Intervista esclusiva all’ambasciatore dell’Azerbaigian in Italia, Mammad Ahmadzada.
Le origini e le conseguenze del conflitto del Nagorno-Karabakh, le opportunità d’investimento, le relazioni diplomatiche e gli accordi economici tra Roma e Baku.
Nel settembre 2020, la questione da tempo sopita del Nagorno Karabakh riesplode con forza. 44 giorni di scontri tra le truppe armene e azerbaigiane sulla regione del Nagorno-Karabakh e i sette distretti adiacenti.
Il crollo dell’Unione Sovietica scoperchia il vaso di pandora e così come è accaduto anche in altre regioni, Armenia e Azerbaigian, un tempo riuniti sotto il mantello sovietico, subiscono il fascino del nazionalismo. Il resto è storia recente.
Ma la sensazione è che le motivazioni che hanno portato al recente scontro, non sono state risolte, e nonostante l’ottimismo dell’ambasciatore “Il conflitto è finito, dobbiamo vivere in pace”, non è da escludere che nel futuro questo conflitto che è ritornato ad essere “congelato” possa…scongelarsi.
Non nell’immediato, le recenti elezioni in Armenia, hanno sancito la riconferma di Nikol Pashinyan[1], sintomo forse che alla popolazione armena ha come priorità la speranza di una ripresa economica e non la questione del Nagorno-Karabakh che può passare in secondo piano, almeno per il momento.
Ma la recente visita di Erdoğan a Susha[2], ha infastidito e non poco la parte armena.
Come in tutti i conflitti, non esistono i “buoni” e i “cattivi”, e
comprendere le posizioni degli attori in campo non è sempre un lavoro semplice. Per completezza di informazione, abbiamo cercato in questi mesi di dare spazio e voce ai rappresentanti delle parti coinvolte.
L’Azerbaigian, rappresentato in Italia dall’Ambasciatore Ahmadzada, è uno dei partner economici principali del nostro paese.
Baku rappresenta infatti oltre il 90% del commercio totale dell’Italia con i paesi del Caucaso meridionale.
Un paese che cresce velocemente, passato nel giro di vent’anni da un Pil pro-capite da 655,10 Usd (2000) a 4.793,59 Usd (2019) trainato dal settore energetico.
Una crescita che ha permesso a Baku di ritagliargli uno spazio importante della diplomazia mondiale: “Abbiamo una politica estera indipendente” ha affermato l’Ambasciatore, di sviluppare accordi triangolari con gli stati confinanti, e di pubblicizzare il “marchio” Azerbaigian nel mondo attraverso l’organizzazione di grandi eventi sportivi[3] “Per promuovere un’immagine reale rispetto a quello che le lobby della diaspora armena vogliono mostrare al mondo finanziando ong e organizzazioni[4]”. Una crescita economica che ha permesso all’Azerbaigian anche rafforzare e ammodernare il proprio esercito attraverso l’acquisto di armi da Israele, Russia e Turchia, una superiorità militare evidenziata dalla vittoria sul campo. La ricostruzione dei “territori liberati dall’occupazione” vedrà, oltre a Turchia, Gran Bretagna e Israele, anche l’Italia coinvolta
Dialogo con l’Ambasciatore, S.E. Mammad Ahmadzada[5]
I rapporti economici tra Azerbaigian e Italia sono molto solidi. L’Azerbaigian svolge un ruolo di rilievo per la diversificazione dell’approvvigionamento energetico del nostro Paese. Ma oltre al settore energetico, quali sono i principali settori di cooperazione tra i due paesi?
“Il settore energetico ha fatto da apripista nelle relazioni economiche tra Azerbaigian e Italia, là dove l’Azerbaigian è da anni uno dei primi fornitori di petrolio per l’Italia, e il fatto che il progetto del TAP sia giunto a conclusione con successo ha rafforzato il nostro partenariato nel settore energetico e il legame tra i nostri paesi. Le nuove opportunità ora sono in settori diversi da quello energetico. L’Azerbaigian rappresenta oltre il 90% del commercio totale dell’Italia con i paesi del Caucaso meridionale. Il mio paese è la destinazione principale delle esportazioni italiane nella regione del Caucaso meridionale, con un aumento del 7% anche nel 2020. Complessivamente l’Italia ha investito nell’Azerbaigian circa 770 milioni di euro, contro gli 1,7 miliardi di investimenti azerbaigiani nella penisola. La cooperazione tra Italia e Azerbaigian copre quasi tutti i settori dell’economia. Ciò è stato osservato in numerose riunioni della Commissione intergovernativa, tenutesi negli ultimi due anni. L’agenda della Commissione, oltre all’energia, ha incluso una più stretta cooperazione e attuazione di progetti reciprocamente vantaggiosi in settori quali infrastrutture, agricoltura, turismo, sicurezza alimentare, ambiente, trasporti, salute, cultura, scienza, tecnologie e comunicazioni.”
Recentemente si è svolto a Roma, organizzato dalla vostra ambasciata, il terzo festival del cinema azerbaigiano in Italia. Ci può dire come è andata e se sono state programmate altre iniziative per promuovere la cultura azerbaigiana nel nostro paese?
“L’edizione del Festival del Cinema azerbaigiano di quest’anno è stata particolarmente importante, perché ha assunto una molteplice valenza. Innanzi tutto, giungendo alla sua terza edizione, il Festival del Cinema azerbaigiano ricopre ormai un ruolo abituale nel contesto dell’estate romana, e questo permette ad ogni edizione, la prima fu nel 2017, di far conoscere insieme al cinema del mio paese anche tutta la cultura azerbaigiana che lo accompagna: il cinema è infatti un veicolo per scoprire storia, usi e costumi di un paese. Aspetto da sottolineare di quest’anno è che il Festival è stato inaugurato in occasione del Giorno della Repubblica – 103° anniversario della fondazione della Repubblica Democratica dell’Azerbaigian, e questo ci ha permesso di proiettare due pellicole che facevano riferimento a questo importante capitolo della nostra storia. Inoltre ha rappresentato il primo evento in cui, nel rispetto delle normative imposte dalla pandemia Covid-19, siamo tornati in presenza, delineando dunque un momento di speranza e rinascita. Abbiamo un programma ricco di eventi di questo genere, che vanno da mostre, a concerti, presentazione di libri, ad un festival della cucina azerbaigiana organizzato già in più edizioni. Speriamo che le condizioni globali vadano migliorando sempre più e che si possa riprendere le attività a pieno registro già da dopo l’estate.”
Quali sono le principali attività che sta portando avanti per promuovere il suo paese in Italia?
“Oltre alle attività che citavo prima, nella consapevolezza che la promozione passa attraverso la conoscenza, il mio impegno in questi anni è stato di favorire al massimo anche le visite bilaterali, per far vedere il paese con i propri occhi a rappresentanti istituzionali, esponenti del mondo accademico, imprenditoriale e dei media. L’Azerbaigian è un paese laico e multiculturale, che da molti anni ormai vive una crescita costante, che garantisce un continuo miglioramento degli standard di vita. E solo visitandolo si può assaporare pienamente tutto ciò. Un impegno ulteriore è stato quello di favorire al massimo la diffusione della conoscenza del paese attraverso opere letterarie che spaziano dai saggi, ai romanzi, alla prima guida turistica sull’Azerbaigian, edita recentemente.”
Quali sono le opportunità per gli investitori italiani?
“Vorrei sottolineare che l’Italia è già molto presente nell’economia azerbaigiana. Si contano oltre 100 aziende italiane che operano nel paese in vari settori. Le aziende italiane hanno contratti per oltre 10 miliardi di euro per progetti azerbaigiani sia fuori che dentro il paese. I punti di forza dell’Azerbaigian per gli investimenti sono sia l’ambiente vantaggioso, che la collocazione geografica, che lo rende un ponte per molti mercati internazionali. Ci sono inoltre incentivi fiscali e operativi in parchi industriali e zone economiche speciali. Secondo il rapporto Doing Business 2020 della Banca Mondiale, l’Azerbaigian è entrato nella lista dei primi dieci paesi riformatori.”
Recentemente il Sottosegretario Manlio Di Stefano ha aperto due web mission settoriali nell’ambito della collaborazione italo-azera per la ricostruzione dei distretti tornati sotto controllo azero. E’ chiaro che l’Italia stia giocando un ruolo attivo nel processo di ricostruzione…
“Innanzi tutto mi preme specificare che non si tratta di “distretti tornati sotto controllo azerbaigiano”, ma di territori dell’Azerbaigian, riconosciuti tali dal diritto internazionale e dalla documentazione internazionale, tra cui quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che dopo quasi trent’anni di occupazione militare da parte delle forze armate dell’Armenia, sono stati liberati, al termine dei 44 giorni della seconda guerra del Karabakh. Questi territori sono stati ritrovati in una condizione di devastazione totale, rasi al suolo, e per questo i lavori di ricostruzione saranno imponenti. Abbiamo più di 10 mila chilometri quadrati (4 volte il Lussemburgo), composti da città fantasma e villaggi privi di residenti. Sono 2.600 gli edifici storici distrutti.
L’Armenia ha commesso un genocidio culturale contro tutto il patrimonio culturale-religioso azerbaigiano in questi territori.
L’Italia, che ha dimostrato una posizione obiettiva durante tutto il periodo degli scontri, nello scorso autunno, ed è un importante partner strategico dell’Azerbaigian, avrà un ruolo di spicco in questi lavori e alcune imprese hanno già sottoscritto contratti in tal senso. Per cui, le web mission sono state molto utili per individuare le aree in cui possano essere coinvolte le società italiane nell’ambito della ricostruzione dei territori liberati dell’Azerbaigian.”
L’ambasciata è molto attiva mediaticamente per far conoscere l’Azerbaigian nel nostro paese. Che rapporto ha con la stampa italiana?
“Il sistema mediatico in Italia è molto ampio e variegato, e veicolare le informazioni riguardanti l’Azerbaigian è importante per far conoscere la realtà del nostro paese. Abbiamo osservato a volte un approccio a doppio standard su alcune questioni riguardanti l’Azerbaigian, soprattutto sul tema del conflitto con l’Armenia. Poiché l’Armenia ha fatto molto per apparire costantemente come un paese vittima, ciò ha celato la vera essenza del conflitto alla comunità internazionale, soprattutto il fatto che fosse l’Armenia stessa il paese aggressore, occupante del 20% del territorio internazionalmente riconosciuto dell’Azerbaigian, oltre che causa dell’espulsione di circa 1 milione di azerbaigiani, divenuti profughi e rifugiati nella propria stessa patria. Nel tempo però le attività dell’Azerbaigian hanno permesso al mondo di conoscere la realtà della situazione. La conoscenza del nostro paese è andata aumentando, così come l’interesse per la nostra cultura, la nostra realtà e le attività della nostra ambasciata in Italia.
Lo scorso settembre, Armenia e Azerbaigian hanno vissuto un nuovo conflitto. A nove mesi dalla fine delle ostilità, qual è la situazione attuale dei prigionieri di guerra, degli sfollati interni e dei rifugiati?
“La Dichiarazione Tripartita firmata dai leader di Azerbaigian, Armenia e Russia il 10 novembre scorso, ponendo fine al conflitto, prevede lo scambio dei prigionieri di guerra e il ritorno dei profughi e rifugiati azerbaigiani alle proprie case. Lo scambio dei prigionieri è avvenuto e attualmente non ci sono in Azerbaigian prigionieri di guerra armeni. Questo ci tengo a sottolinearlo perché, dopo la firma di tale dichiarazione, l’Armenia ha introdotto in Azerbaigian gruppi di sabotaggio, i cui membri, autori di atti di terrorismo e uccisioni di civili azerbaigiani, sono stati arrestati e detenuti. Si trattava di sabotatori, nonostante l’Armenia tentasse di presentarli diversamente. Per quanto riguarda il ritorno a casa dei rifugiati e profughi azerbaigiani, circa 1 milione di persone, il processo deve essere preceduto dalla ricostruzione delle aree liberate, che come ho sottolineato sono completamente distrutte, e la cui realizzazione è impedita dalle mine sparse dall’Armenia e dal rifiuto da parte della stessa di consegnare le mappe dei campi minati.”
E dal un punto di vista geopolitico e diplomatico?
“Questo aspetto si unisce al precedente perché il problema principale attualmente per la normalizzazione dell’area e anche dei rapporti è proprio la presenza massiccia di mine e il rifiuto dell’Armenia di consegnare le mappe delle zone minate. Dopo la recente morte per un’esplosione di tre ulteriori civili azerbaigiani, tra cui due giornalisti, che portano a circa 150 il numero totale dei morti e feriti per mine in Azerbaigian, la maggior parte dei quali civili, il 12 giugno 2021 è stato raggiunto un nuovo accordo che ha visto la consegna da parte dell’Azerbaigian di 15 armeni detenuti, in cambio di mappe contenenti la localizzazione di 97.000 mine anti carro e antiuomo nel distretto di Aghdam. Bisogna ricordare che Aghdam è solo uno dei distretti liberati dell’Azerbaigian, e questo rende l’idea di quale sia la portata del territorio e dei numeri di cui stiamo parlando. Numeri importanti, che fanno comprendere l’ampiezza della ricostruzione che abbiamo avviato e che vedrà, dal punto di vista geopolitico, anche l’apertura di tutti collegamenti nella regione.”
Sulle nostre pagine, l’Ambasciatrice della Repubblica dell’Armenia in Italia, S.E. Tsovinar Hambardzumyan ha affermato “E’ interessante che sia proprio l’Azerbaigian a lamentarsi delle conseguenze della guerra. Il paese che nel 21° secolo impugna le armi e cerca di risolvere i conflitti con la forza, dovrebbe essere consapevole delle conseguenze delle guerre…”. Vuole replicare a queste due affermazioni?
“È un nonsense che queste parole siano state pronunciate dal rappresentante di un paese come l’Armenia, che ha impugnato le armi e ha usato la forza per occupare militarmente i territori dell’Azerbaigian e ha mantenuto sotto occupazione quei territori per 30 anni, proprio applicando la forza. Più che io, è il diritto internazionale e la documentazione internazionale a rispondere alle parole dell’ambasciatrice armena.
L’Azerbaigian ha tentato per circa 30 di portare avanti negoziati sostanziali perché l’Armenia si ritirasse dai nostri territori sotto occupazione e per fa sì che gli azerbaigiani cacciati nel 1992-1994 potessero far ritorno alle proprie case. L’Armenia non ha mai collaborato e non ha mai accettato le richieste dell’Azerbaigian e della comunità internazionale, incluse le quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, anzi ha avuto l’obiettivo di conquistare altri territori dell’Azerbaigian, come dichiarato dalle stesse autorità dell’Armenia, e di portare avanti nuove provocazioni militari, l’ultima delle quali il 27 settembre scorso, che ha dato inizio alla seconda guerra del Karabakh.
A differenza dell’Armenia, l’Azerbaigian ha combattuto sul suo territorio sovrano e ha liberato i suoi territori. Nella guerra del Karabakh, i soldati azerbaigiani hanno mostrato coraggio e hanno sacrificato la propria vita per liberare la loro patria dagli occupanti, mentre i soldati armeni, invece, avevano un obiettivo assurdo, opposto ai valori del XIX secolo, come perpetuare l’occupazione delle terre dell’Azerbaigian, in corso da 30 anni.
Il paesaggio che ora si apre di fronte ai nostri occhi, in città come Aghdam, o Shusha, la nostra capitale culturale, ed ovunque nei territori liberati, non è il frutto dei 44 giorni dell’ultima guerra, ma dei quasi 30 anni di occupazione in cui l’Armenia non ha fatto nulla per tutelare, rispettare e rendere vivibili quelle aree.
La guerra è stata causata dall’atteggiamento dell’Armenia, e oggi si è aperto un nuovo capitolo per la regione. Vorrei ricordare all’Ambasciatrice dell’Armenia che l’Azerbaigian, dopo la conclusione della seconda guerra del Karabakh, ha più volte proposto all’Armenia la firma di un trattato di pace, sulla base del reciproco riconoscimento della sovranità, integrità territoriale e inviolabilità dei confini riconosciuti internazionalmente. Durante questo periodo il mio paese ha compiuto numerosi gesti umanitari per normalizzare e pacificare l’area. Purtroppo non osserviamo nessun apprezzamento per queste azioni da parte dell’Armenia e non è arrivata neanche una risposta alla nostra proposta di pace. Le due Dichiarazioni Tripartite del 10 novembre e dell’11 gennaio prevedono l’apertura di tutte le vie di comunicazione dell’area. Se l’Armenia vorrà essere collaborativa, consegnerà le mappe delle aree minate, e parteciperà alla normalizzazione della regione, essa stessa ne potrà beneficiare, riuscendo ad integrarsi in quei progetti regionali da cui, a causa dell’occupazione militare dei nostri territori, è stata esclusa fino ad oggi.
Probabilmente la situazione elettorale in Armenia, frutto della crisi politica del paese, è stata un ostacolo per le stesse autorità dell’Armenia a riconoscere i benefici della pace con l’Azerbaigian e adesso speriamo che in questa nuova situazione post-elettorale le autorità dell’Armenia trovino il coraggio per il pieno adempimento dei pre-requisiti di entrambe le dichiarazioni, la cui attuazione è fondamentale per l’Armenia stessa e per il suo futuro. Speriamo che l’Armenia tragga lezione dalla tragica storia di divisione e odio degli ultimi 30 anni e pensi alla pace, alla collaborazione e all’integrazione regionale.
Se da un lato l’Azerbaigian sta puntando moltissimo sul soft power per farsi apprezzare dalla comunità internazionale, attraverso importanti manifestazioni sportive (dal Gp di formula uno alle partite di calcio) o alla promozione di attività culturali in diversi paesi, dall’altro pesano e non poco le osservazioni di molte ong e organizzazioni internazionali, sulla libertà di espressione.
Il Rappresentante OSCE per la libertà dei media, Harlem Désir, ha più volte espresso preoccupazioni in merito alle modifiche alla legge sull’informazione, adottate dal parlamento nazionale dell’Azerbaigian lo scorso anno, nel contesto della lotta contro la disinformazione connessa alla pandemia di COVID-19…
L’Azerbaigian è un paese che attribuisce grande importanza alla garanzia della libertà di espressione e di stampa, che è stata pienamente assicurata nel nostro Paese ed è stato formato un quadro legislativo in conformità con gli standard internazionali, che disciplinano questo settore. La censura dei media in Azerbaigian è stata definitivamente abolita. Centinaia di media di vari orientamenti politici operano liberamente nel paese, mentre i media Internet possono vantare un rapido sviluppo.
Il fatto che oltre l’80% della popolazione abbia accesso a Internet e che circa la metà della popolazione sia un utente di social network, dimostra che milioni di persone in Azerbaigian seguono i media online liberamente ogni giorno e sono attive sui social network, e tutto ciò è un chiaro esempio di libertà di espressione e di stampa. In modo prevenuto alcuni circoli ignorano tale realtà positiva e fanno affermazioni infondate, che contraddicono la realtà esistente. L’ignorare da parte di alcuni circoli tutte queste realtà positive e il rilascio di affermazioni infondate, che sono in completa contrapposizione con l’attuale situazione nel Paese, hanno un carattere fazioso.
Nell’ambito delle misure per combattere la pandemia di COVID-19, una delle questioni più importanti in Azerbaigian, come in tutti i paesi, ricade sulla stampa e sull’informazione. Insieme alla pandemia di coronavirus, assistiamo anche all’introduzione di un nuovo termine nel nostro lessico pubblico, come “pandemia di disinformazione”, nonché al fatto che la lotta contro la disinformazione è, infatti, diventata parte integrante della lotta contro il virus. Nei media mondiali regna già una tendenza alla “pandemia di informazione” pericolosa quanto la pandemia di coronavirus. Pertanto, nella maggior parte dei paesi, vengono adottate misure preventive appropriate per prevenire la diffusione di “notizie false” su piattaforme social network e su numerose risorse Internet, che possono causare danni negativi, panico pubblico, agitazione e portare a gravi complicazioni.
Poiché la sicurezza delle informazioni è una delle componenti principali della sicurezza nazionale del nostro Paese, l’Azerbaigian, a sua volta, ha compiuto passi adeguati in questa direzione.
Le modifiche apportate alla Legge della Repubblica dell’Azerbaigian “Sull’informazione, l’informatizzazione e la protezione delle informazioni” il 17 marzo 2020 sono parte integrante di queste misure preventive. Secondo gli emendamenti, il proprietario di qualsiasi fonte di informazione Internet è obbligato a prevenire la diffusione di informazioni false su Internet. Questi cambiamenti sono rivolti a informazioni che minacciano la vita, la salute, la proprietà, la sicurezza pubblica della popolazione, compromettono il funzionamento delle infrastrutture finanziarie, sociali, dei trasporti, delle comunicazioni, dell’industria, dell’energia. Questo passo, compiuto nel contesto della lotta alla disinformazione nel quadro delle misure per combattere la pandemia di COVID-19, dovrebbe essere considerato come il contributo dell’Azerbaigian alla lotta contro le “fake news”.
Come vede il futuro dei rapporti tra Italia e Azerbaigian?
“Azerbaigian e Italia sono partner strategici e godono di ottimi rapporti. L’obiettivo attuale è portare le relazioni ad un livello ancora successivo e per questo le linee guida sono quelle tracciate dalla Dichiarazione Congiunta sul rafforzamento del partenariato strategico multidimensionale tra Azerbaigian e Italia, firmata durante la visita di Stato del Presidente Ilham Aliyev nel febbraio 2020. Italia e Azerbaigian hanno manifestato la loro amicizia reciprocamente anche durante i mesi più duri della pandemia di Covid-19, tramite atti in ambito sanitario. Proprio dall’Italia sono giunte anche le prime due delegazioni istituzionali – una governativa e una parlamentare, occidentali, in visita nei territori liberati nel dicembre 2020, molto apprezzate da parte del popolo dell’Azerbaigian, come gesti di grande amicizia. Credo che la direzione è ormai segnata e che nel nostro futuro ci siano importanti progetti congiunti, in ambito economico, culturale ed accademico, tra cui la creazione dell’Università Italo-Azerbaigiana a Baku, che potranno arricchire la nostra già ottima collaborazione e avvicinare ancora di più i nostri due popoli.”
Note
[1] https://www.opiniojuris.it/elezioni-armenia-riconferma-per-nikol-pashinyan/
[2] Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan è diventato il primo leader straniero a visitare il Nagorno-Karabakh da quando è stato riconquistato dalle forze azere
[3] Dal Gran Premio di Formula 1 a Baku fino al recente campionato europeo di calcio che ha previsto diverse partite nella capitale.
[4] In riferimento al report pubblicato da Reporters sans Frontieres sulla libertà di stampa e che vede l’Azerbaijan al 167° posto (+1 rispetto allo scorso anno) https://rsf.org/fr/azerbaidjan
[5] Mammad Ahmadzada (Baku, 1976) laurea e master in relazioni internazionali, ha anche un master in management dell’economia dell’ambiente presso la scuola superiore Enrico Mattei.
Foto copertina: L’Ambasciatore Ahmadzada con il Presidente Sergio Mattarella