Gli Yazidi sono una delle più antiche minoranze etniche residenti nella regione Nord-Occidentale dell’Iraq. A partire dal diciottesimo secolo, le comunità yazide sono state vittime di massacri con intento genocida, e le discriminazioni sistematiche sono continuate fino ai giorni nostri. Raccontare questa storia attraverso l’arte è l’obiettivo di Holya Khalaf, un’artista diciassettenne e rifugiata Yazida in Olanda.


 

Gli Yazidi sono una delle più antiche minoranze etniche residenti nella regione Nord-Occidentale dell’Iraq. A partire dal diciottesimo secolo, le comunità yazide sono state vittime di più di 72 massacri[1] con intento genocida, e le discriminazioni sistematiche sono continuate fino ai giorni nostri. In particolare, dal 2003 i villaggi e i templi Yazidi sono divenuti il target di molteplici gruppi terroristici, e nel 2007 più di 800 Yazidi vennero uccisi in seguito a numerosi attacchi avvenuti durante l’invasione Americana.[2]

Inoltre, la marginalizzazione quotidiana di tale etnia è alla base delle persecuzioni subite: di fatto, le tradizioni culturali Yazide non sono riconosciute nelle scuole pubbliche irachene; allo stesso tempo, stereotipi negativi a proposito delle pratiche religiose Yazide continuano a proliferare, contribuendo così ad una marginalizzazione via via più accentuata e alla conseguente mancanza di riconoscimento dell’uguaglianza di tale gruppo minoritario.[3]

Recentemente, dal 2014 gli Yazidi sono stati il principale obiettivo della campagna genocida dell’ISIS, volta a sradicare tali comunità sul territorio iracheno.

Nello specifico, i terroristi di Daesh hanno istituito un sistema di schiavitù sessuale in cui la commercializzazione e la susseguente violenza sessuale nei confronti delle Yazide costituivano il mezzo per eradicare il tasso di natalità di bambini di etnia Yazida.[4]

Abbiamo avuto il piacere di incontrare Holya Khalaf, un’artista diciassettenne e rifugiata Yazida in Olanda.[5] Holya è un esempio prezioso di giovane attivismo femminile contro le violenze e le ingiustizie subite dalla minoranza etnica a cui appartiene, e allo stesso tempo un’importante fonte per la ricostruzione attraverso l’arte delle crudeli aggressioni avvenute nel corso della storia di tale gruppo etnico.

Di fatto, la missione di Holya è sensibilizzare la comunità internazionale a proposito delle condizioni e delle lotte delle comunità Yazide vittime del genocidio e delle atrocità dell’ISIS tra il 2014 e il 2017, al fine di combattere l’ingiustizia dell’impunità e, allo stesso tempo, dar voce alle donne Yazide oppresse dalle continue discriminazioni. In particolare, attraverso i suoi dipinti Holya è riuscita a raccontare la storia delle violenze contro gli Yazidi che risiedono in Iraq: ad esempio, per rappresentare la forza delle Yazide, Holya ha dipinto Shimidero, una donna la cui famiglia è stata rapita e ridotta in schiavitù da combattenti dell’ISIS.

Nel 2019, Holya ha avuto la possibilità di esporre i suoi dipinti in occasione di una mostra organizzata in Olanda, e recentemente uno dei suoi dipinti ha ricevuto una menzione speciale a livello globale in un concorso incentrato sul tema dell’attuale pandemia di Covid-19. Holya ci ha raccontato la sua esperienza con l’arte, la discriminazione yazida e la questione dell’identità.

In che modo esprimi la tua identità Yazida?

Esprimo la mia identità Yazida attraverso l’utilizzo della lingua Krumanji, le mie tradizioni, abitudini, i rituali e i simboli della mia religione tra cui il pavone, che è il simbolo più famoso e più facilmente riconoscibile all’interno dei templi e dei luoghi religiosi Yazidi.

Qual è la tua esperienza di discriminazione Yazida? Ricordi episodi particolari di marginalizzazione di cui hai avuto esperienza diretta o indiretta?

Le comunità Yazide sono divise in tre classi: i Sheikh, i Bir e i Murid; digiunano 40 giorni all’anno a partire da gennaio, e per questi motivi sono spesso soggetti a discriminazioni. Purtroppo ho subito grandi episodi di emarginazione a scuola da parte di altri studenti, che mi hanno insultata e picchiata in quanto Yazida, a causa della mia cultura differente da quella della maggioranza degli studenti.

In che modo credi che la marginalizzazione del contesto socio-culturale degli Yazidi e la loro discriminazione sistematica abbia contribuito alle violenze commesse dallo Stato Islamico a partire dal 2014?

La maggior parte degli Yazidi attualmente soffre a causa della mancanza di servizi, sicurezza e protezione. Persistono ancora conflitti fra i partiti politici nella località di Shengal. Per quanto riguarda il genocidio, il gruppo armato che si fa chiamare “Stato Islamico” ha commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità nel periodo 2014-2017 contro le comunità Yazide dell’Iraq, ha rapito bambini e donne, le ha sottoposte a schiavitù, torture, stupri e violenze orribili e infine le ha obbligate a combattere.

Mentre migliaia di bambini sono stati rapiti ed uccisi, numerose donne sono sopravvissute e sono ritornate nelle loro comunità in Iraq. Nonostante ciò, il loro ritorno non ha segnato la fine delle sofferenze: di fatto, per questi bambini non sono valse le regole del diritto internazionale che garantiscono il diritto all’educazione, alla salute, all’identità e alla vita familiare, senza alcuna discriminazione.

Similmente, per quanto concerne le donne, le Yazide che hanno subito violenze e stupri da parte di uomini dello Stato Islamico e che hanno dato alla luce figli nati dalle violenze sessuali subite dai terroristi si trovano davanti a numerose sfide: molte di esse sono state obbligate a separarsi dai loro figli in seguito a pressioni religiose e sociali. Inoltre, esse vivono in uno stato di forte stress psico-fisico.

Durante gli attacchi dell’ISIS sono stati uccise più di 10,000 persone, la maggior parte delle quali erano bambini di appena 12 anni, e nell’area sono state ritrovate oltre 70 fosse comuni. Circa 7,000 bambini e donne Yazide sono state rapite, vendute e stuprate, e nonostante migliaia di Yazidi siano riusciti a scappare, molti ancora soffrono per il trauma subito. Le donne e i bambini fuggiti dalla schiavitù dell’ISIS sono infatti i principali testimoni del genocidio.

Credi che la legge approvata recentemente dal Parlamento Iracheno in favore delle Yazide che hanno sofferto le violenze dell’ISIS possa rappresentare uno strumento importante per il miglioramento delle loro condizioni di vita?

Certamente, sia dal punto di vista morale che materiale. Inoltre, la legge è uno strumento fondamentale per fornire loro il sostegno necessario per completare il loro percorso di vita in termini di lavoro, studio e salute. Per di più, la legge sancisce il diritto delle Yazide di vivere in un posto sicuro.

Secondo te, quale ruolo ha l’attivismo e la creazione di networks fra gli sfollati delle comunità Yazide nel mondo per il mantenimento dell’identità Yazida?

Dall’antichità, il nazionalismo Yazida è attivo per la preservazione dell’identità in termini di lingua, pratiche e riti religiosi e tradizioni antiche. È importante mantenere una coesione fra i membri delle comunità Yazide per il ricordo e la salvaguardia del patrimonio storico ed archeologico. Inoltre, creare un network solido fra gli sfollati è fondamentale per mantenere la nostra identità e allo stesso tempo promuovere l’esistenza pacifica con altri popoli.

Potresti spiegarci il significato di “Yazda”?

Alcune ricerche recenti hanno indicato che il nome “Yazda” o “Yazidi” deriva dal nome del sultano “Izi”, che significa “angelo”, “divinità” o “devoto a Dio”.


Note

[1] R. Jalabi, Who are the Yazidis and why is Isis hunting them?, The Guardian, 11 Agosto 2014.
[2] Zoonan, D. and Wirya, K. 2017. “The Yazidis Perceptions of Reconciliation and Conflict,” Middle East Research Institute. Disponibile al link: https://www.usip.org/sites/default/files/Yazidis-Perceptions-of-Reconciliation-and-Conflict-Report.pdf.
[3] V. CHABERT, Yazidi (Female) Survivors Bill: The Iraqui Law In Favour Of Yazides Victims Of Isis Violence, In: Opinio Juris, Law and Politics Review, Maggio 2021.
[4] Ibid. Per approfondimenti: The Associated Press. “Building a Genocide Case for IS Crimes Against Yazidis” The New York Times. Disponibile al link: https://www.nytimes.com/aponline/2020/05/21/world/middleeast/ap-ml-is-yazidi-slaves-justice- abridged.html?auth=login-email&login=email. 
[5] I dipinti e le opere di Holya sono disponibili al link: https://www.facebook.com/holyakhalafart.


Foto copertina: Holya Khalaf, un’artista diciassettenne e rifugiata Yazida in Olanda.