E’ possibile interpretare le attuali dinamiche e intuire i futuri sviluppi? Possiamo comprendere la complessità dei mutamenti politici, sociali, culturali, ambientali e geopolitici attraverso la fantascienza, un genere narrativo troppo spesso erroneamente considerato di serie “B”. Damiano Greco con AnthropoChains distopie geopolitiche nella fantascienza (Rosenberg e Sellier) ci aiuta a comprendere le più raffinate opere Sci-fi  (Science Fiction).


Damiano Greco Dottore magistrale in Relazioni Internazionali e cooperazione allo sviluppo. Mediatore europeo per l’Intercultura.

Anno 2468 lo scioglimento dei ghiacciai provocato dall’aumento della temperatura, ha prodotto un innalzamento dei mari. Il pianeta è completamente sommerso e i pochi superstiti umani sono costretti a vivere su case galleggianti in una situazione di caos e anarchia. In questo scenario il protagonista Mariner (Kevin Costner) dall’aspetto umano ma dotato di branchie e piedi palmati, vaga alla ricerca di un pezzo di terra, bene primario diventato raro. Waterworld è un film fantascientifico del 1995, ma nella sua trama sottolinea un tema che di li a poco sarebbe diventato di primaria importanza: l’aumento delle temperature e lo scioglimento dei ghiacciai provocheranno un innalzamento del livello del mare il che metterà a rischio la vita di miliardi persone.
Di esempi di film di fantascienza che proiettano un futuro complicato spesso a causa delle azioni dell’uomo ce ne sono tanti, ma ciò che non può sfuggire all’occhio attento del lettore o dello spettatore, è l’incredibile correlazione tra il genere fantascientifico e la geopolitica. Damiano Greco[1] con AnthropoChains distopie geopolitiche nella fantascienza, ripercorre le più importanti opere Sci-fi[2] con una chiave geopolitica. Vedremo che dalla minaccia nucleare a quella ambientale, dal tema della migrazione alle “guerre stellari”, le opere di fantascienza risultano essere delle attente analisi sulla società che cambia dando una proiezione più o meno realizzabile di ciò che ci riserva il futuro. Intervista con l’autore.

Partiamo dal titolo AnthropoChains, distopie geopolitiche nella fantascienza, cosa significa?

Il titolo è stato suggerito da Arturo Lauria (il disegnatore della copertina e delle tavole interne che vanno ad aprire il volume). L’idea era quella di creare un gioco di parole con ‘Anthropocene’, definizione che sta ad indicare l’attuale epoca geologica provocata direttamente dall’azione dell’uomo (una serie di attività in condizione di ripercuotersi irrimediabilmente nei confronti dell’ambiente terrestre) sostituendo il secondo elemento -cene con il termine inglese “Chains” (catene) poiché tutte le innumerevoli tematiche trattate all’interno del saggio sono in qualche maniera unite e tra loro incatenate. Il sottotitolo, invece, è di più facile intuizione, con i curatori editoriali della collana OG (Orizzonti geopolitici) di Rosenberg & Sellier abbiamo cercato di portare il lettore a collegare senza troppe difficoltà la sempre più influente materia di studio con il mondo dell’intrattenimento Sci-Fi a 360°.

In copertina troviamo Ronald Reagan, perché?

La scelta di rappresentare il 40º presidente USA non è casuale, una figura tanto carismatica quanto popolare capace di unire sapientemente l’arte della comunicazione (frutto della sua carriera cinematografica) con le doti di un astuto politico. L’ex leader repubblicano riuscirà – nel corso degli anni ’80 – non solo a traghettare il mondo verso la fine della Guerra Fredda, ma anche a risaldare la società americana dopo le delusioni degli anni antecedenti (Guerra del Vietnam, crisi energetica e scandalo Watergate) svelando, al tempo stesso, tutte le falle del sistema neoliberista sàturo di contraddizioni, terreno fertile per coloro che all’epoca vollero cimentarsi nel rappresentare il presente e anticipare speculativamente l’avvenire. Gli anni ’80, quindi, furono un decennio importante da molteplici punti di vista e la fantascienza seppe cavalcare quel periodo magistralmente, il genere rivivrà una seconda Golden Age (dopo quella degli anni ’50) riuscendo a rappresentare le perplessità e i dilemmi di questa particolare epoca storica che fece registrare in quasi tutto l’Occidente una forte crescita economica, ma trascinandosi inevitabilmente numerose incongruenze. Il genere cyberpunk si consoliderà proprio come diretta conseguenza degli eccessi del sistema vigente e dai rapidi avanzamenti tecnologici incapaci, per molti aspetti, di seguire di pari passo lo sviluppo umano (High Tech, Low Life). Blade Runner (1982) dipingerà, ad esempio, un cupo affresco futuristico dove intravederemo una società allo sbando schiacciata dagli effetti di un turbocapitalismo incontrollato in grado di ripercuotersi negativamente nei confronti delle fasce più deboli e vulnerabili della società. Insomma, come avrete capito, un’era di grande fermento creativo incentivata dalle virtuose o più opinabili decisioni prese dalle varie leadership politiche di allora e che hanno modellato negli anni avvenire l’intero sistema globale fino ad arrivare al nostro presente.

Geopolitica e fantascienza nei rispettivi campi sono considerati per diversi motivi temi di serie “B”, ma sembrano andare a braccetto. Per quale motivo?

Come scrivo nell’introduzione del saggio la Science Fiction si occupa di tutto ciò che l’opinione comune considera possibile dipingendo una realtà futuribile, seguendo le innovazioni tecnologiche e le sue ripercussioni, risulta un’attenta osservatrice della società, monitorando i mutamenti geopolitici e gli sviluppi di eventi internazionali per trarne ispirazione. La fantascienza argomenta astutamente e senza timore la nostra attualità proiettandola verso congetturati sviluppi dove i rapporti di potere mutano in continuazione componendo nuovi equilibri dettati da decisioni prese oggi, nel nostro presente, un chiaro campanello d’allarme che non possiamo permetterci di non ascoltare. Affrontare questi concetti – anche in chiave ludica e di intrattenimento – significherebbe innalzare la coscienza di noi tutti. Nelle narrazioni più raffinate, spesso e volentieri, infatti, si invita lo spettatore alla riflessione e alla critica con la finalità di far comprendere meglio il mondo che ci circonda. Viviamo in un tempo di grande caos e i ruoli fondamentali vengono interpretati sempre con maggiore enfasi dalle guerre, dal terrorismo, dalle forme sempre nuove di jihadismo, dalle ondate di profughi e migranti che giungono con grande disperazione sulle nostre coste, dalla necessità di conservazione della natura, del rispetto dei popoli indigeni, dal cambiamento climatico, dai problemi razziali, dal traffico di esseri umani, dal sovrappopolamento, dal turismo irresponsabile, dal consumismo sfrenato, dalla attuale pandemia e, infine, da tanti altri fattori. A causa di tutto ciò, mai come oggi, abbiamo bisogno di lucidità, di comprendere dettagliatamente i nessi e le cause, di pensare che è possibile invertire il cambio di rotta fin quando ancora si è in tempo e di immaginare un futuro di progresso, non solo tecnologico, ma anche sociale e culturale per l’intera l’umanità, tenendo a mente che un grande progetto nasce sempre da una idea e quest’ultima deve necessariamente essere stimolata dall’immaginazione. La fantascienza – genere che ha affrontato più e più volte tali argomenti – può venirci in aiuto per guidarci nella realizzazione di tale arduo compito attraverso la profondità narrativa, le tematiche visionare e i dipinti a sfondo filosofico su cui ruotano moltissime opere. È indispensabile che la politica, la società civile, l’ambiente scientifico e infine il mondo dell’intrattenimento possano incontrarsi e unire le forze per indagare e comprendere affinché si possano creare gli strumenti idonei e finalizzati a un’azione concreta.

Alcune trame dei film di fantascienza degli anni ’80 e ‘90 sembrano anticipato ciò che sarebbe accaduto nel futuro e che ora stiamo vivendo. Bravura degli sceneggiatori a proiettarsi nel futuro o queste tematiche hanno ispirato i comportamenti dei decision maker, o si tratta di coincidenze?

Effettivamente alcuni autori dell’epoca seppero leggere con attenzione i propri tempi e forse ne rimasero talmente intimoriti da gettare nelle varie sceneggiature e racconti tutte le loro paure e fobie (probabilmente anche per esorcizzare un domani che presentava più incognite che certezze). Credo, però, che solo alcuni fossero realmente consapevoli, gli altri vennero condizionati dagli accadimenti che ruotavano loro attorno e indirettamente portati a scrivere trame che vediamo oggi così lucide e tremendamente attuali. Per quanto riguarda i comportamenti dei decision maker è interessante analizzare un provvedimento che attuò Ronald Reagan durante il suo primo mandato dopo aver visto il film Wargames – Giochi di guerra (1983), andando ad aumentare le procedure di sicurezza dell’arsenale strategico americano da possibili attacchi esterni. Il thriller fantascientifico narrava le gesta di un giovane hacker capace di violare il sistema informatico del North American Aerospace Defense Command (NORAD) innescando una pericolosissima escalation potenzialmente in grado di generare un frontale conflitto atomico tra Stati Uniti e Unione Sovietica, mentre la Strategic Defense Initiative (SDI), avveniristico e al quanto irrealizzabile sistema di difesa volto a proteggere il territorio americano da attacchi di missili balistici intercontinentali (ICBM) – annunciato dallo stesso Reagan il 23 marzo 1983 in un celebre discorso televisivo rivolto alla nazione – verrà ribattezzato poi con il nome Star Wars (sfruttando l’enorme successo della nota saga cinematografica firmata da George Lucas).

Nel suo libro cita spesso “Ritorno al futuro”. Che importanza ha avuto per Lei e per il suo libro la trilogia di Robert Zemeckis?

Regalarmi di tanto in tanto la visione dell’intera trilogia rappresenta per me un momento di pura magia, spensieratezza e gioia (un vero ritorno al passato!). Sono talmente legato al meraviglioso universo creato da R. Zemeckis che sin da piccolo amo utilizzare all’interno della mia quotidianità le innumerevoli e divertenti battute pronunciate dai protagonisti. Vedendo, dunque, gli iconici film in varie età mi sono reso conto – grazie ad un bagaglio culturale alle spalle sempre più importante arricchito da esperienze professionali e dai vari percorsi formativi – quanto in realtà ci fosse dietro l’opera, cogliendo, infine, ciò che ad una prima visione mi era sfuggito. Il talentuoso regista statunitense non solo riuscì a miscelare sapientemente più generi contemporaneamente, ma nascose moltissimi aspetti geopolitici di metà anni ‘80. Un evento richiamato nella trilogia, ad esempio, è la crisi con Gheddafi attraverso una scena divenuta un vero cult (l’arrivo dei libici a bordo del famoso furgoncino Volkswagen). Vengono richiamati anche i timori di molti analisti americani nei confronti della crescita economica del Giappone che appariva inarrestabile.

Le scene apocalittiche che abbiamo vissuto durante la prima ondata della pandemia di città deserte, isolamento, personale medico in tuta isolante da protezione, la corsa disperata per arrivare al vaccino, sembravano davvero scene di un film catastrofico e che in effetti anche per dinamica erano molto simili a quanto descritto da film tipo Contagion (2011). Similitudini che hanno solleticato la fantasia dei complottisti (sua considerazione).

Leggendo questa vostra considerazione mi è venuto in mente un Tweet diffuso nel 2017 direttamente da John Carpenter in riferimento alle varie teorie che i complottisti stavano affibbiando al suo lungometraggio Essi vivono (1988), affermazioni che vedevano trasformare il capolavoro di satira politica che tanto conosciamo e apprezziamo in una velata denuncia nei confronti della lobby ebraica mondiale. L’eccentrico filmmaker è stato costretto a smentire tali assurde voci scrivendo di proprio pugno che la sua opera in realtà criticava aspramente il capitalismo più sfrenato. La diffusione della disinformazione ha visto una acutizzazione durante la crisi sanitaria nella quale il web è stato inondato da teorie complottiste che imperturbabilmente hanno tentano di infangare gli sforzi della scienza, “colpevole” di essere più lenta della cospirazione per ovvi motivi dovuti alla ricerca e alla sperimentazione, processi che richiedono tempo per portare risultati tangibili.

L’attuale guerra in Ucraina fa riemergere uno scenario tanto caro al filone fantascientifico: la guerra nucleare (sua considerazione)

Negli anni Cinquanta le tensioni della Guerra Fredda vennero interpretate in modo attento dagli autori dell’epoca. La paura di una terza guerra mondiale andò a braccetto con la prima età d’oro della fantascienza. Un numero esorbitante di riviste inondò le edicole americane “approfittando” della escalation di terrore innescata dalle due superpotenze che offriva una innumerevole fonte di idee e spunti. Lo scontro diretto e relativo olocausto nucleare temuto durante tutto il periodo di rivalità tra USA e URSS, evitato solo grazie al cosiddetto “equilibro del terrore”, lo stiamo purtroppo rivivendo ora, “fortunatamente” la strategia militare di distruzione mutua assicurata (MAD) tiene ancora banco e allontana l’eventualità di un catastrofico simile evento.  

Quali sono i temi che gli sceneggiatori di fantascienza stanno sviluppando in questo particolare periodo?

Lungo le conclusioni elenco una serie di prossimi traguardi tecno-scientifici come l’ecosistema legato all’IA, l’Internet governance, i temi attinenti alla food industry, il settore delle life sciences, la conquista del carbon neutrality e le innovazioni allacciate alla space economy, tutta una serie di temi che giocheranno, con tutte le dovute ripercussioni, un ruolo fondamentale per gli assetti del futuro e la fantascienza si trova già in pole position per affrontare ancora una volta i cambiamenti che ci aspettano.

Lei ha paura del futuro?

Nonostante gli allarmanti avvenimenti che stanno contraddistinguendo questo scellerato periodo, capaci di mutare indiscutibilmente i nostri equilibri, rimango cautamente ottimista. Credo che l’umanità si trovi davanti ad un importante bivio e a mio avviso saremo chiamati a cogliere le opportunità che le varie crisi stanno portando. La pandemia è stata, infatti, un incredibile acceleratore producendo rapidi cambiamenti, per quanto riguarda il livello di digitalizzazione si è evidenziata l’arretratezza di alcune regioni del mondo incapaci di gestire adeguatamente – sia a livello privato che pubblico – la dad e lo smartworking, tale gap è stato però parzialmente colmato dalle imprescindibili innovazioni che hanno spinto molti paesi a investire fortissimamente durante gli ultimi due anni nel settore. Il conflitto in Ucraina ha generato (senza il bisogno di enfatizzare ancora una volta la tragedia umanitaria in corso) delle inevitabili incrinature con la Russia e di conseguenza allentando i rapporti commerciali con la Federazione spingendo, infine, l’Europa a trovare nuove alternative per sostenere il proprio fabbisogno energetico, tale situazione potrebbe rappresentare lo slancio che stavamo aspettando per saltare definitivamente verso la transizione ecologica, riuscendo a concretizzare e attuare una volta per tutte l’economia della sostenibilità. Concludendo, mi sento di citare una frase che appare essere ora più che mai attuale pronunciata proprio da Doc in Ritorno al futuro (parte III), «Il vostro futuro è come ve lo creerete. Perciò createvelo buono!».


Note

[1] Dottore magistrale in Relazioni Internazionali e cooperazione allo sviluppo. Mediatore europeo per l’Intercultura.
[2] Il cinema di fantascienza


Foto copertina: Copertina libro AnthropoChains, distopie geopolitiche nella fantascienza

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Domenico Nocerino
Domenico Nocerino, esperto di geopolitica e dottore in Relazioni Internazionali e Studi Diplomatici. Si è laureato con tesi in geopolitica economica presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Fondatore e direttore della rivista di informazione politica e giuridica Opinio Juris – law and politics review. Autore di diversi articoli accademici, ha all'attivo numerose partecipazioni a Convegni, Corsi di formazione e Seminari tecnici come relatore e ospite in diverse trasmissioni televisive e radiofoniche principalmente occupandosi di geopolitica ed in particolare di Medio Oriente. Coordinatore del comitato “Europa e Politiche internazionali” dell’associazione Omnia. Di recente è stato in Russia per seguire da vicino le elezioni alla Duma.