L’importanza geostrategica che l’arcipelago giapponese di Senkaku ha assunto negli ultimi anni è riconducibile alle priorità geopolitiche individuate dalla Repubblica Popolare Cinese (RPC) e dagli Stati Uniti riconoscibili come i due paesi più militarmente attrezzati dell’area dell’Asia-Pacifico nord-occidentale.


A cura di Riccardo Rossi Traduzione di Aurora Minieri

Isole Senkaku (conosciute come Diaoyu in cinese)

Con la nomina di Xi Jinping a Segretario Generale del Partito Comunista Cinese (PCC) e Presidente della Commissione Militare Centrale (CMC) nel 2012, la Repubblica Popolare Cinese ha lanciato un ampio programma chiamato China Dream per ripristinare il ruolo di primo piano della nazione nell’area dell’Asia-Pacifico, in particolare nel Mar Cinese Orientale. Pechino considera l’arcipelago di Senkaku come un’area di alto valore strategico per tutelare i propri interessi all’interno di questo spazio geo-marittimo.
Nel caso degli Stati Uniti, la loro visione geopolitica per le Isole Senkaku è da ricondurre alla politica estera del Pivot to Asia, volta a contenere l’espansione politico-militare della RPC nell’Asia-Pacifico.[1] Fin dalla sua presentazione, questo piano ha ricevuto l’adesione di vari Paesi dell’area del Pacifico, tra cui il Giappone, anche se il sovrano delle Isole Senkaku non può essere considerato un attore primario in questo quadro.
Nel complesso, le priorità geopolitiche individuate da Pechino, Washington e dall’alleato giapponese nei confronti dei Senkaku hanno portato ad un aumento della presenza militare nell’area, focalizzata sull’ottenimento o sul mantenimento di un determinato equilibrio politico-strategico.

Geostrategia e competizione militare per il controllo delle Isole Senkaku

All’interno dell’area nord-occidentale dell’Asia-Pacifico, la maggior parte dell’attenzione geopolitica sino-americana è diretta verso un’area ristretta del Mar Cinese Orientale, che comprende l’isola di Taiwan[2], il Canale di Miyako e l’arcipelago Senkaku, conteso tra Repubblica Popolare Cinese e Stati Uniti.
Una possibile spiegazione a questo scontro sino-statunitense per il controllo delle Senkaku è la posizione intermedia delle isole tra il segmento costiero cinese e la prima catena di isole e la loro vicinanza a Taiwan e allo stretto di Miyako.
A causa di questa particolare posizione, l’arcipelago delle Senkaku è considerato da Pechino, dagli Stati Uniti e dal suo alleato giapponese come un’area geo-marittima di grande importanza strategica, influenzandoli così nella definizione dei rispettivi obiettivi geopolitici e delle conseguenti dottrine militari.
Con l’elezione di Xi Jinping a presidente cinese nel 2013, la RPC ha avviato un ampio programma chiamato China Dream, volto ad aumentare la propria influenza politico-militare nella regione Asia-Pacifico, con particolare attenzione alle isole Senkaku per soddisfare due obiettivi geopolitici.
Il primo è dovuto alla vicinanza della costa cinese al Senkaku (330 km), prossimità che Pechino intende sfruttare attraverso la costruzione di una stazione di rilevamento radar sull’isola di Uotsurijima (la più grande dell’arcipelago, 3,6 ) a al fine di aumentare l’efficacia del suo sistema di difesa aerea contro eventuali operazioni militari statunitensi lanciate dalle loro basi in Giappone e Guam.[3]
La seconda priorità geopolitica individuata dal presidente Xi per l’arcipelago Senkaku è mantenere una presenza militare costante nell’area per presidiare sia le linee di comunicazione marittime che attraversano il Mar Cinese sia sfruttare le risorse petrolifere presenti nelle profondità del Mar Cinese Orientale.[4]
La combinazione di queste due prerogative geopolitiche ha richiesto a Pechino di sviluppare una dottrina militare per il Senkaku che combinasse lo sviluppo di nuovi sistemi d’arma con lo sfruttamento tattico delle basi situate lungo il suo segmento costiero tra la penisola di Shandong a nord e la striscia costiera parallela all’isola di Taiwan a sud.
Attraverso l’ottimizzazione di queste aree militari, la Repubblica Popolare Cinese ha migliorato l’operatività delle sue forze armate, aumentando il numero di pattugliamenti marittimi e missioni di raid aereo nell’area geo-marittima del Mar Cinese Orientale, compresa l’isola di Taiwan, il suo stretto, il Canale Miyako e l’arcipelago Senkaku.
Nel caso del Senkaku, la presenza cinese risponde nell’immediato alla necessità di ostacolare l’accesso giapponese-statunitense alle isole, mentre nel medio-lungo periodo la presidenza Xi prevede di imporre il proprio controllo marittimo nelle acque vicine a l’arcipelago, per impedire alla settima flotta statunitense e al suo alleato giapponese di entrare in questo spazio geo-marittimo.[5]
Questo aumento delle attività militari cinesi nel Mar Cinese Orientale è stato identificato dagli Stati Uniti e dal suo alleato Giappone come una grave minaccia alla stabilità geopolitica della regione Asia-Pacifico. Tale valutazione ha portato l’amministrazione Obama nel 2011 a presentare uno specifico programma di politica estera per quest’area denominato Pivot to Asia, confermato dalle successive presidenze Trump e Biden, volto a contenere l’assertività di Pechino nello spazio geo-marittimo compreso tra la costa asiatica e la prima catena di isole.[6] L’attuazione di questo programma richiedeva alla Casa Bianca, d’intesa con il Pentagono, di elaborare una dottrina strategica che rafforzasse le sue basi in Corea e Giappone, ritenute indispensabili per mantenere il controllo marittimo dell’isola di Taiwan, del Canale di Miyako e dell’arcipelago Senkaku.[7]
All’interno di questo spazio, le manovre pianificate dalla Marina, dall’Aeronautica e dall’Esercito statunitensi sono state supportate dalla Presidenza giapponese di Shinzō Abe (2012-2020), che, con la pubblicazione nel 2013 della National Security Strategy, ha presentato la sua linea di politica estera per l’Asia-Pacifico. Nel documento, il governo Abe riconosceva il ruolo di Washington come stato guida nell’attuazione della linea di contenimento cinese, ma allo stesso tempo identificava l’arcipelago di Senkaku come un’area geo-marittima di grande interesse perché ricca di risorse fossili e la testa di ponte delle linee di comunicazione marittime (SLOC) che collegano Tokyo a Taipei.[8]
Questa valutazione ha portato alla stesura di una dottrina militare che prevedeva sia un aumento del budget delle Forze di autodifesa giapponesi (JSDF) sia il potenziamento delle basi situate sul suo territorio per massimizzare le capacità operative delle JSDF.


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Un esempio a sostegno di quest’ultimo punto può essere considerato la riorganizzazione del sistema di comando e controllo della Forza aerea di autodifesa giapponese (JASDF), per far fronte sia all’aumento della presenza militare russa nell’arcipelago delle Curili[9], sia alla crescente assertività di Pechino nei confronti dell’isola di Taiwan, dello Stretto di Miyako e dell’arcipelago di Senkaku.[10]
Per quest’ultimo caso, Tokyo ha rafforzato la Southwestern Composite Air Defense, che, come riassunto da Lyle J. Morris nel suo testo The New ‘Normal’ in the East China Sea, ha portato a: «[…] 2014 il JASDF ha istituito un nuovo squadrone permanente di velivoli E-2C Hawkeye AEW sulla base aerea di Naha al largo di Okinawa per aumentare il rilevamento tempestivo di velivoli e navi stranieri. Questi velivoli integreranno i nuovi squadroni di caccia Lockhead Martin F-35A che verranno consegnati e dispiegati in Giappone nei prossimi anni».[11]
Oltre a questa operazione, la decisione del governo Abe di rafforzare la base della Japan Coast Guard (JCG), situata sull’isola di Ishigaki, dove sono di stanza 12 navi dotate di cannoni da 76 mm, a cui è stato delegato il compito di pattugliare le acque del Senkaku arcipelago.[12]

Conclusioni

Queste note conclusive riassumeranno gli aspetti principali che spiegano perché l’arcipelago di Senkaku è oggetto di contesa geopolitica tra la RPC e l’alleanza Giappone-Stati Uniti.
Una prima ragione di ciò è il riconoscimento unanime da parte dei tre stati dell’importanza geostrategica dei Senkaku, dovuta sia alla loro posizione sia alla presenza di grandi quantità di petrolio nelle acque circostanti. Questa rispettiva attribuzione di importanza è un fattore influente nella definizione dei rispettivi contrastanti obiettivi politico-strategici.
La RPC attribuisce grande importanza al Senkaku per difendere i suoi interessi economici e le sue rivendicazioni territoriali. L’identificazione di questi interessi ha fatto sì che Pechino aumentasse la propria presenza militare nell’arcipelago, con l’obiettivo immediato di ostacolare la presenza giapponese e americana, e negli anni a venire di imporre il proprio controllo marittimo per impedire alla Settima Flotta statunitense e alle forze armate giapponesi dall’accesso a questa area geo-marittima. A loro volta, gli Stati Uniti, per contenere l’assertività cinese nell’area Asia-Pacifico, hanno implementato il progetto Pivot to Asia volto a limitare l’ascesa di Pechino all’interno della cosiddetta prima catena di isole. In questo progetto, Washington ha considerato prezioso il supporto politico-militare giapponese nel mantenere il controllo marittimo delle aree geo-marittime rivendicate da Pechino, come l’isola di Taiwan, il canale Miyako e l’arcipelago Senkaku, di cui il Giappone detiene la sovranità.
Nel caso specifico del Senkaku, c’è un rapido processo di militarizzazione dello spazio marittimo circostante dovuto alle crescenti tensioni sino-americane per il controllo dell’isola di Taiwan.
Questa osservazione ci permette di vedere che l’arcipelago di Senkaku e Taipei rappresentano le due principali aree di instabilità geostrategica nel Mar Cinese Orientale, dove il rischio di uno scontro politico-militare tra Pechino e Giappone-U.S. alleati è più alto. Per queste ragioni, bisogna puntare allo sviluppo di una scuola geopolitica italiana, un movimento serio, capace di formare una classe di geopolitici con l’obiettivo non di influenzare le scelte piuttosto di produrre analisi, suggerire al massimo gli scenari possibili, lasciando le decisioni finali sempre a carico degli esperti della politica.

Articolo pubblicato su SpecialEurasiaThe centrality of the Senkaku Archipelago for geostrategic balances in the East China Sea


Note

[1] Schiavenza. M (2015) Cosa significa esattamente che gli Stati Uniti stanno puntando verso l’Asia? E durerà?, L’Atlantico.
[2] Rossi, Riccardo (2021) Il confronto militare sino-statunitense per il controllo dell’isola di Taiwan, Geopolitical Report, Vol. 13(1), SpecialEurasia. Estratto da: https://www.specialeurasia.com/2021/11/02/il-confronto-militare-sino-statunitense-per-il-controllo-dellisola-di-taiwan/
[3] Rossi, Rossi (2021) The geostrategic importance of the Island of Guam in the U.S. policy of containment of Chinese expansionism in the Asia-Pacific, Geopolitical Report, Vol. 14(1), SpecialEurasia. Estratto da: https://www.specialeurasia.com/2021/12/01/geopolitics-guam-united-states/.
[4] Dossani. R, Warren. S (2016) Harold Maritime Issues in the East and South China Seas, RAND Corporation, Santa Monica.
[5] Micallef. S (2017) Militarisation in East Asia Considerations from the Works of Thucydides and Alfred Thayer Mahan, Anchor Academic Publishing.
[6] Ibid
[7] Rossi, Riccardo (2021) Geostrategy and military competition in the Pacific, Geopolitical Report, Vol. 10(1), SpecialEurasia. Estratto da: https://www.specialeurasia.com/2021/08/06/geostrategy-pacific-competition/.
[8] Burke. E, Heath. T, Hornung. J, Logan Ma, Lyle J. Morris, Michael S. Chase (2018) Attività militari cinesi nel Mar Cinese Orientale Implicazioni per l’Air Self-Defense Force giapponese, RAND Corporation, Santa Monica, California.
[9] Rossi, Riccardo (2021) The geostrategic role of the Kuril Islands in the Russian foreign policy for the Asia-Pacific Northwest area, Geopolitical Report, Vol. 14(4), SpecialEurasia. Estratto da: https://www.specialeurasia.com/2021/12/14/geostratey-kuril-islands-russia/
[10] Ibid
[11] Morris, Lyle J. (2017) The New ‘Normal’ in the East China Sea, RAND Corporation. Estratto da: https://www.rand.org/blog/2017/02/the-new-normal-in-the-east-china-sea.html.
[12] Ibid


Foto copertina: Isole Senkaku