Cosa prevede il diritto internazionale?


È ormai storia la crisi diplomatica tra Italia e Francia scoppiata soltanto un paio di settimane orsono, quando il Governo di Roma negò l’attracco alla nave ONG Ocean Viking poi arrivata a Tolone, in Francia.
“La decisione è scioccante. Questi metodi non sono accettabili. È una fortissima delusione (…) ci saranno conseguenze se l’Italia persiste in questo atteggiamento (…) [essa] non rispetta né il diritto internazionale, né il diritto umanitario”[1], affermava in quei giorni la Ministra degli Esteri francese Catherine Colonna[2].
Davvero l’Italia disattende il diritto internazionale? Ha ragione chi parla di predominio di scafisti senza scrupoli? E quale ruolo svolge l’Unione Europea?

Il diritto internazionale in tema di immigrazione e SAR: dalla Convenzione di Amburgo al Dublino III

Sono almeno quattro le fonti del diritto internazionale da dover prendere in considerazione per rispondere alle domande poste in apertura: la Convenzione di Amburgo, la Convenzione ONU sul Diritto del mare, il Regolamento cd. Dublino III (Reg. Ue N.604/2013) e gli Accordi di Malta.

La Convenzione di Amburgo

Si consideri, in primo luogo, la Convenzione internazionale sulla ricerca ed il salvataggio in mare siglata ad Amburgo il 27 aprile 1979: tale fonte definisce le cd. “zone SAR” (search and rescue, di ricerca e salvataggio) “zone di dimensioni determinate entro i cui limiti vengono forniti dei servizi di ricerca e di salvataggio”[3]. Ogni Stato aderente alla Convenzione delimita, cioè, “una propria zona SAR, all’interno della quale ha l’obbligo di intervenire per provvedere al soccorso ed allo sbarco del natante in fase di pericolo”[4], che si verifica “quando le informazioni ricevute indicano chiaramente che una nave o una persona è in grave e imminente pericolo e necessita di assistenza immediata”[5]. Tale Convenzione fa gravare sullo Stato che coordina le operazioni SAR non “un obbligo di immediata accoglienza delle navi nei propri porti” ma solo “la responsabilità di individuazione di un luogo di sbarco sicuro, raggiungibile quindi senza porre in pericolo le persone a bordo della nave”[6].
Tuttavia “nel caso in cui un’Autorità marittima riceva informazioni di un’emergenza in corso in un’area SAR di competenza di un altro Stato, informa immediatamente il Rescue Coordination Center (RCC) territorialmente competente ed estende la notizia dell’emergenza a tutte le unità in transito in quell’area SAR”[7].
Infine, è necessario ricordare che il DPR 662 del 1994 affida le operazioni SAR in Italia al Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera.

La Convenzione Onu sul Diritto del mare

L’art.91 della cd. Convenzione di Montigo Bay[8], chiarisce che “le navi hanno la nazionalità dello Stato di cui sono autorizzate a battere bandiera”[9]; “in particolare ogni Stato esercita efficacemente la propria giurisdizione e il proprio controllo su questioni di carattere amministrativo, tecnico e sociale sulle navi che battono la sua bandiera”[10]. Per il resto, va ricordato che lo Stato costiero ha nel mare territoriale in linea di principio gli stessi poteri esercitati nell’ambito del territorio, ad eccezione del cd. diritto di passaggio inoffensivo e del limite riguardante l’esercizio della giurisdizione penale sulle navi straniere[11].

Il cd. Regolamento Dublino III

Già la Convenzione di Dublino del 1990, entrata in vigore nel 1997, rubricata come “Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee’’ impegnava gli Stati membri ad esaminare “la domanda di asilo di qualsiasi straniero, presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio” (art.3, par.2), subito dopo specificando che “la domanda è presa in esame da un solo Stato membro” (art.3, par.2)[12], sancendo cioè il cd. principio del Paese di primo ingresso, già inserito nella Convenzione di applicazione dell’accordo Schengen all’art.29, capitolo 7, titolo II[13], ove si afferma che “le Parti contraenti si impegnano a garantire l’esame di ogni domanda di asilo presentata da uno straniero nel territorio di una di esse”; tale logica è stata poi ripresa dal cd. Regolamento Dublino II del 2003 e dal cd. Regolamento Dublino III del 2013, divenendo parte dell’ordinamento giuridico comunitario, in quanto posti tutt’oggi a fondamento del CEAS[14], “con evidente scompenso per i paesi di frontiera che costituiscono il luogo più comune di sbarco”[15].
L’art.13 del Dublino III, stabilisce in aggiunta che “quando è accertato (…) che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in
provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale”: si tratta del cd. criterio del primo ingresso illegale-così, per esempio, “il richiedente sbarcato sulle coste italiane” può essere “trasferito nuovamente in Italia nonostante abbia formalizzato la domanda d’asilo in Germania”[16]. Gli articoli 8-11 e l’articolo 12 indicano due criteri ulteriori per l’individuazione dello Stato competente: quello dello Stato in cui può essere meglio perseguito il ricongiungimento familiare e quello dello Stato membro che ha rilasciato un titolo di soggiorno o un visto di ingresso in corso di validità.
Ora, “nonostante l’art. 7 par. 1 del Regolamento preveda l’applicazione in ordine gerarchico dei criteri, nella prassi viene utilizzato più spesso il criterio del primo ingresso illegale e ciò determina una maggiore pressione nei Paesi di frontiera”[17].

L’accordo di Malta

L’Accordo di Malta siglato nel 2019 nasce allo scopo di “superare la regola del Paese di primo ingresso”[18], migliorando il sistema di ridistribuzione dei migranti già previsto dall’art.17 del Regolamento di Dublino solo per i migranti delle tre nazionalità con i più alti tassi di riconoscimento della protezione internazionale nell’Unione. Esso prevede, in estrema sintesi, la possibilità per tutti i migranti di accedere alla ridistribuzione, “l’attivazione di un sistema rapido – fast track – per la redistribuzione sulla base di impegni presi prima dello sbarco”, la necessità che “le imbarcazioni coinvolte nelle operazioni di soccorso devono rispettare le istruzioni del Centro di Coordinamento competente, non devono facilitare la partenza delle barche con a bordo migranti dalle coste del Nord Africa, e non devono ostacolare le operazioni di search and rescue delle Guardie Costiere, inclusa quella libica”[19].
Tuttavia, lo strumento in esame è risultato alquanto insufficiente e fallace: sulla base degli Accordi di Malta, tra ottobre 2019 e marzo 2021, è stato infatti ricollocato soltanto il 2,2% dei migranti sbarcati in Italia, lasciando nel nostro Paese il restante 98%[20].

Conclusioni

Sui migranti l’Europa non c’è[21]. Di fronte alla spaventosa inerzia delle istituzioni comunitarie, incapaci di coordinare l’azione degli Stati membri e di dare un impulso unitario al sistema dell’accoglienza nell’Unione, i singoli Paesi, lasciati a se stessi, sono stati costretti a regolarsi in autonomia: la solidarietà europea si è rivelata, così, inesistente dinanzi alla prova delle prove-ma non è proprio nelle prove che si dimostra e si concretizza l’essere ‘comunità’?-, quella sul sistema accoglienza appunto, sostanziandosi in impegni volontari dei singoli Stati, difficilmente raggiunti, quasi mai onorati, lasciando ai Paesi di primo ingresso-Italia, Spagna, Grecia, ma anche Polonia e Ungheria-il fardello economico, sociale, politico, etico-morale della gestione dei flussi migratori.
Da un punto di vista del diritto internazionale, il respingimento di una ONG con a bordo migranti irregolari non è di per sé contrario alle norme del diritto internazionale, per una serie di ragioni.
Innanzitutto perché, secondo quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, ogni Stato aderente è dotato di una zona SAR all’interno della quale svolgere operazioni di ricerca e salvataggio e, sulla base degli Accordi di Malta, le imbarcazioni coinvolte nella fase di soccorso non devono ostacolare tali operazioni, neppure quando a compierle è la Guardia costiera libica nella propria area di competenza.
In secondo luogo, anche quando il salvataggio si verifica in zona SAR italiana, lo Stato non è tenuto a far sbarcare la nave nei propri porti ma soltanto ad indicare un porto sicuro dove attraccare (Malta è l’esempio più immediato di porto sicuro diverso da un porto italiano). Prima di ogni cosa, però, è necessario ribadire che, sempre secondo quanto previsto dagli Accordi di Malta, che le navi operanti il salvataggio non devono facilitare la partenza delle barche con a bordo i migranti provenienti dal Nord-Africa: è, invece, un dato ormai assodato che le ONG facciano spola tra Lampedusa ed il Sud del Mediterraneo (cd. taxi del mare), alimentando il business degli scafisti che spesso si limitano a lasciare andare i barchini alla deriva in alto mare, sicuri che prima o poi una ONG provvederà a farsene carico[22]-al contempo mettendo a repentaglio la vita delle persone a bordo, che arrivano a pagare anche migliaia di euro per accedere alle traversate infernali.
Infine-ma probabilmente è l’aspetto più rilevante-se si tratta di immigrati irregolari è lo stesso diritto internazionale ed interno a prevedere il divieto di ingresso nel territorio nazionale.
La questione migratoria, oramai, non è più un’emergenza: è tempo di porre fine alle disumane e pericolose tratte di esseri umani che quotidianamente attraversano il Mediterraneo da parte a parte per pervenire ad una gestione disciplinata dei flussi migratori che veda impegnati attivamente tutti gli Stati membri dell’Unione.


Note

[1] “Migranti, Francia: se l’Italia persiste ci saranno conseguenze”, 12 novembre 2022, Adnkronos, disponibile al seguente link: https://www.adnkronos.com/migranti-francia-se-litalia-persiste-conseguenze_4VkxOFKuDavp0lNyvH9bTp?refresh_ce
[2] Per la ricostruzione della vicenda: https://www.ilpost.it/2022/11/11/ocean-viking-crisi-diplomatica-italia-francia/
[3] Annesso alla Convenzione di Amburgo del 1979, art. 1.3.1, disponibile al seguente link: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/271222.pdf
[4] Cfr. Le zone SAR, in Ius in itinere, disponibile al seguente link: https://www.iusinitinere.it/le-zone-sar-18324
[5] Annesso alla Convenzione di Amburgo del 1979, art. 5.2.1.3.1, disponibile al seguente link: https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/271222.pdf
[6] Le zone SAR, in Ius in itinere, disponibile al seguente link: https://www.iusinitinere.it/le-zone-sar-18324
[7] https://www.guardiacostiera.gov.it/servizi-al-cittadino/Pages/quali-sono-i-presupposti-per-l-individuazione-di-un-area-sar.aspx
[8] Convenzione Onu sul Diritto del mare, disponibile al seguente link: https://fedlex.data.admin.ch/filestore/fedlex.data.admin.ch/eli/cc/2009/416/20200706/it/pdf-a/fedlex-data-admin-ch-eli-cc-2009-416-20200706-it-pdf-a.pdf
[9] Conv. Cit., art.91
[10] Conv. Cit., art.94
[11] Cfr. B.Conforti,  M.Iovane, Diritto internazionale, XII edizione, ESI, 2021, pp.308-309-310
[12] Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee, del 15 giugno 1990, in GUCE del 19 agosto 1997, p.3
[13] Convenzione di Applicazione dell’Accordo Schengen, del 14 giugno 1985, in GUUE del 22 settembre 2000, p.25
[14] Il Sistema Comune Europeo d’Asilo
[15] https://www.iusinitinere.it/regolamento-dublino-iii-quando-la-mutua-fiducia-e-mal-riposta-41620
[16] Ibidem
[17] https://www.iusinitinere.it/regolamento-dublino-iii-quando-la-mutua-fiducia-e-mal-riposta-41620
[18] L’accordo di Malta sui migranti-scheda tecnica, in CIR Rifugiati, disponibile al seguente link: https://www.cir-onlus.org/wp-content/uploads/2019/10/Accordo-Malta-Scheda-tecnica.pdf
[19] Ibidem
[20] Cfr. Sui migranti l’Europa non c’è, Daily focus ISPI, 12 maggio 2021, disponibile al seguente link: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sui-migranti-leuropa-non-ce-30413
[21] Citando il titolo del Daily focus indicato nella nota precedente.
[22] Si consiglia, in proposito, la visione del seguente filmato realizzato dal giovane reporter Luca Donadel, che tramite il sistema di tracciamento online Marine traffic dimostra quanto si è fino ad ora scritto: https://youtu.be/lng63OYQa_Q


Foto copertina: La nave Ocean Viking dell’ONG respinta dall’Italia