Usa e Cina, come quando due bambini vogliono lo stesso gioco: lo dividono e ci giocano insieme, oppure litigano.


 

Recentemente il Presidente Xi Jinping è tornato a parlare di Taiwan e della necessità di “riunificare” la Cina durante l’anniversario dei centodieci anni dalla Rivoluzione Cinese (10 ottobre 1911) che provocò la fine dell’impero e la conseguente istituzione della Repubblica.[1]
Ma perché questa piccola isoletta situata nell’Asia Orientale, tra la Cina continentale, il Mar Cinese Meridionale e Orientale, è così importante per Pechino? Ma soprattutto, a noi occidentali, cosa interessa se Taiwan viene inglobata dalla Cina?[2]
Stiamo discutendo di qualcosa che per noi è distante e che teoricamente non dovrebbe avere influenza sulle nostre vite. Parliamoci chiaro, la Cina non vuole la Sicilia. Eppure si discute molto della strategica importanza dell’isola ribelle e anche della possibilità di una guerra tra Cina e Stati Uniti riguardo Taiwan, la quale renderebbe complicata all’Europa la sua tanto amata neutralità.

Una Cina

Ormai sono più di settanta anni che l’isola di Taiwan e la Cina continentale sono divise. Dopo la vittoria di Mao e l’istituzione della Repubblica Popolare Cinese, il suo avversario, Chiang Kai-shek, leader del gruppo nazionalista, fuggì insieme alle sue truppe a Taiwan, dando vita alla Repubblica di Cina. Da quel preciso momento l’indipendenza di Taiwan sarà un problema che non abbandonerà più la RPC, almeno non fino alla tanto attesa riunificazione. Taiwan è considerata parte integrante della Cina continentale ed i suoi abitanti parte del popolo cinese, come in effetti sono. L’indipendenza dell’isola è considerata dalla RPC una parentesi a cui prima o poi porrà fine. Pechino non ha mai nascosto questa sua volontà, anzi. In più discorsi ha sottolineato la volontà di riunificare Taiwan anche a costo dell’utilizzo della forza.[3] Ormai non c’è nemmeno più da meravigliarsi quando Pechino alza i toni o crea tensioni nei cieli tra Cina e Taiwan, soprattutto quando lo fa vicino a ricorrenze storiche fondamentali per entrambe le Repubbliche.
Nonostante ciò, la tensione è alta e le incursioni su Taiwan durante il 2021 sono aumentate drasticamente rispetto all’anno precedente: più di 600, rispetto alle 380 del 2020.[4] Pechino, infatti, vorrebbe riprendere il controllo dell’isola entro il 2049,[5] un’altra ricorrenza storica. Ma per il 2049 vorrebbe che la situazione Cina-Taiwan fosse stabilizzata e ben risolta, quindi, quella che per noi è una data apparentemente distante è in realtà molto vicina.[6]
L’interesse della RPC a riunificare la Cina non si limita solo ad un fattore “etnico”. Riprendere Taiwan vorrebbe dire per prima cosa ottenere un accesso diretto nell’Oceano Pacifico, ma soprattutto acquisire il controllo sui semiconduttori[7], risorsa fondamentale ai giorni nostri e di cui l’isola è il più grande produttore al mondo.


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I semiconduttori e la TSMC

Cerchiamo di capire qualcosa di più sui semiconduttori, di cosa si tratta? Esattamente cosa sono?
I semiconduttori derivano dal silicio e sono materiali che hanno capacità di regolare i flussi elettrici tra i conduttori e gli isolanti.[8] Spesso sono chiamati “chip” e possiamo anche definirli come “il sistema nervoso centrale”[9] di determinati prodotti legati ai mercati degli Smartphone, PC, pacemaker, automobili, Internet delle cose (IoT), Intelligenza Artificiale (AI) e comunicazioni wireless innovative, come il 5G. Insomma nulla di tutto ciò è realizzabile senza dei semiconduttori all’avanguardia.[10] Per comprendere ancora meglio la loro importanza è fondamentale tenere presente che i chip sono il quarto prodotto più scambiato a livello internazionale. Quella dei semiconduttori è inoltre una filiera globale, infatti per la lavorazione di un chip ci sono più fasi frammentate svolte in diversi paesi.[11]
A causa degli ampi costi di ricerca e di produzione però la capacità di realizzare semiconduttori all’avanguardia è oggi concentrata in poche grandi aziende.[12] In passato l’Occidente possedeva la supremazia della produzione dei semiconduttori, ma oggi non è più così.
Dagli anni Settanta, infatti, il governo taiwanese ha concentrato la sua economia sullo sviluppo dei chip. Fondata nel 1987 la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC)  produce, attualmente, il 92% delle forniture mondiali di semiconduttori inferiori ai 10 nanometri.[13] Parliamo di una sfida a chi ci vede meglio, se negli anni Novanta erano considerati innovativi chip da 180 nanometri, oggi i nuovi IPhone utilizzano chip da 5 nanometri, fabbricati attualmente solo da TSMC e Samsung.[14]
La TSMC  ha deciso di focalizzarsi solo sulla fabbricazione di semiconduttori per poi venderli alle aziende straniere specializzate nel settore,  sviluppando così un modello di business pure-play o fabless, ovvero fabbriche basate solo sulla lavorazione di un preciso prodotto. Così facendo le imprese che si inseriscono nel settore si affidano direttamente a TSMC, senza sviluppare proprie fabbriche ad hoc.[15] Quindi ora ci è ben più chiara l’importanza strategica nel settore di Taiwan e come l’isola si è trovata al centro della competizione tra Cina e Stati Uniti.

Un motivo in più per litigare

Taiwan si inserisce quindi nelle tensioni già presenti tra le due potenze. Il punto è che sia Cina che Stati Uniti sono deboli in questo frangente. Se negli Stati Uniti la capacità di produrre semiconduttori nel mercato globale è diminuita ben del 25% dagli anni Novanta,[16] la Cina non si trova certo in una posizione migliore, anzi. La Repubblica Popolare Cinese è molto dipendente dai produttori stranieri di semiconduttori, in particolare gli Stati Uniti. Una vulnerabilità scoperta. Infatti gli Stati Uniti negli ultimi anni hanno limitato l’esportazione di chip all’avanguardia a molte aziende cinesi, l’esempio più emblematico è proprio Huawei.[17] La stessa TSMC ha rifornito il colosso cinese fino al maggio 2020, ma ha dovuto interrompere i rapporti a causa delle restrizioni del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Oggi, infatti, non è possibile fabbricare semiconduttori senza apparecchiature e software statunitensi.[18]
L’amministrazione a stelle e strisce punta ad un rafforzamento della sicurezza sui canali di approvvigionamento a lungo termine per i semiconduttori avanzati e quindi fortifica anche le relazioni con Taiwan. È infatti del 15 maggio 2020 l’annuncio che la TSMC investirà 12 miliardi di dollari per costruire un impianto di semiconduttori di 5 nanometri in Arizona che sarà attivo nel 2024.[19] Niente male direte voi, è vero, ma c’è da dire che non è una delle aree più stabili del mondo su cui fare affidamento. Soprattutto con Pechino che osserva Taiwan, e non solo, in modo costante.
Che fare? Ovviamente entrambe le potenze stanno cercando di accelerare la loro capacità ma soprattutto raffinatezza produttiva. L’amministrazione Biden punta fino a 50 miliardi di dollari per sostenere strutture in ricerca e sviluppo nel settore, ma sembrano spicci rispetto alle centinaia di miliardi che intenderebbero investire i cinesi.[20] Nonostante le ingenti somme Cina e Stati Uniti dipenderanno ancora nel futuro prossimo dalla produzione dei semiconduttori dell’industria taiwanese. È come quando due bambini vogliono lo stesso gioco: lo dividono e ci giocano insieme, oppure litigano.

Guerra o non guerra?

Parlare di vera e propria guerra sarebbe da incoscienti. Possiamo dire però che ci sarà un’escalation militare, anzi già si sta verificando. Creare tensioni e portare la situazione ad un livello più acceso serve infatti a Pechino per capire fin dove gli alleati di Taiwan, ovvero gli Stati Uniti e teoricamente l’Europa, intendono spingersi. Inoltre i pattugliamenti e le incursioni degli aerei cinesi nello spazio di Taiwan sono, oltre che un tentativo di Pechino di normalizzare la sua presenza sull’isola, anche un’intimidazione verso i taiwanesi e verso coloro che vorrebbero interferire per ostacolare la riunificazione. Per evitare che Pechino riprenda Taiwan è necessaria un credibilità da parte del fronte Occidentale, il quale prima di tutto dovrebbe essere compatto e ben deciso nella difesa dell’isola. Qualunque incertezza o astensione potrebbe far pensare a Pechino di potersi riprendere Taiwan, e i benefici annessi, senza troppe conseguenze.[21]


Note

[1]Il Post, “Xi Jinping è tornato a parlare di «riunificazione» con Taiwan”, 9 ottobre 2021
[2]Lorenzo Lamperti, “Il cielo sopra Taiwan” Globally, 8 ottobre 2021
[3]Pierre Haski, “Alta tensione nei cieli tra Cina e Taiwan”, Internazionale, 23 settembre 2020.
[4]Niccolò Ellena, “Le nuove tensioni tra Cina e Taiwan”, 14 ottobre 2021.
[5]Giorgio Cuscito, “Perché USA e Cina si contendono i microchip di Taiwan”, Limes, 20 maggio 2021.
[6]Giulia Pompili, “Qualche idea per evitare che la Cina si riprenda Taiwan”, Il Foglio, 26 ottobre 2021.
[7]Gaia Natarelli, “Taiwan e la supremazia dei microchip”, Il Caffè Geopolitico, 14 maggio 2021.
[8]Davide Tentori, Silvia Boccardi e Francesco Rocchetti, “Cosa c’entrano i semiconduttori con la politica?”, Globally, 22 luglio 2021. Un podcast sulla geopolitica prodotto da ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) e Will.
[9]cfr. Gaia Natarelli, “Taiwan e la supremazia dei microchip”, Il Caffè Geopolitico, 14 maggio 2021.
[10]Foreign Policy, “Semiconductors and the U.S.-China Innovation Race”, 16 febbraio 2021.
[11]Davide Tentori, Silvia Boccardi e Francesco Rocchetti, “Cosa c’entrano i semiconduttori con la politica?”, Globally, 22 luglio 2021.
[12]Eurasia group, “The Geopolitics of Semiconductors”, settembre 2020.
[13]Davide Tentori, Silvia Boccardi e Francesco Rocchetti, “Cosa c’entrano i semiconduttori con la politica?”, Globally, 22 luglio 2021.
[14]Gaia Natarelli, “Taiwan e la supremazia dei microchip”, Il Caffè Geopolitico, 14 maggio 2021.
[15]Giorgio Cuscito, “Perché USA e Cina si contendono i microchip di Taiwan”, Limes, 20 maggio 2021.
[16]Ibidem.
[17]Foreign Policy, “Semiconductors and the U.S.-China Innovation Race”, 16 febbraio 2021.
[18]Chris Miller, “The Semiconductor Supply Chain: An Issue of Strategic Positioning” ISPI, 7 giugno 2021.
[19]Eurasia group, “The Geopolitics of Semiconductors”, settembre 2020.
[20]Chris Miller, “The Semiconductor Supply Chain: An Issue of Strategic Positioning” ISPI, 7 giugno 2021.
[21]Giulia Pompili, “Qualche idea per evitare che la Cina si riprenda Taiwan”, Il Foglio, 26 ottobre 2021.


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