Per la Federazione Russa, a partire dalla sua conquista contro l’Impero giapponese alla fine della seconda guerra mondiale, le Isole Curili hanno rappresentato un’area insulare di importanza geostrategica vitale per la difesa dei propri interessi nel nord-ovest dell’area dell’Asia-Pacifico.
A cura di Riccardo Rossi Traduzione a cura di Aurora Minieri
Nell’ultimo decennio del 21° secolo, a seguito dell’affermazione della regione Asia-Pacifico come teatro primario e futuro della competizione geopolitica tra la Repubblica Popolare Cinese (RPC) e gli Stati Uniti[1], la Federazione Russa si è trovata nelle condizioni di aumentare il livello di vigilanza politico-strategica a difesa dei propri territori in quest’area, prestando particolare attenzione allo spazio geo-marittimo vicino a Vladivostok, Petropavlovsk-Kamčatskij e all’arcipelago delle Curili. Se, da un lato, questa decisione di Mosca può essere considerata una risposta logica all’aumento dell’instabilità geopolitica nella regione dell’Asia-Pacifico, dall’altro, ha generato preoccupazione nei governi di paesi vicini ai loro territori, come Giappone e Corea del Sud.
Una volta fatte queste considerazioni, l’obiettivo della seguente analisi è quello di comprendere le ragioni geostrategiche che portano Mosca a considerare l’arcipelago delle Curili come un’area geo-marittima indispensabile per la difesa dei propri interessi nell’area dell’Asia-Pacifico nord-occidentale, al fine di valutare come esse influenzino la definizione e l’elaborazione di strategie militari.
L’importanza geostrategica dell’arcipelago delle Curili
Una prima possibile spiegazione dell’importanza geostrategica attribuita dalla Federazione Russa all’arcipelago delle Curili (che si estende per 1200 km dall’estremità meridionale della penisola russa della Kamčatka fino alla costa nord-orientale della prefettura giapponese di Hokkaido) è attribuibile sia alla sua posizione intermedia tra l’isola di Sachalin e il Pacifico aperto, sia alla sua vicinanza allo Stretto di La Pérouse, che separa Sachalin a nord dalla prefettura giapponese di Hokkaido a sud, collegando il Mar del Giappone con lo spazio marittimo di Ochotsk.
Per la Federazione Russa, questa particolare disposizione delle Isole Curili, come lo era stata in precedenza per l’Impero zarista e per l’Unione Sovietica (URSS), rappresenta uno spazio indispensabile per la difesa dei suoi confini orientali.
Questa tesi è in parte confermata dalle conflittuali relazioni russo-giapponesi per il controllo delle Curili e dell’isola di Sachalin tra la fine del 1800 e la conclusione della seconda guerra mondiale, che sancì il dominio sovietico di questa area geo-marittima, sebbene esso non venne riconosciuto 1951 Trattato di pace di San Francisco del 1951. Gli effetti di questo mancato riconoscimento portarono i delegati dell’URSS a non ratificare il documento, e allo stesso tempo spinsero i governi giapponesi che si susseguirono dal 1951 fino all’amministrazione Shinzō Abe (2012-2020) a chiedere più volte a Mosca la restituzione del quattro isole meridionali dell’arcipelago delle Curili (Habomai, Šikotan, Kunašir e Iturup), perché facevano parte del territorio giapponese fino all’invasione dell’Armata Rossa nell’agosto 1945[2].
Con l’inizio della Guerra Fredda, l’Unione Sovietica non accolse la richiesta giapponese dato che l’arcipelago, per la sua posizione geografica, costituiva per Mosca una risorsa indispensabile nel rispondere a due priorità politico-strategiche individuate per l’area dell’Asia-Pacifico nord-occidentale.
La prima riguardava la necessità di proteggere i propri territori del Pacifico da possibili operazioni militari statunitensi lanciate dalle loro basi situate nell’arcipelago giapponese e nei pressi dell’isola di Guam. La seconda preminenza specificava la necessità di controllare le Isole Curili poiché questa catena di isole rappresentava l’unica via di accesso e uscita dal Mare di Ochotsk al Pacifico aperto.
Il perseguimento di queste due priorità politico-strategiche ha portato l’Unione Sovietica a sviluppare una dottrina militare per l’area dell’Asia-Pacifico nord-occidentale, che, come riportato dal maggior generale G. Mekhov, nel testo Aspetti militari del problema territoriale, ha riconosciuto all’arcipelago delle Curili: «[…] importanza sostanziale nella pianificazione strategico-militare, come barriera naturale agli approcci al Mare di Ochotsk e alla provincia marittima.»[3]
Dal 1970, questa valutazione si riflette nella decisione del governo sovietico di militarizzare le Curili al fine di imporre il suo controllo marittimo nelle acque del Mare di Ochotsk poiché esso era diventato la sede dei sottomarini nucleari missilistici balistici Delta-I e III della flotta del Pacifico (SSBN) di stanza nella città portuale di Petropavlovsk-Kamčatskij, situata all’estremità meridionale della penisola di Kamčatka.[4]
Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 e la nascita della Federazione Russa, le prime due presidenze del neonato Stato, Boris Nikolaevič El’cin (1991-1999) e Vladimir Putin (2000-2008) hanno adottato una politica di riduzione della presenza di Mosca nell’area nord-occidentale dell’Asia-Pacifico, concentrando la propria attenzione sulla penisola di Kola e nel Caucaso, riducendo così gli assetti militari dispiegati nell’arcipelago delle Curili.
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Questa idea è rimasta prevalente nell’agenda di Putin fino all’elezione di Barack Obama (2009-2017) alla presidenza degli Stati Uniti e alla successiva affermazione dell’importanza geopolitica della regione Asia-Pacifico per gli interessi politico-militari statunitensi. Una valutazione che ha portato Hillary Clinton nel 2011 a presentare uno specifico programma di politica estera per l’Asia-Pacifico denominato Pivot to Asia, confermato dalle successive Presidenze Trump e Biden, volto a contrastare la crescente espansione della Repubblica Popolare Cinese (RPC) all’interno dello spazio geo-marittimo tra la costa cinese e la prima catena di isole.
Questa decisione degli Stati Uniti ha provocato innumerevoli reazioni da parte di alcuni Stati della regione, compresa la Federazione Russa. Durante il suo terzo (2012-2018) e quarto (2018-oggi) mandato presidenziale, Vladimir Putin ha riconsiderato la posizione sovietica nei confronti dell’area nord-occidentale dell’Asia-Pacifico per affrontare, in collaborazione con la Repubblica popolare cinese (RPC), la crescente presenza politico-militare degli Stati Uniti nel Mar Cinese Orientale, in Giappone, nella Penisola Coreana e nelle vicinanze dell’Arcipelago delle Curili e dello Stretto di La Pérouse.
Tra questi territori vale la pena ricordare la particolare importanza geopolitica attribuita dalla Federazione Russa alla Corea in virtù della condivisione con lo Stato nordcoreano di un segmento di confine di 22 chilometri, ma allo stesso tempo per la vicinanza della città di Vladivostok, quartier generale della flotta del Pacifico, a questa linea di demarcazione. Da qui le crescenti preoccupazioni di Mosca per l’aumento dell’instabilità politica e militare tra la Corea del Nord e quella del Sud, dovute principalmente ai test nucleari di Pyongyang e alla costante pressione degli Stati Uniti contro la dittatura di Kim Jong-un.
La precaria stabilità della penisola coreana, insieme alla crescente assertività degli Stati Uniti nelle altre aree sopra citate, ha condotto la presidenza Putin ad elaborare una strategia militare che combini due linee di azione. La prima riguarda l’ammodernamento delle risorse militari situate nelle due basi principali della flotta del Pacifico, come Vladivostok e Petropavlovsk-Kamčatskij e l’arcipelago delle Curili. Ne sono esempio lo spiegamento del nuovo SSBN Borey a Petropavlovsk-Kamčatskij e la decisione di stanziare fondi per il riarmo dell’arcipelago delle Curili.[5]
La seconda linea di intervento pensata da Mosca, riassunta nella dottrina marittima russa del 2015, presuppone lo sviluppo di una partnership militare con la Repubblica Popolare Cinese (RPC) al fine di mantenere il controllo dello spazio geo-marittimo adiacente alla penisola coreana e vicino allo stretto di La Pérouse. In questo caso la Federazione Russa, dal 2010, ha organizzato regolari esercitazioni come accaduto con la Vostok 2018 condotta a settembre a cui la Cina ha preso parte con 3200 militari.[6]
Conclusioni
Con l’elezione di Obama alla presidenza degli Stati Uniti e la conseguente affermazione della politica del Pivot to Asia, la presidenza Putin ha riconsiderato l’importanza geostrategica dell’arcipelago delle Curili come area geo-marittima indispensabile per la tutela dei propri interessi nell’area dell’Asia-Pacifico nord-occidentale, principalmente ascrivibile al contenimento della presenza americana nel Mar Cinese Orientale, in Giappone, nella penisola coreana e nello Stretto di La Pérouse.
Questa rivalutazione dell’arcipelago delle Curili può essere vista nell’adozione di un programma volto al dispiegamento di sistemi missilistici e di difesa marittima e al fornimento alla flotta del Pacifico con sede a Vladivostok di nuovi sistemi d’arma: è stato questo il caso dal 2013 con il dispiegamento di SSBN Borey a Petropavlovsk-Kamčatskij.[7]
Identificato questo complesso quadro geostrategico, è possibile ipotizzare che negli anni a venire l’arcipelago delle Curili sarà un’area importante per la Federazione Russa per la realizzazione di tre tipologie di operazioni, quali:
- Fungere da testa di ponte tra la base sottomarina di Petropavlovsk-Kamčatskij e il quartier generale della flotta del Pacifico situata a Vladivostok.
- Per aumentare il livello di pressione politico-militare sullo Stretto di Pérouse e sulle basi statunitensi situate in Giappone, come Yokosuka (quartier generale della Settima Flotta) e Sasebo (sede della seconda base della US Navy, dove l’Amphibious Ready Group (ARG) è di stanza).[8]
- Mantenere una situazione di stabilità geostrategica nella penisola coreana attraverso il sostegno politico-militare della Repubblica Popolare Cinese.
Considerato il perseguimento di queste tre operazioni, essendo in buona parte connesso al potenziamento tattico-strategico dell’arcipelago delle Curili, è possibile affermare con un certo margine di sicurezza che, negli anni a venire, la Federazione Russa non cederà al Giappone il quattro isole (Habomai, Šikotan, Kunašir e Iturup) rivendicate dal Sol Levante per 70 anni.
Articolo pubblicato su SpecialEurasia The geostrategic role of the Kuril Islands in the Russian foreign policy for the Asia-Pacific Northwest area
Note
[1] Rossi, Riccardo (2021) Geostrategia e competizione militare nel Pacifico, Rapporto Geopolitico Vol.10(1), SpecialEurasia. Estratto da: https://www.specialeurasia.com/2021/08/06/geostrategy-pacific-competition/ (consultato il 14/12/2021)
[2] Kuroiwa. Y, La disputa territoriale russo-giapponese dalla prospettiva regionale di confine, UNISCI Discussion Papers, num. 32, maggio 2013, pp. 187-204 Universidad Complutense de Madrid
[3] Generale Maggiore G, Mekhov, Aspetti militari del problema territoriale, Krasnaya Zvezda, 22 luglio 1992, p.3.
[4] Hara. K, Ikegami. M, Nuove iniziative per risolvere il problema dei territori settentrionali tra Giappone e Russia: un’ispirazione dalle isole Åland, Issues & Insights Vol. 7- n. 4, aprile 2007, pp. 57-58
[5] Ministero della Difesa giapponese, Sviluppo delle forze armate russe nelle vicinanze del Giappone, 03/2021
[6] Rozman. G, Studi accademici congiunti USA-Corea, 2019
[7] Rumer. E, Sokolsky. R, Vladicic. A, Russia in the Asia-Pacific: Less Than Meets the Eye, Carnegie Endowment for International Peace, 2020
[8] Kiley.G, Szechenyi. N, Force Posture Strategy in the Asia Pacific Region: An Independent Assessment, Centro per gli studi strategici e internazionali, Washington, DC, 2012, p.73
Foto copertina: Carte des Isles Kouriles d’apres la Carte Russe Dressee et Gravee par Laurent. Cartograficamente questa mappa si basa su una mappa più grande della Russia composta da Laurent diversi anni prima. Preparato da J. Bellin per L’Histoire Generale des Voyages dell’abate Provost. Fonte wikipedia