Il settore marittimo come ramo di estrema importanza per gli obiettivi di Pechino nel Mar Cinese Meridionale.
Un famoso detto cinese recita “nulla rimane permanente nel mondo, il cambiamento è solo il fatto eterno”; tutto è in continua evoluzione, a cominciare dallo status quo del sistema internazionale e dal modo di mutarlo: la guerra.
Il concetto di guerra si trasforma e ci sfida nella capacità di classificarlo in categorie definite, spingendo gli studiosi a connotare come “ibridi” i recenti conflitti.
Chi fa uso della guerra ibrida intreccia diversi metodi di scontro che risultano complessi da fronteggiare, scompigliando i concetti binari con cui facilitiamo la visione del contrasto: guerra e pace, strumenti militari e non, approcci convenzionali e irregolari.[1]
La parola chiave per descrivere un conflitto ibrido è quindi senza dubbio “simultaneità”, ovvero la capacità di servirsi dell’interoperabilità di più sistemi, militari e civili, contemporaneamente. Il tutto è condito da una forte ambiguità, tipica di queste guerre, che mira a confondere l’avversario, inserendolo in vere e proprie “zone grigie”, aree e situazioni dove è sempre più complesso percepire e scandire i momenti di pace da quelli di guerra.[2] Quando parliamo di guerre ibride il primo riferimento che ci salta in mente è il conflitto russo-ucraino, nulla di più corretto. Ma è fondamentale sottolineare che la Cina attualmente è una delle massime esperte nel muoversi all’interno delle zone grigie, soprattutto nel settore marittimo, un ramo che si riscopre di estrema importanza per Pechino rispetto agli obiettivi di sicurezza e di alterazione del potere regionale nell’area del Mar Cinese Meridionale.
L’importanza del mare nella geopolitica della Cina
Già nel 2012, durante il XVIII Congresso Nazionale del Partito, il Presidente Hu Jintao esigeva un potenziamento delle capacità marittime cinesi con lo scopo di rinforzare gli interessi nel Mar Cinese Meridionale.[3] Nel 2013 Xi Jinping consolida il concetto del suo predecessore sostenendo la necessità di una “gestione strategica dei mari” a livello economico e in termini di sicurezza e sovranità.[4]
I confini marittimi chiave della RPC sono delimitati dalla cosiddetta “nine-dash line”, una linea tratteggiata che espande gli interessi di Pechino nel Mar Cinese Orientale, inglobando le Senkaku-Diaoyu Island, contese con il Giappone, e nel Mar Cinese Meridionale, rivendicando la sovranità sulle Spratly Island e le Paracel, contese invece con vari stati del sud-est asiatico, tra cui Vietnam, Brunei, Malesia, Filippine e Taiwan. Sono zone strategiche in quanto rotte trafficate da un quinto del commercio mondiale, ma anche per le ricchezze presunte nel loro sottosuolo, si stimano circa 11 miliardi di barili di petrolio e 190 trilioni di piedi cubi di gas naturale.[5]
L’ascesa cinese e la sua tattica ibrida vanno di pari passo e sono funzionali l’una all’altra. Da quando le imbarcazioni cinesi hanno sequestrato la secca di Scarborough nel 2012, gli stati della regione hanno sviluppato una sempre maggiore preoccupazione verso l’assertività di Pechino.[6] La Cina recupera la sua storica competenza nella guerra asimmetrica e la migliora nella nuova forma ibrida, concentrandosi su tre livelli: le attività nel Mar Cinese Meridionale, l’informazione e la diplomazia e la guerra cibernetica.[7]
L’azione nel Mar Cinese Meridionale
Per rivendicare la sovranità nel Mar Cinese Meridionale e mantenere sotto controllo i territori, la Cina ha costruito una squadra di corpi, alcuni di questi convenzionali altri meno. Oltre alla Marina Militare, Pechino ha preferito potenziare l’uso della Guardia Costiera per i pattugliamenti delle isole, tale strategia intende mitigare i timori stranieri di un’escalation militare, mantenendo il conflitto “sotto soglia”.[8] Nonostante ciò, le azioni della Guardia Costiera non si limitano al monitoraggio, ma mettono anche in atto strategie violente, come l’uso di idranti e speronamenti verso navi straniere. Ad affiancare la Marina e la Guardia Costiera c’è la Milizia Marittima, detta anche “Little Blue Men” con riferimento ai “Little Green Men” (forze schierate da Mosca in Crimea), questa è l’emblema della guerra ibrida marittima cinese. In parole povere, sono pescherecci che molestano le imbarcazioni straniere all’interno della “nine-dash line” e svolgono supporto militare. Sono pescatori e quindi civili, che simultaneamente si possono convertire in militari.[9] La simultaneità e l’ambiguità ritornano quindi, rendendo complesso distinguere pace e guerra e offuscata la differenza tra civili e non.
Ma la Cina non si limita a pattugliare il Mar Cinese Meridionale, vi costruisce vere e proprie isole artificiali, una tattica espansiva definita come “Salami Slicing Tactic”. Prendere una fetta di salame alla volta, fino a che questo non finisce, pronto poi per essere mangiato in un panino. Più scientificamente: attuare tante piccole azioni con l’obiettivo di raggiungere un fine più grande; nel contesto specifico, guadagnare territorio in modo lento e tramite forme non convenzionali, evitando un’escalation militare nel farlo.[10]
Le “Tre Guerre”
A livello diplomatico, politico e informativo c’è un significativo utilizzo delle cosiddette “Tre Guerre”, descritte in un documento adottato dalla Commissione Militare Centrale nel 2003.[11] Come vediamo e comprendiamo nel recente conflitto tra Russia e Ucraina, la guerra si fa anche con le informazioni e questo Pechino già lo aveva intuito da tempo e reso un pilastro militare nei primi anni 2000.
Guerra psicologica, d’opinione e legale.
La guerra psicologica ha come obiettivo quello di modellare le impressioni dei decisori stranieri e il loro atteggiamento in maniera funzionale agli obiettivi di politica estera cinesi. Per fare ciò la RPC utilizza metodi militari e diplomatici;[12] questa tipologia di guerra è stata utilizzata dalla Cina sia nella sua forma convenzionale, con l’occupazione della secca di Scarborough a danno delle Filippine nel 2012, sia attraverso la costruzione delle isole artificiali, entrambe rappresentano forti pressioni psicologiche per gli avversari.[13]
La guerra d’opinione vuole plasmare l’opinione pubblica nazionale e internazionale attraverso l’uso dei social e dei media. Questa strategia mira ad influenzare il pubblico su posizioni in linea con la RPC, specialmente nelle controversie in cui sono coinvolti gli interessi cinesi.[14] Più volte Pechino ha usufruito dei media per diffondere racconti storici che giustificano le rivendicazioni nel Mar Cinese Meridionale.
Infine, la guerra legale viene condotta sfruttando le norme nazionali e internazionali per ottenere vantaggi rispetto i propri interessi. La disputa legale del 2016 tra Cina e Filippine per la secca di Scarborough è un esempio di guerra legale, conclusasi però in sfavore della RPC, la quale ha respinto la sentenza della Corte dell’Aja.[15]
Cyber war – La guerra cibernetica della Cina
Una guerra non è definibile totalmente ibrida se non è anche cibernetica. Il governo cinese ha usufruito principalmente di civili come unità di cyber warrior, riprendendo nuovamente il concetto stesso di guerra ibrida come conflitto estremamente flessibile che è in grado di mescolare civile e militare. In particolare, vengono utilizzate le grandi aziende come partner fondamentali, in quanto strettamente correlate al governo e quindi spesso anche all’area militare; un esempio emblematico è senza dubbio Huawei, un colosso commerciale nelle telecomunicazioni e anche uno stretto alleato militare.[16]
La crescente azione di Pechino nel Mar Cinese Meridionale è guidata dalla ricerca di sicurezza e dalle ambizioni economiche. Questi obiettivi vengono perseguiti tramite una strategia ibrida, la quale fondendo approcci e confondendo avversari, mira a mantenere la tensione “sotto soglia”. Un metodo che da secoli guida la Cina di cui il principale maestro è senza dubbio Sun Tzu nel suo libro “L’arte della guerra” dove afferma: “combattere e vincere in tutte le tue battaglie non è eccellenza suprema; la suprema eccellenza consiste nello spezzare la resistenza del nemico senza combattere”. Per la Cina l’obiettivo è quindi vincere senza fare la guerra?[17] Al momento pare riuscirci ma, come ci mostra il conflitto russo-ucraino, anche una guerra ibrida rischia un’escalation.
Note
[1] Giegerich B., (2016), “Hybrid Warfare and the Changing Character of Conflict”. Connections: The Quarterly Journal, 15 (2): 65-72.
[2] Miracola S., “Commentary: Chinese Hybrid Warfare”. ISPI, dicembre 2018. https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/chinese-hybrid-warfare-21853
[3] China Power Team. “Are Maritime Law Enforcement Forces Destabilizing Asia?” China Power. Agosto, 2016. Updated August 26, 2020.https://chinapower.csis.org/maritime-forces-destabilizing-asia/
[4] Frassineti F., (2021), “La condotta cinese e nordcoreana nelle “zone grigie” del dominio marittimo e cibernetico: prospettive per il futuro delle alleanze di sicurezza”. Approfondimento ISPI, 178. https://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/opi0178-ispi-zone-grigie.pdf
[5] Messetti G., 2020. Nella testa del Dragone, Mondadori, Milano.
[6] Aoi C., Futamura M., and Patalano A., (2018), “Introduction ‘hybrid warfare in Asia: its meaning and shape’”. The Pacific Review, 31(6): 693-713.
[7] Miracola S., “Commentary: Chinese Hybrid Warfare”. ISPI, dicembre 2018. https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/chinese-hybrid-warfare-21853
[8] Aoi C., Futamura M., and Patalano A., (2018), “Introduction ‘hybrid warfare in Asia: its meaning and shape’”. The Pacific Review, 31(6): 693-713.
[9] Frassineti F., (2021), “La condotta cinese e nordcoreana nelle “zone grigie” del dominio marittimo e cibernetico: prospettive per il futuro delle alleanze di sicurezza”. Approfondimento ISPI, 178.https://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/opi0178-ispi-zone-grigie.pdf
[10] Vuotto, V., “La salami slicing tactics nella guerra ibrida cinese”, IARI, febbraio 2022. https://iari.site/2022/02/11/la-salami-slicing-tactics-nella-guerra-ibrida-cinese/
[11] Clarke M., (2019), “China’s Application of the ‘Three Warfares’ in the South China Sea and Xinjiang”, Orbis, 63 (2): 187-208.
[12] Jash A., (2019), “Fight and Win Without Waging a War: How China Fights Hybrid Warfare”, CLAWS Journal, 96-109.
[13] Miracola S., “Commentary: Chinese Hybrid Warfare”. ISPI, dicembre 2018. https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/chinese-hybrid-warfare-21853
[14] Clarke M., (2019), “China’s Application of the ‘Three Warfares’ in the South China Sea and Xinjiang”, Orbis, 63 (2): 187-208.
[15] Jash A., (2019), “Fight and Win Without Waging a War: How China Fights Hybrid Warfare”, CLAWS Journal, 96-109.
[16] Miracola S., “Commentary: Chinese Hybrid Warfare”. ISPI, dicembre 2018. https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/chinese-hybrid-warfare-21853
[17] Jash A., (2019), “Fight and Win Without Waging a War: How China Fights Hybrid Warfare”, CLAWS Journal, 96-109.
Foto copertina: La guerra ibrida della Cina.
Pearl Harbor, Hawaii (Sept. 06, 2006) – Local spectators wave aloha to the Chinese Navy destroyer Qingdao (DDG 113) while mooring at the pier in Pearl Harbor. Two ships representing ChinaÕs Navy, the destroyer Qingdao (DDG 113) and the oiler Hongzehu (AOR 881) arrived in Pearl Harbor for a routine port visit. During their visit, ChinaÕs sailors will have the opportunity to interact with their U.S. counterparts and experience the unique culture of Hawaii. U.S. Navy photo by Mass Communication Specialist 3rd Class Ben A. Gonzales (RELEASED). Wikimedia Commons