Con sentenza Y.T. v. Bulgaria dell’11 luglio della Corte di Strasburgo conferma il percorso delle istituzioni europee nei confronti di una sempre maggiore apertura e promozione della cosiddetta “ideologia LGBT”, in aperto conflitto con gli Stati membri che insistono su posizioni conservatrici.
Le strutture comunitarie europee si stanno sempre di più caratterizzando nei termini di un sostegno completo nei confronti delle richieste e delle idee del cosiddetto “sessualmente corretto” e dei “valori LGBT”, secondo cui le istituzioni europee e nazionali devono definirsi nei termini di un riconoscimento e di rispetto assoluto delle decisioni dell’individuo nei confronti della propria sessualità. Nello specifico, quest’estate è cominciato un forte braccio di ferro tra le istituzioni comunitarie e la Polonia, quando alcune contee polacche si dichiararono “zone franche dall’ideologia LGBT” ed affermarono di voler proteggere la famiglia naturale, cioè quella composta da un padre biologicamente uomo, una madre biologicamente donna ed i relativi figli, in aperta opposizione alla concezione di famiglia proposta dai gruppi LGBT. Infatti, quest’estate la Commissione Europea ha accolto l’invito del Parlamento Europeo di imporre sanzioni economiche e pressioni diplomatiche nei confronti delle contee polacche che si dichiarano zone franche. La stessa Ursula von der Leyen ha pubblicamente dichiarato di condannare senza mezzi termini le iniziative polacche, affermando che i valori dell’UE sono quelli dell’inclusione e della tolleranza.
All’interno di questo contesto, a luglio si è registrato un altro evento di per sé indipendente, ma che di fatto costituisce un ulteriore passo in avanti da parte delle istituzioni comunitarie europee nei confronti del loro sostegno alla causa LGBT. L’11 luglio, infatti, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha emesso la sentenza Y.T. v. Bulgaria, condannando la Bulgaria per discriminazione nei confronti di una persona transessuale. Cosa è successo esattamente?
Y.T. è una persona di classe 1970 e che alla nascita è stata registrata come donna e con un nome femminile nel registro di stato civile poiché nata femmina. Durante l’udienza, Y.T. ha sostenuto di essere “diventato cosciente della propria identità di genere maschile durante l’adolescenza e che ha vissuto [‘he lived’, la Corte si riferisce a Y.T. usando il pronome maschile anche nella ricostruzione dei fatti] nella società come uomo”.[1] Dal 2008 Y.T. ha co-abitato con una donna, la quale nel 2010 ha dato alla luce un figlio tramite inseminazione con il seme di un donatore terzo e per il qual figlio Y.T. ha sostenuto di aver agito come padre. Nel 2014, nel contesto di quello che la giurisprudenza europea denota come “processo di cambio di genere”,[2] Y.T. si è “volontariamente fatto rimuovere le sue [‘his’] ghiandole mammarie ed il tessuto parenchimale”.[3] Nel 2015 Y.T. “si è rivolto [‘he’]” al tribunale distrettuale chiedendo di modificare il proprio nome, patronimico e cognome nei registri elettronici dello stato civile, e di modificare anche il sesso e il numero di identificazione da femmina a maschio, poiché riteneva che i dati registrati nel registro civile riguardo al suo nome e sessualità non corrispondessero alla realtà. La sua richiesta è stata tuttavia respinta, per cui Y.T. ha presentato ricorso alla corte regionale, la quale nel 2016 ha confermato la decisione del tribunale distrettuale. Y.T. ha quindi denunciato le autorità bulgare alla Corte Europea per esseri rifiutate di cambiare il suo “sesso, nome, patronimico e cognome nel registro dello stato civile”[4] e perciò di aver violato l’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo concernente il “diritto al rispetto della vita privata e familiare”. Durante il processo sono intervenuti diverse organizzazioni non governative e gruppi di pressione in sostegno di Y.T., quali l’ADF International, la Transgender Europe, la Bilitis Resource Center Foundation.
Davanti alla Corte Europea, la Bulgaria ha difeso la decisione dei propri tribunali sostenendo che, per quanto era stato riconosciuto che Y.T. era un transessuale sulla base di informazioni dettagliate concernenti il suo stato psicologico e fisico ed il suo stile di vita familiare e sociale presentate da Y.T. stesso, la richiesta di cambio legale del suo genere era stata respinta perché (1) il cambio di genere non è possibile laddove l’individuo è nato con le caratteristiche fisiologico-sessuali dell’altro sesso, (2) le aspirazioni socio-psicologiche di un individuo non sono di per sé sufficienti per accogliere una richiesta di cambio di genere, (3) la legge nazionale bulgara non offre nessun criterio per consentire il cambio di genere a fini legali.
La Corte Europea ha però respinto all’unanimità la difesa della Bulgaria e dato ragione a Y.T., sostenendo che, sebbene la legge nazionale bulgara non contempli il cambio di genere, sia la recente evoluzione della giurisprudenza sia alcuni precedenti legali lo consentono, per cui i tribunali bulgari hanno errato nel non aver tenuto conto di questa evoluzione.
La Corte ha infatti ritenuto che il ragionamento dei tribunali bulgari fosse “troppo rigido”, mettendo perciò Y.T. “in una posizione di preoccupazione per un periodo di tempo non ragionevole e continuo, dove egli [‘he’, cioè Y.T.] ha provato sentimenti di vulnerabilità, umiliazione ed ansia”.[5] Nello specifico, la Corte Europea ha dichiarato che le decisioni dei tribunali bulgari hanno violato l’articolo 8 della Convenzione Europea, perché i “diritti di riconoscere gli effetti legali del cambio di genere”[6] sono parte del diritto al rispetto della vita privata e familiare. La Bulgaria è stata quindi condannata a sanzione pecuniaria ed invitata ad aggiornare il proprio sistema legale.
In effetti, l’evoluzione della giurisprudenza e dell’interpretazione dell’articolo 8 secondo una prospettiva che deve consentire anche il riconoscimento legale del cambio di genere è qualcosa che ha caratterizzato il diritto comunitario europeo negli ultimi vent’anni.
Nello specifico, è stata la sentenza Christine Goodwin v. United Kingdom del 2002 quella con cui la Corte ha dichiarato che l’articolo 8 della Convenzione richiede agli Stati firmatari di implementare procedure che permettano il cambio legale di genere. Con Goodwin, infatti, la Corte ha rifiutato l’approccio comunemente definito “essenzialismo biologico”, sostenendo che “è indifendibile” la posizione che “definisce legalmente l’identità di genere solamente sulla base dei cromosomi”, aggiungendo che “è necessario adottare una definizione più generosa che tenga conto di tutte le circostanze di ogni caso individuale”.[7] In sentenze successive la Corte ha ribadito più volte tale posizione.
In Hämäläinen v. Finland[8] la Corte ha aggiunto che le procedure di cambio di genere non solo debbono esserci in tutti gli Stati membri, ma che debbono anche essere “efficaci ed accessibili”. Successivamente la Corte ha anche definito l’identità di genere come “una delle più importanti aree intime della vita privata di una persona”[9], “un aspetto fondamentale del diritto al rispetto della vita privata”[10] e il cambio di genere come un fondamentale “diritto all’auto-determinazione sessuale.”[11]
Inoltre, nella sentenza A.P., Garçon and Nicot v. France[12] la Corte ha invitato la Francia ad eliminare la legge secondo cui per poter cambiare genere nei registri dello Stato un individuo debba prima sottoporsi a delle precise operazioni chirurgiche e trattamenti medici, poiché ciò obbligherebbe le persone transessuali a scegliere tra il proprio diritto all’integrità corporea e quello del riconoscimento della propria identità di genere.
Che la decisione Y.T., v. Bulgaria si inscriva perfettamente nel percorso di evoluzione tracciato dalle passate sentenze della Corte europea è d’altra parte affermato dalle stesse associazioni non governative che hanno sostenuto la causa di Y.T., le quali, in un documento consegnato congiuntamente alla Corte, hanno affermato che “la Bulgaria è profondamente in contrasto [sia] con queste tendenze”, sia con le recenti predisposizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nei confronti delle persone transessuali.[13]
Dal canto suo, l’Ordo Iuris, un centro studi polacco che si è caratterizzato per aver difeso la scelte delle contee polacche di proteggere la famiglia naturale dalla “ideologia LGBT”, ha commentato negativamente la decisione della Corte sostenendo che Y.T., v. Bulgaria “è l’ennesima sentenza della Corte che tenta di stabilire il diritto di autodefinire il proprio genere nonostante i fatti biologici di base […] Da diversi anni la Corte, nelle sue sentenze sui cosiddetti transessuali, ribadisce che ognuno ha il diritto di scegliere il proprio genere, e lo Stato ha il dovere di riconoscerlo. […] In pratica, quindi, la Corte richiede agli Stati membri di trattare le donne transessuali come uomini e gli uomini con questo disturbo come donne, anche se non hanno subito alcun intervento chirurgico o terapia ormonale. La giurisprudenza della Corte mina il principio fondamentale del diritto degli atti di stato civile, secondo i quali i dati personali […] devono rispecchiare la realtà biologica. Se il proprio genere viene deciso sulla base del proprio sentimento soggettivo, nel prossimo futuro ciò potrebbe minare l’identità del matrimonio come relazione tra una donna ed un uomo”.[14]
Insomma, la pressione da parte delle istituzioni comunitarie europee volta a conformare le leggi nazionali degli Stati membri secondo una definizione di “sesso”, “genere” e “famiglia” sempre più inclusiva, staccata dalla realtà biologica, dipendente dalle volizioni degli individui e perciò conforme alle definizioni proposte dai gruppi LGBT sta diventando sempre più grande di giorno in giorno. Ciò renderà sempre più difficile la posizione di Stati quali la Bulgaria e la Polonia (ma anche l’Ungheria e altri Stati dell’Europa dell’est), che si caratterizzano per voler insistere su una definizione prettamente biologica del sesso e per voler proteggere la famiglia naturale e tradizionale. Da questa prospettiva, risulta chiaro che l’attrito ed il conflitto tra istituzioni comunitarie e gli Stati europei che insistono su posizioni conservatrici non potrà che peggiorare in futuro.
Note
[1] Y.T. v. Bulgaria, application no. 41701/16
[2] Ivi
[3] Ivi
[4] Ivi
[5] Ivi
[6] Ivi
[7] Christine Goodwin v. The United Kingdom, application no. 28957/95
[8] Hämäläinen v. Finland, application no. 37359/09
[9] Van Kuck v. Germany, application no 35968/97
[10] Ivi
[11] Y.Y. v. Turkey, application no 14793/08
[12] A.P., Garçon and Nicot v. France, applications no. 79885/12, 52471/13 and 52596/13
[13] Y.T. v. Bulgaria (Application no. 41701/16), written comments submitted jointly by Transgender Europe (TGEU), ILGA Europe, Bilitis Resource Center Foundation, 2017, pp. 5-8
[14] Strasbourg Court judgment contrary to biological facts. Bulgarian authorities must recognise a woman as a man, en.ordoiuris.pl, 31/08/2020
Foto copertina: Immagine web. Fonte Linkiesta