Nella storia dei conflitti non di rado si è assistito al passaggio dalle curve alla trincee da parte dei gruppi ultras che si trasformano in gruppi paramilitari. Il caso del battaglione Azov.
Nel conflitto tra Russia e Ucraina scende in campo, questa volta militare e non sportivo, il Battaglione Azov[1]: un reparto militare ucraino e neonazista, inserito nella Guardia nazionale d’Ucraina[2]. Il loro simbolo è uno scudetto giallo con sovraimpressa una Wolfsangel[3], simbolo originario della Germania simile alla runa Eihwaz[4] che simboleggia una trappola per i lupi, contornato da un sole nero[5] composto dalla rotazione delle svastiche in cerchio.
La nascita del Reggimento
Il Reggimento “Azov” fu fondato dal neonazista Andriy Biletsky, ex-militare e capo di “Setta 82”[6] anche noto come ”Fuhrer bianco” – in quanto difensore della razza ariana in Ucraina. Istituito dal Ministro dell’Interno Arsen Avakov nel 2014, durante la guerra del Donbass, il battaglione aveva lo scopo di contrastare le attività rivoluzionarie dei separatisti filo-russi. Strettamente legato al mondo del calcio, il battaglione nacque da un gruppo di violenti ultras appartenenti al Metalist Kharkiv. Il Futbol’nyj Klub Metalist (FC Metalist Kharkiv) è la società calcistica dell’omonima città. Il nome fu dato alla squadra nel 1965, in relazione ai lavoratori delle industrie di metalli della città, che insieme allo Shakhtar Donetsk, alla Dynamo Kiev e al Dnipro è stata una delle società più famose del paese. Tra i calciatori che hanno vestito la maglia gialloblu dei “minatori di Karkhiv” abbiamo qualche vecchia conoscenza del calcio italiano come l’ex capitano dell’Atalanta, il Papu Gomez (2013-14) e José Ernesto Sosa (2011-14).
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Il 13 febbraio 2014 più di trenta gruppi ultrà ucraini siglano una tregua nel nome della comune appartenenza al “popolo ucraino”, documento è sottoscritto dalla quasi totalità delle tifoserie della Prem’er Liha, con l’abolizione di ogni forma di reciproca aggressione, fisica e verbale, per convogliare ogni sforzo contro il governo filo-russo dell’epoca, tanto da rendersi protagonisti delle principali rivolte, come quella di Mariupol. In seguito anche gli ultrà dell’est del paese, tra cui quelli dello Shakhtar Donetsk e della Crimea, si uniformano alle posizioni anti-governative e anti-russe. Legami tra calcio e politica, spesso di ideologie filo-naziste, come ad esempio la connessione tra il partito di estrema destra Svoboda e gli ultrà del Karpaty Lviv[7].
Il Battaglione Azov che nasce quindi proprio negli ambienti calcistici, è composto da volontari, ucraini e non, ed era impossibilitato a far parte delle Forze Armate; venne, quindi, disposto nella Polizia di stato; fu tra le cinque unità paramilitari insieme a “Aidar”, “Dnepr-1”, “Dnepr-2” e “Donbass”. La sede fu collocata a Urzuf, città che affaccia sul Mar d’Azov, fonte di ispirazione per il nome.
L’esigente presenza dei battaglioni emerse con le proteste dell’Euromaidan, durante le quali una fetta di ucraini aveva manifestato tra il 21 e il 22 novembre 2013 il proprio dissenso per la sospensione delle trattative finalizzate all’associazione all’UE, e con l’annessione della Crimea come regione della Russia; il risultato fu una massiccia diserzione dei militari dall’esercito e la decisione del governo di responsabilizzare i gruppi paramilitari: un anno dopo, ad aprile 2014, i battaglioni, composti da 12.000 uomini, furono regolarizzati e autorizzati ad agire sul campo da Arsen Avakov – Ministro dell’Interno ucraino.
Il 13 giugno dello stesso anno vi è il primo intervento a Mariupol’: la città fu occupata dalle forze secessioniste e proclamata capitale della Repubblica Popolare di Doneck’, nell’Oblast’ di Doneck’, finalità del battaglione Azov era quella di arginare le milizie filo-russe del Donbass. Circa tre mesi dopo il corpo nero[8] viene incorporato, come già detto, nella Guardia Nazionale d’Ucraina; e all’inizio del 2015 viene dichiarato Reggimento Operazioni Speciali[9].
Il Battaglione Azov viene, dunque, regolarizzato: inizialmente assume le procedure e la struttura della fanteria leggera, le reclute vengono selezionate e scrutinate nel centro di mobilitazione di Kiev; superati i quattordici giorni di dure selezioni nei centri di addestramento ad Atek, nella periferia della capitale, i militari sono assegnati ai reparti e, infine, intraprendono l’addestramento finalizzato a ricognizioni, operazioni speciali e controguerriglia. L’arruolamento è attuato dal mercenario franco-croato Gaston Besson[10] che seleziona le reclute; scartati senza indugi drogati e alcolizzati, ma anche chi risulta inadatto ad uno sforzo fisico e mentale notevole. Coloro che vengono scelti arrivano in Ucraina con propri mezzi e solo nel momento in cui sono incorporati hanno accesso agli alloggi e possono consumare il vitto; la paga mensile è di 400 euro, pari a 10.000 gryvnie. Tra le reclute risaltano due donne, una delle quali è vedova di un soldato morto in battaglia. L’atteggiamento militare del reggimento includeva un modus operandi del tutto opinabile: torture, saccheggi, violenze e stupri di ogni genere; scelleratezze che non passarono inosservate alla OCSE[11], che nel 2016 denunciò tale condotta, e all’Amnesty International, che chiese lo scioglimento del corpo paramilitare.
Durante il mandato di Petro Poroshenko il reggimento venne celebrato esplicitamente, la situazione è cambiata con Volodymyr Zelenskyj, il quale non ha mai caldeggiato per le attività della destra radicale. Facebook ha assunto una posizione neutra nel conflitto tra Ucraina e Russia, evitando di rimuovere i post nei canali social.
A proposito di Zelenskyj: tre anni fa, durante l’anniversario di Maidan, al neopresidente fu negato il saluto da Denis Prokopenko, comandante del Battaglione Azov da cinque anni nonché ex ultras della Dinamo Kiev che era presente per la cerimonia di premiazione. Il gesto fu considerato antisemita e avverso; Prokopenko rispose alle critiche e alle accuse chiarendo che non aveva salutato nessun civile; nonostante ciò, il 19 marzo il presidente ucraino Zelenskyj attribuisce a Prokopenko il titolo “Eroe dell’Ucraina”: “per il coraggio personale e l’eroismo mostrato in difesa della sovranità statale e dell’integrità territoriale” durante l’invasione russa. A valle della forte esposizione mediatica e militare, il comandante del battaglione si è inimicato diversi leader; uno su tutti, Ramzan Kadyrov[12] – Capo della Repubblica Cecena – che ha annunciato per conto di Putin una taglia sulla testa di Prokopenko con una ricompensa di mezzo milione di dollari.
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Note
[1] Distaccamento autonomo operazioni speciali “Azov” o Reggimento “Azov”.
[2] In ucraino: Національна гвардія України – Nacional’na hvardija Ukraïny, riserva delle forze armate ucraine sotto la giurisdizione del Ministero degli interni.
[3] Simbolo adottato nei primi tempi dai nazisti, soppiantato poi dalla svastica.
[4] Dal tedesco *īhaz/*ēhaz.
[5] In tedesco: Schwarze Sonne.
[6] Gruppo dominante degli ultras del Metalist Kharkiv.
[7] https://www.calciomercato.com/news/dal-gruppo-ultras-del-metalist-kharkiv-alla-guerra-con-la-russia-48108
[8] In ucraino: Čornyj Korpus.
[9] In ucraino: Polk Osoblyvoho Pryznačennja.
[10] Ex militare che partecipò alla guerra tra Croazia e Bosnia Erzegovina e che attualmente vive a Pola, in Istria.
[11] Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
[12] In carica dal 15 febbraio 2007.
Foto copertina: I tifosi del Dnipro fanno sentire la loro vicinanza al Battaglione Azov
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