Dialoghi con Andrea Venanzoni autore di “Il trono oscuro. Magia, potere e terminologia nel mondo contemporaneo” (Luiss Press 2022).


Magia e tecnologia si fondono nelle dinamiche del mondo moderno. I guru dell’High Tech ricoprono il ruolo di nuovi maghi in una società, la nostra, sempre più dipendente dalla tecnologia.
Ne parliamo con Andrea Venanzoni autore di “Il trono oscuro. Magia, potere e terminologia nel mondo contemporaneo” (Luiss Press 2022, acquista qui).

Partiamo dal titolo “Il trono oscuro”. Perché questa scelta?

«Il titolo voleva riassumere la simbologia, anche dal punto di vista strettamente semantico, del potere e dell’inconoscibile, sintetizzando tra loro il ‘trono’ e l’oscurità. E’ anche un tributo, tra l’ironico e il serissimo, alla band black metal norvegese dei Darkthrone, trono oscuro appunto, il cui nuovo album per uno strano e certamente magico scherzo del destino è uscito esattamente lo stesso giorno del mio libro.
Come titolo piaceva sia a me che a Daniele Rosa della LUISS University press, il quale in certa misura può vantare la titolarità della idea; questa ambivalenza tra riferimento lessicale serissimo e gioco linguistico anche questo in certa misura ‘esoterico’ nel mondo angloamericano non è una novità assoluta, in Italia al contrario ci sono scarsi precedenti. D’altronde è anche riferimento concettualmente conferente visto che in una parte del volume parlo del black metal e del suo utilizzo ‘filosofico’ da parte di autori come Eugene Thacker.
In generale, è una sintesi efficace delle tematiche affrontate nel testo; il modo oscuro in cui il potere si manifesta e si struttura, i dispositivi anche pop di produzione della cultura, l’oscurità intesa come dinamica esoterica di veicolazione del potere stesso e come difficile comprensione di una società sempre più tecnologica.»

Nelle pagine di “Il trono oscuro. Magia, potere e terminologia nel mondo contemporaneo” mette in relazione la magia e l’High Tech, i guru della tecnologia come i nuovi maghi. Ci può spiegare questo rapporto?

«Il padre nobile della fantascienza, Arthur C. Clarke, anni fa ha coniato una legge secondo cui ogni tecnologia abbastanza progredita è indistinguibile dalla magia.
La società in cui viviamo è ormai punteggiata da elementi e dinamiche di cui abbiamo scarsa comprensione: i processi decisionali sottesi a procedure algoritmiche, il modo in cui le grandi piattaforme digitali trattano i nostri dati quando navighiamo, facciamo acquisti, la profilazione, tutto, nonostante gli sbandierati proclami di massima trasparenza, si rende evanescente, fantasmatico, oscuro appunto.
E’ la società della scatola nera, per utilizzare l’espressione del giurista Frank Pasquale.
Ne consegue che a monte, chi modella e struttura e progetta e realizza determinati algoritmi finisce inevitabilmente per operare come uno stregone, è depositario di una sapienza quasi iniziatica, preclusa alle masse. Anni fa emerse, dopo l’opera di denuncia di Roger McNamee, lo scandalo delle Data Voodoo Dolls utilizzate dalle grandi piattaforme digitali, ovvero alter ego digitali delle persone creati mediante profilazione di massa; si tratta di strumenti algoritmici pensati per influenzare il comportamento umano, estrinsecazione perfezionata di ciò che la Zuboff definirebbe ‘capitalismo della sorveglianza’ ma che secondo me è qualcosa di radicalmente ulteriore.
Perché questi strumenti non sono pensati per sorvegliare o controllare ma per influenzare. Ci scavano dentro, ci guardano dentro e ci portano ad agire come vogliono loro.
Il riferimento al Voodoo non è casuale, perché anche in questo caso c’è un feticcio utilizzato per influenzare il reale: il problema è che quel feticcio nella società digitale spesso siamo noi. C’è poi una attitudine quasi ‘golemica’, da parte di molti titani del Tech; quella di animare e antropomorfizzare la macchina, di darle in certa misura ‘vita’ o una intelligenza che possa competere con quella umana, e superarla sul lungo periodo. Non è un fenomeno nuovo nella storia umana, si può pensare alla figura stessa della ‘persona giuridica’, ma con il digitale assistiamo ad una radicalizzazione di questi presupposti. Sono gli auspici di una parte transumanista della Silicon Valley, in cui viene coltivata una utopistica, ma pericolosa, illusione prometeica, la quale nella sua nuda essenza è una delle tante, nefaste forme di collettivismo la cui ambizione è un frainteso senso di emancipazione del genere umano.
L’arrestare l’invecchiamento, il potenziamento dell’essere umano attraverso dispositivi tecnici, sono attività nobili e in potenza neutrali: il punto, e il vero problema, è la ideologizzazione della possibilità di divellere qualunque limite e qualunque barriera fino a farne un confuso programma politico che rimonta e rimanda ad esperienze la cui matrice concettuale è liberticida e anti-umana.»

Non solo magia e High Tech, ma anche magia e potere. A prima vista sembrerebbe un rapporto superato dal tempo e invece a quanto pare non è così…(sua considerazione)

«Nell’antica civiltà sumerica, una casta di sacerdoti-medici, considerati maghi bianchi, gli asipu, si occupavano anche di divinazioni oracolari al fine di comprendere la opportunità o il potenziale successo della costruzione di una opera infrastrutturale. Le caste sacerdotali occupavano un ruolo enormemente sviluppato e potente. In certa misura, la connessione triangolare tra misticismo, potere e tecnica è un dato ineliminabile della condizione umana.
E’ cosa assai nota come e quanto lo sviluppo della civiltà europea, dall’impero britannico fino ai cupi giorni della seconda guerra mondiale, sia stato connesso e collegato anche a una dimensione esoterica.
D’altronde il potere vive e si cela tra le ombre. L’espressione arcana imperii riassume molto bene questo aspetto di sintesi. Quando John Dee, con le sue ‘conversazioni angeliche’, prefigura lo sviluppo e la piena legittimazione della Corona britannica a formare un autentico impero, il mago opera come un consulente amministrativo del potere reale.
Stesso a dirsi nel cuore incandescente della guerra combattuta dagli inglesi contro Hitler: entrambe le parti fecero un convinto e non episodico ricorso alla astrologia, agli oroscopi, a rituali evocatori.
In linea di massima, proprio perché il potere ha da sempre dei contorni non ben definiti e che spesso possono atterrire, la magia svolge una funzione ierofanica, per dirla con Mircea Eliade: una sorta di dispositivo che ambisce a semplificare processi troppo complessi per la mente umana e utile per spiegare l’inspiegabile.
Nella società digitale, io credo resti sempre preziosa la lezione fornita da uno dei più acuti e particolari allievi di Eliade, Ioan Petru Culianu, il quale ebbe a rimarcare come il mago rinascimentale sia stato il vero antecedente storico e concettuale dell’esperto di marketing, dello psicologo, del sociologo, dell’esperto di tecnologia.»

Dalla Silicon Valley ai viaggi mistici nell’Asia Sud-orientale, i guru della tecnologia, da Steve Jobs a Zuckerberg, desiderano di sperimentare l’illuminazione spirituale? e che in che modo questi viaggi ascetici ne hanno influenzato il lavoro?

«Gli americani, per ovvie ragioni di irrisolto nation-building, hanno un problema serio con la costruzione e la percezione della loro identità. Questo aspetto è tanto un vantaggio, date certe condizioni, quanto un enorme svantaggio. Un vantaggio perché non essendo radicati e ossificati in un dato modello identitario possono costruire la loro identità, indulgendo in flussi accelerati di mobilità.
Svantaggio perché l’eccessivo sradicamento, la assenza di una identità consapevole possono portare alla deriva. Il caso di Jobs è emblematico; leggendo i vari libri biografici che gli sono stati dedicati, si comprende come la sua sete di spirituale nascesse da una serie di non banali demoni interiori, legati a una storia personale e familiare non semplice.
Jobs ha aperto una strada per i guru della Silicon Valley, con i suoi viaggi in India e con la sua successiva, profonda, passione per lo Zen di scuola Soto: dopo di lui, molti altri titani del digitale hanno seguito le sue orme, direi in molti casi per noia o per quel conformismo che contraddistingue determinate caste in cui  per essere socialmente accettato devi aver fatto una determinata cosa. Questi viaggi però, anche se in alcuni casi originati da mere mode, hanno poi esercitato una notevolissima influenza sullo sviluppo della Silicon Valley. Il caso più eclatante è proprio la Apple il cui brand e il cui stile di marketing sono legati direttamente alle teorie dello Zen, a partire dal concetto di ‘ma’, il vuoto. Lo stesso motto jobsiano ‘semplificare, semplificare’ deriva dalla scarnificazione spirituale dello Zen più rigoroso. Dispositivi culturali intrisi di misticismo o dottrine puramente esoteriche vengono utilizzati come strumenti di marketing, di progettazione, di politica aziendale.»

Chi è l’Homo digitalis?

«Il digitale, con la sua forza disruptive, è stato giustamente definito e considerato al pari di una autentica rivoluzione. E in ogni epoca contraddistinta da fermenti rivoluzionari uno dei primi paradigmi a mutare è quello antropologico. Non casualmente se ripercorriamo la storia della cultura digitale ci imbattiamo nel tentativo di definire un nuovo canone umano, quello di un uomo del tutto nuovo: abbiamo così una lunga sequenza di termini definitori, dai Cyberians ai Technorati, per arrivare all’Homo Digitalis. Si tratta di un individuo che popola un ecosistema in cui sembra non esservi più alcuna distinzione tra reale e virtuale, in cui ogni sistema valoriale è filtrato dal prisma del silicio, in cui collaborazione, inventiva, avere qualcosa da dire e da fare prima e meglio di chiunque altro divengono cardini essenziali: l’Homo Digitalis non è semplicemente un individuo conscio dei mezzi tecnologici, è piuttosto un individuo che senza quei dispositivi semplicemente non esisterebbe. Di contro, posta l’enfasi su innovazione e sul primeggiare, chi non riesce a stare al passo coi tempi scompare.»

La storia è zeppa di esempi di invocazioni religiose e anche spirituali ed esoteriche da parte di Re e Condottieri per assicurarsi una protezione ultraterrena durante una guerra. Una roba superata s’immaginava. E invece nei primi mesi della guerra in Ucraina sono apparsi alcuni articoli[1] dove si raccontava di una battaglia esoterica in atto tra sciamani russi e ucraini. È solo folklore?

«Una delle parti più imponenti del famoso trattato di Eliade sullo sciamanesimo riguarda le popolazioni siberiane. Non dobbiamo dimenticare che alcune tradizioni continuano a persistere e a permeare la cultura di molti Paesi. E tra questi c’è la Russia. La Russia è un Paese vastissimo, con ancora molte aree selvagge o rurali, dove la cultura sciamanica è parte integrante della realtà sociale e della quotidianità. Al seguito di alcune brigate russe vi sono sciamani buriati con le loro tradizionali iurte e sono lì come potrebbe esserci un mullah, un prete o un rabbino; prestano assistenza spirituale ai soldati. Nei dispositivi della mobilitazione bellica il fattore religioso è da sempre essenziale, e questo lo comprese, strumentalmente, anche Stalin che dopo anni di durissime repressioni anti-religiose nel cuore della guerra mondiale, dovendo appunto mobilitare la popolazione contro l’occupante tedesco, allentò di molto la presa delle misure repressive contro la Chiesa ortodossa. C’è poi l’aspetto pubblico dei rituali: sciamani contro sciamani, streghe contro streghe. A prendere le parti dell’Ucraina ad esempio abbiamo avuto chaos magicians raccolti attorno la figura di Peter J. Carroll, uno dei fondatori della moderna Chaos Magick, il quale ha lanciato una sorta di catena internazionale magica per influire sulla mente di Putin, in maniera non dissimile da quanto fece Dion Fortune contro Hitler durante la seconda guerra mondiale.»

Cosa intende per geopolitica del caos?

«Come la Chaos Magick, postula ‘nulla è vero, tutto è permesso’, allo stesso tempo la geopolitica del caos è la presa d’atto, autocosciente, della illusoria consistenza dei paradigmi valutativi delle relazioni internazionali e dei rapporti bellici. Non a caso la geopolitica, storicamente, nacque con un non secondario quoziente esoterico. Perché, e lo vediamo con l’invasione russa in Ucraina, l’azione umana, anche quella strategica, che si assumerebbe per totalmente scientifica e razionale, è data da comportamenti caotici e irrazionali, che trovano la propria sistemazione e il proprio ordine nelle ombre di un eterno caos. Quando i geopolitici vogliono invece atteggiarsi a scienziati ‘duri’, considerandosi portatori di una verità quasi deterministica originante dalla analisi dei dati e degli attori in campo finiscono per errare clamorosamente qualunque previsione. Come spiegare un gesto quale il volo in Inghilterra di Rudolf Hess in piena guerra? O il golpe dimostrativo, abortito per ragioni inspiegabili, della Wagner? L’arresto inspiegabile della Wagner giunta orma alle porte di Mosca sembra quasi una ripetizione di Attila fermato da Papa Leone Magno, un intreccio tra leggenda, sacro e realtà storica. La realtà è che non esiste alcuna…realtà. Tutto è cangiante, mutevole, in perenne divenire, semplicemente perché così è la natura umana, specialmente quando sollecitata dalla bestialità caotica della guerra. Una natura vestita di caos. Se uno ci fa caso, anche quei geopolitici che azzardano ricostruzioni totalmente razionali, gonfie di dati, di parallelismi storici, di analisi psicologiche e culturali finiscono per parlare come astrologi o come cartomanti: delineano, pur ostentando apparenti marmoree certezze, degli scenari di mera possibilità, adattabili di volta in volta all’occhio e alla sensibilità di chi legge o ascolta. La geopolitica del caos invita al contrario a considerare e immettere nei dispositivi di valutazione anche i fenomeni a-causali, irrazionali, all’apparenza folli e del tutto caotici, che sembrerebbero essere destinati a non verificarsi mai. E che poi invece, puntualmente, si palesano.»

Sui social network condividiamo tutto e il contrario di tutto, consapevolmente o meno mettiamo ogni giorno in rete una quantità spropositata di informazioni. Gli algoritmi e software ci suggeriscono cosa acquistare, cosa mangiare, dove andare in vacanza, quale libro leggere. Con tutta questa tecnologia “intelligente” non corriamo il rischio concreto di veder diminuire alcune competenze cognitive degli individui? Questo fenomeno può comportare una perdita di controllo sui nostri processi decisionali?

«Parafrasando Nietzsche, se guarderai nell’algoritmo, l’algoritmo guarderà dentro di te. Sollecitati e adagiati continuamente sull’alta tecnologia, abdichiamo a vivere la complessità del tempo presente. Rifluiamo ad uno stadio inerte di soggezione davanti la potenza e la apparente sapienza della macchina, impigriti dall’avere macchine che suggeriscono, indicano, leggono per noi. Molto spesso, subiamo e riceviamo ondate di dati che non riusciamo a processare, a comprendere e a utilizzare: l’opinione, tanto individuale quanto quella pubblica, finisce con l’atrofizzarsi e questo lo vediamo bene ad esempio nel campo della politica, dove il dibattito nei fatti si è trasformato in rissa digitale da piattaforma social. Direi che tanto luddismi di ritorno quanto tecno-entusiasmi acritici sono in questa prospettiva delle opzioni da rifiutare: la tecnologia avanzata deve essere governata con spirito consapevole e critico, non rifiutata aprioristicamente né divinizzata. In questo senso, non servono leggi, regolamenti, ossificazione giuridica ma educazione, formazione. Nello spazio liquido e azzurrognolo dell’alta tecnologia la norma sociale e la norma culturale prevarranno sempre su quella giuridica.»


Note

[1]https://www.ilmessaggero.it/mondo/streghe_riti_magia_rituali_guerra_russia_ucraina_putin_zelensky_foto_cosa_succede-6646184.html


Foto copertina: Il trono oscuro. Magia, potere e terminologia nel mondo contemporaneo