La Cina detiene la quasi totalità dei giacimenti di terre rare. Una leadership sottratta agli Stati Uniti. Washington non ci sta e cerca di adottare le contromisure.


Le terre rare sono una combinazione di minerali, 17 elementi chimici combinati insieme e solitamente riscontrabili negli stessi depositi minerari. Queste costituiscono un materiale fondamentale nella realizzazione di superconduttori, magneti, laser, fibre ottiche e leghe metalliche. Ma l’utilizzo che le rende preziose, e oggetto di interesse geopolitico è quello che se ne fa in campo automobilistico. Le terre rare servono come elemento fondamentale per la realizzazione di componenti da utilizzare nelle auto ibride, un settore in rapida espansione. Oggi, sul mercato delle terre rare, c’è un solo grande nome: quello della Cina. Il drago rosso detiene, secondo alcune stime, una quota del mercato delle terre rare che varia tra l’80% e il  95%[1], avendo messo già da tempo le mani su due tra più grandi giacimenti mondiali di questa risorsa: la Groenlandia e l’Afghanistan. Infatti, le terre rare sono localizzate solo in poche zone a livello mondiale, e sono ancora di meno le aree in cui se ne riscontra una vasta concentrazione[2].

Le mani sul mercato

La Cina possiede dei giacimenti di terre rare all’interno dei propri confini. Una quantità che però, raggiunge “appena” il 35% del fabbisogno mondiale. La soluzione è stata quindi cercare altrove la risorsa, arrivandoci prima degli altri ed accaparrarsi la leadership del settore. Un’impresa ambiziosa, portata avanti non senza difficoltà, dato che bisognava intraprendere accordi con i governi, con le ditte locali e bypassare le proteste ambientaliste. Ma Pechino è molto determinata ed ha portato avanti il proprio obiettivo senza remore. Oggi si potrebbe dire che la Cina detiene il monopolio del mercato, ma è bene sottolineare che questo risultato è stato ottenuto soppiantando gli Stati Uniti, che fino alla fine degli anni’80 ne detenevano il monopolio. La Cina ha cominciato sfruttando i giacimenti di terre rare presenti nel proprio territorio, puntando su una strategia che puntava sul ribasso dei prezzi in modo da azzerare  la concorrenza americana. C’è da dire che il paese è riuscito a diventare leader quasi indiscusso in questo settore, grazie alla costruzione di imponenti siti di estrazione, ma anche di altrettante strutture dedicate alla lavorazione del materiale. Le terre rare infatti, subiscono una lunga lavorazione industriale atta alla separazione dei vari minerali presenti. Per questo la Cina ha dato vita ad una vera e propria filiera interna che ne ha generato il vantaggio.

La presenza in Groenlandia

Tuttavia, se oggi Pechino possiede la quasi totalità del mercato delle terre rare, lo si deve anche agli investimenti che il paese ha fatto altrove. Per esempio, la Cina è presente già da alcuni anni, in Groenlandia, dove secondo alcune stime, ci sarebbe una possibilità estrattiva di oltre 60.000 tonnellate, circa il 30% del fabbisogno globale. È chiaro che, mettere le mani sulle miniere groenlandesi significa un trionfo praticamente assicurato[3]. La Cina ha investito sulla compagnia australiana Greenland Minerals and Energy, attiva nella ricerca di terre rare nel sito di Kvanefjeld, uno dei più ricchi di terre rare. Anche in questo caso è scontro aperto con gli Stati Uniti, dato che, per vicinanza geografica e per interessi economici, Washington tiene molto al destino della Groenlandia, e non intende farla passare liscia a Pechino[4]. Per Biden, le terre rare sono una risorsa fondamentale per il paese, tanto da essere incluse in un ordine esecutivo inerente la linea di approvvigionamento dei “beni essenziali e critici per la sicurezza del paese”. Per questo gli americani hanno chiamato a gran voce la Danimarca, che detiene la sovranità su molti settori critici della Groenlandia, ma i due alleati atlantici, su questo, non possono fare altro che restare a guardare, e sperare che da Nuuk, non si sbilancino troppo a vantaggio della Cina. Si, perché dietro la questione meramente economica e commerciale delle terre rare, ci sono pressioni puramente geopolitiche: la Cina punta ad essere l’interlocutore obbligato per la fornitura delle terre rare, mentre la Groenlandia, potrebbe appigliarsi agli investimenti cinesi per avere maggiore indipendenza dalla corona danese.

Afghanistan: colmare il vuoto occidentale

Una delle ultime incursioni cinesi, ha avuto come obiettivo l’Afghanistan. Il paese detiene un altro grande giacimento di terre rare, e la Cina ha deciso di fiondarvisi. Gli Stati Uniti e le potenze occidentali, avevano appena lasciato l’Afghanistan, dopo 20 anni di una missione, che a detta degli stessi soldati americani, è stata fallimentare. Gli stessi accordi siglati a Doha, con i quali si lasciava campo libero ai Talebani, rappresentano una brutta pagina per l’impegno americano all’estero. I Talebani, in poco tempo si sono visti legittimati due volte: prima con gli accordi siglati dagli americani e poi, con altri accordi, meno plateali, siglati con la Cina, per lo sfruttamento dei giacimenti di terre rare[5]. Risorse critiche in cambio di riconoscimento internazionale? Si può fare per la Cina. Pechino infatti si è dimostrata poco interessata alle modalità con cui, il gruppo afghano ha ripreso il potere dopo 20 anni di arroccamento. E poco interessata anche ad imprimere un proprio stile di vita, le proprie ideologie o altro[6]. La Cina punta solo ai giacimenti. Praticamente, nel colmare il vuoto lasciato dagli occidentali, la Cina non ha pensato di sostituirsi ad essi, ma ha puntato solo, mediante il soft power, a rimpinguare i propri interessi. E questo potrebbe star bene anche ai Talebani stessi. Il tutto comunque, costituisce un ulteriore smacco per gli Stati Uniti, che durante il ventennio di permanenza sul suolo afghano, non sono riusciti a portare alla luce l’enorme quantità di terre rare presenti. Una sconfitta nella sconfitta.

Chi vuole combattere la Cina

Se oltre al soft power e gli investimenti, ci si mette anche l’occhio lungo di Pechino, c’è poco da fare. Le quote di marcato in mano cinese sono alte, ed è piuttosto difficile nel breve periodo mettere in discussione la leadership cinese, che come abbiamo visto, è presente in tutti i giacimenti che contano. Gli Stati Uniti da tempo stanno pensando a delle contromisure in grado di arginare l’avanzata cinese, spingendo in primo luogo su tre elementi fondamentali: diversificazione delle fonti, ricerca di materiali sostitutivi e riciclo. Gli americani puntano a questo, ma anche ad una strategia mirata che prevede sanzioni e ripercussioni a vario titolo a danno dei cinesi. A Washington si suona l’allarme già da tempo; si teme che la Cina possa dare vita ad un embargo, tagliando la fornitura di terre rare ai paesi più avversi, con un conseguente tracollo economico per quelli che necessitano della risorsa per realizzare le auto ibride sempre più richieste. Nel frattempo, totalmente inaspettato arriva un progetto di cooperazione tra Svezia e Norvegia, che mira all’estrazione e la lavorazione di terre rare in maniera totalmente indipendente[7]. Tale progetto, presumibilmente attivo tra qualche anno, potrebbe creare un’alternativa all’Europa, la quale è totalmente dipendente dalle terre rare fornite dalla Cina, ma non è detto che Pechino starà a guardare.


Note

[1] https://pubs.usgs.gov/of/2011/1042/
[2] https://www.amistades.info/post/le-terre-rare-nella-strategia-cinese#:~:text=Il%20ruolo%20cinese%20come%20maggiore%20produttore%20mondiale&text=Bench%C3%A9%20la%20presenza%20complessiva%20di,Produzione%20mondiale%20di%20terre%20rare.
[3] https://insideover.ilgiornale.it/economia/la-centralita-della-groenlandia-nella-guerra-sulle-terre-rare.html
[4] https://www.nytimes.com/2022/08/22/business/rare-earth-metals-greenland.html
[5] https://www.adnkronos.com/afghanistan-gli-occhi-della-cina-sulle-terre-rare-un-tesoro-da-trilioni-di-dollari_2HhFsHAL3CI81SIXKKQdND

[6] https://www.amistades.info/post/le-terre-rare-nella-strategia-cinese
[7] https://www.highnorthnews.com/en/norwegian-swedish-cooperation-rare-earth-metals-marks-beginning-something-new-europe


Foto copertina: Terre rare Cina