Il 1° gennaio 2024 Abiy Ahmed e Muse Bihi Abdi dichiarano la firma di un Memorandum of Understanding (MoU) che dovrebbe concedere allo stato etiope l’affitto di circa 20kmq di costa per cinquant’anni nei pressi del porto di Berbera, con la possibilità di costruire una base militare. In cambio l’Etiopia cederebbe alcune quote della Ethiopian Airlines e dovrebbe riconoscere lo status di indipendenza del Somaliland, quest’ultimo non riconosciuto da nessun paese del mondo. Muse Bihi Abdi, presidente del Somaliland aveva paventato questo riconoscimento, l’Etiopia tuttavia non lo ha mai formalmente dichiarato, rimanendo su posizioni moderate, indicando di voler intraprendere “una valutazione approfondita al fine di prendere posizione sugli sforzi del Somaliland per ottenere il riconoscimento internazionale”[1]. Hassan Cheikh Mohamoud qualche giorno dopo firma un progetto di legge che “annulla” MoU.
Il vertice tenutosi lo scorso 10 ottobre ad Asmara tra Egitto, Eritrea e Somalia ha sancito la cooperazione militare tra i tre paesi nell’ottica di una gestione della sicurezza regionale e di contrasto delle interferenze negli affari interni degli stati. Nella dichiarazione si legge un interesse nel potenziare l’esercito somalo per affrontare il terrorismo, proteggere i confini e preservare l’integrità territoriale, ma anche consolidare la cooperazione diplomatica fra i tre Paesi. La comunicazione ufficiale si rivolge senza velature alla firma del 1° gennaio. La possibilità di accesso al Golfo di Aden offerta da Hargheisa a Addis Abeba ha scatenato la reazione del presidente somalo le cui dichiarazioni pubbliche accusano il Primo Ministro etiope di non riconoscere la Somalia come paese sovrano. Abiy Ahmed ribadisce l’importanza dell’accesso al mare per il proprio paese, venuto a mancare con il riconoscimento dell’indipendenza eritrea nel 1993. Addis Abeba ha dovuto affidare i suoi traffici commerciali al porto di Gibuti e in parte da quello di Berbera, ma il desiderio di differenziazione e di mantenimento di un certo peso politico stanno muovendo l’animo del governo che ha più volte ribadito la volontà di diversificare i suoi accessi al mare.
Idropolitica e schieramento dell’Egitto in favore della Somalia
Con il rischio di isolamento regionale, l’Etiopia sta ampliando i suoi orizzonti cercando supporto internazionale. In occasione del summit del BRICS, al quale il paese ha aderito ufficialmente quest’anno, il PM sta cercando di attrarre investimenti in diversi settori del paese come agricoltura, energie rinnovabili, estrazione mineraria, telecomunicazioni e turismo in linea con l’ambizioso progetto di sviluppo economico 10-Year Development Plan of Ethiopia (2021-2030). All’interno del programma rientra il piano energetico che ha l’obiettivo di elettrificare tutto il paese e per farlo necessita della piena operatività della Grand Ethiopian Reinassance Dam (GERD). Addis Abeba e il Cairo sono da anni in conflitto a causa della costruzione della diga, la messa in atto del Nile Basin Cooperative Framework Agreement (CFA) sulla cooperazione nel bacino del Nilo è entrato in vigore il 13 ottobre con soddisfazione etiope ma malumori da parte di Egitto e Sudan che non l’hanno firmato, in nome di accordi conclusi nel 1929 e nel 1959.[2] L’Etiopia non ha riconosciuto i documenti, iniziando nel 2011 la costruzione della diga, compromettendo secondo il Cairo e Khartoum la sicurezza idrica dei due paesi.
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La firma del MoU ha dato l’assist al Cairo che è sceso in campo a fianco di Mogadiscio: a fine gennaio 2024 Al-Sisi ha ricevuto il suo omologo somalo Hassan Cheikh Mohamoud, ribadendo il sostegno all’unità della Somalia, opponendosi al MoU. Da qui la firma della cooperazione militare di agosto 2024 che ha previsto l’invio di truppe egiziane su territorio somalo nell’intento di sostituire così la presenza militare etiope inquadrata nella missione dell’Unione africana ATMIS[3], missione a cui si avvicenderà un nuovo mandato, quello dell’AUSSOM[4] dal 1° gennaio 2025. Il quotidiano Somali Guardian riporta che L’Egitto procede con il dispiegamento delle sue forze nel tentativo di stabilire una decisiva presenza nel paese, da finalizzare entro il 31 dicembre data in cui le truppe etiopi dovrebbero ritirarsi secondo quanto chiesto dal governo somalo. Sulle linee di rifornimento utilizzate dalle truppe etiopi sono state stanziate forze combinate somalo-egiziane; in risposta Addis Abeba ha dispiegato altre 7000 unità nel tentativo di rafforzare la sua presenza.[5] Si teme che questo scenario potrebbe portare a scontri tra le forze egiziane e quelle etiopi, sebbene un’operazione militare al di fuori dei suoi confini sarebbe molto impegnativa per l’Egitto, già in tensione per la situazione in Medioriente. Un’azione militare egiziana potrebbe inoltre mettere a rischio il sostegno finanziario proveniente da Abu Dhabi, in quanto gli Emirati Arabi Uniti sono i primi creditori statali e intrattengono relazioni con Addis Abeba.
Ritornando alle promesse del MoU, la costruzione di una base militare etiope andrebbe ad inficiare la sicurezza nazionale egiziana e a diminuire la sua influenza nella regione. Mettere in sicurezza lo stretto di Bab el-Mandeb è una priorità del paese per proteggere il canale di Suez e il ruolo nel commercio internazionale. Gli attacchi Houti nella guerra tra Hamas e Israele hanno fatto perdere all’Egitto una gran parte delle rendite provenienti dai passaggi nel canale di Suez, in quanto le navi commerciali hanno dovuto percorrere rotte alternative per portare i loro carichi a destinazione in sicurezza.[6] In quest’ottica rientra il supporto alle forze regolari somale per contrastare i fenomeni terroristici presenti sul suo territorio, Al Shabaab e lo Stato Islamico, così come il risorgere della pirateria.
L’Eritrea vuole rafforzare il suo peso nella regione e rimodula le alleanze
In soccorso agli obiettivi egiziani, l’Eritrea che ha tutto l’interesse a imporre la sua presenza sul mar Rosso data la vicinanza allo stretto di Bab el Mandeb, e avere anch’essa una posizione di rilievo nei traffici commerciali internazionali. Il summit ospitato ad Asmara è riuscito a rafforzare l’immagine di un paese che è spesso considerato un peso incombente ma invisibile nella regione. Il coinvolgimento eritreo nel conflitto scoppiato nel Tigray nel 2020 a fianco dell’esercito regolare etiope non è mai ufficialmente dichiarato da Afwerki. Le truppe sono ancora presenti nel nord dell’Etiopia – che sembra tollerarle – violando l’accordo di Pretoria che richiedeva il ritiro di tutte le forze in campo, sebbene lo stesso non citi lo stato eritreo.
Il riavvicinamento tra Eritrea e Somalia si sta sviluppando dopo diversi anni di tensione, quando Mogadiscio accusava Asmara di sostenere Al-Shabaab, accuse sempre contestate da quest’ultima, ma che hanno portato le Nazioni Unite a imporre un embargo sulle armi, il congelamento dei beni e il divieto di viaggiare all’estero per i leader politici e militari dal 2009 e revocate a fine 2018. Le relazioni diplomatiche sono state riprese nel 2018, anno in cui si stava avviando il riavvicinamento anche con Addis Abeba attraverso la dichiarazione congiunta volta ad appianare gli strascichi del conflitto avvenuto tra il 1998 e il 2000. Sempre in questa prospettiva, negli anni erano state avviate delle discussioni tra Asmara e Addis Abeba per un eventuale utilizzo dei porti di Assab e Massawa, ma nessun accordo ha visto la luce.
La rilevanza del Somaliland
Sebbene il Somaliland non sia riconosciuto come stato sovrano, ha acquisito una rilevanza geopolitica data la sua posizione sul mare e il porto di Berbera. Per Mogadiscio sarebbe un enorme svantaggio in termini economici, commerciali e finanziari la perdita della regione separatista. Il governo della repubblica autoproclamata vuole rendere la regione il più grande centro logistico dell’Africa occidentale in alternativa a Gibuti, ma l’ambizione dipende completamente da supporto finanziario estero. Hargheisa sta firmando accordi con altri paesi, soprattutto quelli del Golfo, per lo sviluppo della sua economia. Il porto di Berbera ha ricevuto milioni di dollari in investimenti da parte emiratina che dal 2017 gestisce il porto tramite la società DP World e anche l’Etiopia avrebbe dovuto far parte del consorzio che lo gestisce. Nel 2022 infatti Addis Abeba avrebbe dovuto acquistare il 19% delle quote per l’espansione del porto ma alla scadenza, non avendo onorato il pagamento richiesto, ha perso l’occasione di entrare nel sistema di gestione ed espansione portuale. Dal punto di vista della politica interna, in realtà la regione separatista non sembrerebbe essere un alleato così stabile su cui contare. Il presidente Muse Bihi Abdi è al governo dal 2017 oltre la scadenza originaria del suo mandato, in un quadro di estensione dei poteri non riconosciuto dalle opposizioni. L’est della regione è fonte di grandi contestazioni nei suoi confronti.
Lo stato etiope rimane un attore militare ben organizzato e attrezzato nella regione, mentre il settore della sicurezza somalo è in costruzione e dipendente da numerosi finanziatori stranieri. I due paesi sono accomunati dalla minaccia di Al-Shabaab e per questo Addis Abeba ha circa 10.000 militari stanziati in Somalia, di cui solo una parte inquadrata nella missione ATMIS. Con l’arrivo delle truppe egiziane, nuovi effettivi etiopi dall’Ogaden si sono stabiliti su suolo somalo per rafforzare la posizione di Addis Abeba.[7]
Gibuti, che vuole rafforzare i legami con il suo principale partner economico e commerciale, sta cercando di mediare tra le posizioni dei suoi vicini, offrendo la completa gestione del porto di Tadjourah ad Addis Abeba. L’Etiopia, infatti, convoglia oltre il 90% delle sue merci attraverso le banchine del porto gibutiano. Con questa operazione, Gibuti spera anche di assestare un duro colpo alle ambizioni espresse negli ultimi mesi dal porto somalo di Berbera, viste come una minaccia nei confronti dei propri interessi marittimi.
In questi attriti si inserisce la Turchia che a fine giugno ha firmato con la Somalia un accordo di cooperazione militare, con il quale Ankara fornirà supporto finanziario per progetti militari in termini di modernizzazione della tecnologia e delle attrezzature. Ankara, in linea con lo storico coinvolgimento nella regione si è proposto come mediatore nella crisi diplomatica tra Etiopia e Somalia, ospitando due riunioni che non si sono concretizzate in nulla di fatto.
Con lo scatenarsi della crisi con l’Etiopia, la Somalia ha cercato supporto diplomatico e internazionale che potesse difendere la sua posizione nei confronti del MoU. Le relazioni più strette con l’Egitto sono relativamente recenti rispetto a quanto avveniva sotto l’ex presidente Farmajo, si prospetta quindi un accrescimento della presenza egiziana su territorio somalo. L’impegno egiziano si comprenderà a fine anno, quando si avvicenderanno le missioni ATMIS e AUSSOM; di particolare rilevanza, infatti, sarà la composizione effettiva dei contingenti e se l’Egitto ne farà parte o se andrà a sostituire le forze etiopi che al momento attuale rappresentano il grosso del contingente internazionale. Il ritiro dei contingenti etiopi rischia di portare a un vuoto securitario in qualche area del Paese, per questo motivo sarebbe inimmaginabile un’uscita completa delle forze di Addis Abeba considerata la minaccia proveniente dai gruppi armati che continuano a destabilizzare la Somalia.
Note
[1] Jeune Afrique, « En Somalie, une nouvelle loi « annule » l’accord Éthiopie-Somaliland », Jeune Afrique, 7 gennaio 2024, En Somalie, une nouvelle loi « annule » l’accord Éthiopie-Somaliland – Jeune Afrique
[2] Opinio Juris, “GERD – Mentre l’Etiopia festeggia il futuro Rinascimento, L’Egitto teme il decadentismo”, Opinio Juris – law and Politics Review, 27 maggio 2021 https://www.opiniojuris.it/egitto/gerd-mentre-letiopia-festeggia-il-futuro-rinascimento-legitto-teme-il-decadentismo/#_ftn2
[3] African Union Transition Mission in Somalia
[4] AU Support and Stabilization Mission in Somalia
[5] Somali Guardian, “Egypt begins preparations for its military deployment to Somalia”, Somali Guardian, 16 ottobre 2024, https://somaliguardian.com/news/somalia-news/egypt-begins-preparations-for-its-military-deployment-to-somalia/
[6] M. BIRAL, “Yemen, la minaccia Houthi nel Mar Rosso: le possibili ripercussioni globali”, Opinio Juris, 22 dicembre 2023, https://www.opiniojuris.it/opinio/yemen-la-minaccia-houthi-nel-mar-rosso-le-possibili-ripercussioni-globali/.
[7] Ibidem
Foto copertina: Corno d’Africa