Mentre la popolazione mondiale continua a crescere in tutti i continenti, l’Europa sta affrontando una crisi demografica senza precedenti storici.
In numerosi paesi europei da alcuni decenni è in corso un inverno demografico causato dall’abbassamento dei tassi di fecondità al di sotto della soglia necessaria alla continuazione naturale della popolazione di 2,1 figli per donna. Secondo i numeri forniti dal World Population Prospects e dal World Fertility Patterns delle Nazioni Unite, nel 2016 l’Europa geografica contava 741.447.158 abitanti, in aumento del solo lo 0,14% rispetto a sei anni prima, un numero destinato a scendere a quota 719.257.000 entro il 2050 se il trend attuale dovesse continuare, alla luce di un tasso di fecondità certificato in 1,6 figli per donna. In alcuni paesi, appartenenti all’ex area sovietica e iugoslava, la situazione è ancora peggiore: in Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Serbia e Romania la Banca Mondiale ha censito una natalità di 9 nascite per 1000 abitanti[1][2].
Ed è proprio la Bulgaria la fotografia migliore della morte demografica del Vecchio Continente: le proiezioni elaborate dalle Nazioni Unite hanno stimato che tra il 2050 ed il 2100 dovrebbe vedere la popolazione ridursi dagli attuali 7 milioni e 128mila abitanti (2016) a 3 milioni e 400mila, ad un tasso di 60mila persone in meno l’anno, 164 al giorno, lo spopolamento piu’ rapido e grave del pianeta insieme a quello che subirà la Romania nello stesso periodo[3] [4].
La natalità del paese è andata lentamente scemando a partire dal primo dopoguerra, a differenza degli altri paesi europei, dove il calo demografico è iniziato essenzialmente nella seconda parte degli anni ’70: 40,2 le nascite per 1000 abitanti nel 1915, 22,2 nel 1940, 14,5 nel 1980, 9,1 nel 2016; e dal 1979 il tasso di fecondità totale è inferiore al minimo per il ricambio generazionale, 1,54 figli per donna nel 2016[5] [6].
Il censimento della popolazione del 2011 ha messo in evidenza alcuni aspetti interessanti: pur componendo il primo gruppo etnico del paese, i bulgari sono la terza etnia per numero di nascite, dietro rom e turchi, e la prima per età media avanzata, e sebbene soltanto il 4,9% della popolazione si sia identificato come rom, ossia 325mila persone, la cifra potrebbe essere più alta considerando coloro che si identificano come turchi o bulgari in base alla religione o alla storia clanistico-familiare e coloro che hanno preferito non dichiarare la propria appartenenza etnica (il 14,9%). Ed è analizzando queste eventualità e la composizione etnica tra la fascia d’età 0-9 anni, che l’Accademia bulgara delle scienze, ha ritenuto di dover elevare la percentuale dei rom all’11%, mentre il Centro per la Politiche Demografiche di Sofia al 16-17% – ossia un milione di individui[7].
Il Centro per le Politiche Demografiche di Sofia riprendendo le proiezioni demografiche delle Nazioni Unite ha proposto uno scenario alternativo, delineato basandosi sui tassi di emigrazione, mortalità e fecondità delle etnie del paese, attualmente divisi da importanti gap ed in futuro destinati a cristallizzarsi o ad accentuarsi – a meno di radicali cambiamenti nelle dinamiche nazionali. Entro il 2050 i bulgari potrebbero diventare la terza etnia del paese, circa 800mila persone, superati da rom, 3 milioni e 500mila, e turchi, 1 milione e 200mila, nel 2100 la Bulgaria storica potrebbe cessare di esistere, poiché abitata da 8 milioni di rom, 1 milione e 500mila turchi e soltanto 300mila bulgari[8].
Le proiezioni e le analisi demografiche del Centro sono abitualmente utilizzate a fini governativi, pertanto non si tratta di uno scenario fantapolitico, quanto di una delle possibili strade che il paese potrebbe percorrere qualora le attuali tendenze dovessero protrarsi o ad aumentare nel tempo. Lo scenario non contraddice neanche quello elaborato dalle Nazioni Unite, perché entrambi giungono alla medesima conclusione: il popolo bulgaro rischia l’estinzione.
I bassissimi livelli di nascite non causeranno solo la (possibile) sostituzione etnica dei nativi, ma anche problemi di rilevanza sociale ed economica. Secondo un’indagine dell’Accademia bulgara delle scienze, le aree più colpite dallo spopolamento sono quelle rurali, che nei prossimi decenni potrebbero letteralmente sparire, innescando gravi ripercussioni sul settore agricolo.
Un altro problema è legato all’invecchiamento della popolazione, la cui età media attuale è 43 anni, una delle più anziane del continente, non sostituita da un numero adeguato di persone in età da lavoro per via della denatalità e dell’emigrazione, e questo potrebbe generare un altro grave evento: il fallimento del sistema previdenziale, fiscale e del mercato a causa della scarsità di lavoratori e contribuenti[9][10] [11]
Nonostante la crescita del pil e dell’occupazione, la Bulgaria continua ad essere considerata il paese più povero dell’Unione Europea. Oltre un milione i bulgari residenti all’estero nel 2017, 700mila dei quali in paesi comunitari, per la maggior parte donne, studenti e lavoratori generici e qualificati, ossia il futuro del paese.
Tante ed irrisolte le ragioni che spingono i bulgari ad emigrare altrove o a non costruire famiglie in patria: inefficienza e della scarsità dei servizi, dell’elevato costo della vita se comparato al potere d’acquisto, dell’incapacità di usufruire in maniera adeguata dei fondi europei per lo sviluppo e per l’asfissiante pressione esercitata da corruzione e criminalità sulla società e sull’economia.
Il governo Borisov[12], retto da una coalizione di centrodestra ed entrato in carica nel maggio dello scorso anno, intenzionato ad invertire il trend demografico, ha sinora introdotto una serie di misure mirate, come la copertura pubblica dei costi dei trattamenti per la fertilità, aiuto per il pagamento dei mutui e per le spese legate all’infanzia, incoraggiato i bulgari all’estero a fare ritorno in patria e manifestato aperta contrarietà ad una soluzione di ripopolamento basato sull’immigrazione extraeuropea, come fatto in altri paesi, Germania in primis[13]
La Bulgaria del futuro potrebbe essere uno Stato fallito in cui gli autoctoni sarebbero una minoranza e non è detto che la transizione verso il futuro sarà pacifica: già oggi la retorica antiziganista utilizzata dalla classe politica, la dilagante xenofobia e la situazione di degrado e abbandono di villaggi e periferie, ostaggio di famiglie criminali rom, incendiano periodicamente il paese tra manifestazioni, scontri e cacce all’uomo, come quando nel 2011 l’intero paese fu scosso da un’ondata di violenze contro la comunità zingara dopo l’omicidio di Angel Petrov, un giovane bulgaro, da parte di un rom.
[1] World Fertility Patterns 2015, United Nations.
[2] 2017 Revision of World Population Prospects, United Nations.
[3] Population Pyramids of the World, 1950-2100, Bulgaria, Population Pyramid.net
[4] Bulgaria’s Population Declines by 164 People a Day – Experts, Novinite, 15/09/2013
[5] Total fertility rate by statistical regions, districts and place of residence, National Statistical Institute, 2016
[6] Demographic Yearbook, United Nations
[7] Проф. Илона Томова: Има области с 40% деца роми, държавата им е длъжник, Zaman, 31/08/2015
[8] Scientists Raise Alarm over Apocalyptic Scenario for Bulgarian Ethnicity, Novinite, 22/11/2010
[9] Matteo Zola. Bulgaria: natalità in calo, il paese in piena crisi demografica. East Journal, 17/1/2014
[10] La popolazione in Bulgaria continua a diminuire, Bulgaria-Italia, 5/3/2015
[11] T. Mangalakova, Bulgaria, crisi demografica e villaggi fantasma, Osservatorio Balcani e Caucaso, 18/03/2011
[12] Bojko Metodiev Borisov è leader del partito Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (GERB). È Primo ministro della Bulgaria dal maggio 2017.
[13] Alexander, R. Why is Bulgaria’s population falling off a cliff?, BBC, 7/9/2017
Copertina: Osservatorio Balcani e Caucaso.