I media come longa manus della criminalità organizzata. Secondo Reporters sans Frontieres, l’Italia ha il più alto numero di reporter minacciati e sotto scorta del mondo occidentale e conta innumerevoli episodi di opacità che legano i giornali alla criminalità organizzata.


 

Mafia e Media. Mai quanto negli anni che stiamo vivendo, dominati da un acceso dibattito pubblico sui temi economia e salute, agli organi di informazione è affidato un compito cruciale che contribuisce a definire non solo le sorti del Paese ma anche quelle delle nostre coscienze individuali e come popolo. Walter Lippmann, giornalista e politologo, ebbe a dire nel XX secolo: “La libertà di stampa non è un privilegio, ma una necessità organica all’interno di una grande società. Senza critiche e articoli affidabili e intelligenti, il governo non può governare. Poiché non c’è altro modo adeguato per mantenersi informati su ciò che la gente del paese sta pensando e facendo e volendo.”

Media e criminalità: un abbraccio mortale

Secondo l’ultimo rapporto di Reporter senza frontiere, l’Italia si classifica in 41esima posizione sul totale dei paesi del mondo analizzati e ultima in Europa per libertà di stampa[1]. È infatti il Paese con il più alto numero di reporter minacciati e sotto scorta del mondo occidentale e conta innumerevoli episodi di opacità che legano i giornali alla criminalità organizzata.

La commissione parlamentare antimafia si è occupata a più riprese della contiguità, per meglio dire collusione, dei media con la mafia. Tale compenetrazione diventa assai più difficile da sradicare in ambito locale dove gli interessi economici, politici e personali si intrecciano in un groviglio inestricabile che ha un solo esito certo: togliere ossigeno alla democrazia, tagliare le ali dell’onestà. A tal proposito Milena Gabbanelli, audita dalla Commissione parlamentare antimafia del 5 agosto 2015 evidenzia l’estrema difficoltà per un freelance o un piccolo editore di affrontare le spese legali che, specie per la giustizia civile in Italia si protraggono per anni, anche quando si è certi del fatto proprio e quindi di vincere. Sia ben chiaro che l’evoluzione del sistema criminale oggi ha alla base il criterio di reciprocità degli interessi per cui la stretta di mano tra il boss mafioso e l’editore suggella un accordo che diviene un punto di saldatura e di reciproca tutela. È in questo contesto che il cronista riceve un idoneo emolumento per non scrivere neppure un rigo come nel caso di Franco Castaldo e il Giornale di Sicilia[2]. Altre volte, invece, il giornalista viene rimproverato in redazione dal boss come uno studente che non ha svolto i compiti a casa oppure i gruppi criminali avviano una vera e propria epurazione di massa, creando redazioni parallele a quelle ufficiali. Addirittura in Campania il direttore del Corriere di Caserta, pubblica orgoglioso in prima pagina una lettera speditagli da Francesco Schiavone, all’epoca capo del clan dei Casalesi, che si congratulava con il direttore per quanto fosse bello quel giornale. Di orgoglio, invece, ne ha da vendere la famiglia di Giuseppe Fava, giornalista assassinato il 5 gennaio 1984 da Cosa Nostra e fondatore de “I Siciliani”, secondo giornale antimafia della trinacria. Un giornale “senza né padroni né padrini”, che si era rivelato un vero e proprio terremoto nel mondo della stagnante informazione regionale siciliana, oltre a diventare una spina nel fianco dei politici collusi e dei mafiosi.

I dati operativi del Ministero dell’Interno

Nel 2018 le Forze di Polizia hanno segnalato 73 episodi intimidatori nei confronti di giornalisti di cui 14 riconducibili a contesti di Criminalità Organizzata, mentre nel 2019 (periodo 1° gennaio – 31 dicembre) gli organi di Polizia Giudiziaria hanno raccolto 87 segnalazioni di cui 16 riferibili alla volontà delle associazioni criminali operanti sul territorio. Nel 2020 la fattispecie di reato registra un incremento del 87% rispetto all’anno precedente con 163 segnalazioni, di cui 27 episodi riconducibili a contesti di Criminalità Organizzata.


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Infine, nell’anno in corso, fino al 30 giugno, gli atti intimidatori con giornalisti come persone offese sono 110, +11% rispetto all’omologo periodo del 2020 quando i casi registrati ammontavano a 99. Degli episodi del 2021 quelli riconducibili alla criminalità organizzata sono 18. Per ciò che concerne le modalità con cui il reato viene consumato, le minacce tramite web si confermano come principale atto di intimidazione (55 episodi). Seguono le aggressioni fisiche e le minacce verbali, rispettivamente con 19 e 18 episodi ciascuno ed infine i dati operativi riportano 9 missive minatorie, 6 casi di danneggiamento e 3 di scritte minacciose/ingiuriose. I mezzi del web maggiormente utilizzati risultano essere il social network Facebook (23), seguito dalle mail o altri contenuti online (13), seguono Instagram (10), Twitter (4) e Whatsapp (4).

Il 65% degli episodi criminosi sono avvenuti in 5 regioni (Lazio, Lombardia, Sicilia, Toscana ed Emilia Romagna) nelle quali, i casi riferibili alla criminalità organizzata (16) costituiscono 89% dell’intero territorio nazionale. Occorre precisare che per la georeferenziazione dell’atto di intimidazione è stato preso in considerazione il luogo dove lo stesso è avvenuto e/o quello in cui la parte lesa ha sporto denuncia-querela[3].

Il giornalismo sulla salute dei detenuti

L’ultimo discusso capitolo di una informazione spesso filtrata, riguarda l’annosa questione dei boss scarcerati. Il Covid 19 è stato e continua ad essere la ragione di riapertura del dibattito tra prevalenza del diritto alla salute, costituzionalmente garantito, e l’esigenza di una completa esecuzione della pena, specie se il reo in questione è condannato al “fine pena mai”. E’ indiscutibile che alcune “arene televisive” abbiano contribuito a creare un audience buonista, improvvisamente garante del dettato costituzionale e che evita di far marcire in galera il detenuto[4].

La pandemia ci offre un altro importante spunto di riflessione che trova nella parola “verità” il trait d’union tra scienza e informazione. Anche la comunicazione scientifica ha alla base il metodo scientifico stesso ed è unicamente orientata al miglioramento sostanziale della società e non al profitto di pochi.

Il nostro più grande auspicio è che quello spazio che la democrazia ci regala ogni giorno, non sia uno spazio comunicativo alla mercé del migliore offerente bensì il più vivace esercizio di libertà.


Note

[1]https://www.collettiva.it/copertine/italia/2021/05/03/news/liberta_di_stampa_italia_ultima_in_europa-1070282/
[2] https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/05/mafia-e-informazione-ecco-la-relazione-non-solo-minacce-cosi-i-giornali-sono-contigui-alla-criminalita-organizzata/1934887/
[3] Rapporto “Atti intimidatori perpetrati nei confronti di giornalisti” 30 giugno 2021- Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione centrale della Polizia Criminale-  Servizio Analisi Criminale
[4]http://www.antoniocasella.eu/nume/BERARDI_13nov20.pdf


Foto copertina: