La figura del migrante, migrazioni e sviluppo, la percezione dei migranti in società.


 

I tratti principali della figura del migrante

Le migrazioni rappresentano un fenomeno umano naturale, la storia dell’umanità è basata essa stessa sulle migrazioni. Nonostante questo, può capitare che il fenomeno non venga ben accetto e visto tuttalpiù come un problema. È molto frequente imbattersi in discorsi confusionari sull’argomento, o a tentativi di strumentalizzazioni anche politiche; per questa ragione è importante fare chiarezza sul tema e quantomeno delinearne i punti salienti.

Chi è un migrante?

 Questa è la prima domanda alla quale bisognerebbe dare risposta, ma già con questo primo passo si riscontrano non poche difficoltà. Le Nazioni Unite ci suggeriscono di catalogare come migrante colui che risiede al di fuori del proprio paese per almeno un anno. Il termine “migrante” risulta forse troppo generico, come spiega lo studioso Khalid Koser, perché racchiude tutto un insieme di persone che vivono situazioni abbastanza diverse tra di loro, inoltre sorgono una serie di quesiti non di poco conto: quanti sono i migranti e quanto tempo hanno trascorso all’estero; definire quando una persona diventa migrante e quando cessa di esserlo; cercare di comprendere se con la sempre più crescente globalizzazione fuoriescono altre figure alternative di migranti e successivamente capire come trattarle[1]. Provando a fare una schematizzazione si possono catalogare i migranti i tre macroaree: migrazioni volontarie o migrazioni forzate; migrazioni politiche o migrazioni economiche; migranti regolari o migranti irregolari, comunemente definiti clandestini.
Sempre Khalid Koser ci spiega che la schematizzazione è pur sempre una mera semplificazione della realtà, infatti sussistono alcune complicazioni. Prima di tutto possono esserci sovrapposizioni di categoria, ovvero il migrante può ricadere in più di una di queste rendendo difficile la sua definizione. In secondo luogo, le distinzioni in tre macroaree di migranti non tengono conto delle molteplici sfumature esistenti nella realtà. Terza complicazione è che un migrante può facilmente passare da una macrocategoria all’altra, risultando difficile la sua identificazione[2]. In sostanza si può dire di essere di fronte al problema di rispondere alla domanda sopra posta, ovvero chi è il migrante; le semplici definizioni di cui si è in possesso sembrano spesso essere molto generiche e trascurano numerosi aspetti del fenomeno delle migrazioni, i quali fuoriescono solo quando si superano le definizioni stesse.

Sviluppo e migrazioni

Può capitare che il migrante venga considerato, come già detto, un problema o un peso per lo stato che lo accoglie. Non è molto difficile incappare in accuse verso i migranti, spesso visti come responsabili della disoccupazione, della stagnazione economica o della carenza di servizio pubblico. Le difficoltà provenienti dal declino industriale o da una crisi finanziaria vengono erroneamente attribuite alle persone che si spostano da un paese all’altro, ma la verità è che le migrazioni fanno parte della storia dell’umanità, e possono essere economicamente vantaggiose e culturalmente arricchenti. In uno scritto sulla rivista The Economist, l’economista Philippe Legrain, spiega quali sono i vantaggi del fenomeno migratorio e sostiene che la classe politica debba occuparsi di rendere la migrazione un fattore positivo piuttosto che demonizzarla[3]. Prima di tutto, Legrain, ci parla del diritto fondamentale alla libertà di movimento, poiché un fattore che influenza molto nella vita delle persone è il luogo di nascita e di provenienza, quindi se in tale luogo vi sono condizioni sfavorevoli per lo sviluppo della persona e per le sue condizioni di vita allora deve essere suo diritto fondamentale poter emigrare altrove. Legrain aggiunge che, a differenza del credo comune, l’economia si avvantaggia attraverso le migrazioni perché i migranti colmano le esigenze locali, spesso svolgono mansioni che gli autoctoni sono restii a svolgere, la diversità culturale stimola nuove idee, i migranti spediscono denaro a casa e arricchiscono di conseguenza anche le tasche del paese che hanno lasciato. La migrazione è anche fenomeno di arricchimento culturale, si pensi a tanti settori come quello gastronomico, quello dell’arte o della musica, quello dello sport e numerosi altri ancora. Philippe Legrain conclude la sua tesi spiegando che i migranti non sottraggono davvero posti di lavoro e soprattutto non pesano sul welfare; in verità c’è da dire che queste persone spendono i loro stipendi e creano posti di lavoro, inoltre secondo studi dell’Ocse loro contribuirebbero alle finanze pubbliche. Si pensi, poi, a quanto i giovani migranti possano essere d’aiuto per quei paesi tendenti all’invecchiamento della popolazione e con un basso tasso di natalità.

La percezione della società verso i migranti

 Nel 2018 il National bureau of Economic Research ha pubblicato uno studio condotto da tre economisti di Harvard, il quale dimostra che esiste una tendenza diffusa a sovrastimare il fenomeno degli immigrati nella popolazione. Dallo studio è fuoriuscito che incorrono numerosi errori di valutazione sugli immigrati rispetto alla distanza culturale o religiosa, alla fragilità economica, al grado di studio ed istruzione, al livello di disoccupazione e all’accesso ai servizi pubblici[4]. Si tende a costruire un’immagine sull’immigrato falsata, quasi esasperata, nonostante i dati dimostrino il contrario. La cosa abbastanza sconcertante è che anche dinanzi alla visione di dati e alla spiegazione veritiera ed attendibile del fenomeno delle migrazioni spesso si tende a non eliminare i preconcetti e le astruse narrazioni sull’argomento.
La percezione negativa del migrante in società può essere terreno fertile per far attecchire politiche populiste e intolleranti verso il fenomeno migratorio, usufruendo del timore che la popolazione ha nei riguardi di chi proviene da un altro paese. È un processo per acquisire consensi facili, cavalcando l’onda delle paure sociali ed ampliare in questo modo il proprio elettorato.

“Quando milioni di poveracci sono convinti che i propri problemi dipendano da chi sta peggio di loro, siamo di fronte al capolavoro delle classi dominanti”; con questa citazione ha esordito il celebre professore di economia Tito Boeri al TEDx Talks di Pavia, spiegando l’esistenza di politiche che hanno interesse a costruire un certo tipo di narrazione sul fenomeno migratorio[5]. Durante il TEDx Talks di Varese del 2018 Michele Vespe ha spiegato di come la ricerca di un Eurobarometro, il servizio della Commissione Europea che misura le tendenze dell’opinione pubblica europea, l’immigrazione è la maggior preoccupazione dei cittadini, seguita poi dalla paura per il terrorismo. Questa preoccupazione, secondo il data scientist Michele Vespe, è causata da un particolare tipo d’informazione, dalla politica e dai social media, tre settori che si nutrono di sensazioni istintive e ciò influenza notevolmente la percezione delle migrazioni[6].
Discipline come la psicanalisi o l’antropologia parlano di una paura dell’altro, paura dello straniero e di ciò che non possiamo conoscere e controllare, una sensazione che sembra appartenere un po’ a tutti gli uomini.  Le migrazioni assumono le sembianze di una minaccia di natura prevalentemente politico-identitaria. In base a tale prospettiva, la migrazione è supposta mettere in pericolo l’equilibrio etnico e culturale della società di destinazione, stimolando razzismo e radicalismo politico. Essa è vista in sostanza come un fattore di frammentazione sociale, di destrutturazione identitaria e d’incremento della violenza politica[7]
Ecco che la politica deve gestire una sfida complessa come quella delle migrazioni e non può prescindere da un’incrementata cooperazione operativa e dall’implementazione di politiche e pratiche d’integrazione e prevenzione lungimiranti. Quest’ultime devono, a questo punto, andare necessariamente oltre la mera semplificazione e la retorica spiccia[8].


Note

[1] K. Koser, Le migrazioni internazionali, il Mulino, 2007, p.25.
[2] K. Koser, Le migrazioni internazionali, il Mulino, 2007, p.27-28.
[3] P. Legrain, How to convince sceptics of the value of immigration?, in “The Economist”, 1 giugno 2018. Open Essay – How to convince sceptics of the value of immigration? | Open Future | The Economist
[4] V. Pelligra, Migranti, il divario tra percezione e realtà, in “Il Sole 24 ORE”, 10 luglio 2018. Migranti, il divario tra percezione e realtà – Il Sole 24 ORE
[5] TEDx Talks, Immigrazione tra percezione e realtà | Tito Boeri | TEDxPavia, 11 giugno 2019. Immigrazione tra percezione e realtà | Tito Boeri | TEDxPavia – YouTube
[6] TEDx Talks, La migrazione oltre la percezione | Michele Vespe | TEDxVarese, 26 luglio 2018. La migrazione oltre la percezione | Michele Vespe | TEDxVarese – YouTube
[7] G. Campesi, Immigrazione: da questione sociale a minaccia per la sicurezza, in “ISPI”, 21 ottobre 2013. Immigrazione: da questione sociale a minaccia per la sicurezza | ISPI (ispionline.it)
[8] A. Cammarata, MIGRAZIONI E TERRORISMO, in “Istituto Analisi Relazioni Internazionali”, 13 novembre 2020. MIGRAZIONI E TERRORISMO – IARI


Foto copertina: Un numero crescente di migranti etiopi è bloccato a Gibuti. International Organization for Migration IOM Assists Thousands of Migrants Stranded in Djibouti due to COVID-19 | International Organization for Migration Autore: Alexander BEE