Binario Est è la storia di un viaggio. Un viaggio lontano dalle tradizionali mete vacanziere e le città più amate dai turisti. Un viaggio alla scoperta degli angoli più remoti e dimenticati di questa grande Europa. Un viaggio percorso su rotaie, lontano dalla calca degli aeroporti internazionali e dalle rinomate catene di bar e ristoranti. Binario Est è la storia di un viaggio nel tempo, verso luoghi e comunità che tutt’oggi esistono, ma che hanno il sapore di tempi ormai andati. Un viaggio che inizia con una semplice passione: quella per le ferrovie più vecchie e scalcagnate d’Europa. Intervista a Marco Carlone, autore di Binario Est, giornalista e videoreporter appassionato di Balcani.


Se si potesse domandare a tutti i grandi autori e letterati della storia moderna e contemporanea, quale sia il mezzo di locomozione che maggiormente smuove la vena creativa di uno scrittore, con tutta probabilità la risposta sarebbe il treno.
Il viaggio in treno ha sempre avuto un posto nella letteratura contemporanea italiana e straniera. A partire dal tardo ‘800 la ferrovia diventa luogo in cui si mescolano incontri amorosi, separazioni, partenze, come quelli citati da Giovanni Verga in “Di là del mare”; o ancora come simbolo dell’unità di Italia e del progresso impetuoso come un uragano, che giunge anche nella lontana ed isolata Aci Trezza ne “I Malavoglia”. Passando per il “Treno ha fischiato” di Luigi Pirandello di inizio ‘900 e il Neorealismo di Sciascia e Calvino; fino ai gialli di Agata Christie, ai film come “Strangers on a train” di Alfred Hitchcock, o addirittura al fantasy con J. K. Rowling in Harry Potter.
Binario Est, tuttavia, non è la storia di treni famosi o fantastici, come la Ferrovia Transiberiana, l’Orient Express, Il Treno Azzuro o l’Hogwarts Express del binario 9 e ¾, tutt’altro. Parliamo di T.669, 33-248, Malaxa o la sovietica VL80. Che sia per il trasporto di merci, come il carbone e l’acciaio da e verso le miniere e i grandi centri industriali; ovvero adibite al trasporto di pendolari, lavoratori, studenti, contadini; che sia sulle ripide montagne del Gorski Kotar o tra le pianure della Transcarpazia o della Bessarabia, queste vecchie locomotive non vogliono saperne di andare in pensione.
Come nelle migliori opere letterarie, il viaggio in treno si intreccia con la politica, la storia, le tradizioni di popoli e nazioni, antichi imperi e nuove entità statali; conflitti congelati e paci instabili. La storia che fa da sfondo alle vite di tutti i giorni di pendolari, ferrovieri, viaggiatori, babuške per i quali quelle ferrovie vecchie e dimenticate rappresentano un bene indispensabile e irrinunciabile. Ferrovie che hanno costituito la spina dorsale sulla quale si è retta (e si regge) l’economia di nazioni come la Croazia, la Bosnia Erzegovina, o testimoni di un passato da cancellare o riscrivere, come nel caso degli ultimi treni sovietici ancora operativi in Ucraina.
Allo sguardo dell’osservatore occidentale, abituato all’alta velocità, ai treni confortevoli e alle stazioni accoglienti, potrebbe apparire con un tuffo in un passato di cui forse non è stato testimone diretto, avendone contezza grazie alle pellicole, agli album fotografici, raffiguranti, ad esempio, l’Italia del dopoguerra, e di quando il boom economico faticava a raggiungere le aree rurali.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Marco Carlone, autore di Binario Est, giornalista e videoreporter appassionato di Balcani.

Potrebbe spiegarci com’è nata questa sua passione per i treni e per le ferrovie più dimenticate?

“Questa passione per i treni è nata quando ero molto piccolo. Io sono di Torino e mio nonno mi portava a vedere i treni, come si fa spesso con i bambini per farmi stare bravo, a Monterosso al Mare, dove andavo in vacanza. Lì c’è una bellissima piazzetta che si affaccia proprio sul mare e sopra questa piazzetta c’è il ponte della ferrovia. Avrò avuto 5 o 6 anni, guardavo i treni passare e mi immaginavo dove potessero andare. Poi sono passato in quello stesso posto, molti anni dopo, e in qualche modo questa passione è riaffiorata, insieme ai ricordi, e ho iniziato a viaggiare per l’Italia per fotografare i treni. Ho scoperto che c’è un mondo dietro. C’erano tantissimi fotografi di treni già attivi. Ho iniziato a creare una rete, anzi ad inserirmi nella rete già esistente di fotografi appassionati di treni, andando dunque a inseguire le ferrovie, le locomotive e i rotabili più vecchi, più antichi, più interessanti, prima in Italia e poi nella zona dei Balcani.”

Come è giunto alla decisione di intraprendere questo viaggio e a racchiuderlo in un libro?

“Questo libro racchiude otto anni di viaggi. Non ci sono tutti i viaggi che ho fatto per fotografare i treni, ma è una sorta di best of, per utilizzare un linguaggio musicale. Questo perché non tutti i viaggi che ho fatto avevano un numero abbastanza elevato di storie interessanti. Nel senso che molti viaggi erano finalizzati ad avere un far parte del mio archivio fotografico, nel senso che non avevano delle storie umane da potere essere raccontate. Questo è quello che cerca di raccogliere il libro, dei punti di vista laterali utili per poter raccontare i territori, questo libro è stato fatto utilizzando un po’ l’espediente del viaggio in treno che è un espediente utilizzato migliaia di volte in letteratura, prima di me, per raccontare dei territori e per raccontare il viaggio stesso. Questi otto capitoli, che sono stati selezionati, volevano dare un punto di vista partendo da quello ferroviario, partendo dalla ferrovia per arrivare alla terra all’interno della quale questa ferrovia è costruita. Queste perché spesso la storia delle ferrovie racconta anche un po’ la storia, quella con la S maiuscola, quella dei territori. E in alcuni capitoli questo legame è ben visibile.”

Percorrendo il viaggio descritto nel suo libro, facciamo la conoscenza di alcuni personaggi che hanno condiviso con noi una parte della propria vita quotidiana, più o meno consapevolmente. Si ha come l’impressione che la vita di quelle persone e di quelle comunità proceda quasi inconsapevole dei cambiamenti, degli stravolgimenti politici e delle questioni che interessano il l’Europa. Qual è stata la sua sensazione? Cosa è riuscito a cogliere conoscendo quelle persone?

“Le persone incontrate durante i miei viaggi sono state molte e molto spesso sono stati anche incontri casuali. La sensazione è che, in molti casi, molte di queste persone non hanno condiviso con me delle visioni a lungo termine, di come andrà l’Europa, o degli stravolgimenti politici. Questo perché molte delle storie selezionate sono ambientate in zone molto rurali, spesso anche molto lontane dalle città dove si prendono le decisioni, e raccontano piccole parentesi di vita di persone che hanno problemi molto pratici, legati alla vita quotidiana, come vendere le proprie verdure al mercato, per dirne una. Dunque, questa cosa fa si che per loro, almeno nel momento in cui le ho incontrate e intervistate, queste persone avessero problemi tangibili come avere un mezzo per andare a vendere il proprio pane, verdure e le cose raccolte nel bosco. Quindi, anche se ci fossero state delle considerazioni ad ampio raggio, raramente queste sono state raccontate dalle persone incontrate sul territorio. La loro speranza, soprattutto per i ferrovieri, è che la situazione complessiva migliori per consentir loro di continuare a lavorare, questo capita ad esempio in Albania. Questo non significa che non ci sia consapevolezza sull’andamento dell’Europa, o che non ci siano speranze di inclusione in entità come l’Unione Europea. Tuttavia, queste non sono emerse troppo in questi viaggi.”

Che si tratti dell’Impero austro-ungarico, dell’URSS o della Jugoslavia, il passato ha plasmato il presente di quei paesi che ha visitato. Alcuni di questi paesi sono ora nell’Unione Europea; penso alla Romania, alla Bulgaria, alla Croazia, oppure a quei paesi che aspirano a farne parte come l’Albania e la Moldavia. In base alla sua esperienza, crede che questi paesi saranno davvero pronti ad adottare il modello politico, economico e sociale europeo?

“Molto complicato dare una risposta a questa domanda. Sostanzialmente questo libro non ha l’intenzione di spiegare la situazione attuale economica e sociale di alcuni di questi paesi. In base alla mia esperienza, ci sono dei paesi che, già nell’UE, stanno cercando di inseguire un modello economico simile a quello dell’Europa occidentale. Per quanto riguarda le ferrovie, che rappresenta il mio punto di vista, paesi come Romania e Bulgaria, così come Croazia, che essendo entrate nell’UE, stanno cercando di adattare il loro modello ferroviario e anche economico a quelli che sono i criteri in uso nell’Europa occidentale. Quindi, sono state costruite delle ferrovie, anzi sono state migliorate dal punto di vista infrastrutturale alcune linee, quelle che hanno un traffico sia di merci che di persone più elevato, e le direttrici principali sono state adeguate agli standard dell’Europa occidentale. Quanto meno per quanto riguarda la rete di binari, nella palificazione, e nell’infrastruttura in generale. In altri casi, però, il percorso è ancora lungo, ad esempio in Albania o Moldavia. In Albania, proprio in questi giorni, si è completata la ricostruzione della linea ferroviaria che da Durazzo porta a Tirana. Tuttavia, la rete ferroviaria albanese è in condizioni disastrose, oltre questo punto. Ad esempio, nel 2019 il treno che da Durazzo andava a Shkodër, nell’Albania settentrionale, è rimasto bloccato nella stazione di Shkodër, perché una frana ha colpito un ponte, e da quel momento il treno è ancora, sul binario 1, perché ancora non sono stati fatti i lavori di ripristino di quella tratta. Quindi in Albania è stata ricostruita una linea, però ci sono tante criticità nella restante parte della rete ferroviaria.”

Mi ha colpito in modo particolare la descrizione della Kombinat di Elbasan, che lei indica quale “vero simbolo del tentativo di industrializzazione albanese”. Crede che, come nel caso albanese, il passato è destinato a bloccare o rallentare lo sviluppo industriale e politico dei paesi balcanici?

“È complicato dare una risposta omnicomprensiva. Che riguardi tutti i paesi interessati. Sicuramente il passato di molti di questi luoghi è un’impronta pesante come è stato scritto nel caso albanese, che fornisce un esempio paradigmatico. La distinzione si può fare tra i paesi che sono entrati nell’UE rispetto a quelli che ancora non sono entrati in UE. Anche le dimensioni rappresentano una discriminante. Naturalmente, Romania e Bulgaria sono più grandi geograficamente rispetto ad Albania e Croazia, o di Bosnia e Macedonia del Nord. Da questo punto di vista i paesi che hanno investito di meno, ad esempio nella manutenzione della rete ferroviaria, si ritrovano oggi con una eredità pesante sulle proprie spalle, e con degli adeguamenti che richiedono più tempo e più risorse. Quello dell’Albania rappresenta ancora un caso emblematico. Che il passato sia destinato a bloccare lo sviluppo industriale, non credo ma, questa è una mia personalissima opinione. Questo perché tutti questi paesi hanno in qualche modo sposato, ad eccezione della Moldavia dove la situazione è ancora incerta, almeno negli obiettivi futuri, uno stile di vita, e quindi uno sviluppo economico, industriale, politico, sociale che si avvicina a quello dei paesi dell’UE.”

In occasione del Western Balkan Summit del 6 ottobre 2021, la Presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen, aveva annunciato lo stanziamento di un finanziamento da nove miliardi di euro per Albania, Bosnia Erzegovina, Montenegro, Serbia Macedonia del nord e Kosovo, al fine di “sostenere la convergenza economica degli Stati dei Balcani occidentali con l’Ue attraverso investimenti a sostegno della competitività, crescita inclusiva, e della doppia transizione verde e digitale”[1]. In base alla sua esperienza, come valuta un eventuale allargamento UE nei Balcani occidentali? Saranno in grado, questi paesi, di rispettare gli standard economici ed ambientali per l’ingresso nell’UE?

“Questo è un campo su cui non ho fatto molta ricerca, la mia non sarebbe un’analisi ragionata. Quello che penso però, in base alla mia esperienza e partendo da una mia opinione, è che in molti di questi paesi l’allargamento UE è motivo di speranza. Ad esempio, in Albania, e una parte della Macedonia del Nord, puntano molto all’ingresso in UE. Ciò vale anche per il Kosovo. Questa è il sentimento generale nel paese. Certo è difficile tracciare un percorso che sia valido per tutti i cittadini, naturalmente. Ci sono altri paesi in cui l’allargamento è visto con un po’ più di scetticismo. Per quanto riguarda gli standard, economici, non mi occupo di economia e mi risulta difficile dare una risposta. Mentre posso rispondere per quanto riguarda gli standard ambientali. Io ho lavorato in Bosnia, e per quanto riguarda la questione energetica, paesi come la Bosnia, la Serbia il Kosovo, gli standard ambientali non sono ancora paragonabili a quelli dell’UE. Quindi sotto questo profilo ci sarebbe molta più strada da fare. Paradossalmente, un paese come l’Albania, che dal punto di vista energetico ha puntato molto di più sull’idroelettrico, ad esempio, dal punto di vista delle emissioni di CO2 sarebbe più avvantaggiata. Però non credo sia l’unico criterio da prendere in considerazione per un paragone tra standard ambientali di questi paesi e standard UE.”


Note

[1] https://www.ilsole24ore.com/art/nove-miliardi-l-integrazione-balcani-occidentali-nell-unione-europea-AE0lEmr

Foto copertina: Una vecchia automotrice romena in sosta nella stazione di Zerind, Romania occidentale. @Marco Carlone, autore di Binario Est


 

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Giovanni Telesco
Nato a Napoli il 24 luglio 1992. Ho conseguito una laurea magistrale in relazioni internazionali ed analisi di scenario all'Università di Napoli "Federico II" nel 2019. Laureato con 110 e lode, con una tesi in storia delle organizzazioni internazionali dal titolo " I tre pilastri della politica estera polacca: Atlantismo, integrazione europea, Eastern policy." Ho partecipato al programma Erasmus a Wrocław, Polonia, dove ho frequentato un semestre alla Uniwersytet Wrocławski. Sono stato attachée alle Universiadi di Napoli 2019. Mi interesso di politica internazionale, geopolitica, con una attenzione particolare alle vicende riguardanti Unione Europea, NATO ed Europa orientale. Mosso dal sogno di una carriera diplomatica, ovvero nelle organizzazioni internazionali. Lingue straniere, storia, cultura ed ambiente rientrano tra gli altri miei interessi.