Lo scorso 17 marzo 2022, l’ex premier bulgaro Boiko Borisov è stato arrestato con l’accusa di presunta estorsione. Borisov è stato fermato insieme con l’ex ministro delle Finanze Vladislav Goranov e la portavoce del suo governo Sevdalina Arnaudova.
Lazare. Storia e Geopolitica della Bulgaria
Secondo la stampa bulgara, il fermo del leader del partito conservatore GERB è stato motivato da presunte irregolarità legate alla gestione dei fondi europei nel campo dell’agricoltura e nel settore edilizio. Tuttavia, la scarcerazione è arrivata pochi giorni dopo, il 19 marzo, in ragione del fatto che la procura non ha avanzato accuse, in mancanza di prove certe. L’attuale premier, Kiril Petkov, leader del partito anticorruzione “Noi continuiamo il cambiamento”, ha accusato apertamente la procura di “sabotaggio”, già tacciata di aver più volte aver chiuso gli occhi sulla corruzione nel paese.
L’arresto dell’ex premier bulgaro riaccende i riflettori su un problema endemico, quello della corruzione che interessa trasversalmente tutte le formazioni politiche e istituzionali della Bulgaria, la quale è considerata come il paese più corrotto d’Europa, come riportato da Transparency International.
Ma vediamo chi è Boiko Borisov e perché è una delle figure più controverse nel panorama politico dell’area balcanica.
Biografia e origini
Boiko Borisov è nato a Bankya, una cittadina non lontano dalla capitale Sofia, il 13 giugno 1959, figlio di un ufficiale del ministero degli interni bulgaro, Metodi Borisov, e di una maestra di scuola elementare, Veneta Borisova.
Tra gli anni ’80 e gli anni ’90, Borisov aveva servito nel ministero degli interni con diversi incarichi, dapprima come pompiere, professore alla accademia di polizia di Sofia e membro dell’Ufficio di sicurezza nazionale, per poi ottenere la carica di segretario capo con il grado di generale, fino al 2005, anno in cui si è candidato alle elezioni per il ruolo di sindaco di Sofia. Vinte le elezioni ha ricevuto l’incarico di sindaco di Sofia, lasciando il suo incarico ministeriale.
Nel 2006 ha fondato il partito di stampo conservatore Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (Граждани за Европейското Развитие на България, Graždani za Evropejskoto Razvitie na Bălgarija, il cui acronimo, GERB) che si presenta la prima volta alle elezioni politiche europee del 2007, imponendosi come prima forza politica del paese.
Tuttavia, la prima vera prova di forza del nuovo partito di Borisov arriva alle elezioni parlamentari del 2009, dove il GERB si impone con il 39.7% delle preferenze sulla compagine governativa socialista, guidata dal premier uscente Sergei Stanishev, che ottiene solo il 22%. Il GERB si aggiudica 116 seggi su 240 al Parlamento bulgaro, mentre Boiko Borisov, ottenuta la carica di primo ministro, ha dato vita ad un governo conservatore ed europeista. Il primo governo Borisov si sarebbe poi sciolto nel febbraio 2013, con le dimissioni del premier in seguito a violente proteste di piazza.
Le proteste del 2013 e gli scandali di corruzione
Nella notte tra il 23 e 24 luglio 2013, le proteste che da mesi infuriavano nelle piazze di Sofia, hanno condotto i manifestanti ad assaltare la sede del Parlamento bulgaro, ed a violenti scontri con la polizia che hanno provocato il ferimento di decine di persone. Le violente proteste sono state caratterizzate anche da una serie di suicidi di manifestanti, che si sono dati alle fiamme in piazza in segno di protesta.
I protestanti si scagliavano contro l’aumento dei prezzi dell’energia elettrica e le attività delle compagnie di distribuzione, e contro la corruzione di un sistema politico eccessivamente permeabile agli interessi di oligarchi e uomini d’affari. Le proteste sono andate avanti alcuni mesi e Boiko Borisov, dopo alcuni tentativi di rimpasto di governo, è stato costretto a rassegnare le proprie dimissioni.
Le proteste del 2013 hanno portato all’attenzione dell’Europa e del mondo due fenomeni che rappresentano plasticamente due stereotipi molto diffusi (ma non del tutto infondati) sulla Bulgaria, che resta uno dei paesi più poveri dell’UE, il primo per tasso di corruzione percepita (Transparency International), ed il peggiore in Europa per quanto riguarda la libertà di stampa, come suggerito dal World Press Freedom Index.
In questo scenario, la figura dell’oligarca e magnate dei media Delyan Peevski accompagna tutti i 12 anni di governo Borisov, durante i quali si è distinto per il controllo di mezzi di stampa e reti televisive, tendenti a screditare ed attaccare giornalisti ed oppositori del premier Borisov, per il monopolio nel settore della distribuzione della carta stampata nel paese, e per gli innumerevoli scandali di corruzione che lo hanno colpito, e per aver ricoperto varie cariche istituzionali e politiche. Figura controversa quella dell’oligarca, che ha sempre goduto di una notevole influenza politica, ben al di là del suo ruolo di deputato, ma che si concretizzava nelle conoscenze di figure di spicco nel settore giudiziario, legislativo ed esecutivo, tra i quali lo stesso ex premier.
Nel 2007, sua madre aveva acquistato due quotidiani, il Telegraph e il Monitor, oltre al settimanale Politika, di cui Peevski è diventato proprietario. Nel 2013, successivamente alle proteste che hanno portato alle dimissioni di Borisov, il nuovo governo Oresharski propone di candidare proprio Peevski al ruolo di direttore del Dipartimento di Sicurezza Nazionale, incarico al quale egli è stato costretto a rinunciare a causa di violente proteste.
Inoltre, le indagini condotte da The Pandora Papers hanno rivelato che Peevski controllasse alcune società offshore non dichiarate, che hanno alimentato dubbi i dell’opinione pubblica sulla vera natura dei suoi introiti. Tuttavia, Peevski poteva contare anche sulla proprietà della compagnia Bulgartabac, società bulgara nel settore del tabacco, su numerose altre attività nel settore delle costruzioni, e sulla proprietà di Sofia Print Investment, dedita alla stampa di circa il 90% dei quotidiani nazionali. Il 2 giugno 2021, Peevski è stato raggiunto da una serie di sanzioni da parte del Dipartimento del Tesoro statunitense in applicazione del Magnitsky Act, una legge che colpisce individui, provenienti da qualsiasi paese, sospettati di violare diritti umani o di alimentare pratiche corruttive. Nella nota ufficiale rilasciata dall’ U.S. Department of the Treasury, si legge che: “Peevski negotiated with politicians to provide them with political support and positive media coverage in return for receiving protection from criminal investigations”. Le sanzioni si applicano ad altre personalità, politici e uomini d’affari bulgari, ovvero Vassil Kroumov Bojkov, oligarcha; e Ilko Dimitrov Zhelyazkov, ex agente della Agenzia per la Sicuzezza Nazionale (DANS) e vicecapo della Bulgarian State Agency for Technical Operations. Un altro scandalo che ha colpito il governo Borisov, destinato peraltro a ripetersi, è stato quello che ha riguardato l’incriminazione dell’allora ministro dell’Interno bulgaro, Tsvetan Tsvetanov, braccio destro dell’ex premier, vicepresidente del GERB, che è stato travolto dalle accuse, mosse dal leader d’opposizione Serghei Stanishev, di aver condotto intercettazioni abusive ai danni di politici ed imprenditori a partire dal 2009.
Ancora proteste, ancora scandali…
Nonostante gli scandali e le proteste che lo avevano costretto alle dimissioni, il leader del GERB ha vinto alle elezioni del 2014 pur non riuscendo ad ottenere la maggioranza assoluta, dovendo, perciò, dare vita ad un esecutivo in alleanza con il Blocco riformista. Tuttavia, l’instabilità del governo, a causa di dissidi interni alla maggioranza, e l’elezione del presidente Rumen Radev, ex comandante dell’Aeronautica, sostenuto dal Partito Socialista Bulgaro BSP alla fine del 2016, costringevano Borisov a rimettere nuovamente il suo incarico. Le elezioni del 2017 riaffermano la vittoria del GERB, sempre con una maggioranza relativa, e Borisov compone un governo di centro-destra, formando una coalizione di centro-destra con le compagini di destra nazionalista e anti-establishment, Patrioti uniti OP (Обединени Патриоти) e Volontà (Volya), un governo che proseguiva su posizioni filoccidentali ed europeiste, avviando importanti riforme strutturali in campo finanziario, in cooperazione con Bruxelles. Nel 2018, il governo Borisov sembra entrare in una fase di tensione con l’Unione Europea a causa della gestione del fenomeno migratorio, che vede il leader bulgaro rafforzare la presenza militare e ad ampliare il muro di filo spinato al confine turco, per fermare i flussi migratori, e per l’aperto sostegno alla politica repressiva di Viktor Orbàn, sempre in materia di immigrazione. Nel luglio 2020, il premier Borisov si è ritrovato nuovamente colpito dalle proteste di piazza, scatenatesi a causa di alcuni video imbarazzanti riguardanti la sua vita privata, altri video che denunciavano ulteriori scandali legati alla corruzione ed ai legami con personalità controverse, e colpito anche da una mozione di sfiducia presentata dall’opposizione socialista. Il 7 luglio 2020, il leader del movimento d’opposizione “Sì, Bulgaria”, Hristo Ivanov, ha pubblicato un video di denuncia, mostrando come una porzione di spiaggia pubblica, fosse stata ufficiosamente riservata ad Ahmed Dogan, influente uomo d’affari vicino a Borisov. Lo scandalo ha suscitato la reazione del presidente bulgaro Rumen Radev, il quale ha condannato il premier, accusandolo di non aver fatto nulla per combattere la corruzione, e anzi, di proteggere l’influenza degli oligarchi nel paese. Due giorni dopo, la polizia ha effettuato un raid negli uffici presidenziali per arrestare due membri dello staff di Radev, attività che ha suscitato ulteriori proteste, dal momento che i cittadini giudicavano l’evento quale ritorsione per le dure critiche mosse al premier. Le proteste, dirette contro Borisov e il procuratore generale del paese, Ivan Geshev, hanno ricevuto dichiarazioni di aperto sostegno dalla Ambasciata US di Sofia. Il colpo definitivo all’egemonia politica del GERB, proprio in vista delle nuove elezioni del 2021, è stato inflitto da un nuovo scandalo legato ad altre intercettazioni condotte ai danni di oppositori politici e ad accuse di appropriazione di fondi statali ed europei, registrando, tra l’altro, anche una mancata presa di posizione delle istituzioni europee, e anche alcuni leader europei del Partito popolare europeo, di cui il GERB fa parte, sembravano intenzionati a chiudere un occhio. I primi due turni elettorali, in aprile e luglio 2021, vedevano la netta imposizione del partito di centrodestra, Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (GERB), e dal partito populista bulgaro ‘C’è un popolo così’ (Itn), fondato nel 2020 dallo Showman ed ex cantante Slavi Trifonov. Entrambi i partiti avevano provato a dare vita ad una maggioranza di governo, senza successo. Tuttavia, il terzo turno, tenutosi nel novembre 2021, ha visto l’imposizione del “Noi continuiamo il cambiamento“, il neonato partito anti-corruzione fondato dai due economisti, Kiril Petkov e Assen Vassilev, e sostenuto da una coalizione di altri tre soggetti: i socialisti di BSP, Bulgaria Democratica (coalizione di centrosinistra), e il partito populista del presentatore tv, Slavi Trifonov, controllando insieme 134 dei 240 seggi del Parlamento. Nel dicembre 2021, Kiril Petkov è divenuto il nuovo premier bulgaro, dopo aver ricevuto l’incarico dal presidente Rumen Radev, ponendo fine, dopo oltre un decennio di potere ininterrotto, al governo di Boiko Borisov e segnando, probabilmente, il declino politico del partito GERB in Bulgaria.
Foto copertina:Il primo ministro bulgaro Boyko Borissov si toglie la maschera protettiva mentre arriva per un vertice dell’UE presso l’edificio del Consiglio europeo a Bruxelles, 18 luglio 2020. (Foto AP)