L’annuncio della sospensione dei dazi che Europa e Stati Uniti si imponevano l’un l’altro per gli aiuti illegali ai rispettivi colossi aeronautici rispecchia una discontinuità nelle relazioni USA-UE, ma non è detto che sarà lo stesso per il resto dei rapporti transatlantici.
Un conflitto che viene da lontano
Nel contesto degli eventi significativi suscettibili di rappresentare, almeno in potenza, momenti di svolta nelle relazioni commerciali globali (che non sono poi altro che riflesso e trasfigurazione delle relazioni politiche internazionali tout court), è da notare l’accordo sulla sospensione delle tariffe economiche che USA e UE applicavano finora l’una all’altra a causa del contenzioso Airbus-Boeing.
La Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha infatti annunciato[1] il 5 marzo, dopo una riunione telefonica con il neoeletto Presidente americano Biden, che tali tariffe saranno sospese dalle due parti per un periodo di almeno quattro mesi, durante i quali i rispettivi rappresentanti commerciali lavoreranno per raggiungere un accordo definitivo.
Non è sicuramente azzardato identificare in questa tregua consensuale, al di là dell’oggetto del contendere, anche un indizio di ricucitura della trama slabbrata delle relazioni tra Europa e Stati Uniti d’America.
Si tratta di una vicenda che si trascina da più di sedici anni, ossia da quando nel 2004 l’europea Airbus sorpassò la Boeing come primo produttore mondiale di aerei, scatenando l’ira del colosso americano e le accuse agli europei di aver surrettiziamente favorito il loro campione attraverso aiuti di stato, falsando così la concorrenza. Quando Airbus nasce, nel 1969/70, l’obiettivo per nulla dissimulato del consorzio (di imprese francesi e tedesche, alle quali si aggiungeranno successivamente ditte inglesi e spagnole) è quello di creare una realtà capace di combattere ad armi pari con i tre grandi costruttori americani allora dominanti: Boeing, Mc Donnel Douglas e Lockheed (Boeing assorbirà successivamente le altre due società). Di pari passo con il progressivo affermarsi della capacità di penetrazione del mercato da parte del gruppo europeo, le accuse reciproche tra i due gruppi si sono moltiplicate. L’Organizzazione Mondiale per il Commercio ha finito per concludere che entrambe le società hanno ricevuto aiuti illegali, Boeing attraverso facilitazioni fiscali e contratti pubblici per il settore difesa, Airbus per il supporto ricevuto nello sviluppo e lancio di alcuni modelli. Come conseguenza, nel 2019 gli USA sono stati autorizzati dal WTO (in base all’accordo GATT 1994[2]) ad imporre dazi per 7,5 miliardi di euro a prodotti europei (tra cui anche italiani) e l’anno scorso è stato riconosciuto il diritto della UE ad imporre a sua volta tariffe per 4 miliardi su prodotti statunitensi.
La discontinuità nell’approccio negoziale della nuova amministrazione Biden
Non v’è dubbio che la risoluzione concordata che sembra ora profilarsi sia rivelatrice di un cambio di registro da parte degli USA (la Ue da parte sua si è sempre dichiarata disponibile a discutere una possibile soluzione compromissoria), di segno contrario rispetto all’approccio della precedente amministrazione Trump, dichiaratamente contraria al multilateralismo ed incline a puntare, tanto in tema di dispute finanziarie o commerciali quanto in relazione a questioni più strettamente politiche o militari, sulla minaccia/imposizione della forza o sul gambling del “tutto o niente”.
Ma non è detto che l’uso di strategie negoziali diverse implichi necessariamente un approccio rinunciatario da parte americana. Anzi, possiamo supporre che la posizione di debolezza attuale del colosso aeronautico nordamericano, accresciuta tra l’altro dagli incidenti mortali[3] che hanno colpito i 737 MAX, spingerà la nuova amministrazione Biden a fare tutto il possibile per far recuperare alla Boeing le quote di mercato perdute. Sia per ragioni industriali ed occupazionali, sia per gli importanti legami del settore aeronautico con le questioni della sicurezza nazionale (tanto la società statunitense quanto quella europea sono attive non solo nel settore della difesa aerea “tradizionale”, ma anche nelle attività aerospaziali come contraenti di NASA ed ESA, nei satelliti, nelle telecomunicazioni, ecc.).
Gli altri dossier aperti, con un occhio particolare alla Cina
Questa è solo una delle questioni aperte nell’ambito delle relazioni transatlantiche, dove alcuni dossier coinvolgono peraltro da molto vicino l’Italia, in particolare per quanto riguarda le tensioni USA – UE circa il posizionamento riguardo alla Cina. Ricordiamo ad esempio il disegno di espansione morbida di Pechino attraverso la BRI (Belt and Road Initiative[4]), cui il nostro paese, unico dei G7, ha aderito, destando alcune preoccupazioni negli statunitensi e in qualcuno dei nostri partner europei. O si pensi ai possibili problemi di sicurezza legati allo sviluppo delle reti di comunicazione 5G, con alcuni Paesi europei che hanno interdetto a priori l’accesso ai propri progetti nazionali a Huawey dopo le pressioni USA e NATO, con l’Italia che al contrario non pone preclusioni alla partecipazione del colosso cinese all’implementazione del 5G in Italia. Il vasto campo dei sistemi di Intelligenza Artificiale, con gli sviluppi già in corso ed attesi è altra materia delicata sia per questioni legate alla sicurezza nazionale che alla tutela dei dati personali, oltre che per il possibile impatto (negativo, presumibilmente) sulla catena del lavoro e dunque sull’occupazione[5].
Tutto ciò, ed altro ancora, lascia supporre che i rapporti transatlantici siano destinati a vivere se non un lungo periodo di incertezza, sicuramente un percorso di ridefinizione e aggiustamento. Se è vero infatti che Unione europea e Stati Uniti d’America non possono che essere alleati, è anche vero che il momento storico che stiamo vivendo è quello dello shift of power[6] dagli USA alla Cina, o se vogliamo da quello che siamo soliti definire Occidente all’Asia. In tale contesto, gli europei potrebbero rimettere in questione il livello dell’alleanza (mai discussa) in termini di potenza relativa delle parti, lasciandosi alle spalle il ruolo di elemento subordinato per una più matura posizione di partner dotato di un certo margine di manovra politica indipendente. Un ruolo forse di cerniera o cuscinetto in relazione alla potenza dominante emergente di Pechino.
Non è dunque un caso se proprio in questo momento l’Europa torna a riflettere su una propria possibile autonomia strategica[7] meno allineata agli Stati Uniti. Saranno molti e delicati i dossier in discussione nei prossimi mesi ed anni.
Note
[1]https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_21_1048 .
[2] General Agreement on Tariffs and Trade 1994.
[3] Entrambi i disastri dei voli Lion Air 610 del 29/10/2018 (189 morti) e Ethiopian Airlines 302 del 10/03/2019 (157 morti) furono causati dal cattivo funzionamento di un software di pilotaggio automatico. Tutti i velivoli di tipo 737 MAX 8 furono messi a terra per un periodo di 20 mesi. La successiva inchiesta penale fu chiusa con il patteggiamento della Boeing ad un pagamento di 2,5 miliardi di dollari.
[4] https://www.beltroad-initiative.com/ .
[5] P. Boniface, Géopolitque de l’intelligence artificielle, Éditions Eyrolle, 2021
[6] M. Graziano, Geopolitica, Il Mulino, 2019. A. Aresu, Le potenze del capitalismo politico – Stati Uniti e Cina, La nave di Teseo, 2020
[7] Espressione sempre più spesso ripetuta ultimamente a Bruxelles. Vedi per una brevissima introduzione all’argomento le recenti dichiarazioni dell’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell in occasione dei dieci anni del Servizio europeo per l’azione esterna https://www.eunews.it/2020/12/01/borrell-insiste-sullautonomia-strategica-dellue-costruire-uneuropa-piu-globale/138425 .
Foto copertina: Immagine web