E’ possibile parlare di diritti umani universali se prima si è chiarito il concetto di “universale”? Cosa significa? Come si applica anche alle diverse leggi nazionali, internazionali e, ove possibile, religiose. Quanto sono conciliabili dunque i diritti umani con la legge islamica e quanto si influenzano a vicenda?
Il contributo dell’Islam ai diritti umani
Quando il concetto di “diritti umani” è emerso, nella seconda metà del XX secolo, Islamisti e musulmani hanno iniziato a dubitare della sua possibile applicazione nell’area del MENA. Nonostante l’unanime ratifica di trattati e accordi, durante gli anni ’80 si è iniziato a pensare come l’Islam potesse interagire con i Diritti Umani e in che termini potesse essere paragonato ad essi. La convinzione generale dell’Islam su come queste nuove prospettive potessero cambiare la loro tradizione culturale non era tuttavia un’anime[1]. Per far fronte a quest’ostacolo, in quegli anni cominciarono a essere pubblicate anche le Carte Islamiche dei Diritti Umani; tra queste le più peculiari sono: la Dichiarazione islamica Universale dei Diritti Umani (UIDHR) del 1981, la Dichiarazione del Cairo sui Diritti Umani nell’Islam (CDHRI) del 1990 e la Carta Araba sui Diritti Umani (ACHR) del 1994.
Il primo, l’UIDHR, è stato redatto da un organismo privato, il Consiglio Islamico d’Europa, mentre il secondo, il CDHRI, dall’Organizzazione per la Cooperazione islamica. Entrambe sono considerate carte conservatrici, come ripetutamente sollecitato dal loro riferimento alla Sharì‘a. Dunque, anche se un universalismo dei diritti umani viene riconosciuto, esso deve comunque sottostare alla legge islamica.
Al contrario, l’ACHR, viene considerata più laica; è stata approvata per la prima volta nel 1994 dal Consiglio della Lega degli Stati Arabi, ma poi adottata dieci anni dopo nel 2004. In essa, infatti, si fa solo un accenno alla Sharì‘a nella parte iniziale, ma poi mantiene il suo secolarismo per tutto il resto del documento. Questo è stato infatti motivo di disapprovazione da parte degli Stati più conservatori quali Arabia Saudita, UEA, Oman, Sudan, Yemen, Bahrein e Kuwait, che lo hanno considerato “contro” i principi Islamici.
Universalismo e Relativismo Culturale
Il dibattito sulla considerazione dei diritti umani come pensieri occidentali o generali è tutt’oggi in discussione. Nello specifico se si considera la comparazione tra diritti umani e Islam, vi sono punti di vista diversi: da un lato abbiamo musulmani convinti che questi diritti internazionali non possano essere applicati all’Islam e che i diritti umani siano una materia regolata dal diritto Islamico ove applicabile, dall’altro, invece, abbiamo autori musulmani, che ritengono tali principi inalienabili, appartenenti all’intera comunità internazionale.
In questo caso, dunque, possiamo considerare la distinzione tra tendenze liberali e conservatrici, supponendo che le prime includano coloro che preferiscono il progresso verso la democrazia, le seconde, invece, coloro che si battono per la conservazione dei vecchi valori e negano ogni possibile loro modifica[2].
Ad esempio, Fred Halliday ne discute ampiamente nella sua opera[3], secondo la quale questo dialogo sarebbe costituito da quattro fasi: assimilazione (completa riconciliazione), appropriazione (compatibilità solo sotto l’Islam), confronto (considerazione della Shar’ia invece dei diritti umani) e incompatibilità (inconciliabilità).
Ultimo dei quarti punti, la tesi dell’imposizione dei diritti umani da parte dei paesi occidentali è assunta – tra l’altro – da alcuni leader dei paesi arabi, dove il diritto islamico ha un ruolo fondamentale nelle loro costituzioni. Tra questi troviamo l’Arabia Saudita, che si colloca tra i paesi arabi che si oppongono all’idea dei diritti umani internazionali e che si è astenuta dal votare la Dichiarazione dei diritti umani del 1948[4]. Anche l’Iran, tra gli altri, è considerato uno dei paesi che segue questo pensiero conservatore, come ha affermato il suo rappresentante permanente all’ONU: «La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che rappresentava la comprensione laica della tradizione giudaico-cristiana, non poteva essere attuata dai musulmani e non si accordava con il sistema di valori riconosciuto dalla Repubblica islamica dell’Iran; il suo paese non esiterebbe quindi a violare le sue disposizioni, poiché doveva scegliere tra violare la legge divina del paese e violare le convenzioni secolari»[5]
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Tali considerazioni sono assunte anche dai cosiddetti “relativisti culturali”, coloro che affermano che le regole devono essere fatte secondo l’ordinamento culturale del singolo Stato. Questo principio si sposa perfettamente con l’opera di Said “Orientalismo”, che ha posto al centro della sua riflessione la questione orientale. Bisogna, inoltre, dire che generalmente il concetto di “relativismo culturale” viene applicato nel campo dell’antropologia, delle scienze sociali e non in quello del diritto. Inoltre, bisogna tenere in considerazione il concetto di “universale” dei Diritti Umani– il nome Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (UDHM) non è dato a caso – che che richiama si all’ universalismo che all’ universalità: con il primo termine si fa riferimento ad un’accettazione globale della questione “diritti umani”, raggiunto con l’UDHM del 1948, data dalla quale ogni nazione è in grado di riconoscere l’idea dei diritti umani. L’universalità, invece, è legata all’applicazione dei diritti umani in ogni singola nazione, cosa che, come sappiamo, non è ancora avvenuta – altrimenti l’ONU avrebbe raggiunto il suo obiettivo[6].
In fine, ciò che in genere non si prende in considerazione è che i rappresentanti arabi e Islamici fanno parte delle Nazioni Unite e prendono parte al processo decisionale, nonché alla stesura di Trattati, Dichiarazioni e Alleanze – come detto precedentemente, l’unico Stato arabo/islamico che si è astenuto dal votare per l’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani è l’Arabia Saudita. Sarebbe dunque utile una grande campagna di tolleranza per diffondere l’dea di una diversità ideologica, ma il punto focale del dibattito deve restare la salute e il benessere della persona.
Note
[1] Mayer, A. E., Islam and human rights: Tradition and Politics, Westview Press, San Francisco, 1991, p. 11
[2] Mayer, A. E., op. cit., p. 25
[3] Halliday, F., Relativism and Universalism in Human Rights: the Case of the Islamic Middle East, in Political Studies, 1/1995, pp. 152-167
[4] Baderin, M., International Human Rights and Islamic Law, Oxford University Press Inc, New York, 2003, p. 25
[5] UN General Assembly, Summary record of the 65th meeting, 7 December 1984, UN doc. A/C.3/39/SR.65 of 7 December 1984
[6]Baderin, op. cit., p. 23-24
Foto copertina: La Kaʿba è un’antica costruzione situata all’interno della Sacra Moschea, al centro della Mecca; rappresenta l’edificio più sacro dell’islam.