Il confine culturale fra tutela e punizione ed il Juvenile Act sudcoreano come caso di studio.
Coercizione e rieducazione: un fatto culturale
Nel caso in cui l’autore di un reato sia minorenne è giusto che venga giudicato come un adulto? Oppure bisognerebbe optare per una “rieducazione” in modo tale da favorire il reinserimento?
A domande come questa molti giuristi, sociologi ed antropologi tentano da anni di dare risposte concrete, che possano essere fondanti a livello globale. Il reticolo di argomentazioni possibili però va infittendosi poiché come tutti gli altri modelli interpretativi, quello che si riferisce alla colpa, alla coercizione o anche alla concezione stessa di “minore età” cambia da cultura a cultura. In generale, anche per quanto concerne i criminali adulti, se pensiamo alla rieducazione a seguito di una condanna per un delitto grave non possono non venirci in mente i paesi dell’Europa settentrionale come la Finlandia o la Norvegia, in cui ormai la detenzione non è più vista in termini di “punizione” anche a livello sociale e collettivo ma vengono adottate misure ben diverse. Si prenda ad esempio il caso di Suomenlinna[1], l’isola finlandese che ospita un carcere cosiddetto “a cielo aperto” in cui i detenuti (di età adulta), pur non potendosi ovviamente allontanare ricreano lì un sistema di cui loro stessi sono artefici e sostenitori: lavorano, pagano le tasse e contribuiscono a mantenere in piedi questa piccola nuova società, vivendo in una condizione di coercizione relativa. Ma per i criminali di età minore? Qual è il sistema migliore per far sì che una volta terminata la detenzione o qualsivoglia tipo di coercizione riescano a reinserirsi in società senza che ci sia rischio di recidività? Ma soprattutto entro quale fascia d’età ed entro quali limiti di efferatezza distinguiamo un criminale minore da uno adulto?
Processo minorile nostrano
Questo acceso dibattito è stato ripreso e continua ad essere ritrattato in diversi paesi democratici del mondo, fra cui l’Italia, dove vige una disciplina a parte per il processo penale minorile, regolato dal DPR n.448 del 22 settembre 1988, il quale regola gli istituti e le attività processuali per i quali è imprescindibile una normativa autonoma nel caso in cui nel processo sia coinvolto, in veste di imputato, un minore. Il processo mira anzitutto al recupero sociale del minore e al suo reinserimento attraverso un nuovo processo educativo. Si privilegia dunque l’adozione di provvedimenti che evitino l’applicazione della sanzione penale, prediligendo misure che favoriscano l’educazione e l’istruzione dell’imputato. Inoltre, vige in questi casi il principio di adeguatezza applicativa, secondo cui le norme debbano trovare applicazione in maniera adeguata e proporzionale alla personalità del minore, caso per caso, tenendo conto della specificità del singolo; il che ovviamente richiede un’indagine sulle dinamiche personali dell’imputato.
Volendo fare un paragone, un minore sconterà la metà della pena prevista per un adulto, o un quarto della stessa nel caso in cui l’imputato abbia meno di 14 anni.
Criminale minorenne o maggiorenne: da che età un criminale è adulto?
Così come in Italia, in Corea del Sud è stata istituita una legislazione a parte per imputati considerati minori. Il Juvenile Act[2] (in coreano “Sonyeonbeob” 소년법), cioè l’apparato di leggi che regolano il diritto minorile sudcoreano, è stato emanato il 24 luglio 1958 e rivisto ampiamente nel 2008. I principali punti rettificati hanno visto la riduzione dell’età per cui è applicabile il Juvenile Act (per i giovani sotto i 19 anni e non più sotto i 20) e dell’età entro la quale il minore non è soggetto a sanzione penale (solo dai 10 anni in giù e non più dai 12). E’ infatti da considerare che per la Repubblica di Corea il diritto penale minorile si articola innanzitutto in due categorie: da una parte i cosiddetti “criminali minori” ovvero imputati fra i 10 e i 14 anni, i quali come anticipato non saranno soggetti ad alcuna sanzione penale, qualsiasi sia il crimine commesso. Se invece, l’individuo in questione ha tra i 14 e i 19 anni la corte lo giudicherà in quanto minore soggetto al diritto penale Sonyeonbeob.
Nello specifico, i minori di 14 anni come sancito dall’art. 9 del Juvenile act “non verranno puniti” ma saranno soggetti ad una “coercizione protettiva” (art.32). Ciò consiste in una serie di misure volte a re-indirizzare il comportamento criminale del bambino attraverso il “Juvanile department for special trial” tramite il quale viene deciso il tipo di provvedimento.
Tra i più comuni troviamo un periodo di servizio alla comunità (la tipologia ed il tempo vengono stabiliti dal giudice) oppure il semplice lasciare che il bambino riprenda normalmente la sua vita guidato però da un supervisore ufficiale, scelto solitamente fra gli assistenti sociali che operano in quel determinato settore.
Per i giovani fra i 14 e i 19 anni la questione è ben più articolata. Non sono infatti più considerati criminali minori e subiscono la sanzione penale, seppure differenziata da quella prevista per gli adulti.
L’imputazione del crimine, qualunque esso sia, non si tradurrà comunque in nessun caso in pena capitale o ergastolo. Come sancito dall’art.59 “Mitigazione della pena di morte e dell’ergastolo”, nel caso in cui al momento del crimine l’individuo avesse meno di 18 anni, la detenzione a vita verrà mutata a 15 anni di carcere, il massimo della pena consentito per chi commette reati gravi in questa fascia d’età.
Ci sono stati a tal proposito, in particolare nella capitale sudcoreana, diversi dibattiti e proteste riferiti a casi specifici di “criminali bambini” che si sono macchiati di colpe e crimini molto più grandi di loro e molto più efferati di quanto ci si possa aspettare da un individuo di così giovane età.
E’ il caso di un omicidio commesso da una ragazza a Guri[3], nella provincia di Gyeonggi, a est della capitale sudcoreana, in dicembre 2021. Dopo aver invitato a casa un’amica conosciuta in chiesa, secondo gli inquirenti la 13enne avrebbe colpito ripetutamente la sua coetanea con un coltello e l’avrebbe lasciata morente in un bagno di sangue nelle vicinanze dell’abitazione; la polizia è stata allertata solo successivamente, al momento del ritrovamento della stessa da parte di un vicino di casa. Purtroppo la vittima è deceduta durante la corsa in ospedale.
A seguito di questa vicenda, nel rispetto del Juvenile act, la ragazza accusata di omicidio che in Italia probabilmente definiremmo “volontario” è stata mandata al “Seoul juvenile classification review center” una sorta di riformatorio, dove è rimasta per un mese in attesa della sentenza. Il processo si è concluso con la condanna a 2 anni di riformatorio, il massimo della punizione per chi al momento del reato ha fra i 10 e i 13 anni. E’ una punizione adeguata? Troppo severa? Troppo poco severa? L’opinione pubblica sudcoreana ed i media locali ritengono che, a seguito della morbidezza delle pene per criminali giovani, questi non temano più di infrangere la legge[4]. Questo spiegherebbe, secondo il loro punto di vista, l’aumento nel paese di teenager e spesso anche di bambini colpevoli di reati considerabili piuttosto gravi. E’ dunque possibile spiegare un fenomeno sociale e se vogliamo anche antropologico così complicato con una così semplice conclusione?
In realtà diversi studi criminologici e psicologici, come quello della dottoressa Norma Colucci[5] dimostrerebbero che più che la morbidezza delle pene, il fenomeno dei “baby-killer” è da riferirsi in via generale al disagio giovanile. L’analisi qui citata fa ovviamente riferimento alla società italiana ma non è difficile immaginare le implicazioni psicologiche che una società così competitiva come quella sudcoreana possano avere sull’emotività e sulla costruzione di modelli educativi di bambini e giovani, che spesso vivono a priori in uno stato di vulnerabilità influenzato da fattori esterni (sociali, culturali, economici) ed interni.
Note
[1]http://www.latuaeuropavercelli.eu/content/suomenlinna-e-il-carcere-finlandese-cielo-aperto#:~:text=Sull’isola%20di%20Suomenlinna%2C%20a,vivono%20in%20modo%20normale%2C%20non
[2] https://seoullawgroup.com/juvenile-crime-in-korea-detention/
[3] https://koreajoongangdaily.joins.com/2019/12/31/socialAffairs/Girl-held-for-murder-but-by-law-punishment-will-be-light/3072082.html
[4] https://www.allkpop.com/article/2020/09/a-growing-number-of-korean-teenagers-are-no-longer-afraid-of-breaking-the-law-and-many-call-for-the-revision-of-the-juvenile-law#:~:text=The%20%22Juvenile%20Law%22%20is%20set,the%20%22Juvenile%20criminal%22%20punishment
[5] https://www.psicologiagiuridica.com/numero%20003/colucci_it.pdf
Foto copertina: Immagine tratta dal K-Drama Netflix “Juvenile Justice” basato sul Juvenile Act