La nuova legge che autorizza il suicidio assistito, è stata approvata dal Parlamento austriaco lo scorso dicembre, con una larga maggioranza, e che ai fini della sua applicazione, prevede una procedura piuttosto rigorosa per accedervi.
Il 2021 Europeo inizia con una notizia che farà discutere o quantomeno comporta uno spunto di riflessione indirizzato ad altri paesi europei, in particolare in Italia.
Il primo gennaio 2022, infatti, in Austria è entrata in vigore una legge che ha legalizzato il suicidio assistito, diventando così, uno dei pochi paesi europei che permettono l’adozione di tale decisione, e che questa avvenga, in modo arbitrale. L’Austria così autorizza la cessazione della propria vita, conformandosi ad altri paesi europei come il Belgio, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera.
Il suicidio assistito è l’aiuto medico e amministrativo portato a un soggetto che ha deciso di morire tramite suicidio.
L’approvazione della legge sul suicidio assistito, era attesa da circa un anno, ovvero da quando la Corte Costituzionale Austriaca, oltre un anno fa (dicembre del 2020) giudicò incostituzionale la norma del codice penale che prevedeva una pena nel massimo di cinque anni di detenzione carceraria per chi aiuta una persona a suicidarsi.
La nuova legge è stata approvata con un largo consenso parlamentare che prevede il coinvolgimento sia della maggioranza che dell’opposizione, ovvero i partiti di maggioranza che sostengono il governo, quindi l’ÖVP di centrodestra e i Verdi, che dalla minoranza cioè, i Socialdemocratici e i liberali di Neos. L’unico partito contrario all’approvazione di tale legge è stato affermato dall’FPÖ, di estrema destra.
La legge in questione, difatti, si applica soltanto ai malati terminali o a quei soggetti che soffrono di una malattia incurabile e che versano in condizioni irreversibili poiché una decisione affrettata potrebbe causare pesanti conseguenze.
La richiesta di autorizzazione a tale esecuzione prevede passaggi rigidi e rigorosi al fine di scongiurare ogni decisione che venga presa con leggerezza e superficialità.
L’iter procedurale prevede che ogni richiesta, sarà esaminata da due medici, di cui uno esperto di cure palliative, ovvero l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, che mirano alla cura attiva e totale dei pazienti che non rispondono più a trattamenti specifici.
Le nuove norme prevedono inoltre che debba trascorrere un lasso di tempo di almeno tre mesi dal momento della richiesta del suicidio assistito sino alla sua approvazione, per scoraggiare così, decisioni impulsive da parte dei richiedenti o quantomeno un ripensamento.
Tale approvazione di legge però, ha fatto sì che lo stesso Governo austriaco, prevedesse l’istituzione di fondi e coperture economiche affinché si riuscisse a sviluppare delle cure palliative, per garantire che nessuno scelga di morire, quando vi siano alternative mediche percorribili, o altre opzioni, che potrebbero portare alla cura della malattia. Di contro, l’assistenza attiva al suicidio resta invece vietata nel Paese, per le persone minorenni o con problemi di salute mentale.
In definitiva, tale pratica può essere autorizzata soltanto in casi circoscritti, dopo un’attenta analisi di medici ed anche il tentativo di vie alternative attraverso procedure palliative che portano poi, all’autorizzazione dell’assunzione del farmaco necessario ad uccidersi. Tale medicinale viene assunta in maniera autonoma dalla persona malata ed è questa la differenza con l’eutanasia, ove si chiede l’ausilio di un soggetto di porre fine della sua persona.
Una legge sul suicidio assistito è invece in discussione da un anno circa al Parlamento italiano. Difatti, con la storica sentenza n. 242 del 25 settembre 2019 della Corte Costituzionale Italiana, ha aperto al suicidio assistito, invitando il Parlamento a legiferare in materia ed invitando lo stesso, a richiamare la stessa normativa in tema di testamento biologico.
Storica è la sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale rubricato “istigazione o aiuto al suicidio”, a determinate condizioni, “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli“[1].
Infatti, la corte precisa che “l’esigenza di garantire la legalità costituzionale deve prevalere su quella di lasciare spazio alla discrezionalità del legislatore“[2]. Quindi, con queste parole, la Corte esorta il parlamento Italiano a prevedere una legge in merito. Inoltre, si precisa che la pronuncia della stessa Corte, non crea comunque “alcun obbligo di procedere a tale aiuto in campo ai medici. Resta affidato alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi o no ad esaudire la richiesta del malato”[3]. Orbene, si attendono sviluppi, specialmente adesso che la legge sul suicidio assistito è entrata in vigore in Austria, e che pertanto, tale approvazione, possa diventare un modello di ispirazione normativo o comunque possa dare una spinta al Parlamento Italiano, affinché possa colmare il vuoto normativo che in molti ritengono mancante quanto essenziale.
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Note
[1] Corte Costituzionale, sentenza n.242 del 25 settembre 2019
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
Foto copertina: Suicidio assistito in Austria