La globalizzazione e l’era moderna in generale rappresentano un’arma a doppio taglio per noi abitanti del pianeta. Le città sull’acqua ne sono un esempio, in quanto si trovano a dover affrontare serie minacce dettate dai cambiamenti globali a livello tecnologico, economico, sociale, culturale e ambientale. Ciononostante, se da una parte l’acqua può rappresentare un pericolo per le città, dall’altra in alcuni casi può anche essere un vantaggio. Venezia ci insegna qualcosa.


Il contesto

L’esplosione della globalizzazione, specialmente durante il XX° secolo, ha portato drastici cambiamenti dal punto di vista climatico, sociale, culturale, economico e politico, in primo luogo mettendo a rischio le città costiere e, più in generale, le città sull’acqua. Di conseguenza, la volontà di raggiugere un certo livello di efficienza e funzionalità, tanto a livello energetico quanto socio-culturale, ha profondamente influenzato le città, non solo quelle costiere. L’effetto che si è ottenuto, e che continua ad aumentare, è quello dell’impoverimento delle risorse ambientali e degli habitat naturali.

L’acqua nel nuovo assetto globale

I processi di modernizzazione hanno nascosto l’importanza delle culture locali e i valori storici delle piccole comunità, facendo sì che le caratteristiche originali e le specificità locali sparissero dalla maggior parte delle zone costiere storiche. Non di minore importanza sono, però, le attività industriali e portuali che stanno gradualmente riemergendo, insieme alla crescita del settore Leisure e del turismo e ad una crescente consapevolezza verso l’ambiente.[1] Il fenomeno di “riscoperta dell’acqua” sta diventando sempre più comune; infatti, molte città costiere stanno implementando nuove politiche urbane con l’obiettivo di rigenerare il loro lungomare. Pertanto, un tassello fondamentale è proprio quello di cercare di riscoprire i valori e le identità locali, facendoli poi diventare delle risorse essenziali al giorno d’oggi per lo sviluppo futuro. Nuovi approcci, basati sull’idea di lavorare con e non contro gli ecosistemi, stanno riorientando gli approcci di gestione ambientale nelle zone costiere, con l’obiettivo di aumentare la resilienza sociale e ambientale.[2]
Ciononostante, la fragilità che caratterizza le città sull’acqua rimane elevata ed apparente, soprattutto a causa dei cambiamenti tecnologici, economici, sociali e ambientali. I governi cittadini e, di conseguenza, le politiche urbane, devono sempre più confrontarsi con questo problema, cercando di trasformare la fragilità in resilienza, ovvero la capacità di adattarsi ai cambiamenti e alle sfide contemporanee. Secondo alcune analisi, resilienza e sostenibilità richiedono nuove forme di pianificazione, nuovi approcci alla governance ambientale, come anche iniziative a livello urbano locale attraverso il coinvolgimento dei cittadini in prima istanza. L’acqua è l’attore protagonista in questo scenario, ma il suo ruolo è ambivalente, nel senso che può rappresentare una risorsa di vitale importanza per le città come anche una potenziale minaccia.[3] L’acqua detiene il potere di sostenere la città urbana, come anche ne rappresenta un pericolo, specialmente nell’epoca contemporanea del cambiamento climatico.[4]

Lo sviluppo di Venezia

È fondamentale affermare che la riscoperta di un uso più bilanciato e sostenibile dell’acqua può rappresentare una forza per l’economia delle città stesse, dandogli la possibilità di attrarre più investimenti e promuovere nuovi lavori.[5]
Il caso di Venezia è esemplare a riguardo. Infatti, ci sono degli elementi importanti legati alla fragilità e alla resilienza da considerare; per esempio, il turismo di massa e il conseguente problema sia a livello sociale che ambientale; la complessa relazione tra la città e il porto; il ruolo che gli approcci bottom-up (dal basso) giocano nel trasformare le nuove strategie resilienti.[6]
Già dagli anni ’80, il turismo ha rappresentato una leva per controbilanciare il declino economico che Venezia ha subito come risultato della crisi delle attività portuali in laguna negli anni passati. La città è ora diventata una delle destinazioni più famose nel mercato globale. Non solo Venezia centro storico, ma anche la periferia della città ha fortemente beneficiato di questo sviluppo, in termini di lavoro, introiti ed investimenti. Allo stesso tempo, il caso di Venezia dimostra molto bene come la crescita del settore turistico, se gestito male, possa rappresentare una minaccia al territorio.  Secondo alcune analisi, oggi circa 28 milioni di turisti all’anno visitano Venezia, mentre la popolazione della città è diminuita fino a raggiungere i 60.000 abitanti circa. I problemi più gravi stanno soprattutto nella congestione, nel trasporto inefficiente, nei crescenti costi della vita.[7]
Nel 2006, l’allora Direttore dell’Associazione degli Albergatori di Venezia ha affermato: “Venezia finirà per essere investita da sciami di turisti, prima ancora di essere inondata dall’acqua”.[8]

Qualche soluzione

L’UNESCO e altri comitati privati hanno lanciato la campagna “Save Venice” (“Salva Venezia”), che ha consapevolizzato l’attenzione pubblica e ha mobilitato diversi fondi. Allo stesso tempo, il Comune di Venezia ha iniziato a prestare sempre più attenzione al bisogno di restaurare e preservare gli ecosistemi lagunari, i quali hanno sofferto molto a causa delle trasformazioni industriali del XX° secolo, soprattutto per quanto riguarda Porto Marghera.[9] Il nuovo porto ha iniziato a svilupparsi negli anni ’90 come una leva potenziale per contrastare gli effetti economici e sociali negativi causati per la maggior parte dalla “dittatura turistica”.[10]


Note

[1] Caroli, R. & Soriani, S. (2017). Fragile and Resilient Cities on Water: Perspectives from Venice and Tokyo, Newcastle: Cambridge Scholars Publishing, I. Ed., pp. vii-viii
[2] Ibid
[3] Ibid
[4] Terje Tvedt & Terje Oestigaard. (2014). A History of Water: Water and Urbanization, 1, series 3, London: I.B. Tauris
[5] Caroli, R. & Soriani, S. (2017). Fragile and Resilient Cities on Water: Perspectives from Venice and Tokyo, op. cit.
[6]Ivi, p. xi
[7] Harry Coccosis & Alexandra Mexa. (2004). Challenges of Tourism Carrying Capacity Assessment, Aldershot: Ashgate. Vedi anche: Jan van der Borg. (1991). Tourism and Urban Development, Amsterdam: Thesis Publishers
[8] Cit. in Stefano Soriani. (2009). Networks and Trust in Venice: the Port as a Social Agent, in Social Capital and Urban Network of Trust, eds. Jouni Häkli and Claudio Minca, Farnham: Ashagate, 151
[9] Stefano Soriani. (1996). The Venice Port and Industrial Area in a Context of Regional Change, in Cityports, Coastal Zones and Regional Change: International Perspectives on Planning and Management, ed. Brian Hoyle, Chichester: John Wiley and Sons, 235-48
[10] Caroli, R. & Soriani, S. (2017). Fragile and Resilient Cities on Water: Perspectives from Venice and Tokyo, op. cit., p. xiii


Foto copertina: Acqua alta a Venezia