro la Torre Nord del World Trade Center di New York. Alle 9:05, il volo 175 della United Airlines, il cui itinerario era identico, volò nella torre sud del Trade Center. Alle 9:39, il volo 77 dell’American Airlines diretto da Los Angeles su Washington si schiantò contro il Pentagono. Alle 10 del mattino, il volo 93 della United Airlines, su una rotta Newark-San Francisco, precipitò a terra nella contea di Somerset, in Pennsylvania, obiettivo era la Casa Bianca. Ogni aereo era stato dirottato da un gruppo di almeno quattro terroristi, che avevano frequentato scuole di volo negli Stati Uniti.
L’entità dell’attentato fu la prova concreta delle capacità strategiche di Al-Qāʿida15. Nel più sanguinoso attacco terroristico della Storia, Al-Qāʿida aveva segnato un colpo diretto contro obiettivi altamente significativi. Il World Trade Center fu scelto in quanto simbolo dell’arroganza americana e del potere economico, e per dare inizio ad una guerra globale che aveva come obiettivi tutti gli interessi nemici e la finalità di dare continuità agli attacchi contro gli Americani. Al-Qāʿida si era dimostrato all’altezza della capacità tecnologica americana, tanto da ripristinare l’equilibrio di potere tra Islam e il regno degli infedeli, con l’inizio di una fase di terrore generale, di paura diffusa che minacciava la sicurezza e l’incolumità di ogni singolo cittadino, una guerra psicologica di cui Bin Laden si confermò abile stratega.16
La repressione internazionale seguita agli attacchi dell’11 settembre limitò drasticamente le risorse di Al-Qāʿida e molti esponenti dell’organizzazione furono catturati o uccisi, portando gli esperti a mettere in discussione l’importanza della leadership centrale.
Se gli obiettivi de “la base” erano stabilire un califfato pan-islamico in tutto il mondo, lavorando con gruppi estremisti islamici alleati; rovesciare i regimi che ritiene “non islamici” ed espellere occidentali e non musulmani dai paesi musulmani, dopo vent’anni di lotta niente era stato realizzato e, nonostante i suoi precedenti sforzi per proteggere Al-Qāʿida, Bin Laden, colpendo la superpotenza americana e rivendicando la responsabilità, aveva messo in pericolo la stessa sopravvivenza del gruppo.
La morte di Bin Laden nel maggio 2011 e la comparsa di Daesh sullo scenario internazionale potrebbero far presagire un indebolimento dell’organizzazione. Lo Stato Islamico ha effettivamente attirato l’attenzione del mondo, ma Al-Qāʿida ha ricostruito e rafforzato silenziosamente i suoi vari rami, implementando una strategia progettata per proteggere la sua leadership ancora esistente e consolidare discretamente la sua influenza ovunque il movimento abbia una presenza significativa. Il numero dei principali leader di Al-Qāʿida inviati in Siria negli ultimi sei anni sottolinea l’alta priorità che il movimento attribuisce a quella crisi. In effetti, la presenza di Al-Qāʿida in Siria è molto più dannosa di quella Daesh e l’assenza di operazioni potrebbe far pensare alla ricostruzione del gruppo senza subire interferenze.
Il successo del gruppo nel risorgere della sua rete globale potrebbe essere il risultato dell’attività di franchising decentrato, che ha facilitato la sopravvivenza del movimento. Lasciare che lo Stato Islamico assorba tutti i colpi della coalizione, mentre Al-Qāʿida ricostruisce la sua forza militare.
Note
1 Cfr. https://fas.org/irp/world/para/post.pdf;
2 Cfr. Cfr. Gérard Chaliand and Arnaud Blin, The History of Terrorism, from antiquity to Al Qaeda, UNIVERSITY OF CALIFORNIA PRESS;
3 Conferenza del Congresso arabo e islamico popolare del 1991 ha cercato di unificare i Mujahideen e altri elementi Islamici sulla scia del ritiro sovietico dall’Afghanistan e della sconfitta irachena nella Guerra del Golfo. La conferenza nasce come alternativa all’Organizzazione della Conferenza islamica dominata dai sauditi , sebbene non avesse i suoi mezzi finanziari
4Cfr. https://fas.org/sgp/crs/terror/R41070.pdf;
5Cfr. Jason Burke, Al-Qaeda. La vera storia, Feltrinelli Editore, 2004 – 338 pagine;
6Cfr. Rohan Gunaratna and Aviv Oreg, “Al Qaeda’s Organizational Structure and its Evolution,” Studies in Conflict & Terrorism, vol. 33, no. 12 (December 2010);
7https://www.un.org/sc/ctc/
8https://www.bbc.com/news/world-middle-east-11483095
9https://www.opiniojuris.it/?s=yemen
10https://www.globalsecurity.org/military/world/para/zarqawi.htm
11https://www.notiziegeopolitiche.net/analisi-ai-raggi-x-lashkar-e-taiba/
12https://www.opiniojuris.it/mokhtar-belmokhtar-gli-equilibri-del-jihad-africa-occidentale/
13https://www.opiniojuris.it/filippine-le-origini-abu-sayyaf/
14https://www.opiniojuris.it/singapore-la-minaccia-jemaah-islamiyah/
15Cfr. https://www.state.gov/documents/organization/10288.pdf;
16Cfr. https://www.nato.int/nato_static/assets/pdf/pdf_2011_09/20110907_thematic-biblio-0811.pdf.
Copertina: Zinjibar Yemen July 11 2012: A Yemeni policeman retrieves a fixture of a destroyed water-fountain outside the Governor’s Office in the town of Zinjibar, in Abyan province. Al Qaeda in the Arabian Peninsula (AQAP) occupied a big swath of Abyan before being driven out by a combination of government troops, armed groups of citizens and US drone attacks. Noor