Che cosa è un partito e a cosa serve, oggi? C’è ancora spazio per questa vecchia invenzione, oppure ne abbiamo abbastanza? in tutto l’Occidente soffiano venti di protesta e disaffezione nei suoi confronti. Intervista all’avvocato Guglielmo Allodi, ex dirigente del PCI
Che cosa è un partito e a cosa serve nella politica di oggi? C’è ancora spazio per questa vecchia invenzione, oppure ne abbiamo abbastanza? in tutto l’Occidente soffiano venti di protesta e disaffezione nei suoi confronti (In P. Ignazi, Forza senza legittimità, Ed. Laterza, Roma-Bari, 2013, cit. p. 7).
Viviamo un momento storico in cui la fiducia nei partiti e nella politica in generale è ai minimi storici. La disaffezione e il disinteresse crescente sono indicatori di una frattura netta tra il popolo e i suoi rappresentanti che sono visti quasi come nemici o approfittatori nonché causa di tutti i problemi che affliggono il nostro paese. Che queste affermazioni siano veritiere o meno la “frattura” è una realtà e le conseguenze stanno diventando via via più evidenti e soprattutto pericolose. Ritorno ad ideologie del passato, isolamento del paese dallo scacchiere internazionale (eccezion fatta per tematiche che potremmo definire “obbligatorie”) e la conseguente diminuzione del peso politico internazionale causata proprio dall’instabilità politica sono solo alcuni dei gravi problemi a cui stiamo andando incontro.
Sono soprattutto i movimenti populisti a presentarsi come una sfida diretta al sistema dei partiti e ai principi fondanti del sistema politico: la loro critica feroce della democrazia rappresentativa passa attraverso una demonizzazione dei partiti (dell’establishment, ovviamente), ai quali viene imputata ogni nefandezza (In Ivi., cit. p. 11)
L’Italia è stata, durante la Guerra fredda, un terreno politico fertile dove la lotta politica e l’interesse popolare per questa erano quanto mai fervidi. Un tempo che ad oggi ci sembra lontano ma che in termini storici è “storia di ieri”. Per comprendere quei momenti, ne parliamo con Guglielmo Allodi, ex dirigente del PCI.
Lei crede che la politica oggi sia radicalmente diversa rispetto alla politica di qualche decennio fa o crede che siano cambiate solo le vesti e gli strumenti?
“La politica dei nostri giorni è profondamente mutata rispetto alla politica del passato. C’è stato un lungo trascinarsi verso un indebolimento della politica e delle politiche che a mio giudizio parte dall’inizio degli anni Novanta e non si è mai interrotto. Oggi ne paghiamo le conseguenze poiché nulla è stato fatto per ridare potenza, forza alla politica come strumento di interpretazione del reale e di cambiamento del reale. Invece ci si è abbassati tutti quanti al livello della pura e semplice gestione e quindi le idee e le identità sono scomparse.”.
L’avvento dei social network e dell’era digitale ha trasformato molto le modalità con cui i partiti attirano possibili elettori. Ai suoi occhi è diventato tutto più freddo e volatile o pensa che seguire attivamente un politico o un partito tramite i social equivalga all’ottenere la famosa tessera?
“Sicuramente i social hanno determinato un mutamento nel fare politica anche se penso che si debba andare un attimo più indietro. Il punto vero della trasformazione dei partiti e dell’indebolimento dei partiti e anche quindi della capacità di essere un “riferimento sociale” dei partiti, comincia con la legge contro il finanziamento pubblico dei partiti. Aprendo le porte ad altre forme, tutte private, di finanziamento che hanno indotto la politica a frammentarsi e i partiti a dividersi in correnti, ognuna pronta ad organizzarsi autonomamente rispetto all’involucro centrale. Io ho apprezzato il lavoro che fu fatto dopo l’approvazione della legge che cancellava il finanziamento pubblico, lo sforzo che fu fatto in parlamento da parte di un po’ tutte le forze politiche presenti, ovvero di legare ai voti ottenuti dalle elezioni una sorta di rimborso per i partiti. Questo ha minimamente riequilibrato la vicenda ma il punto di caduta dei partiti organizzati è proprio la cancellazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Dal punto di vista organizzativo ed economico. Naturalmente ci sono state ricadute potentissime dal punto di vista politico poiché c’è stata una frammentazione spaventosa, con influenze diverse e con una radicalizzazione degli scontri interni alle forze politiche. Con componenti una contro l’altra “armate”!. E la degenerazione è arrivata ai giorni nostri dove i partiti non esistono più. Qualcuno per anni ha detto che la Lega era un partito strutturato, ma come si vede non è strutturato per nulla, è un partito personale. E non c’è più nessun partito a sinistra. Il partito democratico non è che un coacervo di correnti che non riescono a trovare un’identità comune e nemmeno un programma. Sono molto d’accordo con Luciano Canfora, quando in uno dei suoi ultimi scritti parla dell’EX sinistra. Lo dice esplicitamente nel suo ultimo volume, La democrazia dei signori, in cui sottolinea la degenerazione della politica e della sua gestione e guardando a sinistra parla appunto di una ex sinistra sottolineando che oggi non si tratta di fare uno sforzo solo organizzativo ma ideale e culturale molto forte e radicale per riuscire a determinare nel mondo contemporaneo le ragioni della sinistra. Ritornando alla domanda, non penso che la discussione che si apre sui social possa essere sostitutiva della discussione che c’era e che ci dovrebbe essere. C’è anche qui un libro molto bello scritto negli anni Sessanta da un valoroso dirigente comunista napoletano, Mario Alicata, che si chiama la battaglia delle idee, in cui sottolineava come per dare forza e coerenza alla politica bisognava sfidarsi sulle idee, quindi sulle identità, le culture, gli orientamenti. Oggi non c’è da nessuna parte, mi stupisco quando la gente resta basita dai sondaggi. Che oggi vi sia una maggioranza di destra è evidente e non potrebbe essere che così. L’Italia non è mai stata un paese comunista, è stata il paese dove c’era il più grande partito comunista dell’occidente, questo sicuramente. E quella presenza ha determinato condizioni importantissime per la tenuta dello stato democratico e l’emancipazione del nostro paese. Ma ora siamo dinanzi ad una storia completamente diversa che bisogna saper riscrivere e riorientare.”.
Una grande maggioranza degli italiani prova disinteresse per la politica, lei che spiegazione darebbe al fenomeno?
“Il disinteresse degli italiani rispetto alla politica e non solo alle sue forme organizzate, ma in generale nei confronti della politica e della cosa pubblica. I livelli di astensionismo che questo ha raggiunto nell’ultimo quinquennio dimostrano che c’è stata una mutazione profonda del sistema paese. Una mutazione genetica nel senso che la politica in quanto tale e le istituzioni non rappresentano più gli intendimenti di una parte consistete della società italiana, stiamo parlando quasi del 50 per cento ed è drammatico che i patiti e la politica non si pongano seriamente questo problema per recuperare la partecipazione democratica dei cittadini. La rappresentanza è in piena crisi.”.
Tralasciando il colore di un partito, cosa ne pensa della lotta politica oggi? ai suoi occhi esistono ancora dei valori anche se opposti e in lotta tra loro?
“Ci sono valori doversi in campo, per esempio la pace e la guerra. L’immigrazione si, l’immigrazione no, l’eutanasia si, l’eutanasia no. E se ne potrebbero fare altri. Ci sono evidentemente degli orientamenti e posizioni diverse solo che tutto ciò non riesce a trovare una modalità di organizzarsi e far diventare progetto la propria identità. Non vi è definizione. Guardiamo ai poli: Centro-destra, Forza Italia oramai è una barca dimenticata, va per i fatti suoi e Berlusconi dice sciocchezze ogni volta che apre bocca. Altra cosa sono la Lega e Fratelli d’Italia. La lega con una spinta più populistica, Fratelli d’Italia con una spinta da non sottovalutare, identitaria e radicalmente conservatrice. È difficile pensare che quel gruppo di forze possa gestire il governo del paese. Del resto, non ne parliamo proprio, c’è personalismo, populismo, nazionalismo, basta guardare con un minimo di distacco alla parabola del Movimento 5 Stelle, con un PD che è un partito moderato che non ha nulla a che vedere con la sinistra democratica. Un partito che ha scelto di essere iper atlantista.”.
Lei è stato parte attiva del “gioco” politico negli anni del bipolarismo mondiale. Negli ultimi decenni sicuramente la presenza di tanti partiti è stata considerata un “bene democratico” ma crede che ad oggi si stia degenerando nel caos?
“Io naturalmente sono nato politicamente e ho fatto politica partendo diciamo…dal paese, uso un termine che non mi piace ma per intenderci andrà bene, della “Prima Repubblica”. Era un paese dove c’era il più grande partito comunista d’occidente, c’era la democrazia cristiana che rappresentava gli interessi della conservazione e di una parte infinita del popolo italiano. L’Italia del proporzionale e quella politica era capace di suscitare interesse e governare i processi di questo paese. Quello che è venuto dopo e in modo particolare dall’inizio degli anni 90, mettendo insieme la caduta del muro di Berlino e tangentopoli per quanto riguarda la vicenda italiana. Su tangentopoli non si è fatto nessun passo avanti, perché i partiti non si sono rigenerati, si sono frantumati e non c’è stata nessuna costruzione di un sistema dell’alternanza.
Per rimanere sulla domanda, ho fatto politica? si, nel periodo dell’Ulivo, ma l’Ulivo rispetto ad un sistema bipolare era molto lontano, poiché l’Ulivo era la rappresentazione di dieci organizzazioni politiche diverse. Con all’interno elementi di tale radicalità da mettere poi in crisi l’unità stessa. Primo e secondo governo Prodi, tutte e due le operazioni di Bertinotti di rifondare il Partito Comunista unitamente a quello che fece Mastella quando fu attaccato dal punto di vista giudiziario. Ma un processo di ricostruzione del bipolarismo in questo paese non c’è mai stato. È iniziato e si è interrotto velocemente, non siamo di fronte ad un bipolarismo e quello che viene così chiamato è un falso, poiché per fare bipolarismo bisognerebbe riprendere a ragionare dal punto di vista ideale.
Su due fronti, la ricostruzione di un grande partito social democratico nel nostro paese e sto parlando di una forza della sinistra riformista moderna, dove varrebbe la pena di rileggere qualche passaggio degli ultimi scritti di Canfora. L’altra parte è che si è dato per scontato che potesse esserci un’identità comune tra sinistra e cattolicesimo. E non è così. L’ultimo pensiero che ha provato a mettere insieme quelle due grandi idee che rappresentavano la stragrande maggioranza del paese è stato il compromesso storico. C’è grande confusione e continua alternanza tra forze di sinistra e cattoliche.
Il partito democratico non fa più congressi ma solo elezioni dei segretari con le primarie. Riducendo il confronto al mero essere d’accordo con Guglielmo Allodi o con Allodi Guglielmo, è mai possibile ?!. Basti guardare a Renzi, Zingaretti, Letta, senza un ragionamento sull’identità e idealità del partito. Quel partito non ha mai tentato di recuperare il rapporto con la società civile.
“La politica non parte più dal basso verso l’alto ma bensì dall’alto viene trasmessa al basso” come commenterebbe questa affermazione basata sulle tendenze attuali?
“La politica non parte più dal basso ma non vedo neanche una politica che dall’alto va verso il basso. Cioè una politica che si muove in modo completamente autonomo dalla società senza tenere conto delle esigenze della società.
Una sorta di bolla elitaria ? si.
Noi abbiamo avuto passaggi complicatissimi, essere arrivati al governo Draghi, il governo della “salvezza”, indica un unico dato, la politica si era arenata ancora e non riusciva a trovare motivazioni per vivere. Si è passati da una repubblica parlamentare ad una repubblica tecnocratica. Ma questa volta, con una partecipazione così corale, è evidente che c’è uno snaturamento della costituzione repubblicana italiana e questo è il punto. Altro che alto basso o basso alto, non hanno tenuto conto in alcun modo di tenere dentro un percorso democratico. Il governo Ciampi ? partiva da una sollecitazione parlamentare, il parlamento aveva una funzione di indirizzo e controllo straordinaria, il parlamento di adesso no. La discussione sulla guerra Russo-Ucraina è abbastanza ridicola, un animismo che è la dimostrazione della morte della politica. La politica mente a confronto le differenze, se non ci sono differenze non c’è neanche la politica. Tutti hanno applaudito a Draghi ma poi il nulla. Il passaggio dell’elezione del presidente della repubblica è stato drammatico. Perché è stato un indicatore vero e ultimo della crisi radicale della rappresentanza politica. Radicale !. Non c’è stato nessuno che ha avuto la capacità di rivolgersi al mondo italiano spiegando un percorso da voler intraprendere che giustificasse un certo candidato.”.
Le lotte politiche giovanili, l’attivismo tra i ragazzi che ha segnato momenti di intensa attività politica tra gli anni 60 e 70 è stato simbolo di un’epoca in tutto il mondo, ha cambiato l’andamento di veri e propri processi globali. Oggi le lotte giovanili sembrano sopite, perché?
“Per quanto riguarda i movimenti giovanili…questo è un tema di grande importanza e non vi è dubbio che la gioventù italiana sia pienamente dentro la crisi del paese e che vi sia uno scollamento molto preoccupante tra i giovani e il paese, la democrazia e la politica ma anche qui ci possono essere momenti di spontaneismo che assumono caratteristiche politiche. Lo vediamo ogni anno, ad un certo punto o perché le scuole fanno schifo o per esigenza culturale si vivono 30 40 giorni di protagonismo e poi di nuovo silenzio. È sempre stato un rapporto complesso e l’unico che su questo rapporto ci aveva capito qualcosa, nel secolo scorso era un tale Antonio Gramsci, pochi altri, Berlinguer ha ripreso quel ragionamento ma insomma è evidente che in assenza di una politica strutturata anche l’identità giovanile stenta ad emergere, non sa verso chi rivolgere dissenso. Tu riesci a mobilitare e a creare conflitto ma solo se dall’altra parte vi è un interlocutore. Questo porta d’individualismi critici, adesione a esplosioni di violenza e collera senza alcun criterio e parlando francamente la gioventù nella nostra città appare solo il lunedì mattina dopo la movida del fine settimana, in modo devastante. Al David di Donatello Napoli è andata alla grande ma è stata premiata la generazione degli anni 70 80 ma degli anni 90 no, poco. Martone nasce in una Napoli dove c’era un fermento nella società che veniva interpretato dalle istituzioni. Il movimento contro la camorra è nato perché c’era una dinamica tra la politica e l’esigenza delle nuove generazioni. Il giovane sapeva che un pezzo della politica italiana poteva interpretare la sua volontà.”.
La politica oggi si pone orizzonti di brevissimo periodo, le idee, i punti di lotta, le argomentazioni per il consenso hanno spesso la durata di un “tweet”. Gli stessi programmi politici sembrano essere di breve scadenza e privi di una visione del futuro definita. Forse la politica non ha più la “chiave politica” di ciò che succede perché influenzata da fattori esterni e anche sovra statali?
“Si i programmi, con grande franchezza, non saprei fermarmi su un solo punto di programma dei partiti sulla piazza del nostro paese. Non c’è un’idea, o meglio programmi che si confrontano in politica, i partiti hanno rinunciato alla loro progettualità, specificità, identità e hanno affidato tutto nelle mani di un tecnico…punto.”.
Articolo pubblicato sul portale Reset in rete con il titolo Come eravamo: i partiti di ieri…
Foto copertina: Congresso del Partito Comunista Italiano