A più di cinque mesi dall’ “operazione speciale” di Putin in Ucraina, la comunità internazionale si è adoperata per indagare sui presunti crimini di guerra compiuti sul Fronte dell’Est da entrambe le fazioni. Qual è stato sino ad ora e quale sarà il ruolo della giustizia internazionale, ed in particolare il ruolo della Corte Penale Internazionale? Ne abbiamo discusso con Monica Gazzola, avvocata penalista della Corte Penale Internazionale.


 A più di cinque mesi dall’ “operazione speciale” di Putin in Ucraina, la comunità internazionale si è adoperata per indagare sui presunti crimini di guerra compiuti sul Fronte dell’Est da entrambe le fazioni. Qual è stato sino ad ora e quale sarà il ruolo della giustizia internazionale, ed in particolare il ruolo della Corte Penale Internazionale? Ne abbiamo discusso con Monica Gazzola, avvocata penalista e prima donna italiana nella List of Counsel della Corte Penale Internazionale.

Monica Gazzola, avvocata penalista e prima donna italiana nella List of Counsel della Corte Penale Internazionale.

Qual è stata la reazione della Corte Penale Internazionale all’indomani dell’operazione speciale di Putin sul territorio Ucraino?   
“Pochi giorni dopo l’annuncio dell’aggressione russa, il Procuratore capo della Corte ha avviato le indagini per gravi crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Ucraina. Le procedure per l’avvio dell’attività di indagine della Corte prevedono tre diverse possibilità: o motu proprio del Procuratore, ma in questo caso è necessaria l’autorizzazione della camera Preliminare, che richiede diversi mesi; o referral (richiesta) del Consiglio di sicurezza, ma nella fattispecie impossibile ad aversi stante la presenza nel consiglio della Russia; oppure, infine, su refferal di uno o più Stati-parte. In quest’ultimo caso, previsto dall’art.14 dello Statuto, il Procuratore può procedere immediatamente, senza necessità di autorizzazioni. Ed è appunto quello che è accaduto a seguito dell’invasione dell’Ucraina: a cominciare dalla Lituania, ben 39 Stati – parte hanno presentato alla Corte la richiesta di procedere, e successivamente se ne sono aggiunti altri 2.”.

Poiché tanto la Russia quanto l’Ucraina non hanno ratificato lo statuto della Corte Penale Internazionale, in prima analisi si potrebbe affermare che la Corte non abbia competenza a giudicare i crimini commessi durante il conflitto. Su quale base, tuttavia, il Procuratore Kharim Khan ha avviato un’inchiesta inviando un gruppo di investigazione sul campo? 
“Né l’Ucraina né la Russia sono Stati parte dello Statuto di Roma; ma già nel 2013 il Governo ucraino aveva presentato una dichiarazione ex art.12(3) dello Statuto accettandone la giurisdizione per i crimini commessi dalla Russia sul proprio territorio nel periodo dal 21/11/2013 al 22/2/2022. Nel 2015 l’Ucraina ha presentato una seconda dichiarazione con la quale ha accettato la giurisdizione dell’ICC per i fatti a partire dal 20/2/2014 e senza un limite finale di tempo. Nel 2020, dopo quasi 7 anni di analisi preliminare, la allora Procuratrice dell’ICC aveva concluso che tutti i criteri previsti dallo Statuto per l‘apertura di un’indagine erano integrarti. L’indagine comprendeva oltre a crimini legati alle proteste di Maidan, anche l’occupazione russa della Crimea.

All’indomani dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il Procuratore dell’ICC ha potuto avviare le indagini sulla base del referral di 39 Stati-parte e della previa sussistenza della giurisdizione in virtù della precedente dichiarazione di accettazione da parte dell’Ucraina.”.

La Corte Penale Internazionale ha giurisdizione in materia di crimini di guerra, genocidio, crimini contro l’umanità e aggressione. Per quale motivo, nel contesto bellico ucraino, la Corte non ha la competenza a giudicare le possibili violazioni dell’articolo 8 bis (crimine di aggressione) commesse da entrambi i belligeranti? 
L’art.8-bis, che prevede il crimine di aggressione, è stato inserito all’esito della prima Conferenza di revisione dello Statuto tenutasi a Kampala nel 2010. La definizione e la procedibilità sono frutto di lunghe e complesse trattative, volte a superare le preclusioni avanzate, in particolare, dagli Stati Uniti, preoccupati per le possibili ripercussioni in relazione al conflitto in Afghanistan. Da tali difficoltà, è scaturito il regime particolare di procedibilità sancito dall’art.15-bis dello Statuto: per la perseguibilità del crimine di aggressione è necessario che sia lo Stato aggredito che lo Stato aggressore siano Stati-parte dello Statuto. Tale criterio impedisce, di fatto, la giurisdizione della Corte per tutte le aggressioni passate, presenti e future commesse dagli Stati che non sono Stati-parte dello Statuto – in primis, Stati Uniti, Russia e Cina. Nel caso che qui ci occupa, né l’Ucraina né la Russia sono Stati-parte e, pertanto, la Corte non ha giurisdizione per il crimine di aggressione.”.

Quali sono le principali criticità legate alle altre modalità di invocazione della giurisdizione della Corte Penale internazionale, in particolare l’avvio di un’inchiesta motu proprio da parte del Procuratore e il referral del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?
“L’Art.13 dello Statuto di Roma prevede che nel caso di avvio motu proprio di un’inchiesta da parte del Procuratore, debba attendersi l’autorizzazione da parte della Camera preliminare, per la quale occorrono mesi; per l’avvio su referral del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, occorre il voto favorevole degli Stati membri permanenti, ossia U.S.A., Cina, Russia, Francia e Regno Unito. Nel caso in esame, ovviamente, sarebbe stato impossibile l’avvio con tale modalità.”.

Qual è la posizione degli Stati Uniti rispetto all’invocazione della giustizia penale internazionale, considerando la mancata ratifica dello Statuto di Roma e la recente revoca dei visti ai giudici della Corte da parte dell’ex inquilino della Casa Bianca Donald Trump, a seguito della possibile apertura di un dossier sui crimini internazionali commessi in Afghanistan?
“La posizione degli Stati Uniti è ambigua. Sotto la presidenza Trump, non solo vi è stata la revoca dei visti ai giudici della Corte, ma vi è stata una drastica riduzione delle risorse economiche destinate alla Corte. Il presidente Biden tra i primi atti del suo mandato, aveva revocato il veto ai giudici della Corte. Ora, l’evidente interesse degli Stati Uniti a un’inchiesta della Corte per i crimini commessi in Ucraina, porta a sperare a una maggiore collaborazione e, magari, alla ratifica dello Statuto, che rappresenterebbe un passaggio epocale.”.

Considerate le difficoltà nell’accesso alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale, potremmo assistere ad un nuovo “Tribunale di Norimberga”? In caso contrario, percorrere la via dell’istituzione di un tribunale penale internazionalizzato sul modello della Cambogia o della Sierra Leone potrebbe essere una soluzione più fattibile? 
“Personalmente, ritengo che il “caso Ucraina” possa costituire un ottimo esempio di tempestivo e efficace funzionamento della Corte Penale Internazionale. L’avvio tempestivo delle indagini da parte della Corte è un dato positivo e importante: il fatto che si sia già aperto un procedimento con osservatori e investigatori sul posto, quasi in tempo reale, può servire da deterrente. Inoltre, l’indagine riguarda tutti i crimini di guerra e contro l’umanità commessi sul territorio ucraino, da persone fisiche, di entrambi gli Stati.

Pur dovendo sempre vigilare contro possibili abusi e strumentalizzazioni della giustizia sovranazionale, ad oggi l’indipendenza e credibilità della Corte non è mai stata posta in discussione. Ritengo importante che l’attività deterrente e poi giudicante venga affidata e svolta da un tribunale costituto ex ante, quale è appunto la Corte penale Internazionale.”.


Foto copertina: (Afp)