Per comprendere la prospettiva di Baku relativa alla questione del Nagorno-Karabakh, della risoluzione del conflitto con l’Armenia e la collocazione dell’Azerbaijan sullo scacchiere internazionale, abbiamo intervistato Rusif Huseynov, Co-Fondatore e Direttore di Topchubashov Center, think tank con sede a Baku.
A cura di Domenico Nocerino e Valentina Chabert
Lo scorso 31 ottobre a Sochi in Russia, il Presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev e il Primo Ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan, sono stati ricevuti dal presidente russo Vladimir Putin per cercare una soluzione diplomatica e pacifica all’annosa questione relativa al Nagorno-Karabakh ma anche alla definitiva demarcazione dei confini tra i due Stati. Per comprendere la prospettiva di Baku relativa alla questione del Nagorno-Karabakh, dello scontro con l’Armenia e la collocazione dell’Azerbaijan sullo scacchiere internazionale, abbiamo intervistato Rusif Huseynov, Co-Fondatore e Direttore di Topchubashov Center, think tank con sede a Baku.
Come è nato il Topchubashov Center e di cosa si occupa?
“Il Topchubashov Center è stato ufficialmente registrato nel 2017, ma ha di fatto iniziato le sue attività a gennaio 2020. Nonostante la pandemia e due guerre tra l’Armenia e l’Azerbaigian, ovvero gli scontri di luglio 2020 e la seconda guerra del Karabakh, il centro è progredito e si è affermato come un’organizzazione seria. Abbiamo cercato di essere attivamente partecipi e abbiamo espanso il nostro network di collaborazione con think tank, esperti e media internazionali negli ultimi tre anni, e credo che ci siamo già posizionati come partner affidabili nel Caucaso Meridionale. Principalmente ci occupiamo degli sviluppi geopolitici nella nostra regione, ma anche in Europa Orientale, Medio Oriente e Asia Centrale. Svolgiamo le tipiche attività di un think tank: analisi delle situazioni attuali e previsioni di possibili sviluppi futuri. Il nostro team cerca inoltre di diffondere conoscenza su temi che riguardano geopolitica, sicurezza, globalizzazione e politica internazionale attraverso discussioni pubbliche, dibattiti, conferenze e video analitici.”
Come si posiziona strategicamente l’Azerbaigian nella regione del Caucaso?
“Nel Caucaso Meridionale ci sono tre paesi indipendenti con tre diversi orientamenti in politica estera. La Georgia continua a posizionarsi come un paese pro-occidentale con aspirazioni euro-atlantiche. L’Armenia rimane nell’orbita russa, e, sebbene le attuali autorità armene cerchino di flirtare con i paesi e le istituzioni occidentali, il paese stesso è fortemente allineato con le strutture russe. L’Azerbaigian ha optato per una terza via, e conduce quella che definisco una ‘politica di equidistanza’ sia dal blocco occidentale che da quello eurasiatico. In questo modo, l’Azerbaigian mira a mantenere la propria sovranità il più a lungo possibile e a non prendere nessun impegno con nessun centro di gravità, cercando di rimanere al di fuori degli scontri delle grandi potenze, sebbene tali scontri stiano già avvenendo nello spazio post sovietico tra l’Ovest e la Russia. Le risorse dell’Azerbaigian, insieme all’ombrello di sicurezza turco, possono aiutare Baku a mantenere tale posizione di equidistanza per del tempo.”.
Come possono definirsi le relazioni con la Turchia? La mancata rielezione di Erdoğan potrebbe influenzare la politica estera di Aliyev nella regione?
“La Turchia di Erdoğan è sicuramente stata un grande alleato per l’Azerbaigian, soprattutto per quanto riguarda la geopolitica, l’economia e la sfera militare. Ci sono alcune discussioni in Azerbaigian in merito a come le relazioni tra i due paesi appariranno dopo Erdoğan. L’opinione comune concorda che, anche se un leader con ambizioni geopolitiche meno assertive dovesse venire eletto, sarà impossibile per la Turchia ritornare a ciò che era negli anni ‘90. Negli ultimi 15 anni, la Turchia è diventata un attore regionale con interessi in tre continenti, e possiede un’industria difensiva in espansione, la quale spinge verso un più attivo impegno all’estero. Per cui, la Turchia continuerà a rappresentare un attore attivo e, per quanto riguarda la politica estera, l’Azerbaigian è probabilmente il più grande alleato della Turchia. Difatti, l’Azerbaigian dispone di una consistente fonte di energia che permette alla Turchia di mantenere la sua posizione di hub energetico tra Occidente e Oriente, e Baku rappresenta un elemento centrale per l’iniziativa turca del Corridoio Meridionale. Per tali ragioni, ci si aspetta che nei prossimi anni anche senza Erdoğan al potere le relazioni tra Turchia e Azerbaigian continueranno a fiorire.”.
Come sono articolate le politiche azerbaigiane in Nagorno Karabakh in relazione agli armeni? È ragionevole pensare che la parte azerbaigiana aspetterà l’emigrazione armena da queste aree al fine di riappropriarsi di questa regione più facilmente?
“Durante la guerra del 2020, l’esercito dell’Azerbaigian ha liberato la maggior parte dei territori precedentemente occupati. Era una questione di tempo entrare negli insediamenti abitati dalla popolazione armena, che sono altresì riconosciuti come parte del territorio sovrano azerbaigiano. Tuttavia, la leadership del paese ha deciso di non acuire la situazione già tesa sul campo di battaglia al fine di non causare ulteriori spargimenti di sangue tra i civili. Questo è il discorso ufficiale del governo dell’Azerbaigian. Per cui, dopo la fine delle ostilità nel teatro di guerra, le autorità devono capire come reintegrare i territori restanti del Karabakh, che rimangono prevalentemente abitati dalla popolazione armena. Questa situazione mi ricorda la Croazia a metà degli anni ‘90. Nel 1995, con l’Operazione Storm, la Croazia ha liberato la maggior parte dei territori occupati dalla Serbia, e le parti rimanenti della cosiddetta Republika Srpska Krajina vennero reintegrate in Croazia negli anni successivi sotto l’egida delle Nazioni Unite. La situazione nella nostra regione è simile a quella appena descritta: abbiamo liberato i nostri territori ma c’è una piccola parte che è de-facto fuori dal nostro controllo, ma abbiamo il compito di trovare un meccanismo pacifico per reintegrare tali territori. La parte azerbaigiana ha sempre rifiutato di riconoscere la comunità armena del Karabakh come parte del conflitto perché lo consideriamo un conflitto interstatale tra Armenia e Azerbaigian, ma siccome l’Armenia sta abbandonando questo processo dobbiamo in qualche modo trattare con la comunità degli armeni del Karabakh, i quali sono considerati dalla leadership azerbaigiana come propri cittadini. Sono sicuro che nessuno in Azerbaigian, né tra la leadership né al livello della società, vuole un esodo di massa della popolazione armena del Karabakh. Abbiamo sempre voluto che gli armeni del Karabakh rimanessero, che riottenessero la cittadinanza azerbaigiana, che venissero reintegrati nella nostra società e che contribuissero al nostro tessuto sociale già ampiamente multiculturale.”.
Cosa ha spinto Aliyev lo scorso settembre a oltrepassare i confini e attaccare il territorio sovrano dell’Armenia?
“Secondo il discorso ufficiale di Baku, le basi militari azerbaigiane situate lungo il confine non demarcato tra Armenia e Azerbaigian sono state provocate e attaccate per prime, il che ha avuto come risposta un’immediata controffensiva da parte dell’Azerbaigian. Secondo le fonti azerbaigiane, la parte armena ha continuato a provocare e ha installato mine antiuomo nel territorio sovrano dell’Azerbaigian e ha commesso altri tipi di provocazione. Al fine di comprendere quanto accaduto, è importante conoscere la geografia della regione. L’escalation è avvenuta lungo il confine non demarcato tra i due paesi, nella regione azerbaigiana precedentemente occupata di Kalbajar. Si tratta di una regione montuosa dove l’Azerbaigian prova a rafforzare la sua posizione, ma, soprattutto in inverno, è impossibile avere basi militari consistenti, e anche se delle basi venissero costruite risulterebbero essere molto fragili e vulnerabili. Per cui, al fine di prevenire ulteriori attacchi armeni, la controffensiva azerbaigiana ha avuto luogo, e durante tale controffensiva diverse vette affacciate sulle posizioni militari azerbaigiane sono state conquistate. È molto difficile determinare a chi appartengano tali vette, dal momento che i confini tra Armenia e Azerbaigian non sono ancora stati demarcati, e una delle precondizioni della parte azerbaigiana è proprio la delimitazione e demarcazione dei confini interstatali che sono lunghi circa 1.000 chilometri. Ciò permetterebbe di prevenire ulteriori problemi.”.
Considerando l’imminente incontro a Sochi tra Aliyev e Pashinyan, quali sono le aspettative per questi colloqui? Ce ne sono di ulteriori programmati per i prossimi mesi?
“Siccome l’incontro di Sochi è già terminato, non analizzerò in retrospettiva le aspettative, ma ciò che posso dire è che c’era qualche agitazione in merito a questo meeting a causa di diverse dichiarazioni rilasciate da Vladimir Putin e di materiali visivi diffusi da alcuni media russi prima di questo incontro. Secondo alcuni canali televisivi russi, presumibilmente c’era un accordo da Washington progettato dalle autorità statunitensi per la risoluzione del conflitto in Karabakh. Secondo tale piano, gli statunitensi vorrebbero restituire il Karabakh alla sovranità azerbaigiana. Putin e altri esponenti della propaganda russa hanno dichiarato che questo sarebbe stato uno scenario sfavorevole per l’Armenia e hanno esortato le autorità armene a non procedere con la firma dell’accordo. Per tale ragione ci sono state tensioni prima dell’incontro e tutti hanno cercato di speculare su che tipo di accordo sarebbe stato raggiunto a Sochi, oltre che se Putin e Pashinyan avrebbero unito le forze contro l’Azerbaigian per spingere verso un ‘Accordo di Mosca’, che avrebbe invece relegato il futuro del Karabakh ad un futuro incerto. Infatti, secondo Putin, il piano sarebbe di mantenere l’attuale status quo, che consiste nel fatto che il Karabakh continui a rappresentare una zona grigia fuori dal controllo azerbaigiano, con le cosiddette truppe di peacekeeping russe che vi resteranno stazionate per un periodo indefinito.
Un’altra ragione per cui l’incontro di Sochi ha avuto luogo è rappresentato dalla negazione della Russia a rimanere esclusa dal processo di negoziazione tra i due paesi. Infatti, ogni qual volta Aliyev e Pashinyan si incontrano altrove, soprattutto in Occidente, i russi criticano i percorsi europei o statunitensi e considerano tali processi come interferenza occidentale nel Caucaso meridionale, per cui dopo ogni incontro di altro profilo in Occidente la parte russa cerca di organizzare il proprio incontro. L’ultimo incontro è avvenuto a Praga nel contesto della European Political Community, e l’incontro a Sochi ha rappresentato la risposta russa all’ultimo incontro sul suolo europeo.”.
Quali sono i presupposti per sedersi a eventuali tavoli di negoziati su questioni relative alla pace?
“La scorsa primavera, l’Azerbaigian ha presentato la propria visione per un accordo di pace con l’Armenia. Tale accordo presenta cinque punti importanti. Innanzitutto, il riconoscimento reciproco della sovranità territoriale, includendo il riconoscimento armeno del Karabakh come parte dell’Azerbaigian. Secondo, la demarcazione dei confini tra Armenia e Azerbaigian, che risultano attualmente non definiti. Se i confini vengono demarcati, probabilmente si potranno prevenire ulteriori incidenti ai confini. Il terzo punto riguarda lo sblocco di tutti i collegamenti di trasporto e di comunicazione regionali. Attualmente l’Armenia può usufruire del cosiddetto Corridoio di Lachin tra il Nagorno Karabakh e la Repubblica Armena. Tale corridoio passa sopra il territorio sovrano dell’Azerbaigian, per cui Baku richiede di usufruire dello stesso diritto ad un corridoio per avere accesso alla propria exclave di Nakhchivan. Un altro punto importante è la reciproca rinuncia a ulteriori rivendicazioni territoriali. Infine, l’ultimo punto consiste nell’astenersi dal minacciare la reciproca sicurezza nazionale attraverso minacce e l’uso della forza, nonché da altre azioni incompatibili con la Carta delle Nazioni Unite.”.
Diverse fonti armene accusano l’Azerbaigian di aver danneggiato il patrimonio religioso e culturale della popolazione residente in Nagorno Karabakh con l’intento di cancellare le loro tracce, salvaguardando solo alcuni siti sotto particolare osservazione della comunità internazionale. Qual è la posizione del paese in merito a tale assunto?
“In qualità di cittadino di un paese che è stato soggetto a ripetute pulizie etniche e vandalismo culturale da parte delle forze occupanti armene, condanno fortemente ogni guerra contro siti culturali e religiosi. Per cui, esorto le autorità dell’Azerbaigian a non ripetere gli stessi errori e ad essere più rispettosi verso i monumenti culturali e religiosi all’interno dell’Azerbaigian, incluso il Karabakh. Mentre molte istituzioni e politici occidentali esprimono preoccupazione per i siti culturali dell’Armenia, di cui alcuni stanno tra l’altro venendo restaurati dalle autorità azerbaigiane, di solito ignorano il dato fondamentale che quasi tutti gli insediamenti azerbaigiani sono stati trasformati in città fantasma durante gli anni dell’occupazione armena. Il patrimonio culturale è naturalmente importante, ma ancor più importanti sono le strutture abitative basiche, e se vi recate nei territori liberati non troverete nessuna casa intatta appartenente agli abitanti dell’Azerbaigian prima dell’occupazione. Ritengo che il saccheggiamento e la distruzione sistematica delle strutture abitative e di altre strutture civili di importanza critica ha una natura ben più razzista, perché se distruggi case, scuole e ospedali di una popolazione e non lasci nemmeno un singolo edificio intatto non permetti il ritorno della popolazione sfollata. Per cui, credo che dovremmo essere preoccupati del vandalismo avvenuto in Karabakh e affrontare adeguatamente la distruzione sistematica degli insediamenti azerbaigiani da parte dell’Armenia.”.
C’è stato qualche incremento del budget statale per spese militari negli ultimi anni? Con quali partner strategici sono stati conclusi accordi per la fornitura di materiale militare e droni?
“A partire dall’inizio degli anni 2000, l’Azerbaigian ha costantemente aumentato il proprio budget, ha cercato di modernizzare il proprio esercito, soprattutto attraverso programmi di allenamento turchi e con istruttori turchi, al fine di elevare la preparazione militare compatibilmente con gli standard della NATO. Di fondamentale rilevanza è stato l’allenamento delle Forze Speciali, che hanno giocato un ruolo fondamentale durante la guerra. Nel corso degli ultimi 15 anni, l’Azerbaigian ha cercato di differenziare le proprie forniture militari lavorando con diversi paesi leader nell’industria militare, tra cui Israele, Turchia e Pakistan. L’Azerbaigian è diventato il secondo paese di esportazione della tecnologia militare di Israele dopo l’India. Cerchiamo anche di comprare diverse tecnologie militari da parte di diversi partner europei, tra cui la Repubblica Ceca.”.
Foto copertina: Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev nell’incontro di Mosca nel 2021, insieme al presidente russo. TASS.