Legislative 2024: la Croazia verso l’impasse?


Tra polemiche e scontri istituzionali i croati sono stati chiamati alle urne per rinnovare il Sabor, il parlamento monocamerale del Paese e hanno consegnato al partito del Premier uscente la maggioranza relativa che però necessiterà di accordi con le altre formazioni minori. Sullo sfondo uno scontro istituzionale che rischia di avvitarsi su se stesso.


La Croazia, indipendente dal 1991, membro della NATO dal 2009, dell’Unione Europea dal 2013 e dell’area Euro dal 2023 è una repubblica parlamentare dal 2000, quando una riforma costituzionale ha modificato la forma di governo semipresidenziale pur mantenendo l’elezione diretta del Capo dello Stato. A oggi il potere legislativo è attribuito al Sabor, il Parlamento monocamerale (fino al 2001 bicamerale) composto da 151 membri eletti per quattro anni con un sistema elettorale misto. Il 2024 è un anno elettoralmente impegnativo per il piccolo paese affacciato sull’Adriatico: oltre al rinnovo del Sabor, a giugno anche i croati saranno chiamati a votare per le elezioni europee e, infine, il prossimo autunno sarà la volta del Presidente della Repubblica.

La via per le elezioni: tra corruzione e scontri istituzionali

Ultimo membro a essere entrato nell’Unione Europea nel 2013 è riuscito ad arrivare all’adozione della moneta unica lo scorso anno, il 1° gennaio 2023. Il primo decennio di appartenenza all’UE che si è concluso con l’adozione dell’euro, ha sicuramente aiutato l’economia croata che ha visto tassi di crescita sostenuti (giovati anche dalle riforme che hanno modernizzato l’economia e da un settore turistico in costante espansione, se si fa eccezione del periodo COVID), incentivati anche dal costante afflusso dei fondi di coesione europei, dei quali la Croazia è beneficiaria netta. Nonostante i miglioramenti generali, sussistono ancora dei problemi per quanto riguarda la giustizia e l’indipendenza della magistratura, tema segnalato anche all’interno del report sullo stato di diritto del luglio 2023 dell’UE[1], che ha evidenziato come questo dato si posizioni su livelli comunque inferiori a quelli del 2016. A questo si aggiunge anche il problema sempre presente della corruzione che pone la Croazia, tra i 27 stati Membri, agli ultimi posti della classifica di Transparency international davanti solo a Grecia, Romania, Bulgaria e Ungheria[2].

Al di là delle classifiche, il problema effettivamente esiste e investe in particolare il partito del Premier Andrej Plenković, l’Unione Democratica Croata (HDZ –Hrvatska demokratska zajednica uno dei partiti storici e fondato da FranjoTuđman primo presidente dopo l’indipendenza e uno dei fautori della fine della Jugoslavia), al potere dal 2016 e che in questi otto anni ha visto arrestati e al centro di scandali di corruzione ben trentuno tra ministri e sottosegretari, non propriamente un record di cui essere fieri. Inevitabilmente, in un anno così elettoralmente importante come il 2024, era impossibile che questo tema non finisse al centro del dibattito pubblico. La convergenza, a febbraio, delle proteste per il malcontento nei confronti delle politiche del governo da parte di alcune categorie professionali, con le manifestazioni per la nomina di Ivan Turudić a procuratore generale, ha rischiato di mettere in difficoltà il partito di Plenković. La nomina di Turudić eletto a maggioranza dal Sabor croato (78 voti a favore, 60 contrari e 2 astenuti) ha sollevato un polverone politico, poiché ritenuto dalle opposizioni eccessivamente vicino al partito di governo HDZ e per questo in grado di fornire protezione a Plenković da casi di corruzione, se dovesse venire meno l’immunità data dal suo ufficio. La situazione di tensione si è evidenziata anche durante la cerimonia di insediamento di Turudić, alla quale i giudici costituzionali hanno deciso di non partecipare. A questo si sono aggiunte anche una serie di leggi approvate dalla maggioranza, l’ultima delle quali la così detta “legge bavaglio” che ha reso, secondo i detrattori, il lavoro dei giornalisti più complesso soprattutto nell’utilizzo degli informatori, strumento utile se si considera che la maggior parte degli scandali di corruzione resi pubblici dalla stampa in Croazia, sono stati scoperti tramite questo strumento[3].

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La decisione di Plenković di procedere comunque alla nomina ha portato in piazza le opposizioni di centro e sinistra (in particolare i socialdemocratici e il movimento Možemo! Possiamo!), escluse invece le formazioni di destra e estrema destra. Sebbene ci sia stata una prova generale di unità, le formazioni che hanno manifestato con lo slogan Dosta je! – “Basta” si sono presentate separate alle elezioni del 17 aprile.

Ulteriore problema che ha infiammato il dibattito pubblico in Croazia, si è presentato nel momento in cui il Presidente della Repubblica Zoran Milanović ha deciso di scendere in campo irritualmente contro il Primo Ministro uscente. Secondo la Costituzione, al momento dell’elezione, il Capo dello Stato deve rinunciare a qualsiasi appartenenza partitica al fine di garantire l’indipendenza del suo ufficio, pur essendo espressione di una forza politica in quanto eletto a suffragio universale ogni cinque anni (ciò che rimane del sistema semipresidenziale modificato nel 2000). Evidentemente, la scelta di Milanović di presentarsi comunque come candidato di punta della coalizione di centrosinistra, Restart (Restart koalicija) imperniata sul partito socialdemocratico (Socijaldemokratska partija Hrvatske – SDP), ha creato non pochi imbarazzi anche a causa del suo rifiuto di rispettare la pronuncia della Corte Costituzionale, la quale, investita della questione, ha sottolineato come per il Presidente condizione pregiudiziale ad una sua effettiva candidatura fosse la presentazione delle dimissioni. Richiesta rinviata al mittente da Milanović che ha comunicato che avrebbe rinunciato solo in caso di vittoria.
Si è aperta così una campagna elettorale carica di incertezze e anche tensioni, incentrata sulle accuse incrociate tra Milanović e Plenković di corruzione e incostituzionalità.

Risultati elettorali e formazione del Governo

La campagna elettorale agitata, e se vogliamo irrituale nei suoi contenuti, sicuramente è stata una delle ragioni che ha spinto l’affluenza alle urne, la quale si è assestata al 62%, un dato in aumento rispetto a quello di quattro anni fa quando aveva votato solo il 46% degli aventi diritto.
Le urne che si sono chiuse il 17 aprile hanno consegnato al partito di governo HDZ la maggioranza relativa dei seggi con il 34% dei voti e 60 deputati, sei in meno rispetto alle precedenti consultazioni del 2020. Al secondo posto si è posizionata la coalizione di centrosinistra Restart che è riuscita a totalizzare il 27% dei voti e 42 seggi. Il terzo e quarto posto è occupato dalla formazione di destra populista ed euroscettica Movimento Patriottico (DP – Domovinski pokret) e il partito Most che hanno ottenuto rispettivamente 14 e 11 seggi. Al quinto posto si è fermato il movimento progressista Možemo! (Možemo! – politička platforma) che ha aumentato la propria presenza parlamentare a 10 deputati con il 9% dei voti[4]. Si sono a questo punto aperte le consultazioni tra Plenković e le formazioni minori per riuscire ad arrivare a un accordo di governo che gli permetta di inaugurare il suo terzo gabinetto ministeriale.
Sullo sfondo rimane però il problema della posizione del Presidente della Repubblica che sarà chiamato a nominare sulla base degli equilibri parlamentari il Primo Ministro, e che ha continuato nella sua battaglia contro le pronunce della Corte Costituzionale, la quale si è espressa nuovamente venerdì 19 aprile sulla possibilità per Milanović di diventare Primo Ministro. Anche in quest’occasione i giudici hanno escluso quest’ipotesi, suscitando la reazione del Presidente che ha affermato che la sola istituzione in grado di decidere chi sarà il capo del governo è il Parlamento[5]. Un vero e proprio avvitamento istituzionale che troverà la sua soluzione in un modo o nell’altro nelle prossime settimane e, sebbene sia difficile immaginare un indebolimento del sistema democratico in Croazia, sarà comunque interessante osservare gli sviluppi postelettorali, anche tenendo conto della prospettiva dei prossimi appuntamenti. È molto probabile, infatti, che Milanović tenterà il prossimo autunno di assicurarsi un secondo e ultimo mandato e altri cinque anni come Presidente della Repubblica.
Milanović, va riconosciuto, nonostante abbia un gradimento popolare elevato, non è nuovo a posizioni e affermazioni a dir poco controverse e, soprattutto, ha abituato a quello che si può definire come un costante scontro tra Presidenza e l’ufficio del Primo Ministro. Tema tra i più caldi, in particolare, è quello della politica estera, materia sulla quale il Capo dello Stato ha funzioni di indirizzo assieme al Governo. Ad esempio, dopo l’invasione russa dell’Ucraina ha assunto anche pubblicamente posizioni filorusse opponendosi all’addestramento di soldati ucraini sul suolo croato o l’invio di armi a Kiev, criticando allo stesso tempo le politiche europee sull’Ucraina[6].
È facile quindi immaginare che, il mantenimento in mano all’HDZ della maggioranza relativa e la quasi inevitabile riproposizione di un nuovo gabinetto a guida Plenković, possa aver rassicurato le cancellerie europee che temevano, nel caso di una vittoria dell’SDP, un possibile allontanamento dalla linea fin qui tenuta di sostegno all’Ucraina e un avvicinamento a Budapest e Bratislava, campioni in Europa della propaganda filorussa. Rimane però in piedi il problema dell’atteggiamento assunto da Plenković rispetto alla corruzione e all’indipendenza di magistratura e stampa che fa temere a molti che Zagabria si stia avviando verso un’evoluzione orbaniana del proprio sistema politico-istituzionale.


Note

[1] EU Commission, 2023 Rule of Law Report – Country Chapter Croatia https://commission.europa.eu/publications/2023-rule-law-report-communication-and-country-chapters_en
[2] Transparency International, Corruption Perceptions Index, 2023 https://www.transparency.org/en/cpi/2023   
[3] Zoran Arbutina, Is Croatia’s new whistleblower law a danger for journalism?, Deutsche Welle, 18/03/2024, https://www.dw.com/en/is-croatias-new-whistleblower-law-a-danger-for-journalism/a-68591932
[4] RAI News FVG, Croazia, l’HDZ vince le elezioni ma dovrà cercare alleati per continuare a governare il paese, 18/04/2024 https://www.rainews.it/tgr/fvg/articoli/2024/04/croazia-hdz-vince-le-elezioni-ma-dovra-cercare-alleati-per-continuare-a-governare-il-paese-4d56812c-4516-4288-a0f7-785cee2885ed.html  
[5] Euractiv.com, Croatia’s top court bars President Milanović from PM post, 19/04/2024  https://euractiv.it/section/capitali/news/la-corte-costituzionale-croata-impedisce-al-presidente-milanovic-di-assumere-leventuale-incarico-di-primo-ministro/
[6] Dusan Stojanovic, Croatia’s ruling conservatives win parliamentary vote, but cannot rule alone, ABC News, 17/04/2024 https://abcnews.go.com/International/wireStory/croatia-votes-parliamentary-election-showdown-president-prime-minister-109338035


Foto copertina: Croazia al voto. Andrej Plenković © LCV/Shutterstock