SOMMARIO: 1. L’impegno internazionale di contrasto al riciclaggio – 2. Il GAFI e le sue Raccomandazioni – 3. La disciplina comunitaria – 4. La Direttiva n. 91/308/CEE – 5. La Direttiva n. 2001/97/CE – 6. La Direttiva n. 2005/60/CE – 7. La Direttiva n. 2015/849/UE – 8. Rapporto del FMI sulla valutazione del “Sistema Italia” di prevenzione e contrasto al riciclaggio.
[dropcap]A[/dropcap] partire dagli anni ’80, la comunità internazionale ha posto in essere una serie di misure volte ad evitare che le risorse economiche-finanziarie – appartenenti alla criminalità organizzata – fossero introdotte all’interno della c.d. “economia legale”, sfruttando i circuiti dell’intermediazione finanziaria.
A cura di Prof. Avv. Sergio Maria Battaglia e Avv. Angelo Russo
Si ritenne, infatti, che provvedimenti esclusivamente nazionali non sarebbero stati in grado di arginare il fenomeno che stava assumendo sempre più una dimensione transnazionale. La necessità di mettere in atto misure idonee a contrastare tale problema fu avvertita da tutti gli Stati che ritennero opportuno porre in essere una linea d’azione comune finalizzata al suo contrasto. Le varie iniziative operarono principalmente su due fronti: da un lato, si ritenne opportuno armonizzare le legislazioni nazionali introducendo un idoneo sistema di prevenzione che ponesse obblighi in capo agli intermediari di identificazione della clientela; dall’altro, si operò al fine di creare una rete di collaborazione tra tutti gli Stati.
Il percorso di avvicinamento e collaborazione trova il suo fondamento nella Raccomandazione del Consiglio D’Europa del 27 giugno 1980 con la quale si invitavano i legislatori nazionali ad intervenire sui sistemi bancari, emanando provvedimenti atti a prevenire l’ingresso dei capitali illeciti all’interno dei medesimi e ad implementare la cooperazione in tema di scambio di informazioni, a livello nazionale e sovranazionale, tra gli istituti di credito e le autorità giudiziarie ed investigative.
Uno dei più importanti contributi all’affermazione della lotta al riciclaggio si è avuto con il I Accordo di Basilea del 12 dicembre del 1988, “Dichiarazione dei Princìpi concernenti la prevenzione all’uso criminale del sistema bancario ai fini di riciclaggio del denaro”, adottato dal Comitato di Basilea per le regolamentazioni bancarie e le pratiche di vigilanza. L’importanza di tale atto è ravvisabile nel fatto che lo stesso discenda dalla volontà del sistema bancario, rappresentato dal Comitato, e non dunque da iniziative poste in essere dagli Stati. Tutto ciò a rafforzamento dell’interesse che si andava via via diffondendo tra gli enti creditizi in merito all’espansione di tale fenomeno all’interno dei circuiti legali.
Nello stesso anno, con la stipulazione della “Convenzione di Vienna”[note]La “Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope” fu ratificata e resa esecutiva in Italia con la Legge n.328 del 5 novembre 1990.[/note], anche l’ONU menzionò il reato di riciclaggio; con tale provvedimento si pose in capo agli Stati firmatari l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per introdurre, nelle legislazioni nazionali, reati dolosi che incriminassero la conversione o il trasferimento di beni derivanti da attività criminose con l’intento di nascondere o travisare la provenienza illecita, o di aiutare chiunque fosse implicato nella commissione di siffatti reati.
L’impegno della comunità internazionale sfociò, in seguito, nell’istituzione di diversi organismi intergovernativi aventi lo scopo di arginare il fenomeno del riciclaggio di denaro.
La stessa Comunità Europea si fece portavoce di tale esigenza promulgando nel corso degli anni diverse Direttive. L’importanza di tali atti necessita una disamina più approfondita che permetta di rilevare come essi rispondano a logiche di prevenzione, non già di repressione del fenomeno.
2. Il GAFI e le sue Raccomandazioni – Il GAFI, Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale[note]Il Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale (GAFI) nasce a seguito del G7 tenutosi a Parigi nel 1989, durante il quale fu assunta la decisione di creare un gruppo di esperti con il compito di valutare i risultati ottenuti dalla collaborazione internazionale, al fine di prevenire l’utilizzazione per scopi di riciclaggio del sistema bancario e finanziario e di elaborare ulteriori misure in tale campo. Furono, inizialmente, invitati a prendere parte ai lavori del Gruppo, oltre i partecipanti del vertice del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti), la Commissione delle Comunità Europee ed altri Stati, caratterizzati dalla rilevanza dei loro sistemi finanziari ovvero dalle loro esperienze nel campo della lotta al riciclaggio, Australia, Austria, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Svizzera.[/note] conosciuto in ambito internazionale con l’acronimo FATF, Financial Action Task Force – è l’unica istituzione internazionale che si occupa, in modo specialistico nonché esclusivo, dello sviluppo di strategie antiriciclaggio. È un organismo intergovernativo, composto da esperti legali, penali e finanziari[note]La delegazione italiana che ne prende parte è composta da rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dei dicasteri della Giustizia e dell’Interno, della Guardia di Finanza, della Banca d’Italia e dell’Unità di Informazione Finanziaria.[/note], la cui azione viene espletata essenzialmente mediante l’emanazione di “Raccomandazioni”, le quali devono essere recepite dagli ordinamenti dei singoli Stati membri; questi ultimi sono chiamati inoltre a predisporre specifiche procedure volte ad incrementare ed a verificare l’attuazione delle stesse. Sebbene le Raccomandazioni non facciano sorgere obblighi diretti in capo a ciascun Stato aderente al GAFI in quanto sprovviste di valore giuridico, esse costituiscono un punto di riferimento a cui i singoli sistemi legislativi interni si devono uniformare.
Attualmente, il GAFI conta 37 membri in rappresentanza di Stati e organizzazioni regionali, nonché, in qualità di osservatori, rilevanti organismi finanziari internazionali e del settore (tra i quali Nazioni Unite, Fondo monetario internazionale, Banca mondiale, Banca centrale europea, Europol, Egmont)[note]CAPOLUPO S., CARBONE M., BATTAGLIA S. M. e STURZO G., Antiriciclaggio – Obblighi per i professionisti, intermediari e altri soggetti, Ipsoa, Milano, 2015, pagg. 115 – 116.[/note].
I principali obiettivi posti alla base dell’azione del Gruppo furono inizialmente:
- la valutazione dei risultati della cooperazione già in atto tra i vari Stati per prevenire l’utilizzo del sistema bancario e finanziario a scopo di riciclaggio;
- il mantenimento di un programma di relazioni esterne tra i paesi aderenti al GAFI e quelli non aderenti, per favorire la massima diffusione possibile delle misure di contrasto al riciclaggio;
- l’aggiornamento costante delle autorità nazionali e sovranazionali sugli sviluppi delle tecniche di riciclaggio e sulle possibili misure per contrastarle.
Il 7 febbraio 1990 il GAFI emanò le 40 Raccomandazioni originali al fine di contrastare l’utilizzo illecito dei sistemi finanziari per fini di riciclaggio dei proventi del traffico di stupefacenti.
Si ritenne necessario apportare una prima modifica nel 1996 al fine di tener conto dell’evoluzione delle tendenze e delle tecniche di riciclaggio e di estendere il campo di azione anche al di fuori dei casi di riciclaggio connesso al traffico di stupefacenti.
Una seconda modifica fu effettuata nel 2003, traendo spunto, tra l’altro, anche dalla Dichiarazione dei Principi del Comitato di Basilea[note]Adottata il 12 dicembre 1988, la “Dichiarazione dei principi concernenti la prevenzione dell’uso criminale del sistema bancario a fini del riciclaggio del denaro” rappresenta una pietra miliare del-la storia di condanna pubblica al riciclaggio.[/note] e dalla Convenzione di Vienna[note]Stipulata il 19 dicembre 1988, la “Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope” ha portato alla criminalizzazione del riciclaggio in diversi Stati firmatari.[/note].
Di particolare importanza risultano essere le “9 Raccomandazioni speciali” elaborate nel 2001 dal GAFI, conseguenza diretta dell’ampliamento delle competenze del GAFI nel contrasto al finanziamento del terrorismo[note]A seguito dei tragici episodi che colpirono gli Stati Uniti d’America l’11 settembre del 2001.[/note].
Queste speciali disposizioni rappresentano la base per la rilevazione, prevenzione e repressione degli atti terroristici e del loro finanziamento.
Le 9 Raccomandazioni speciali, che si affiancavano alle altre 40 Raccomandazioni antiriciclaggio, invitavano ciascun Stato membro a:
- recepire e attuare gli strumenti normativi definiti dagli organismi internazionali che si occupano di contrasto al finanziamento di atti terroristici;
- introdurre il reato di finanziamento del terrorismo;
- congelare e confiscare i beni appartenenti ai terroristi;
- fornire assistenza agli organi investigativi e di vigilanza di altri Paesi nella lotta al terrorismo;
- prevenire l’uso di enti e soggetti no-profit per scopi terroristici;
- prevedere idonee misure volte a monitorare i movimenti transazionali (cross-bording) di contante o di titoli al portatore;
- disciplinare i poteri di fermo e confisca dei capitali provenienti da attività di riciclaggio o destinati al finanziamento del terrorismo.
Il 16 febbraio 2012, il GAFI, in stretta collaborazione con gli Organismi regionali affiliati e quelli aventi lo status di osservatori[note]Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e Organizzazione delle Nazioni Unite.[/note], ha modificato e aggiornato le proprie Raccomandazioni; tali modifiche rispondono alle nuove emergenti minacce, chiariscono e modificano molti degli obblighi esistenti, mantenendo la necessaria stabilità e l’assoluto rigore delle Raccomandazioni.
Il GAFI richiama tutti i Paesi ad adottare misure efficaci affinché i relativi sistemi nazionali di lotta al riciclaggio di capitali, al finanziamento del terrorismo e al finanziamento della proliferazione delle armi di distruzione di massa siano conformi alle nuove Raccomandazioni.
La maggior parte delle misure predisposte al contrasto al finanziamento del terrorismo, con il recente lavoro di revisione, è stata integrata all’interno delle stesse Raccomandazioni, rendendo così inutile la previsione di specifiche Raccomandazioni speciali. Il nuovo testo delle 40 Raccomandazioni è suddiviso in sette Sezioni: a) Politiche e coordinamento in materia di lotta contro il riciclaggio (AML) e il finanzia-mento del terrorismo (CTF) (Raccomandazioni 1 e 2); b) Riciclaggio e confisca (Raccomandazioni 3 e 4); c) Finanziamento del terrorismo e finanziamento della proliferazione (Raccomandazioni 5-8); d) Misure preventive (Raccomandazioni 9-23); e) Trasparenza e titolari effettivi delle persone giuridiche e dei soggetti giuridici (Raccomandazioni 24 e 25); f) Poteri e attribuzioni delle autorità competenti ad altre misure istituzionali (Racco-mandazioni 26-35); g) Cooperazione internazionale (Raccomandazioni 36-40).
3. La disciplina comunitaria – La lotta al riciclaggio, in ambito europeo, ha inizio negli anni Ottanta con la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 80/10[note]Emanata il 27 giugno 1980, intitolata “Misure contro il trasferimento e la custodia di fondi di origine criminale”, è la prima norma comunitaria in materia di riciclaggio e viene considerata come l’antecedente della più nota Convenzione di Strasburgo.[/note], ma la svolta più incisiva si registra a partire dagli anni Novanta; in questi anni si assiste ad un’ampia produzione normativa, mediante la quale la Comunità Europea si impegna a disciplinare una serie di obblighi antiriciclaggio, prevedendo inizialmente come destinatari soltanto gli intermediari finanziari e bancari ed estendendo successivamente la portata anche ad altri soggetti, come i professionisti.
In ambito europeo, in tema di riciclaggio di proventi illeciti, si segnalano quattro Direttive, emanate rispettivamente nel 1991, nel 2001, nel 2005 e nel 2015; queste hanno fortemente innovato la normativa del settore. Le quattro disposizioni si prefiggono come unico scopo la lotta al riciclaggio e si caratterizzano essenzialmente per le finalità preventive (creazione di uno strumento di protezione del sistema finanziario) e per la cogenza del loro contenuto (obbligo degli Stati destinatari di recepirne, nei rispettivi ordinamenti, le relative disposizioni, entro un termine fissato)[note]CAPOLUPO S., CARBONE M., BATTAGLIA S. M. e STURZO G., Antiriciclaggio – Obblighi per i professionisti, intermediari e altri soggetti, Ipsoa, Milano, 2015, pag. 150.[/note].
Il motivo per cui l’Unione Europea ha preferito utilizzare lo strumento giuridico della Direttiva, anziché quello del Regolamento, può rinvenirsi nella necessità di adottare un provvedimento che concedesse ai destinatari del tempo per uniformarsi a tali disposizioni, al fine di poter dare concreta attuazione alle previsioni normative di derivazione comunitaria[note]BERNASCONI C. e GIUNTA F., Riciclaggio e obblighi dei professionisti, Giuffrè, Milano, 2011, pag.37.[/note]. La Direttiva è, infatti, un atto vincolante non per quanto concerne il suo contenuto bensì per quanto riguarda il risultato da raggiungere. Il contenuto rappresenta semplicemente lo standard minimo al quale ciascun Stato membro deve ispirarsi nel recepimento della Direttiva mediante proprio atto interno[note]LEMBO M. e SCIALOJA A., Antiriciclaggio. Guida normativa e adempimenti obbligatori, Maggioli, Rimini, 2014, pagg. 59 – 60.[/note]. Ciò, però ha causato differenze applicative – anche “preoccupanti” tra i vari Stati dell’UE; si pensi alle diverse soglie per il trasferimento di contanti ovvero alla loro assenza.
L’intervento dell’Unione Europea, mediante tali Direttive antiriciclaggio, si fondava sul presupposto che tutti gli enti finanziari potessero essere utilizzati per impiegare denaro sporco, minacciando la stabilità del sistema economico nel suo complesso.
4. La Direttiva n. 91/308/CEE – La Direttiva del Consiglio dei Ministri della CEE, n. 308 del 10 giugno 1991 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema bancario e finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi da attività illecite[note]Pubblicata in G.U.C.E. L. 166 del 28 giugno 1991.[/note], abrogata interamente dall’art. 44 della successiva Direttiva n. 2005/60/CE, può essere definita come la disposizione giuridica europea più importante nella lotta al riciclaggio di denaro sporco. Tale provvedimento si proponeva di tutelare gli enti creditizi e finanziari dal rischio di essere coinvolti in operazioni dirette a riciclare i flussi finanziari derivanti da attività illecite, senza però limitare o incidere negativamente sulla libera circolazione dei capitali nel mercato monetario[note]CENCI P., La nuova normativa antiriciclaggio – Direttive comunitarie e normativa nazionale, Cedam (Padova), 2010, pag. 9.[/note].
Il campo di applicazione della normativa in questione risultava essere ben definito: i soggetti destinatari erano individuabili negli istituti bancari, creditizi e finanziari. Tuttavia la Direttiva disponeva che tale disciplina potesse essere estesa anche a tutte quelle attività professionali suscettibili di essere utilizzate a scopo di riciclaggio.
La Direttiva in esame è ritenuta di fondamentale importanza per diversi motivi: innanzitutto perché contiene, all’art. 1, lett. c., la nozione del reato di riciclaggio; in secondo luogo perché ha recepito le indicazioni contenute nelle Raccomandazioni del GAFI, prevedendo una serie di obblighi antiriciclaggio in capo ai soggetti destinatari.
L’importanza attribuita a questa disposizione deriva dal fatto che essa traccia in modo generale, senza definirli né disciplinarli, gli elementi caratteristici delle funzioni delle autorità preposte alla prevenzione e al contrasto del riciclaggio, imponendo un flusso continuo di informazioni tra le autorità preposte alla vigilanza e i soggetti destinatari degli obblighi; questi ultimi sono, inoltre, tenuti a segnalare le operazioni ritenute sospette sulla base degli indici di anomalia indicati dalla normativa comunitaria.
La caratteristica distintiva della Direttiva è data dall’individuazione di categorie di specifici reati presupposto del riciclaggio, in presenza dei quali scattano i relativi obblighi antiriciclaggio, consistenti in:
- obbligo di collaborazione passiva, mediante l’identificazione e la registrazione della clientela e delle relative operazioni compiute di importo superiore a 15.000 euro, anche se effettuate con più operazioni (operazioni frazionate);
- obbligo di conservazione della documentazione relativa alle operazioni per almeno cinque anni;
- obbligo di collaborazione attiva, ovvero di collaborare con le autorità competenti, comunicando o segnalando a queste ultime le operazioni anomale o sospette e fornendo tutte le informazioni necessarie per porre in essere le procedure stabilite dalla seguente normativa;
- obbligo di astenersi dall’esecuzione di operazioni anomale o sospette;
- obbligo di istituire delle procedure di controllo interno e di formazione del personale negli enti destinatari.
L’imposizione di tutti questi obblighi aveva come obiettivo quello di incrementare la trasparenza del mercato e favorire l’individuazione di operazioni sospette. Lo scopo di questa Direttiva è stato quello di fornire una serie dettagliata di misure, recepite obbligatoriamente da ciascun Stato membro tramite un proprio atto legislativo[note]Il legislatore italiano ha recepito le indicazioni provenienti dalla Direttiva comunitaria n.91/308 con il D.L. 3 maggio 1991, n. 143 concernente “Provvedimenti urgenti per limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni finanziarie a scopo di riciclaggio”, convertito, con modificazioni, nella Legge 5 luglio 1991, n.197 (c.d. Legge Antiriciclaggio).[/note], che costituissero una disciplina di base, omogenea a tutti i Paesi della Comunità Europea, al fine di prevenire l’utilizzo del sistema finanziario in attività di reimpiego di capitali illeciti nell’economia legale.
5. La Direttiva n. 2001/97/CE – A distanza di dieci anni dalla Direttiva n. 91/308/CEE, il legislatore comunitario cominciò a maturare l’intenzione di modificare la normativa europea antiriciclaggio al fine di creare degli strumenti giuridici di contrasto e prevenzione più efficaci e di ottenere una maggiore efficienza nella collaborazione tra le autorità preposte al controllo e alla vigilanza.
Fu proprio il carattere multinazionale del riciclaggio e la preoccupazione emersa in seguito all’attentato dell’11 settembre 2001 per il nuovo fenomeno che si stava diffondendo, il finanziamento al terrorismo, a far emergere i limiti della strategia adottata con la prima Direttiva antiriciclaggio. A livello europeo, si avvertì fortemente la necessità di adeguare e modificare la legislazione di contrasto al reimpiego di capitali illeciti in attività legali.
La Direttiva n. 2001/97/CE[note]Il nostro Paese ha provveduto all’adeguamento dell’ordinamento nazionale con la Legge 3 febbraio 2003, n. 14, recante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2002”, che delegava il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alla Direttiva in questione. A seguito di suddetta delega fu emanato il D. Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56.[/note] del 4 dicembre 2001[note]Pubblicata in G.U. dell’Unione Europea, L 344 del 28 dicembre 2001.[/note], conosciuta come “seconda Direttiva antiriciclaggio” modifica ed integra la Direttiva 91/308/CEE relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite.
Il provvedimento ha previsto una serie di novità: innanzitutto ha ampliato il campo di applicazione della disciplina, non più limitata ai soli reati legati al traffico di droga ma amplia il catalogo dei reati presupposto[note]DANOVI R., La nuova normativa antiriciclaggio e le professioni, Giuffrè, Milano, 2008, pag. 2.[/note]. Nasce così una nuova definizione di “riciclaggio” e di “attività criminosa”.
Nella nuova Direttiva non si fa più riferimento, con la locuzione “attività criminosa”, esclusivamente ai reati indicati all’art. 3 della Convenzione di Vienna, bensì si fornisce un’indicazione più precisa ed ampia dei casi rientranti in tale nozione[note]CENCI P., La nuova normativa antiriciclaggio – Direttive comunitarie e normativa nazionale, Cedam, Padova, 2010, pagg. 16 – 17.[/note]. Al riguardo, l’art. 1 del provvedimento n. 2001/97/CE afferma che per attività criminosa è da intendersi “qualsiasi tipo di coinvolgimento criminale nella perpetrazione di un reato grave”, specificando che costituiscono reato grave: la frode, la corruzione e “qualsiasi reato che possa fruttare consistenti proventi e sia punibile con severe pene detentive in base al diritto penale dello Stato membro”, incluso il terrorismo. Inoltre, la seconda Direttiva antiriciclaggio ha ampliato anche l’ambito soggettivo dei destinatari ai quali si richiede l’applicazione degli obblighi antiriciclaggio al fine di accrescere la protezione del settore finanziario e di tutte quelle attività suscettibili di essere coinvolte in attività criminose[note]FISICARO E., Antiriciclaggio e terza direttiva Ue – Obblighi a carico dei professionisti intermediari finanziari e operatori non finanziari alla luce del D. Lgs. 231/2007, Giuffrè (Milano), 2008, pag. 19.[/note].
In particolare venne avvertita l’esigenza di sensibilizzare e ricomprendere tra gli enti creditizi e finanziari, destinatari della normativa antiriciclaggio, gli uffici cambiavalute e le imprese di trasferimento di fondi, nonché le imprese di investimento e gli istituti emittenti moneta elettronica.
La novità più significativa è stata quella di ricomprendere tra i soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio anche enti non finanziari, ritenuti particolarmente esposti al rischio di questo fenomeno; il legislatore ha voluto estendere la normativa in oggetto anche a professionisti[note]La Direttiva ha imposto ai professionisti gli stessi obblighi antiriciclaggio previsti per gli intermediari finanziari e bancari dalla Direttiva del 1991: gli obblighi di collaborazione attiva e passiva, di archiviazione e conservazione dei dati e della documentazione, l’obbligo di creare dei presidi interni adibiti al controllo delle operazioni svolte e l’obbligo di segnalare, alle autorità competenti, tutte le transazioni ritenute sospette o anomale.[/note], quali revisori contabili, consulenti tributari, notai, avvocati, agenti immobiliari, commercianti di oggetti di valore elevato (pietre, metalli preziosi, opere d’arte o case d’asta) ogniqualvolta il pagamento sia afferente un importo pari o superiori a 15.000 euro, case da gioco[note]CAPOLUPO S., CARBONE M., BATTAGLIA S. M. e STURZO G., Antiriciclaggio – Obblighi per i professionisti, intermediari e altri soggetti, Ipsoa, Milano, 2015, pag. 152.[/note].
Il nuovo provvedimento evidenziò come l’evoluzione degli strumenti tecnologici e dei sistemi di pagamento online rendesse possibile aggirare agevolmente i sistemi di controllo progettati con la prima Direttiva comunitaria. A tal riguardo venne stabilito l’obbligo di effettuare l’identificazione della clientela anche nelle cosiddette transazioni non face to face, operazioni a distanza svolte attraverso l’impiego di strumenti tecnologici innovativi che garantiscono l’anonimato ed il venir meno del rapporto fisico tra intermediario finanziario o bancario e cliente. Da queste considerazioni derivò il principio, già previsto nelle 40 Raccomandazioni del GAFI, del know your customer, necessità di approfondire la conoscenza del cliente in modo da incentivare la formazione di collaborazioni attive con le autorità competenti. Questo principio si è tradotto in un obbligo di identificazione della clientela più stringente, vincolato all’ottenimento di un idoneo documento probante la reale identità del cliente.
6. La Direttiva n. 2005/60/CE – Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato il 26 ottobre 2005 la Direttiva antiriciclaggio n. 2005/60/CE, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento al terrorismo[note]Pubblicata in G.U. dell’Unione Europea, L 309/15 in data 25 novembre 2005.[/note]. Questo provvedimento ha rinnovato completamente l’intera disciplina antiriciclaggio, abrogando totalmente la prima Direttiva comunitaria del 1991[note]L’art. 44 della Direttiva n. 2005/60/CE dispone l’abrogazione della Direttiva n. 91/308/CEE, come modificata dalla n. 97 del 2001, precisando che i riferimenti al documento abrogato si intendono fatti alla terza Direttiva.[/note] (già modificata con la seconda Direttiva n. 2001/97/CE), ed ampliandone la portata all’intero sistema economico.
La nuova Direttiva ha esteso la disciplina in esame alle operazioni dirette a finanziare il terrorismo, disponendo, inoltre, che gli Stati membri vietino nel proprio ordinamento giuridico ogni forma di attività volta al riciclaggio di denaro sporco e al finanziamento del terrorismo.
Il provvedimento in esame si presenta perciò come uno strumento giuridico moderno, volto a contrastare la criminalità ed il terrorismo internazionale. La Direttiva n. 2005/60/CE ha recepito le indicazioni formulate dal GAFI, dando omogeneità alle disposizioni comunitarie con quelle definite in sede internazionale.
Tra le principali novità previste occorre segnalare l’introduzione di una serie di misure destinate a rafforzare la strategia di contrasto alla criminalità organizzata, tramite l’estensione dell’ambito di applicazione della normativa antiriciclaggio al finanziamento del terrorismo; tali misure sono rivolte ai “proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo”. Tuttavia, il legislatore comunitario ha voluto ribadire che, nonostante in origine la nozione di riciclaggio fosse legata esclusivamente ad alcune fattispecie di reato, come il traffico di sostanze stupefacenti e psicotrope, nel corso degli anni è stato necessario modificare tale impostazione per ottenere una visione completa del fenomeno, all’interno della quale ricomprendere una gamma più vasta di reati presupposto.
È opportuno sottolineare inoltre la definizione, prevista dalla nuova Direttiva, di “finanziamento al terrorismo”, con cui si intende la fornitura o raccolta di fondi, in qualsiasi modo attuata, sia direttamente che indirettamente, con l’intenzione di utilizzarli, in tutto o in parte, per compiere uno dei reati indicati dalla decisione quadro 2002/475/GAI.
Con riguardo all’ambito dei soggetti destinatari del provvedimento in esame, va sottolineato che la Direttiva ha ampliato il suo campo di applicazione; essa ha disposto infatti, che gli obblighi antiriciclaggio vengano applicati, oltre ai soggetti già richiamati nella Direttiva n. 2001/97/CE, ai prestatori di servizi a società o trust e alle altre persone fisiche o giuridiche che, a prescindere dall’attività svolta, negoziano beni o prestano servizi qualora il pagamento venga effettuato in contanti per un importo pari o superiore a 15.000 euro[note]CAPOLUPO S., CARBONE M., BATTAGLIA S. M. e STURZO G., Antiriciclaggio – Obblighi per i professionisti, intermediari e altri soggetti, Ipsoa, Milano, 2015, pag. 153.[/note]. La nuova disciplina ha inoltre l’effetto di recepire e disciplinare più dettagliatamente un principio di derivazione internazionale: il principio del know your customer.
Questa importantissima novità si è tradotta in un maggior approfondimento degli aspetti relativi agli obblighi di due diligence nel rapporto con la clientela[note]BERNASCONI C. e GIUNTA F., Riciclaggio e obblighi dei professionisti, Giuffrè, Milano, 2011, pag. 56.[/note]. A tal fine sono stati introdotti i cosiddetti obblighi di adeguata verifica della clientela, una serie di attività che vanno oltre alla semplice identificazione del cliente, presupponendo un’analisi più approfondita e controlli, formali e sostanziali, che si protraggono per l’intera durata del rapporto d’affari o professionale[note]LEMBO M. e SCIALOJA A., Antiriciclaggio. Guida normativa e adempimenti obbligatori, Maggioli, Rimini, 2014, pag. 66.[/note].
Il legislatore comunitario ha imposto a tutti i soggetti destinatari della normativa l’obbligo di identificazione mediante validi documenti di riconoscimento, non soltanto della propria clientela ma anche del titolare o beneficiario effettivo (beneficiary owner) delle transazioni finanziarie o delle prestazioni professionali eseguite, l’obbligo di ottenere informazioni sullo scopo e natura del rapporto d’affari e l’obbligo di svolgere un controllo costante.
Infine, è stato disposto che la portata degli obblighi di adeguata verifica della clientela venga graduata o parametrata al livello di rischiosità della stessa, sulla base di quanto previsto dal risk based approach. Questo approccio permette di determinare il rischio di riciclaggio in base al tipo di cliente (profilo soggettivo) e del rapporto d’affari, prodotto o transazione che egli richiede (profilo oggettivo).
I soggetti destinatari, inoltre, sono costretti ad astenersi dal compiere le operazioni per le quali maturano il sospetto che vi sia un legame con attività di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo.
In conclusione, la terza Direttiva antiriciclaggio ha imposto una nuova visione strategica della lotta a tale fenomeno criminale, ispirata ai princìpi del know your customer e del risk based approach, al principio di proporzionalità e infine al più importante, quello di collaborazione attiva.
7. La Direttiva n. 2015/849/UE – Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato, in data 20 maggio 2015, la Direttiva 2015/849, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo[note]Pubblicata in G.U. dell’Unione Europea, L 141/73 in data 5 giugno 2015.[/note], meglio conosciuta come Quarta Direttiva antiriciclaggio.
Un primo punto di intervento della Quarta Direttiva riguarda la previsione di cui all’art. 2, che estende l’ambito di applicazione soggettivo della normativa. Questa si applica infatti, oltre che ai soggetti già destinatari in precedenza, anche ad altri soggetti che negoziano beni, quando il pagamento è effettuato o ricevuto in contanti per un importo pari o superiore a 10.000 euro, indipendentemente dal fatto che l’operazione sia eseguita in un’unica soluzione o con diverse operazioni che appaiono collegate, e ai prestatori di servizi di gioco d’azzardo.
La Quarta Direttiva ribadisce che, data la diversità dei fenomeni di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, deve essere adottato il c.d. risk based approach. Proprio in relazione alla valutazione del rischio è previsto rispettivamente un approccio sovranazionale ed uno nazionale al rischio stesso. In particolare, il c.d. risk assessment europeo prevede che la Commissione UE effettui una valutazione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo che gravano sul mercato interno e sulle attività transfrontaliere, elaborando – entro il 26 giugno 2017 – una relazione che identifichi, analizzi e valuti detti rischi a livello comunitario[note]Successivamente, la Commissione stessa aggiornerà la sua relazione ogni due anni (o più frequentemente se vi saranno circostanze rilevanti).[/note]. Detta relazione comprenderà almeno i seguenti elementi: i settori del mercato interno maggiormente esposti al rischio, i rischi associati a ciascun settore interessato, i mezzi più diffusi cui ricorrono i criminali per riciclare proventi illeciti.
Per quanto riguarda il risk assessment nazionale, ciascuno Stato membro adotterà opportune misure per individuare, valutare, comprendere e arginare i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo che lo riguardano, nonché le eventuali problematiche connesse in materia di protezione dei dati. Ciascun Paese dovrà usare tale valutazione per migliorare la propria normativa interna, in particolare individuando i settori in cui i soggetti obbligati devono applicare misure rafforzate e specificando le misure da adottare nei settori o nelle aree di minore rischio.
I soggetti destinatari degli obblighi dovranno anch’essi adottare misure volte a individuare e valutare i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, tenendo conto di fattori di rischio, compresi quelli relativi ai loro clienti, paesi o aree geografiche, prodotti, servizi, operazioni o canali di distribuzione.
Da ultimo, è prevista l’estensione della disciplina in materia di persone politicamente esposte (PEP) ai cittadini residenti in ciascuno dei Paesi membri che rivestono o hanno rivestito rilevanti funzioni pubbliche, in aggiunta alle persone “straniere” e alle persone con importanti cariche in seno alle organizzazioni internazionali.
Gli Stati membri hanno l’obbligo di conformare le disposizioni legislative nazionali alla Direttiva entro e non oltre il 26 giugno 2017, comunicando alla Commissione il testo di tali disposizioni. La Quarta Direttiva antiriciclaggio infine ha abrogato la Direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la Direttiva 2006/70/CE della Commissione.
8. Rapporto del FMI sulla valutazione del “Sistema Italia” di prevenzione e contrasto al riciclaggio – Il Rapporto del Fondo Monetario Internazionale (FMI)[note]Tutti i paesi membri del GAFI, inclusa l’Italia, periodicamente e a rotazione, sono soggetti ad una valutazione sulla capacità del sistema di prevenire i fenomeni del riciclaggio e del finanzia-mento del terrorismo.[/note] valuta l’idoneità delle misure antiriciclaggio e di lotta al finanziamento del terrorismo in vigore in Italia alla data della missione condotta dal Team di Valutazione (14-30 gennaio 2015), descrivendo il sistema normativo e l’azione posta in essere dallo Stato nella prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.
Esso analizza altresì il livello di conformità (Technical Compliance) alle 40 Raccomandazioni GAFI così rivisitate nel 2012 e il grado di efficacia (Effectiveness) del sistema italiano in materia di contrasto del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo, fornendo poi indicazioni ai fini del rafforzamento del sistema.
Sono tre le aree di maggior rischio individuate nel Rapporto:
- evasione fiscale;
- criminalità organizzata[note]L’Italia ha storicamente sofferto di un elevato tasso di criminalità organizzata legata a strutture criminali di stampo mafioso, quali Cosa Nostra, Camorra, Ndrangheta; anche se predominante nel-le regioni meridionali, la criminalità organizzata è diffusa nell’intero Paese. Si rileva, inoltre, una crescente presenza di gruppi stranieri di criminalità organizzata localizzata in particolare nelle regioni centrali[/note];
- corruzione[note]L’approccio strategico della lotta alla corruzione è stato storicamente basato per lo più sulla componente repressiva. Nel 2012 il Paese si è dotato di una nuova legge anti-corruzione che ha promosso un approccio più equilibrato, rafforzando le misure preventive e migliorando l’accountability della pubblica amministrazione.[/note].
Il rischio legato al terrorismo e al suo finanziamento appare in crescita in seguito ai recen-ti attacchi terroristici dell’ISIS. Nonostante il peso di tali rischi, le azioni di contenimento e contrasto condotte dall’Italia sono ritenute efficaci. Il Rapporto del FMI raccomanda comunque diverse azioni volte a potenziare il sistema laddove è meno efficiente.
Nel dettaglio, l’Italia si caratterizza per un quadro normativo di contrasto a tali reati piuttosto maturo; tuttavia il report afferma che i rischi legati all’attività di riciclaggio – con particolare riguardo ai reati fiscali e all’attività della criminalità organizzata – siano ancora oggi molto elevati.
In relazione alle autorità deputate al contrasto di tali fenomeni, il Fondo Monetario valuta positivamente il lavoro da esse svolto e afferma altresì che il livello di conoscenza delle tematiche attinenti al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo sia, nel complesso, idoneo. Inoltre il livello di cooperazione e coordinamento tra i soggetti preposti al contrasto di tali reati è considerato piuttosto soddisfacente soprattutto grazie allo sviluppo di apparati d’intelligence particolarmente raffinati. Per tale motivo, il FMI evidenzia come le autorità italiane abbiano la capacità di portare a conclusione procedimenti istruttori di notevole complessità, permettendo all’Italia di recuperare notevoli risorse finanziarie dai proventi di reato.
Il Fondo riconosce alle istituzioni finanziarie italiane una buona comprensione dei rischi connessi al riciclaggio. In particolare, le banche italiane di maggiori dimensioni si sono contraddistinte per un forte attivismo nel contrasto a tale reato. Il settore non-finanziario dimostra invece un notevole grado di vulnerabilità prin-cipalmente dovuto all’assenza di una legislazione specifica in materia in particolare per quanto concerne avvocati e contabili. Per il FMI, gli strumenti di verifica della clientela “Customer Due Diligence” (CDD) sono ben sviluppati nel settore finanziario. Tuttavia il Fondo ritiene che le banche italiane facciano troppo affidamento a tali strumenti di due diligence. Infatti, nei casi in cui le transazioni avvengano per mezzo di soggetti intermediari, i processi adoperati per identificare il beneficiario ultimo delle transazioni risultano poco coerenti e di scarsa efficacia.
Infine il FMI raccomanda di incrementare la cooperazione tra autorità nazionali ed estere, al fine di meglio contrastare quei soggetti criminali che beneficiano dei principi di libera circolazione dell’Unione Europea.
[dt_button link=”https://www.opiniojuris.it/wp-content/uploads/2016/11/3.-Contrasto-al-riciclaggio-e-cooperazione-internazionale.pdf” target_blank=”false” button_alignment=”default” animation=”fadeIn” size=”medium” style=”outline” bg_color_style=”custom” bg_color=”rgba(51,51,51,0.25)” bg_hover_color_style=”custom” bg_hover_color=”#333333″ text_color_style=”custom” text_color=”rgba(51,51,51,0.3)” text_hover_color_style=”custom” text_hover_color=”#333333″ icon=”fa fa-chevron-circle-right” icon_align=”left”]VISUALIZZA L’ARTICOLO IN FORMATO PDF[/dt_button]
Immagine in copertina: Karon Melillo DeVega, Money Laundering, opera digitale del 31 luglio 2010 – Fonte: Fine Art America.