Un network di treni merci, gestito da alcune compagnie private, attraversa il Messico dal confine sud con il Guatemala fino alle porte del Nord America. I due terminal più vicini al confine guatemalteco sono la città di Tapachula e di Tenosique. Tre sono le possibili rotte: la rotta del Golfo, la rotta centrale e la rotta del Pacifico. “The Beast” è il treno della speranza, il treno senza orari, il luogo di violenze sovrapposte.
Il confine tra Messico e Stati Uniti è stato storicamente attraversato da enormi flussi di persone e, sin dal Novecento, le politiche migratorie sono state parte fondamentale delle relazioni tra i due Paesi. Non si tratta esclusivamente di un movimento in uscita di migranti messicani – questo tipo di analisi infatti non restituirebbe la misura di quanto realmente accade e si produce durante l’azione del migrare -, ma di una continua intersezione di fenomeni differenti. Il Messico, in questo caso, non più soltanto come paese di provenienza della popolazione migrante, ma come luogo di transito e dai confini mobili. In questo discorso, il fenomeno “The Beast”[1] apre all’analisi del luogo di frontiera, non solo barriera, linea di confine tra terre, ma “spazio terzo” abitato, sofferto, esperito.
La maggior parte degli emigranti che annualmente attraversa il confine sud del Messico proviene dall’America centrale, in particolar modo dai paesi del ‘’Triangolo Nord’’ (Guatemala, El Salvador, Honduras), e lungo il percorso utilizza più e più mezzi di trasporto. Tra questi ‘’La Bestia’’, appunto, un network di treni merci così definito per gli alti pericoli cui sottopone i suoi passeggeri. L’utilizzo da parte dei gestori della rete ferroviaria di compagnie di sicurezza private ha in qualche modo ridotto i flussi di persone in transito, ma il treno è stato per lungo tempo uno dei mezzi più comuni. Quali sono le ragioni? Per alcuni, il treno è l’unico modo per transitare in Messico. Inizialmente, infatti, le pattuglie messicane si concentravano sulle strade, sulle stazioni dei pullman, o sugli aeroporti[2]. ‘’La Bestia’’, dunque, permette ai migranti privi di documenti di viaggiare in incognito, ma è anche un mezzo più economico rispetto al pagamento di un trafficante (‘’polleros’’) che faciliti e organizzi l’intero percorso. In realtà, l’economicità del percorso non esclude altri costi ad esso connessi, in termini umani, sociali e materiali. I vagoni non sono ovviamente predisposti al trasporto di esseri umani, dunque gli incidenti sono all’ordine del giorno. I migranti spesso si trovano a saltare sui vagoni già in movimento, mentre altri per la paura si arrendono[3]. Molte sono le storie di chi, nel tentativo di aggrapparsi ai vagoni, cede e perde la vita o subisce gravi ferite e/o amputazioni. Diversi sono i protagonisti de “La Bestia’’, quella che viene definita una “comunità situazionale in transito’’, soggetti che si muovono tra violenza e insicurezza generalizzata[4]:[5] migranti, attivisti, giornalisti, ma anche militari, polizia e affiliati ai cárteles, protagonisti e fautori di violenza reiterata e abusi.
“El tren de la muerte’’ non è un’espressione casuale quindi; le vicende ad esso connesse viaggiano tra i migranti e gli abitanti del posto. Secondo Piero Bucci[6], diversi sono i tipi di violenza cui viene costretta questa ‘’comunità in transito’’. Una violenza soggettiva: estorsione, abusi della polizia, furto, aggressione, discriminazioni di ogni genere. Una violenza legata al rigore, all’inclemenza del tempo: pericolosità del mezzo di trasporto, malattia, fame, sete, stanchezza, freddo, caldo. Una violenza sistemica, legata alla necessità di manodopera poco qualificata e povertà strutturale. Ma anche violenza di genere-violenza sessuale, femminicidi: nelle città di confine, infatti, nel tempo sono nate piccole cliniche per fornire cure mediche e psicologiche.
Attraversare la frontiera allora non rappresenta un semplice percorso da e verso una meta, i corpi che transitano si reinventano durante il cammino, imparando a sopravvivere e a scendere a compromessi, sperimentando nuove forme di resilienza. A Veracruz una rete di donne solidale con i viaggiatori prepara riso, fagioli e tortillas, lanciandoli al treno in corsa[7]. Un fenomeno, quello dei migranti in cima ai vagoni merce, che ben simboleggia – oltre la dimensione del rischio e della corporeità come “merce’’[8] – il continuo mutamento delle rotte migratorie in un mondo globalizzato, la definizione di rotte alternative e potenzialmente sempre più pericolose.
Note
[1] R. Dominguez Villegas, Central American Migrants and ‘’La Bestia’’: The Route, Dangers, and Government Responses, Migration Policy Institute, 2014, www.migrationpolicy.org/article/central-american-migrants-and-“la-bestia”-route-dangers-andgovernment-responses.
[2] Ibidem.
[3] France 24, El peligroso viaje en ‘La Bestia’ para conseguir el sueno americano, 2019, www.france24.com/es/20181217-bestiamigrantes-eeuu-mexico-honduras.
[4] E. Pineiro Aguiar, C. Diz, Muros, racismo y resistencias. Movilidad humana a lomos de La Bestia, Rivista Izquierdas, 49, maggio 2020, rep. su www.researchgate.net/publication/
[5]_Muros_racismo_y_resistencias_Movilidad_humana_a_lomos_de_La_Bestia.
[6] Ibidem.
[7] France 24, El peligroso viaje en ‘La Bestia’ para conseguir el sueno americano, 2019, www.france24.com/es/20181217-bestiamigrantes-eeuu-mexico-honduras.
[8] E. Pineiro Aguiar, C. Diz, op.cit.
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