Stati Uniti e Arabia Saudita: nuove prospettive per una partnership di lunga data


L’adattamento ai cambiamenti globali e le nuove sfide geopolitiche indirizzano le future direzioni della collaborazione tra Stati Uniti e Arabia Saudita.


 Storia delle relazioni tra Washington e Riyadh

La partnership tra Arabia Saudita e Stati Uniti è longeva. Oggi infatti quando ci riferiamo a questa alleanza siamo soliti utilizzare l’aggettivo storica. Le radici sono profonde e sono da ricercare soprattutto negli interessi politici, strategici ed economici che si sono sviluppati nel corso degli anni. Data chiave è quella del 14 febbraio 1945, quando l’allora presidente Roosevelt incontrò il Re Abdul Aziz a bordo della nave USS Quincy per porre in essere uno scambio di interessi che avrebbe segnato i futuri ottant’anni di rapporti. «La sicurezza dell’Arabia Saudita – dichiarò l’ex presidente – è di vitale importanza per la sicurezza degli Stati Uniti».[1] Nei decenni successivi alla formazione della partnership tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, un aspetto di grande importanza è stato il controllo delle riserve petrolifere del regno e delle entrate derivanti da esso. Inizialmente il controllo di queste risorse era principalmente nelle mani delle compagnie petrolifere statunitensi (e britanniche), che avevano un’influenza significativa sul settore energetico saudita. In seguito, nel 1980, si compì la transizione del controllo delle risorse. In quell’occasione l’Arabia Saudita nazionalizzò completamente la sua industria petrolifera, formando la Saudi Arabian Oil Company (Aramco) come società di proprietà statale. Con l’avvento della Guerra Fredda i rapporti Riyadh – Washington si sono focalizzati su due elementi: il petrolio e la sicurezza. Per ciò che riguarda il primo aspetto l’energia ha unito e diviso allo stesso tempo i due paesi. Da un lato gli Stati Uniti hanno a lungo fagocitato idrocarburi al fine di appagare la crescente domanda energetica del paese, dall’altro i sauditi hanno utilizzato l’oro nero in chiave tattica, ossia facendo in modo che potesse diventare un’arma economica con la quale pugnalare alle spalle finanche i propri alleati occidentali (tra cui gli stessi Stati Uniti). È questo il caso della crisi petrolifera degli anni Settanta causata dalla guerra dello Yom Kippur, quando l’embargo posto in essere dal regno saudita nei confronti (anche) degli Stati Uniti minò temporaneamente i saldi rapporti tra le due parti. Invero, con il passare degli anni Washington si è resa molto più indipendente di quanto non lo fosse in passato. Tuttavia, il ruolo di swing producer incarnato dall’Arabia Saudita ha fatto sì che gli Stati Uniti non potessero non tener più conto di un alleato del genere nella regione del Golfo Persico. Non a caso proprio i sauditi si trovano storicamente nella condizione di poter mutare i prezzi del greggio in seno all’OPEC, con la conseguenza che per la Casa Bianca diventa di primaria importanza garantire stabilità e sicurezza nella regione.[2] Ed è proprio la sicurezza a rappresentare il secondo pilastro della partnership con l’America. Infatti, per un paese militarmente debole, seppur geograficamente esteso, come l’Arabia Saudita, la sicurezza interna è sempre stata vista come un’ossessione al fine di preservare l’egemonia regionale e garantirsi la leadership del mondo arabo.[3] Da questo punto di vista l’ombrello americano ha consentito al regno Saud di evitare l’ascesa iraniana e irachena rispettivamente sotto la guida di Khomeini e Saddam Hussein. Attualmente gli interessi americani in Arabia Saudita si intersecano con quelle che sono le ambizioni e gli obiettivi del regno. L’Arabia Saudita mantiene infatti legami stretti anche con la Russia, specialmente nel settore energetico e nell’ambito dell’OPEC Plus. In aggiunta a ciò la riduzione della dipendenza dal petrolio saudita da parte americana potrebbe influenzare gli equilibri di potere futuri. La partnership petrolifera rimane dunque in piedi, ma la crescente indipendenza energetica degli Stati Uniti e gli sforzi di diversificazione dell’Arabia Saudita stanno cambiando il quadro delle relazioni. Aspetto che richiederebbe una rinegoziazione dei rapporti e potrebbe portare a nuove dinamiche geopolitiche.

Gli interessi strategici

L’area del Medio Oriente rappresenta un crocevia cruciale sia dal punto di vista geografico che geopolitico. Situato al centro delle rotte commerciali e culturali che collegano l’Europa all’Asia, questo territorio riveste una rilevanza strategica senza precedenti, sia per le sue risorse naturali, in particolare quelle energetiche, che per la sua posizione centrale nel supercontinente euro-asiatico, il più grande e influente del mondo. Da un punto di vista storico, infatti, il controllo dell’Eurasia è stato un obiettivo chiave per qualsiasi potenza che aspirasse a una dominanza globale. Tale regione è stato oggetto di rivalità e conflitti tra diverse potenze nel corso dei secoli. Greci, Romani, Persiani, Arabi, Ottomani e, più recentemente, le potenze coloniali europee hanno difatti cercato di controllare questa regione per accedere alle sue ricchezze e alla sua posizione strategica. Gli Stati Uniti, in particolare, osservano attentamente lo sviluppo delle politiche nell’area, in virtù del suo ruolo vitale nel mantenimento dell’equilibrio internazionale e nella protezione dei propri interessi. Washington, in quanto principale potenza mondiale, ha un interesse particolare nel mantenere la stabilità in Medio Oriente. Questo è dovuto principalmente alla necessità di garantire un flusso costante di petrolio e gas naturale verso il resto del mondo, nonché alla prevenzione di minacce terroristiche che potrebbero emergere dalla regione. Secondariamente, la Casa Bianca cerca di tutelare gli alleati nella regione, in particolare Israele e gli Stati del Golfo, che giocano un ruolo chiave nella politica regionale e nella sicurezza globale.
La guerra in Ucraina ha rapprese tanto uno spartiacque non indifferente nell’economia della politica estera americana nei confronti dell’Arabia Saudita, che è diventata ancora più significativa in quanto Washington si trova nella complessa situazione di dover gestire un equilibrio delicato tra gli interessi in Medio Oriente e le dinamiche geopolitiche che coinvolgono l’Europa e il resto del mondo. Non è un caso che nel 2022, poco dopo lo scoppio del conflitto, gli Stati Uniti chiesero a gran voce al partner saudita di inondare i mercati petroliferi al fine di far frenare l’aumento dei prezzi.[4] Risposta: un secco no. Ciò ha provocato un aumento delle tensioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita, che ha portato alla visita infruttuosa del presidente degli Stati Uniti Joe Biden a Gedda nel luglio dello stesso anno per cercare di convincere il principe ereditario Mohammed bin Salman ad allinearsi alla posizione occidentale in chiave anti russa e rilanciare la posizione americana in Medio Oriente.[5]
Il nulla di fatto scaturito da quell’incontro rispetto alle questioni energetiche ha costretto la Casa Bianca a perseguire strade alternative per il sostegno a Kiev che non compromettessero rapporti bilaterali come quelli con Riyadh. Questo infatti avrebbe avuto ripercussioni sulla stabilità e sulla sicurezza della regione mediorientale soprattutto alla luce degli altri fronti aperti come quello in Yemen e a Gaza.
 

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La partnership in seguito alle crisi nella regione

Il Segretario di Stato statunitense Anthony Blinken si è recato lo scorso 20 marzo a Gedda in Arabia Saudita dove ha intrattenuto colloqui con il principe ereditario Mohammed Bin Salman. Tra i temi, inevitabilmente, quello relativo al cessate il fuoco a Gaza e l’aumento di aiuti umanitari nell’area limitrofa, nonché la creazione di uno stato palestinese indipendente che possa esistere garantendo le dovute sicurezze ad Israele.[6]
Finora i molteplici viaggi istituzionali fatti dal capo della diplomazia americana sono stati poco fruttuosi. Questo anche perché il regno ha sempre sostenuto la causa palestinese seppur prediligendo mezzi diplomatici e negoziali rispetto a potenziali confronti diretti sul campo contro Israele. Tuttavia recentemente i tentativi di normalizzazione dei rapporti con il paese sionista, in chiave commerciale, avevano fatto raffreddare i rapporti con Gaza.
Dal canto americano la Casa Bianca ha definito “stratagemma politico” la votazione dei legislatori repubblicani nel bloccare il pacchetto di aiuti ad Ucraina e Israele lo scorso febbraio.[7]  Ciò evidenzia la complessità delle dinamiche politiche interne e delle relazioni internazionali degli Stati Uniti.
Essi hanno tradizionalmente sostenuto sia Israele che l’Ucraina, riconoscendo entrambi come partner chiave nella promozione degli interessi americani in regioni strategiche.
Sul fronte yemenita invece Riyadh ha preso le distanze rispetto ai recenti raid anglo-americani condotti contro gli Houthi. Sebbene quest’ultimi rappresentino un nemico comune bisogna evidenziare i tentativi condotti dall’Arabia Saudita di procedere verso una risoluzione negoziata del conflitto. Pertanto la presa di posizione rispetto alle azioni condotte da Washington vanno nella direzione di evitare un’escalation.[8]
Dal proprio canto invece Washington prosegue nella propria operazione militare anche in virtù del rischio, remoto ma temuto, di un coinvolgimento di Teheran. Nemico storico saudita e attore antistatunitense dai tempi della rivoluzione khomeinista, la teocrazia iraniana desta preoccupazione in virtù (anche) del sostenimento ad organizzazioni come quella di Hamas e dell’incertezza economica nella quale potrebbe versare la regione.
Una regione in cui la partnership tra sauditi e statunitensi resiste soprattutto in chiave economica ed energetica.

Conclusioni

Le relazioni bilaterali tra la monarchia saudita e la Casa Bianca hanno vissuto di alti e bassi. Dagli interessi petroliferi ai conflitti nell’area mediorientale la partnership è stata costantemente improntata al patto non scritto petrolio in cambio di sicurezza.
Dal punto di vista economico-energetico è possibile affermare che il ruolo di swing producer ha lungamente consentito al regno di capeggiare l’Opec e determinare un innalzamento o meno dei prezzi del greggio. Ciò ha fatto sì che il petrolio venisse talvolta utilizzato come un’arma da sfruttare all’occorrenza finanche contro Washington, alleato di lunga data. La Casa Bianca, dal suo canto, ha tentato di rendersi autonoma per non ricadere nel tunnel (quasi) senza uscita in cui si trovò a cavallo del primo shock petrolifero negli anni Settanta.  Ciononostante le sfide che il mondo pone in essere quotidianamente come la transizione energetica e la potenziale riduzione di sfruttamento delle risorse petrolifere, potrebbero modificare l’assunto sul quale si è costruita una partnership discussa e discutibile.
Non a caso il piano di apertura economica posto in essere dal principe bin Salman denominato Vision 2030 è stato ben visto anche da Washington.[9] Tuttavia i complessi e fragili equilibri dell’area mediorientale possono tradursi nello scoppio di conflitti di cui Riyadh farebbe volentieri a meno. Proprio per questo motivo i contatti con Washington sono costanti e orientati verso la stabilizzazione delle dinamiche a Gaza e in Yemen. Questioni ataviche di non facile risoluzione che però potrebbero conoscere una svolta in nome degli ormai primari interessi economici rispetto a quelli ideali.


Note 

[1] D. Ottaway, The U.S. and Saudi Arabia Since the 1930s, Program on the Middle East, Foreign Policy Research Institute, 2009. 
[2] J. Derks, The Future of the U.S.-Saudi Relationship, University of Central Florida, in «Prince Mohammed Bin Fahd Program for Strategic Research and Studies», 2017. 
[3] P. Wulzer, Dalla Dottrina Eisenhower alla Dottrina Carter: gli Stati Uniti e la “sicurezza per delega” nel Golfo Persico (1956 – 1980), Interpolis, Roma, 2015. 
[4] Putin-Al Nahyan, un bilaterale su petrolio e crisi in Ucraina, Euronews, 2022.  https://it.euronews.com/2022/10/11/putin-al-nahyan-un-bilaterale-su-petrolio-e-crisi-in-ucraina
[5] Biden d’Arabia. Il leader Usa a Gedda per rilanciare le relazioni con i sauditi, La Stampa, 2022.https://www.lastampa.it/esteri/2022/07/16/news/biden_darabiail_leader_usa_a_gedda_per_rilanciare_le_relazioni_con_i_sauditi-5446959/
[6] Il segretario Usa Blinken è arrivato in Arabia Saudita, venerdì sarà in Israele, RaiNews, 2024. https://www.rainews.it/maratona/2024/03/bombe-israeliane-ancora-decine-di-morti-in-poche-ore-23-a-gaza-e-15-a-nuseirat-582c6d44-0434-4042-bb3b-03bae4129c82.html
[7] Fondi a Kiev: il Senato Usa boccia la legge che teneva insieme aiuti e stretta su migranti, RaiNews, 2024. https://www.rainews.it/articoli/2024/02/fondi-a-kiev-il-senato-usa-boccia-la-legge-che-teneva-insieme-aiuti-e-stretta-su-migranti-86f8fbda-ab21-4fdf-984b-b294aa4f4b8a.html
[8] Stati uniti e Londra colpiscono in Yemen, si teme l’escalation, Il Manifesto, 2024. https://ilmanifesto.it/stati-uniti-e-londra-colpiscono-in-yemen-si-teme-lescalation
[9] Integrated Country Strategy, Department of State, 2022.


Foto copertina: Saudi Crown Prince Mohammed bin Salman and U.S. President Joe Biden meet at Al Salman Palace upon his arrival in Jeddah, Saudi Arabia, July 15, 2022.