Dal 2019 le proteste di piazza chiedono una nuova Algeria che, nonostante apparenti aperture da parte del Presidente, sembra ben ancorata al passato.


 

Bouteflika si propone per un quinto mandato infiammando il malcontento.

Il nome di Abdelaziz Bouteflika come candidato alle presidenziali del 18 aprile 2019 aveva scatenato proteste popolari che, incanalate nel movimento Hirak, chiedevano il suo allontanamento e quello del suo entourage dalla vita politica del Paese per avviare un processo di transizione politica e riforme. A capo della nazione algerina dal 28 aprile 1999, Bouteflika[1] avrebbe corso per un quinto mandato presidenziale, ma la pressione delle piazze e in seguito dello stato maggiore della difesa[2], lo costringeranno a dimissionare il 2 aprile, qualche settimane prima del termine del suo mandato.
Le procedure dettate dalla Costituzione metteranno nelle mani del presidente del Consiglio nazionale[3], Abdelkader Bensalah la presidenza ad interim. Figura di rilievo del vecchio pouvoir la sua nomina, anche se prevista dalla Costituzione, suscita nuovamente le proteste nelle piazze.

Il proseguimento di queste indurrà il Consiglio costituzionale ad indire nuove elezioni presidenziali per il dicembre 2019 dalle quali uscirà vincitore l’ex primo ministro di Bouteflika, Abdelmadjd Tebboune.[4] Le intenzioni di apertura del nuovo presidente si scontreranno fin da subito con l’Hirak e le opposizioni di sinistra che in questi passaggi istituzionali non vedono una parvenza di cambiamento, ma un riassetto dello status quo.

L’Algeria non è nuova a questi eventi, già in passato elezioni e i seguenti rimpasti di governo non avevano fatto altro che riassegnare il potere alle figure chiave del système. La riforma costituzionale messa a referendum nel dicembre 2020 rientra infatti nell’abitudinaria storia politica algerina. Durante la presidenza di Chadli Bendjedid[5] le proteste popolari vennero represse per poi divenire lo slancio per convincere l’élite ad aprire il sistema politico e a renderlo più libero. Attraverso un emendamento costituzionale, che legalizzo la formazione di altri partiti politici oltre all’egemonico Fln, si diede il via ad un timido sistema multipartitico.

Alle urne il 12 giugno 2021

Il 2021 porta nuove proteste di piazza, nonostante siano ancora presenti molte restrizioni per impedire il propagarsi della pandemia. A febbraio l’Hirak scende nuovamente nelle piazze contro la decisione di Tebboune di sciogliere anticipatamente l’Assemblea nazionale popolare, la camera bassa del parlamento, con l’intenzione avviare elezioni anticipate che permettano di coinvolgere maggiormente i giovani algerini protagonisti delle manifestazioni. Nel mese successivo verrà modificata la legge elettorale che prevede che almeno la metà dei candidati sia under 40 e che abbia almeno un titolo di laurea.

Alle elezioni del 12 giugno si sono presentate 1028 liste indipendenti e 1080 partiti politici[6]. Il 23 giugno il presidente del Consiglio costituzionale Kamel Fenniche ha comunicato ufficialmente i risultati elettorali: l’FNL (Front national de Liberation) vince e ottiene 94 seggi, seguiti dagli Indépendants con 84 seggi e dal MSP (Mouvement de la société pour la paix)[7] con 65 seggi. La vittoria del Fronte e la mancanza di nuove e forti personalità al suo interno in opposizione alle vecchie figure, non fa che evidenziare ancora la presenza del vecchio pouvoir. Il partito infatti è storicamente un pilastro importante della politica algerina assieme al suo più recente alleato, il Rassemblement national démocratique (RDN), di ispirazione conservatrice che ha ottenuto 58 seggi. Il Parlamento quindi rispecchierà le forze tradizionali, gli indipendenti e l’ascesa degli islamico-consevatori dell’MSP. Grandi sconfitte saranno le donne poiché solo 35 sono state elette contro le 136 che sedevano nella precedente composizione parlamentare, in ragione della soppressione del sistema delle quote del 2012. Il 67% dei seggi appartiene a persone laureate. L’elezione del Presidente dell’Assemblea a scrutinio segreto vedeva competere due candidati: Ahmed Sadok dell’MSP e Ibrahim Boughali della lista indipendente “Wihda wa Tadawl” che vincerà lo scrutinio segreto.


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Conflitto aperto tra opposizione e governo

Il tasso di partecipazione è stato del 23,03%, su 24 milioni di persone aventi diritto al voto solo 5,6 milioni si sono recate alle urne.[8] In Cabilia, storica regione berbera che rivendica la sua indipendenza dal governo centrale, ci sono stati scontri e la polizia ha eseguito arresti secondo le ONG che operano sul territorio. Sui social sono circolate foto di schede elettorali sparse per le strade e bruciate.

L’Hirak e i movimenti laici di sinistra sin da subito avevano dichiarato le elezioni come una mascherata elettorale e promosso il boicottaggio delle stesse. Durante la campagna elettorale il movimento di protesta, assieme a giornalisti e attivisti per i diritti umani, è stato oggetto di arresti da parte delle autorità, nonostante le promesse di dialogo da parte di Tebboune. Periodiche amnistie degli imprigionati appartenenti al movimento e attivisti sono arrivate tra il 2020 e il 2021, anche questo copione già visto. Nel 1999, in un contesto ben più violento di quello attuale, Bouteflika fresco di mandato presidenziale indisse un referendum (approvato dalla popolazione) di amnistia per convincere i movimenti islamisti ad abbandonare la violenza. La medesima situazione si riproporrà nel 2004 con la sua rielezione. La situazione risulta ancora preoccupante per i movimenti civili algerini. Secondo il Comité national de libération des détenus (CNLD) più di 300 persone vicine all’Hirak e attivisti per le libertà sono ancora detenuti nelle carceri.

Il contesto generale

I movimenti di protesta non hanno solo come obiettivo l’apertura del sistema politico ma sono anche fomentate dall’attuale contesto economico dominato da una forte disoccupazione, soprattutto giovanile, e fortemente dipendente dalla produzione ed esportazione di idrocarburi. Le misure restrittive per il contenimento della pandemia e il calo della produzione di greggio hanno portato ad una contrazione del PIL reale del 2020 stimata al 5,5%.

La gestione dell’emergenza sanitaria è molto contestata: la variante Delta si sta abbattendo sugli ospedali saturi di pazienti e in cui comincia a scarseggiare l’ossigeno, tanto è che il Ministero della Salute ha concesso l’importazione senza licenza di alcuni dispositivi medici. La società civile si è pertanto attivata, fondi arrivano anche dalla diaspora algerina, bloccata all’estero dal 17 marzo 2020 quando l’Algeria ha chiuso le frontiere.


Note 

[1] Nel novembre 2008 Bouteflika ha introdotto un emendamento costituzionale che ha rimosso il limite di due mandati all’eleggibilità dei presidenti, definiti dalla Costituzione algerina del 1996.
[2] Qualche settimana prima il capo di stato maggiore dell’esercito il generale Ahmed Gaïd Salah aveva invocato l’applicazione dell’art.102 della Costituzione che prevede che il presidente possa essere dichiarato in “état d’empêchement” (stato di incapacità), in caso di malattia grave e duratura che renda impossibile l’esercizio delle sue funzioni.
[3] La camera alta del Parlamento algerino
[4] Per un’analisi della figura dell’attuale presidente si veda https://www.opiniojuris.it/elezioni-algeria-tebboune-presidente/
[5] Altro longevo presidente dell’Algeria dal 1979 al 1992.
[6] Dati dell’Autorité nationale indépendante des élections (ANIE) incaricata dell’organizzazione dello scrutinio.
[7] Movimento islamico moderato vicini ai Fratelli Musulmani.
[8] Si nota un’ulteriore riduzione del tasso di partecipazione alle elezioni: nel 2017 è stato del 35.70% e nel 2021 del 42.90%.


Foto copertina: Il presidente algerino durante il giuramento del 19 dicembre 2019. REUTERS – Ramzi Boudina