Un procedimento politico per la definizione dell’Interesse Pubblico. L’interesse nazionale è un concetto i cui contorni appaiono di difficile definizione: il suo esser legato alle caratteristiche di una nazione così come ai sentimenti di un popolo ne determinano il continuo mutare.
L’interesse nazionale è un concetto i cui contorni appaiono di difficile definizione: il suo esser legato alle caratteristiche di una nazione così come ai sentimenti di un popolo ne determinano il continuo mutare.
Appartiene più al piano delle scelte politiche che al dominio della scienza, da ciò derivando la sua difficile definizione, nonostante esso si componga di quei valori e principi che, come evidenziato da Tocqueville[1], rappresentano, originando nel punto di inizio di un percorso sociale, il punto di riferimento cui le società, gli Stati, guardano al fine di orientarsi nel loro cammino di crescita.
Rispetto a tale percorso si può osservare come lo Stato italiano, nato nell’800 e definito nelle due guerre mondiali, si trova oggi inserito in un contesto internazionale che, sia dal punto di vista geopolitico, geo-economico e istituzionale, sia con riferimento agli attori delle relazioni internazionali, appare a tal punto sviluppato da modificare la stessa funzione finora attribuita allo Stato.
In questo contesto l’esercizio della leadership diviene un elemento in grado di incidere sull’interesse nazionale nei tre momenti dell’individuazione, affermazione e tutela di esso.
Da qui la necessità di prendere in considerazione l’azione svolta dai partiti politici al fine di individuare aspetti rispetto ai quali è possibile intervenire al fine di aumentare la capacità di “resilienza istituzionale” [2] ad affermazione e tutela dell’interesse nazionale.
Il concetto di sovranità delimitava i confini dello spazio di azione statale, del dominio riservato, entro il quale lo Stato godeva della massima libertà di scelta politica e di azione amministrativa.
Tale spazio appare oggi sempre più ristretto in ragione sia di limiti posti dal diritto internazionale, si pensi ai diritti umani o alla disciplina in materia ambientale, sia dell’emergere di fenomeni transnazionali, quali le migrazioni, e globali, quali il terrorismo e le problematiche del mondo cyber, rispetto ai quali l’azione statale non può non svolgersi che in cooperazione, e quindi entro i limiti da questa derivanti, con altri Stati e soggetti di rilievo internazionale.
A Westfalia vennero definiti i caratteri propri dello Stato nella sua dimensione internazionale: il diritto, l’economia, la forza, la diplomazia. A partire da allora ogni soggetto dell’ordinamento della Comunità Internazionale ha gestito la sua azione, nei diversi ambiti indicati, in rapporti di natura bilaterale o comunque attraverso trattati coinvolgenti un numero ristretto di Stati. Rapporti che erano sottoposti alle norme di diritto internazionale che, data la loro natura consuetudinaria e i caratteri dei soggetti di tale ordinamento, costituivano limiti estremamente tenui all’azione degli Stati[3].
A partire dalle due guerre mondiali si sviluppa un fenomeno di progressiva “istituzionalizzazione” delle relazioni internazionali e di valorizzazione del ruolo del diritto attraverso la creazioni di organizzazioni internazionali, universali, regionali, settoriali, ogni una delle quali costituente al contempo un ordinamento giuridico a se e un attore delle relazioni internazionali.
Rispetto a tale fenomeno già Santi Romano osservava come non si potesse escludere “a priori che gli Stati, o anche solo taluni (…) non debbano col tempo, più che svolgersi, rimanere in un certo senso, compresi e forse assorbiti in maggiori organizzazioni non propriamente statuali”[4].
Successivamente M.S. Giannini sottolineava come vi erano “amministrazioni internazionali in numero crescente” che comportavano il mutamento del “quadro di riferimento”[5].
Attualmente si osserva “che gli Stati sono condizionati da fatti economici e sociali che non possono influenzare, almeno non in modo determinante” e “per porvi rimedio, almeno in parte, hanno creato nuovi poteri pubblici ultra statali”[6].
L’evoluzione di tali ordinamenti evidenzia come gli enti internazionali, pur creati da Stati, abbiano nel tempo sviluppato un ruolo e una funzione che prescinde gli interessi degli Stati Membri e che sempre più indirizza la loro azione verso la tutela di interessi propri dell’organizzazione[7].
Questo fenomeno di apertura degli ordinamenti nazionali all’ordinamento della Comunità Internazionale[8] spinge ad una riflessione circa i limiti, all’elaborazione e alla tutela degli interessi nazionali, derivanti dall’emergere di interessi ultra statali e le forme di tutela approntabili.
La definizione e la tutela dell’interesse nazionale, da questo punto di vista, non possono esser più affidate al solo strumento della diplomazia stante il mutato assetto istituzionale e degli attori internazionali non più coincidente con la Comunità Internazionale delineata a Westfalia.
A tali azioni sono chiamati infatti i vari organi dello Stato, le diverse amministrazioni pubbliche, i soggetti politici, culturali ed economici e quanti interagiscono sul piano internazionale in materie sensibili per la difesa degli interessi nazionali.
In un momento in cui lo Stato nazionale assume progressivamente i caratteri di uno “Stato internazionale”, ovvero di uno Stato sempre più volto all’amministrazione, per quanto di sua competenza, di problematiche più ampie della nazione, appunto trans nazionali o globali, questo stesso Stato può considerarsi “nuovo”.
Lo Stato d’altra parte è, per sua natura, coinvolto in un costante processo di riforme al fine di adattare le sue strutture al mutare della società.
Tuttavia oggi il processo di riforma è dettato non più dall’esigenza di armonizzare l’azione statale rispetto “ai molti interessi assuefatti e soddisfatti negli ordinamenti antichi”[9] bensì dall’esigenza di armonizzare gli interessi nazionali con gli interessi emergenti nel costituendo “ordinamento globale”[10] sviluppando la capacità di individuare ciò che concretamente costituisce un interesse nazionale e di porre in essere azioni amministrative di attuazione della politica nazionale che tengano conto delle forme e dei soggetti coinvolti nell’amministrazione delle problematiche trans nazionali e globali.
Questo processo di riforma non può non interrogarsi su quale sia l’interesse nazionale primariamente toccato da tali mutamenti al fine di delineare, da un lato, le forme e gli strumenti di tutela più adatti e, dall’altro, di definire le forme di azione che permettano di tutelare e affermare sul piano della Comunità Internazionale i valori posti a base della società italiana al fine di contribuire, nella dialettica con gli altri attori, a delineare un ulteriore passo del percorso di Crescita della Comunità Umana.
Nel delineare una risposta a tali interrogativi occorre tener presente come la nazione, il popolo, lo Stato, che pur vivono seguendo mutevoli visioni politiche, rinvengono il loro fondamento in alcuni elementi che appaiono come costanti nel percorso storico di crescita nel quale si è definito lo stato moderno e attraverso i quali è possibile ricostruire il concetto di interesse nazionale nelle sue diverse eccezioni.
Prendendo a riferimento la narrazione del Risorgimento[11] come scolpita nell’Altare della Patria è possibile individuare all’interno del percorso risorgimentale, valori, ideali, a cui più di altri si è informata l’azione fondatrice dello Stato Unitario[12]. Se poi si cercano tali valori nelle costituzioni[13] pre risorgimentali e risorgimentali prima, nello Statuto Albertino e nella Costituzione del 1948 poi, emerge la costante attribuzione alla realizzazione di un momento costituente il valore fondante della Sovranità, in quanto in esso si fondono il sentire della nazione con le sue strutture volte a garantire e tutelare la sua Unità e la Libertà dei cittadini[14].
Conseguentemente è possibile assumere che la sovranità, il suo esercizio e le forme in cui questo avviene, rappresentino elementi oggetto di interesse nazionale in quanto espressioni di un valore fondante presente fin dall’inizio della vicenda unitaria.
Significativo, rispetto al punto di vista qui adottato, è la scelta dell’Assemblea Costituente, di cui all’Art. 11 Costituzione, di attribuire alla Sovranità, solo ora pienamente e sostanzialmente acquisita[15], una peculiare propensione ad interagire con la Comunità Internazionale.
Questa proiezione internazionale dello Stato italiano rende necessario adeguare la lettura di tali elementi costanti, al mutato quadro della società nazionale e internazionale in cui si colloca l’Italia al fine di individuare il contenuto attuale dell’interesse nazionale.
Alle classi dirigenti attuali, ai leader attuali, è quindi richiesta la capacità di interpretare, rispetto all’attualità, i caratteri fondanti di uno Stato, declinandoli in un’azione di leadership che sappia individuare nel particolare il valore generale di interesse nazionale e che, al contempo, sappia agire contemperando l’esigenza di tutela dell’interesse nazionale con quella di contribuire al crescere del mondo interagendo all’interno degli ordinamenti della cooperazione internazionale.
Questa attività appare oggi particolarmente complessa in ragione di diversi fattori.
Sul piano degli attori coinvolti in questo processo si registra un fenomeno di moltiplicazione e diversificazione degli attori pubblici e privati.
Sul piano delle procedure decisionali si assiste, parimenti, ad una decentralizzazione del processo decisionale ed esecutivo[16] che sempre più avviene nell’interazione tra diversi livelli, statali e sovranazionali, così come al loro stesso interno.
Infine sul piano più propriamente giuridico dei processi di law making, appaiono sempre più effettivi gli strumenti di soft law utilizzati dalle organizzazioni internazionali.
Questi aspetti richiedono lo sviluppo di nuove competenze, di analisi, elaborazione, comunicazione e attuazione delle politiche di volta in volta in volta individuate.
Parlamenti, governi e amministrazioni nazionali, centri di cultura, attori privati di interesse nazionale, sono chiamati ad assumere scelte e a svolgere la loro azione, in consessi sempre più decentrati, settoriali, e internazionali che richiedono elevate competenze tecniche e politiche.
Il mutamento della Comunità Internazionale, indicato nei suoi tratti più generali, costituisce un fenomeno la cui ampiezza copre i più vari aspetti della vita di uno Stato. In linea generale esso richiede lo sviluppo di una capacità di “resilienza” sia delle istituzioni statali sia della cittadinanza nelle sue varie sfumature.
Istituzioni e cittadini che non appaiono disgiunti bensì strettamente legati poiché l’uno è fondamento dell’indipendenza e della libertà dell’altro. In questo senso, il principale problema cui occorre far fronte, nell’ottica della tutela della Sovranità in quanto interesse nazionale primario espressione di un valore fondante, è rappresentato dall’affievolirsi di quel legame, tra le istituzioni[17] dello Stato e i cittadini[18], che sorregge “l’Unità della Patria”.
Occorre quindi ripensare nel costituendo “Stato Internazionale” gli strumenti di democrazia che nello Stato nazionale concretizzavano quel legame al fine di porre in essere quell’attività di resilienza funzionale all’affermazione e alla tutela dell’interesse nazionale
In particolare il riferimento è allo strumento “partito politico” la cui funzione è quella di permettere ai cittadini di partecipare alla determinazione e all’attuazione della politica nazionale e quindi dell’interesse nazionale.
Nell’attuale fase la partecipazione dei cittadini sembra esser sempre più una “partecipazione emotiva”, una sorta di identificarsi nell’adesione alla posizione politica del singolo politico che sappia elevarsi al ruolo di leader[19], nazionale, locale o altro che sia. Ciò porta l’interesse nazionale a coincidere con l’interesse di volta in volta perseguito da quanti esercitino la funzione di leadership ed in particolare la funzione di definizione politica dell’interesse generale da perseguire.
A tale processo non sono estranei quei soggetti politici ove l’identificazione avviene con riferimento ad un valore ideale che, pur appartenente alla generalità delle persone, viene riconosciuto in funzione distintiva solo da alcuni. In questo caso, pur essendovi concordia sull’interesse ideale da perseguire, non vi sarà un’azione coerente poiché sono disomogenei gli interessi concreti che sorreggono l’azione, coincidendo essi con la molteplicità e varietà degli interessi naturalmente presenti all’interno di una società. Tutti per definizione di pari valore insuscettibili di differenziarsi in ragione della loro rilevanza rispetto al perseguimento di un interesse di carattere nazionale.
In entrambi i casi l’interesse nazionale perseguito non appare essere il risultato di una sintesi politica il cui processo di elaborazione sia realmente espressione delle diverse istanze sociali.
Da questo punto di vista infatti, il rimpicciolimento del mondo ha favorito l’emergere sul piano politico nazionale di istanze nuove e disomogenee, nel campo dell’effettività dei diritti umani o della tutela ambientale, in materia di concorrenza, servizi pubblici e tutela dei cittadini consumatori/utenti, ed altre che trovano la loro origine in fenomeni sempre più trans nazionali e globali e che, al contempo trovano espressione in gruppi sociali differenziati difficilmente riconducibili alle categorie politologiche tradizionali.
Da una diversa visuale si può osservare come lo strumento partito così delineato presenti delle criticità anche nello svolgere la sua funzione di selezione della classe dirigente. Attività questa che deve esser svolta tenendo presente l’importanza sempre maggiore che andrà ad assumere l’attività di enti sovranazionali, sia di natura politica che tecnica e, più in generale dei processi di decentralizzazione delle decisioni politiche.
Si pone in altri termini il problema di individuare una disciplina attuativa dell’art. 49 della Costituzione che possa costituire una risposta alle problematiche che i fenomeni descritti pongono rispetto alla tematica dell’esercizio della Sovranità.
L’articolo in oggetto disciplina la libertà di associazione politica statuendo che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” in tal modo rappresentando il secondo corollario al principio di libertà di associazione di cui all’art. 18 della Costituzione[20]
Secondo l’interpretazione della Corte Costituzionale, nella prospettiva del diritto dei cittadini di associarsi, “i partiti politici sono garanti della Carta costituzionale quali strumenti di rappresentanza di interessi politicamente organizzati”[21].
Ad essi, chiarisce la Corte “l’art. 49 attribuisce la funzione di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”
Conseguentemente “le funzioni attribuite ai partiti politici dalla legge ordinaria al fine di eleggere le assemblee, costituiscono il modo in cui il legislatore ordinario ha ritenuto di raccordare il diritto, costituzionalmente riconosciuto ai cittadini, di associarsi in una pluralità di partiti con la rappresentanza politica, necessaria per concorrere nell’ambito del procedimento elettorale”
A ciò consegue, come evidenziato dalla Corte Costituzionale che «i partiti politici vanno considerati come organizzazioni proprie della società civile, alle quali sono attribuite dalle leggi ordinarie talune funzioni pubbliche, e non come poteri dello Stato ai fini dell’art. 134 Cost.»: ad essi, perciò, non può essere riconosciuta, così come richiesto dall’art. 37 della legge n. 87 del 1953, «la natura di organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà di un potere dello Stato per la delimitazione di una sfera di attribuzioni determinata da norme costituzionali».
Come efficacemente sintetizzato, l’art. 49 Cost. “indica in modo appropriato che i partiti politici dovrebbero costituire la cinghia di trasmissione tra corpo elettorale e istituzioni rappresentative”[22].
Ad essi spetta, in altri termini, di rinnovare quel legame tra il popolo e le sue istituzioni che rappresenta il valore ultimo su cui poggia la costruzione risorgimentale dello Stato Unitario e ora delle Istituzioni della Repubblica.
Di ciò vi è riferimento nella stessa norma costituzionale la quale, da una parte, “indica come suoi destinatari i cittadini avendo la norma funzione attuativa del momento di passaggio tra il popolo e i mezzi mediante il quale il primo esercita la sua sovranità ai sensi dell’art. 1 II comma Costituzione”[23].
Da altro punto di vista la norma fissa il limite dell’intervento dei partiti politici cui spetta solo il delimitato compito di concentrare e trasferire verso le istituzioni le indicazioni del corpo elettorale[24].
Ai partiti politici spetta quindi, nella Costituzione Repubblicana, il ruolo di congiunzione tra i due ideali fondanti il Pensiero risorgimentale: la Libertà dei Cittadini e l’Unità della Patria.
È nella loro azione, pertanto, che si misura la reale capacità di un popolo di determinarsi, aspetto fondante la Sovranità dello Stato e dal quale deriva il reale valore di quest’ultima sul piano delle relazioni interstatali. Azione che non può non costituire oggetto primario di interesse nazionale in quanto il suo sviluppo costituisce un elemento da cui dipende il funzionamento delle istituzioni.
La norma costituzionale individua l’azione dei partiti politici come rivolta da una parte verso i cittadini, dall’altra verso le istituzioni. Nel primo caso i caratteri attuali della società e i fenomeni che in essa si sviluppano comportano l’emergere di nuove e differenziate istanze rispetto alle quali alle strutture sociali di tipo politico associativo si pone il problema di fornire loro uno spazio di discussione oltre che gli strumenti per la loro valorizzazione.
Nel secondo caso il principale problema che si pone di fronte ai partiti politici consiste nel mantenere un’unità di indirizzo a fronte dei molteplici livelli politico decisionali sviluppatesi all’interno e all’esterno dello Stato apparato delineato dalla Carta Costituzionale. A tale problematica è legata la necessità di svolgere un’attività di individuazione della classe dirigente che sia in grado, tecnicamente e politicamente, di sostenere l’azione politica nei diversi livelli in cui questa si svolge. Da qui l’importanza, ai fini della affermazione e della tutela dell’interesse nazionale, ricoperta dalle leggi che regolamentano la competizione elettorale e la presentazione delle liste elettorali. Tuttavia esse rappresentano una condizione necessaria ma non sufficiente al fine di adeguare il sistema di rappresentanza politica alle dinamiche politiche e sociali del mondo contemporaneo.
La norma dell’art. 49 della Costituzione, ad avviso dello scrivente, non esaurisce la sua portata nei termini indicati. Essa, attribuendo ai cittadini il diritto di concorrere con metodo democratico all’interno dei partiti politici, disciplina un ulteriore momento della vita e della funzione dei partiti rispetto alle azioni di definizione e affermazione dell’Interesse Nazionale.
Non solo l’attività che tali soggetti pongono in essere nel momento elettorale, verso i cittadini e verso le istituzioni, bensì anche il rapporto tra il singolo e il soggetto associativo vengono assoggettati, dalla norma costituzionale, al rispetto del metodo democratico.
In altri termini il metodo democratico deve essere applicato anche rispetto all’instaurazione del vincolo associativo tra il singolo cittadino e il soggetto associativo; alle modalità con cui vengono poste in discussione le diverse istanze sociali di cui i cittadini, singoli o aggregati, sono portatori; al modo con cui il partito politico si rapporta ad altri soggetti sociali che non svolgono attività politica ma che essendo anch’essi espressione della libertà dei cittadini costituiscono un elemento di quel pluralismo che caratterizza la società; alle modalità con cui vengono composte le liste elettorali e più in generale al modo in cui vengono attribuiti incarichi all’interno della struttura partitica.
Lo sviluppo di tale disciplina appare fondamentale nell’ottica dell’affermazione e della tutela dell’interesse nazionale. Si assume infatti, che il “Pensiero” italiano consideri l’esercizio delle libertà politiche fondamento ed al contempo espressione primaria della Sovranità. Questa, a sua volta, è soggetta, nella sua concreta realizzazione, al crescere del mondo di cui ne segue il percorso mutando le forme di organizzazione statuale sulla spinta del sentire del popolo che individua come propria l’una o l’altra forma a seconda dei vari momenti storici.
Di conseguenza la Sovranità rinviene il suo fondamento e concretizzazione nella libertà dei cittadini e nell’unità delle istituzioni statali. Due elementi che si fondano nel momento costituente ma che trovano la loro riaffermazione nell’esercizio delle libertà politiche. Diviene in tal modo compito primario dei partiti svolgere un’azione che sia in grado di rinnovare il legame tra il popolo e le sue istituzioni[25].
In questo senso non appare sufficiente disciplinare il tipo di attività che i partiti svolgono, la partecipazione alla competizione, e le modalità con cui questa si svolge, la disciplina elettorale.
Occorre adeguare la disciplina del soggetto associativo di cui all’art. 49 Costituzione ai caratteri della società attuale e alle sue problematiche. Occorre, in altri termini, porre attenzione alla disciplina del modo di essere e di rapportarsi con le diverse componenti sociali, con le diverse problematiche e le diverse forme istituzionali di esercizio del potere politico, del soggetto associativo “partito politico”. La democrazia è una qualità che non può essere attribuita. Essa riposa nelle procedure (nei procedimenti) attraverso cui viene data effettiva attuazione alla partecipazione del singolo alla vita pubblica.
Ed è in tali procedure che, garantendo la libera partecipazione del cittadino al processo politico, si tutela la Sovranità in quanto essa risiede non solo sul “riconoscimento” (politico) da parte delle altre nazioni, ma in primo luogo dalla “libertà dei cittadini” di “concorrere alla determinazione dell’indirizzo politico nazionale” così sancendo l’Unità della Patria la quale riposa, appunto nella Libertà dei Cittadini di definire il limes di tale libertà.
Indirizzo politico che attualmente deve far fronte a nuove problematiche trans nazionali e globali, a nuovi fenomeni sociali e ad un nuovo concetto di cittadinanza, a nuove forme multilivello, nazionali e sovranazionali, del processo decisionale.
L’interesse nazionale, pertanto, può essere determinato e tutelato solo successivamente ad una azione di adattamento al “mutato quadro di riferimento” degli strumenti di partecipazione politica i quali sono strumento a servizio dei due valori fondanti lo stato italiano, la “Libertà dei cittadini” e “L’Unità della Patria”.
Azione che può trovare il suo strumento nella definizione della disciplina di un procedimento politico che, distinta dalla disciplina della competizione elettorale e da quella relativa al finanziamento e alla trasparenza degli attori politici, delinei un percorso partecipato di definizione dell’interesse nazionale, rispetto il quale i soggetti politici, fondati sulle norme del codice civile, assumono un ruolo di garanzia.
Procedimento politico che permetta la definizione e l’affermazione dell’Interesse Nazionale declinando le diverse e mutevoli istanze della società attuale entro il quadro di valori che, posti a fondamento della Repubblica Italiana, ne garantiscono l’Unità determinandone al contempo l’originalità e l’indipendenza del suo ordinamento.
Note
[1] A. Tocqueville, “La democrazia in America”
[2] Resilienza qui intesa quale capacità di riformare le proprie strutture statali e sociali così che l’interesse nazionale all’”Unità della Patria” e “alla Libertà dei Cittadini” venga riaffermato e tutelato entro “il mutato quadro di riferimento”. Sia consentito rinviare ad un precedente e più approfondito scritto, Matteo Mirti, Resilienza Istituzionale, Opinio Juris Law and Politics Review, fascicolo IV, 2016.
[3] Nel diritto internazionale il limite della discrezionalità che lo Stato può esercitare in ragione della propria Sovranità è stato variamente ricostruito sulla base della teoria delle competenze o della teoria della potestà di governo funzionale.
Sul presupposto della mancanza di una funzione esecutiva centralizzata, la teoria delle competenze configura gli Stati come organi dell’ordinamento internazionale i quali agiscono sulla base di competenze ad essi delegate per il perseguimento di interessi di carattere generale. La teoria della potestà di governo descrive, a sua volta, i poteri discrezionali degli Stati come manifestazioni della sovranità internazionale al di fuori della sfera territoriale che le norme internazionali consentono per il perseguimento di scopi specifici. Nel primo caso i poteri discrezionali degli Stati, in quanto competenza delegata, soggiacciono ai limiti stabiliti dall’ordinamento delegante. Nel secondo caso i limiti ai poteri discrezionali vengono definiti di volta in volta intorno all’obiettivo dello Stato agente. A livello giurisdizionale il controllo sui poteri discrezionali degli Stati si è sviluppato progressivamente ad opera in particolare della Corte Internazionale di Giustizia a partire dal principio di ragionevolezza. Nella sua giurisprudenza più risalente la Corte richiamava la ragionevolezza al solo scopo di escludere la legittimità dell’esercizio arbitrario ed illogico dei poteri Sovrani. Diversamente in tempi più recenti il requisito della ragionevolezza è stato valorizzato nell’ambito di un giudizio sull’adeguatezza, la necessità e la proporzionalità dell’azione dello Stato in particolare nelle situazioni in cui l’esercizio del potere può interferire con la tutela di interessi di altri Stati parti di un accordo o riferibili ala Comunità Internazionale in quanto tale. Come è stato rilevato, la giurisprudenza della Corte Internazionale di Giustizia si inserisce nella tendenza “a rendere più concreto e strutturato il meccanismo di controllo dell’esercizio dei poteri discrezionali”(Deborah Russo, “Sull’uso della ragionevolezza da parte della Corte Internazionale di Giustizia nel controllo sull’esercizio dei poteri discrezionali degli Stati”, in Riv. Di Dir. Internazionale Vol. XCVII Fasc. 2 anno 2015, Giuffrè Editore) Tendenza che appare comune ad altre istanze giurisdizionali internazionali, sia a livello regionale che universale.
[4] Santi Romano , discorso inaugurale dell’anno accademico 1917-1918
[5] M. S. Giannini “Il pubblico potere” Bologna 1985 pag. 12 e 138.
[6] G. Della Cananea “Legittimazione e accountability nell’organizzazione mondiale del commercio” Riv. Trim. Dir. Pubb. Pag 732; Cf. anche S. Cassese “La crisi dello Stato” Bari-Roma 2002, ID. “Lo spazio giuridico globale” Bari- Roma 2003. In generale sullo sviluppo dei poteri pubblici globali, tra i molti, si vedano: Stefano Battini, “La globalizzazione del diritto pubblico”, Riv. Trim. Dir. Pubb. N. 2/2006; G. Della Cananea, “ I pubblici poteri nello spazio giuridico globale”, Riv. Trim. Dir. Pubb. N 1/2003; S. Battini, “L’impatto della globalizzazione sulla pubblica amministrazione e sul diritto amministrativo: quattro percorsi”, Giornale di diritto amministrativo n. 3/2006.
[7]Il riferimento è, come esempio e in maniera sintetica, all’evoluzione delle dottrine strategiche NATO e all’affermarsi di principi tipici del diritto amministrativo nell’ordinamento WTO attraverso la giurisprudenza del sistema contenzioso WTO. Nel primo caso emerge, a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso la tendenza ad adattare l’azione dell’organizzazione al mutare del contesto in cui è inserita l’organizzazione in funzione della prospettiva propria di quest’ultima che non necessariamente rispecchia la sintesi delle posizioni espresse dagli Stati Membri (Cannizzaro, “La nuova dottrina strategica della NATO e l’evoluzione della disciplina internazionale sull’uso della forza” in “NATO, conflitto in kosovo e Costituzione Italiana” a cura di Natalino Ronzitti, Collana studi giuridici Università LUISS, Giuffre editore, 2000; Picone “La guerra del Kosovo e il diritto internazionale generale. Pag. 314 in Picone “Comunità Internazionale e Obblighi erga omnes” Jovene editore 2006 pag. 314). Nel secondo caso numerosi sono i Report dell’organo contenzioso dell’organizzazione in cui si richiamano a fini decisori principi giuridici elaborati dalla giurisprudenza in materia amministrativa, negli ordinamenti nazionali. Rispetto a tale evoluzione del diritto la dottrina parla di Global Administrative Law sul quale si vedano, le numerose pubblicazioni di S. Cassese e le opere ivi citate; le pubblicazioni in argomento dell’Istituto di Ricerca sulla Pubblica Amministrazione – IRPA.
[8]Antonio Cassese “L’apertura degli ordinamenti nazionali all’ordinamento della Comunità Internazionale”, collana “Lezioni Magitrali” dell’ Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, Facoltà di Giurisprudenza, Edizione Scientifiche, Napoli
[9] Silvio Spaventa, “Giustizia nell’Amministrazione e altri scritti”, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli
[10] S. Cassese, Il diritto amministrativo globale: una introduzione, in Riv. trim. dir.pubbl., 2005, n. 2, p. 331 ss, ID “Oltre lo Stato”, Editori Laterza 2006, pag. 68 ss.
[11]L. Salvatorelli, “Pensiero e azione del risorgimento” Piccola biblioteca Einaudi, 1943.
[12] I fregi dell’Altare della Patria indicano, sinteticamente: la collocazione al centro del Mediterraneo, il Pensiero e l’Azione risorgimentali, il diritto e la concordia, la forza e il sacrificio, la Dea Roma, la stirpe e l’amor di patria, l’industria e l’agricoltura, le regioni e l’unita compiuta dai Savoia, il milite ignoto, i due motti “Patria Unitate” “Civium Libertate”.
[13] A cura di A. Aquarone, M. d’Addio. G. Negri, “Le Costituzioni italiane”, Edizioni di comunità, Milano 1958.
[14] Si fa riferimento al concetto di Sovranità quale “capacità di determinarsi”. Presupposto della Sovranità è infatti la soggettività, ovvero l’esistenza fattuale di un ordinamento Statale originario e libero. Un ordinamento, in altri termini, le cui istituzioni, trovando esse fondamento nel sentire dei suoi cittadini, godano della legittimità ad agire politicamente e amministrativamente. Dalla prospettiva interna di conseguenza l’effettività della sovranità discende dalla capacità di porre in essere processi democratici (con riferimento all’ordinamento italiano) effettivi di tipo sia politico decisionale, sia amministrativo. Tale capacità, nel momento storico attuale, deve esser sempre più valutata anche con riferimento alle interazioni di livelli decisionali, sia politici sia amministrativi, di tipo sovranazionale.
[15]Considerata la nota precedente, dal punto di vista del diritto internazionale la Sovranità si era affermata a partire dal 1861 tanto che l’ottenimento del riconoscimento, seppur giuridicamente privo di valore, ha rappresentato il principale problema dei governi nella primissima fase di vita dello Statu Unitario, vedi L. Saiu “La politica estera italiana”.
[16] Questo fenomeno di decentralizzazione dei processi decisionali e amministrativi si rinviene sia in una dimensione verticale nei rapporti tra ordinamento nazionale e sovranazionale; sia in una dimensione orizzontale nazionale, nei rapporti tra organi costituzionali politico amministrativi, centrali e regionali, e tra questi e centri politico amministrativi che trovano la loro fonte nella legge ordinaria (spesso in attuazione di direttive e regolamenti europei) quali, ad esempio, le Autorità Indipendenti; sia, infine, all’interno dei consessi internazionali tra organi generali, quali, ad esempio, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e i comitati istituiti al fine di trattare determinate questioni, ad esempio i Comitati istituti dall’Assemblea Generale stessa.
[17] Nei limiti del presente scritto il termine “istituzioni” viene usato per far riferimento a tutti quegli enti di carattere pubblico i quali svolgano una funzione strutturale nel funzionamento dello svolgimento della vita sociale. Pertanto con “istituzioni” si intendono tanto le istituzioni più propriamente statali quali gli organi costituzionali, quanto enti quali le Università e altri che rilevino nei diversi ambiti sociali. In entrambi i casi tali “istituzioni” svolgono la funzione di sorreggere le libertà che la Costituzione riconosce ai cittadini derivano da tale ragione la loro forma organizzativa e di azione. Aspetti quest’ultimi su cui sono maggiormente evidenti i punti di frizione con le dinamiche attuali.
[18]Si tengano presenti soprattutto le diverse accezioni della cittadinanza legate alle diverse forme dei fenomeni sociali di tipo trans nazionale e globale. La definizione della cittadinanza costituisce un problema centrale poiché su di essa si fonda la legittimità dell’azione statale. Rispetto a tale azione il tema della cittadinanza pone rilevanti problemi in materia di “libertà politiche” e in materia di welfare. Nell’un caso la questione riguarda la necessità di esser certi del rispetto dell’interesse nazionale nel caso di un cittadino di origini straniere che, acquisita la cittadinanza, giunga a ricoprire ruoli rilevanti nelle istituzioni politiche. Certezza che è una necessità anche rispetto a cittadini di origine italiana ma rispetto ai quali il sistema dei partiti italiani, con il loro radicamento nel territorio e la loro conoscenza dei gruppi sociali e delle loro istanze, ha rappresentato finora uno strumento congruo al problema. Sul piano della rappresentanza politica si tengano presenti anche i problemi derivanti dal dato quantitativo del numero di persone soggette alla cura dello Stato. Nell’altro caso la questione si pone con riferimento ai fenomeni sociali legati alla sempre maggiore propensione delle persone a risiedere in un Stato per un tempo determinato prima di spostarsi altrove, oltre che ai fenomeni migratori. Viene a mutare un fondamento essenziale dello “stato sociale” ovvero la stabilità temporale della platea di riferimento e della loro capacità contributiva. Da un sistema pensato e strutturato su una visuale di lungo periodo si tende ad un sistema di breve periodo. Un sistema in cui la capacità contributiva del singolo è direttamente legata alle sue esigenze di breve periodo. Le quali possono richiedere un’anticipazione di risorse che, in un sistema pensato per il lungo periodo, gli sarebbero state restituite in forma diversa solo al cessare della sua capacità contributiva.
[19] (o, semplicemente, che sappia comunicare questa sua aspirazione).
[20] Per un inquadramento generale del principio di libertà nelle diverse accezioni si vedano Caretti, De Siervo “Istituzioni di diritto pubblico” Nona edizione, G. Giappichelli Editore,Torino.
[21] Corte Costituzionale, ordinanza n. 79 del 2006. L’ordinanza in oggetto si inserisce nel dibattito dottrinale circa la norma dell’art 49 Cost. . secondo una parte della dottrina tale norma è intesa come attribuzione ai partiti di una specifica funzione costituzionale; da altra parte della dottrina è intesa come disposizione diretta a tutelare un diritto di partecipazione dei cittadini, rispetto al quale i partiti svolgerebbero un ruolo meramente strumentale
[22] Achille Chiappetti, “La Costituzione ritrovata”, Giappichelli Editore2008, pag. 100.
[23] Achille Chiappetti, cit., pag. 101
[24] Achille Chiappetti, cit., pag. 101 l’autore continua: “dato che la politica nazionale si svolge e conclude in una fase pre istituzionale, distinta da quella in cui si concretizza il piano delle scelte politiche riservate agli organi costituzionali (FERRARA)”. I successivi paragrafi del testo indicato trattano delle problematiche legate al sistema dei partiti politici. In particolare delle disfunzioni che essi creano al funzionamento degli organi costituzionali in ragione della loro sostanziale sovrapposizione alle amministrazioni, nazionali e ancor più locali.
[25] Azione che si ritiene costituire oggetto di interesse nazionale primario posta a tutela di un valore fondante lo Stato italiano.
Foto copertina:Il Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II o (Mole del) Vittoriano, impropriamente detto Altare della Patria, è un complesso monumentale nazionale italiano situato a Roma in piazza Venezia.
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