Nella spinosa situazione determinata dalla rapida diffusione del COVID-19 l’OMS è intervenuta più volte al fine di gestire i numerosi problemi verificatisi in diverse parti del mondo.


 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità è l’agenzia delle Nazioni Unite specializzata per le questioni sanitarie entrata in funzione il 7 aprile 1948 con sede a Ginevra. Attualmente sono 194 gli Stati contraenti che, in seguito alla firma e ratifica della sua Costituzione, si sono vincolati al rispetto della stessa. L’articolo 1 afferma l’obiettivo dell’Organizzazione che prevede “il raggiungimento, da parte di tutte le popolazioni, del più alto livello possibile di salute”[1], laddove per salute si intende “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non soltanto assenza di malattie o infermità”[2]. L’OMS è l’organismo di indirizzo e coordinamento in materia di salute le cui funzioni vanno dal fornire una guida sulle questioni sanitarie globali, indirizzare la ricerca in questo campo, stabilire norme e standard al garantire assistenza tecnica agli Stati membri, nonché fornire aiuti di emergenza in caso di calamità. Ha anche un ruolo di indagine e azione nel controllo della diffusione di epidemie, come sancito dal Regolamento Sanitario Internazionale entrato in vigore il 15 giugno 2007[3].

Pandemia da SARS-CoV-2

Da quando quell’11 marzo 2020 la situazione determinata dalla diffusione del COVID-19 è stata ritenuta dal Direttore Generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus non più un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, bensì una vera e propria pandemia in virtù della velocità e della dimensione del contagio, l’Organizzazione ha fornito linee-guida, report e molto altro. Contemporaneamente, in tutto il mondo è iniziata un’intensa attività di ricerca di un vaccino in grado di immunizzare la maggior parte della popolazione e porre finalmente un freno alla catastrofica scia di morti e ricoveri in terapia intensiva che ogni Stato ha dovuto affrontare. In tempi record, grazie agli aiuti pubblici e privati, agli sforzi congiunti di ricercatori, ne sono stati realizzati diversi tipi. Tuttavia, alle difficoltà oggettive di fornitura dei vaccini in tempi rapidi si sono aggiunti numerosi problemi a cui l’OMS sta tentando di dare pronta risposta.

Quali problemi?

 In primo luogo, allarmante è la crescente opposizione da parte di una popolazione diffidente che l’OMS sta cercando di tranquillizzare attraverso delle raccomandazioni che, seppur non giuridicamente vincolanti, hanno l’obiettivo di combattere la disinformazione e convincere anche i più scettici dell’efficacia e dell’importanza del vaccinarsi. “I vaccini, se utilizzati, possono solo migliorare la salute e prevenire le morti; i programmi di immunizzazione devono essere in grado di raggiungere e mantenere elevati tassi di vaccinazione. La vaccine hesitancy rappresenta un problema sempre più importante per tutti i Paesi del mondo” afferma il dottor Philippe Duclos, Senior Health Adviser del Dipartimento di Immunizzazione, vaccini e medicinali biologici dell’OMS[4]. Quest’agenzia delle Nazioni Unite si è infatti recentemente pronunciata circa la bontà del vaccino AstraZeneca che ha suscitato timore e sfiducia a causa di casi sospetti di trombosi verificatisi in alcune persone poco dopo la sua assunzione. In seguito al blocco della fornitura e somministrazione delle dosi per diversi giorni in alcuni Paesi europei tra cui l’Italia, l’Organizzazione ha ritenuto che in questo momento i benefici di tale vaccino siano superiori ai rischi e raccomanda che si continuino le vaccinazioni. Dello stesso avviso è stata l’EMA.

Oltre a questo ostacolo, a preoccupare l’OMS è in secondo luogo il differente ritmo a cui si sta procedendo nelle aree del mondo. Infatti, la somministrazione del vaccino spetta allo Stato che deve manifestare una certa organizzazione, dalle strutture al personale sanitario e la capacità di stipulare accordi efficaci che permettano in tempi rapidi la fornitura delle dosi. Analizzando a tal proposito la situazione che più ci interessa per ragioni puramente geografiche, nell’Unione europea il piano vaccinale riscontra ritardi. Da sottolineare è che tale soggetto dell’ordinamento internazionale risulta essere solo un cliente, non un partner delle case farmaceutiche, a differenza degli Stati Uniti che hanno finanziato con miliardi di dollari a fondo perduto le stesse per trovare un vaccino attraverso una struttura molto più complessa e potente rispetto a quella dell’Unione che, come è bene ricordare, non costituisce una federazione ma un’organizzazione internazionale con caratteristiche peculiari. Gli Stati membri hanno deciso solo in tempi recenti di dotare l’UE di una competenza in materia sanitaria che prima della pandemia era in capo alle singole entità statali. Una scelta del genere è sicuramente da ricondurre alla necessità di evitare una gara tra Stati europei e permettere una repentina disponibilità di vaccini per tutti ad un prezzo più basso e competitivo. Ma l’Unione si è semplicemente limitata a firmare con le case farmaceutiche dei contratti che hanno previsto il preacquisto di vaccini al tempo ancora inesistenti e per i quali era difficile riuscire a quantificare i tempi di produzione e distribuzione. Per tale ragione sono state inserite nei contratti delle clausole molto ampie tra le quali da citare è soprattutto la cosiddetta “best effort clause” secondo cui le case farmaceutiche si sarebbero impegnate a fare tutto il possibile per fornire le dosi. In virtù di ciò la società anglo-svedese Astrazeneca non riuscendo a fornire i vaccini si è giustificata affermando l’esistenza di problemi di produzione in alcuni stabilimenti dell’Unione.

La “questione” africana

La mancata equità nella distribuzione dei vaccini è estremamente evidente in Africa. Gli ingenti ordini fatti dalle nazioni ricche, le carenze di finanziamento, i regolamenti e i requisiti della catena del freddo hanno rallentato il processo di lancio dei vaccini in quest’area. “Il mondo è sull’orlo di un catastrofico fallimento morale e il prezzo sarà pagato con vite e mezzi di sussistenza nei Paesi più poveri” ha avvertito Tedros Ghebreyesus[5]. Con più di un miliardo di abitanti, l’alta pericolosità e contagiosità della variante sudafricana, il continente ha difficoltà infrastrutturali, di finanziamento e di acquisto di vaccini al giusto prezzo. Per trovare una soluzione a questa spinosa situazione e assegnare i lotti anche ai Paesi poveri, è stato istituito da OMS, Gavi Alliance e Coalizione per l’innovazione in materia di preparazione alle epidemie (CEPI) il meccanismo Covax che ha accordi per sostenere 92 Paesi a basso e medio reddito, più della metà dei quali si trovano appunto in Africa[6]. Esso costituisce il pilastro vaccinale della collaborazione ACT (Access to COVID-19 Tools Accelerator), volto ad assicurare, tra le altre cose, dosi per il 20% della popolazione degli Stati aderenti, un ampio portfolio di studi, distribuzione immediata del vaccino sui territori. Con la recente adesione della Repubblica Popolare Cinese, si arricchisce, inoltre, della partecipazione di una grande potenza economica mondiale[7]. In qualità di maggior acquirente di vaccini al mondo, che ogni anno gestisce e coordina più di 2 miliardi di vaccinazioni di routine in quasi 100 Paesi, l’UNICEF promuove l’approvvigionamento, il trasporto internazionale e la distribuzione dei vaccini Covid-19 per l’iniziativa COVAX[8]. Il primo Paese a beneficiarne è stato il Ghana dove sono arrivate 600.000 dosi, ma si è ancora molto lontani dall’obiettivo finale.

Conclusioni

A più di un anno di distanza non sono ancora chiare le origini del virus. L’OMS sta indagando in merito per verificare l’effettiva responsabilità della Cina. A gennaio sono stati inviati degli esperti dell’Organizzazione a Wuhan e il capo missione Embarek ha affermato che “un incidente di laboratorio è estremamente improbabile per spiegare l’ingresso del virus nella popolazione umana”[9]. Da tenere in considerazione sono piuttosto le ipotesi relative alla trasmissione da un animale o dal cibo congelato[10]. Di conseguenza, dure sono state le critiche e le accuse mosse dal Wall Street Journal nei confronti dell’Organizzazione e gli Stati Uniti hanno chiesto una maggiore trasparenza da parte della Cina, adducendo la necessità di fornire più dati. Subito l’Amministrazione Biden ha coalizzato un gruppo di 14 Paesi nella denuncia di ritardi e omissioni e invocato una Fase 2 di inchiesta in Cina. Tra i firmatari della dichiarazione del Dipartimento di Stato di Washington, ci sono i governi di Australia, Canada, Giappone, Gran Bretagna e Sud Corea[11]. Mentre il Direttore Generale dell’OMS ha affermato che tutte le ipotesi sono ancora sul tavolo, la Cina si è dichiarata non disponibile ad una nuova missione. In questa nebulosa vicenda, l’uscita dalla pandemia sarà quindi legata alla risoluzione di molteplici problemi: dalla rapidità nel somministrare i vaccini alla capacità delle case farmaceutiche di rispettare gli accordi presi, dall’abilita nel vincere quanto più possibile lo scetticismo delle persone al garantire l’equità nella distribuzione. Si riuscirà nell’impresa? Solo il tempo potrà dare una risposta.


Note

[1] Traduzione “The objective of the World Health Organization (hereinafter called the Organization) shall be the attainment by all peoples of the highest possible level of health”, art. 1, Costituzione dell’OMS.
[2] Traduzione “Health is a state of complete physical, mental and social well-being and not merely the absence of disease or infirmity”, Costituzione dell’OMS.
[3] Nota n.16, Senato della Repubblica, Servizio Affari internazionali, International Affairs Department.
[4] Cresce a livello globale l’opposizione ai vaccini: l’OMS analizza il fenomeno ed esplora strategie per affrontarlo, http://www.aifa.gov.it//
[5] Ritardi e costi elevati dei vaccini in Africa, allarme dell’Oms, Agenzia Giornalistica Italiana.
[6] COVID-19, Africa e vaccini. Tutto ciò che c’è da sapere, Amref Health Africa.
[7] OMS e COVID-19: luci e ombre del pilastro COVAX in materia di copertura vaccinale globale. Quali garanzie per le economie più deboli?, Antonio Perrelli, dicembre 2020, SIOI UNA Italy
[8]  COVAX: ambizioso maxi-progetto per un’equa distribuzione globale dei vaccini, Patricia Tomamichel, 9 febbraio 2021, Unicef.
[9] Traduzione del discorso tenuto da Embarek durante la Conferenza stampa del 9 febbraio 2021: “laboratory incident hypothesis is extremely unlikely to explain the introduction of the virus into the human population”.
[10] Per approfondimenti si rinvia alla trascrizione della Conferenza stampa virtuale sul sito dell’OMS.
[11] Rapporto OMS sull’origine del virus, cosa sappiamo e perché l’Occidente non si fida ancora della Cina, Guido Santevecchi, 31 marzo 2021, Corriere della Sera.


Foto copertina:Il direttore dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus

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Claudia Marano
Sono nata il 17 aprile 1998 ad Avellino, città dove ho frequentato il liceo classico europeo, conseguendo il doppio diploma italiano e francese. Laureata in Scienze politiche e delle Relazioni Internazionali presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II", durante la triennale ho trascorso un periodo di studi in Francia, approfondendo la conoscenza di più lingue. Frequento il primo anno del Corso di Laurea magistrale in Relazioni internazionali ed Analisi di Scenario, percorso in analisi di rischio, cooperazione e sviluppo presso la medesima università. Rivesto, inoltre, la carica di Consigliere nel Direttivo di MSOI Napoli. Sono interessata al mondo delle Organizzazioni internazionali e i miei principali interessi riguardano il campo del diritto e dell'economia internazionale.