Che cos’è la burocrazia? Quando e perché è nata? Come si è evoluta nel corso del tempo? Per quale motivo viene considerata come la principale causa delle inefficienze dei sistemi politico-amministrativi di gran parte dei paesi occidentali?
La definizione del concetto e il ruolo giocato dalla burocrazia nei sistemi politici moderni, i punti di forza ed i limiti che interessano un fenomeno tanto complesso e variegato, ma al contempo imprescindibile, per l’organizzazione amministrativa contemporanea.


 

Origini del concetto

Il termine burocrazia, letteralmente “potere degli uffici”, nasce per opera dell’economista francese Vincent de Gournay, il quale nel XVIII secolo coniò questo termine mescolando la parola francese “bureau” (ufficio) e quella greca “κρατός” (potere); in tal modo egli aveva l’intenzione di definire quel potere degli uffici e dei funzionari dipendenti dal sovrano che nella Francia dell’età moderna si erano affermati di pari passo con l’assolutismo monarchico.

Tuttavia il concetto di burocrazia, inteso come insieme di uffici deputati alla realizzazione e all’implementazione amministrativa delle decisioni prese dall’esecutivo, ha radici ben più lontane nel tempo. Sono noti infatti gli esempi di organizzazione amministrativa dei grandi sistemi politici del mondo antico. Tra i tanti vanno ricordati i famosi esempi dell’antico Egitto o dell’impero romano, in cui prezioso era il ruolo svolto da funzionari specializzati che supportavano, rispettivamente, il faraone e l’imperatore, nel difficile compito di gestire e materialmente governare gli immensi territori sottoposti al potere centrale.

Ciò nonostante, se in tali termini la burocrazia dimostra di avere radici lontane, una declinazione moderna del fenomeno, in gran parte mantenuta fino ai giorni nostri, risulta essere quella che si afferma agli albori dell’età moderna, di pari passo con l’inizio del processo di affermazione dello Stato moderno.

Infatti, successivamente all’epoca medievale che ha rappresentato il momento di massima espansione delle autonomie e della frammentazione dei centri decisionali e del potere, nel corso del ‘500 inizia un lento e progressivo processo di accentramento dei poteri e di riduzione delle autonomia a vantaggio di un potere centrale dotato di sovranità.

Concetto fondamentale fu proprio quello di “sovranità”[1], e a riguardo famose furono le riflessioni di pensatori moderni come Bodin, Hobbes e Locke su cui si costruirono le dottrine di governo dell’assolutismo e in seguito del contrattualismo; in questo generale dibattito che accompagnò i pensatori del ‘600 e del ‘700, l’attenzione si poneva sul processo di accentramento dei poteri, e proprio in funzione della realizzazione di tale obiettivo gli studiosi contemporanei indicano la nascita delle moderne burocrazie.

Era evidente che in quel frangente storico di contrapposizione tra forze centripete e centrifughe fosse necessario un braccio operativo e dipendente dal potere sovrano che concretamente realizzasse gli obiettivi di policy che si poneva il centro decisionale (in particolare nei contesi terreni dell’amministrazione della giustizia e della fiscalità) e materialmente rappresentasse la presenza dello Stato sui territori.

Fu così che la burocrazia moderna, che seguiva il processo lungo e travagliato di affermazione dello Stato moderno, si concretizzò come attore centrale della vita politico-istituzionale ritagliandosi un ruolo fondamentale nella realizzazione delle politiche pubbliche e nei processi di costruzione e di mantenimento del consenso che divennero imprescindibili fin dalla fine dell’Ottocento, in concomitanza con la nascita dei primi regimi politici liberali e con l’affacciarsi sulla scena politica delle masse.

Il periodo della fine dell’Ottocento, e successivamente della gran parte del Novecento, vedrà una costante ed impressionante espansione del fenomeno burocratico, testimoniato sia dall’aumento quantitativo dell’impiego pubblico, sia soprattutto dall’aumento della domanda di amministrativa proveniente dai cittadini e dalla società civile; la ragione di questo allargamento è da ricercarsi nell’aumento vertiginoso delle prerogative dello Stato, a cui sarà richiesto sempre di più, fino a giungere al gravoso compito di curare il cittadino “dalla culla alla bara”.

L’enorme domanda di azione che veniva chiesta agli uffici pubblici portò lo Stato a dotarsi di un massiccio (e necessariamente costoso) sistema di Welfare che raggiunse la sua massima espansione in Europa, nei decenni 1950-70 e che prese il nome di Golden Age [2].

Tale espansione allargò anche il campo di azione del corpo intermedio deputato a mettere in pratica i buoni propositi proposti dal policy maker, ritagliando alla burocrazia un ruolo di influenza e di gestione di risorse di primissimo piano nella realizzazione delle politiche pubbliche.

Tuttavia con la fine della Golden Age e del modello di sviluppo della grande fabbrica Fordista e dell’economia Keynesiana, il ruolo dello Stato risultò pesantemente ridimensionato a causa dell’affermarsi delle ideologie liberiste e del New Public Management. Sul finire del XX secolo il Welfare State si trasformò così in Stato regolatore, e questo cambiamento provocò un importante contraccolpo sul piano burocratico-amministrativo.

Le parole d’ordine divennero l’efficacia, l’efficienza e l’economicità e ad esse doveva essere ispirata l’organizzazione e la performance della pubblica amministrazione. A questo si aggiunse il cambiamento in atto nella società, che tendeva a trasformarsi da Società di massa, tipica del Novecento, a quella che una recente letteratura scientifica definisce come “Platform society”[3] in ragione della diffusione, istantanea e generalizzata, delle piattaforme digitali e della rivoluzione del web.

In questo discorso complesso e variegato si inserisce l’attuale dibattito sulla burocrazia; esso pare il frutto del tempo corrente in cui si assiste ad una epocale trasformazione della società che implica una necessaria riorganizzazione dello Stato. Ciò sta provocano un generale ripensamento del ruolo svolto da un corpo intermedio, come la burocrazia, nato in un’epoca totalmente diversa da quella attuale ma che risulta ancora fondamentale per la realizzazione di beni, servizi e soprattutto diritti, posti alla base del patto democratico che regge i regimi politici contemporanei.

Ostacolo o risorsa?

Proposto per sommi capi il complesso background che sottende un fenomeno tanto variegato, è evidente che attualmente la burocrazia risulta essere uno degli aspetti maggiormente attaccati dall’opinione pubblica e dalla classe politica. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che essa viene, spesso, indicata come la prima causa dei mali che affliggono il sistema amministrativo di un paese, essendo considerata come il principale attore responsabile dell’inefficienza e della lentezza dell’azione pubblica.

Tuttavia tale posizione risulta essere troppo superficiale e non tiene conto della complessità che si nasconde dietro al concetto di Burocrazia. Infatti seppur è vero che la cronaca recente ha purtroppo abituato alla diffusione di scandali legati a fenomeni di corruzione e/o a sprechi di risorse pubbliche, pare evidente che eventi del genere rappresentano soltanto la punta di un iceberg ben più grande.

A questo punto la domanda a cui bisogna rispondere è se la burocrazia rappresenta soltanto un ostacolo al pieno sviluppo delle forze della società e alla migliore azione del policy maker o può essere considerata anche una imprescindibile risorsa all’interno dell’attuale conformazione organizzativa dei nostri sistemi politico-amministrativi.

Volendo partire dalle considerazioni di uno dei più importanti studiosi del fenomeno, il sociologo tedesco Max Weber [4], la burocrazia ha rappresentato l’organizzazione che maggiormente incarna il processo di “disincanto del mondo” e di razionalizzazione del potere che l’autore descrive con la dottrina della legittimazione del potere. Il tema del cosiddetto potere legale-razionale che Weber vede incarnato dalle procedure di azione e dal corpo burocratico stesso, definisce un imprescindibile impulso alla modernizzazione dello Stato e della società.

In questo senso la burocrazia potrebbe definirsi come una sorta di “computer sociale”, in quanto svolge il complesso e gravoso compito di organizzare e realizzare l’azione del decisore pubblico nella società con effetti ad impatto diretto su tutti gli attori sociali. L’azione della P.A. è stata brillantemente descritta dalla scuola neoistituzionalista la quale, partendo dalle riflessioni weberiane e allo stesso tempo superandole, le ritaglia un ruolo di intermediario tra la società civile e la politica, definendola in termini non puramente formali o neutrali, ma più propriamente politici. La burocrazia, dunque, non si limita semplicemente ad “eseguire gli ordini”, ma ha il compito di organizzare e di decidere, più o meno discrezionalmente, come quegli ordini vanno eseguiti, e ciò influenza sia la fase iniziale di emersione dei bisogni e di decisione della policy, che i risultati delle politiche pubbliche, con evidenti ricadute sulle logiche di costruzione del consenso e di credibilità istituzionale del sistema politico.

La P.A. si occupa dunque di legittimare i procedimenti decisionali e di azione del decisore pubblico, ma si occupa pure di esserne il front-office relazionale con gli utenti beneficiari dei servizi. Così come una cinghia di trasmissione si occupa del delicato compito di far dialogare la cabina di regia con i cittadini e le imprese.

In ragione di queste considerazioni, imputare alla burocrazia la colpa di tutte le inefficienze di un sistema politico-amministrativo pare una visone miope, perché trascura il fatto che la burocrazia rappresenta un corpo intermedio che si plasma sia in ragione di logiche e dinamiche interne (che sono necessariamente da prendere in considerazione), ma anche, e soprattutto, in ragione di influenze esterne che arrivano dalla politica e dalla società.

Per concludere il discorso, si potrebbe rispondere alla domanda iniziale, dicendo la burocrazia è sicuramente una risorsa organizzativa preziosa ed imprescindibile per gli attuali sistemi amministrativi contemporanei; tuttavia essa può divenire anche un insormontabile ostacolo se non capace di adeguarsi alle spinte dinamiche della società e se non riceve i giusti input di modifica dalla politica.

Quello che bisogna tenere a mente è che la burocrazia fa parte del vestito istituzionale che la classe politica confeziona su misura alla società civile, e nonostante esso sia soggetto all’usura fisiologica dovuta alle specifiche parti che lo compongono, è evidente che risulta definito nelle sue direttive principali dalle mani della politica e dalle membra della società stessa.


Note

[1] Per approfondire con interessanti spunti di analisi sul concetto di “Sovranità” si veda la voce del termine sul sito www.treccani.it  .

[2]Per un approfondimento sull’analisi dell’evoluzione dello Stato nel periodo della Golden Age in Italia si veda  Vittoria A. (2015), “Il Welfare oltre lo Stato. Profili di storia dello Stato sociale in Italia, tra istituzioni e democrazia”, Torino, G. Giappichelli. 

[3] Dijck J. V. – Poell T. – Waal M. (2018), “The Platform Society. Public Values in a Connective World”, USA, Oxford University Press.

[4] Weber M. (1922), “Economia e Società”,  ed. it. (2005),  “Economia e Società. L’economia in rapporto agli ordinamenti e ai rapporti sociali”, Torino, Donzelli editore.


Foto copertina: Immagine web. Dawn