Dopo le tornate elettorali dello scorso anno, i cittadini di Israele si sono recati in massa alle urne e hanno premiato la coalizione guidata da Netanyahu.
Lo scorso 2 marzo si sono svolte le terze elezioni parlamentari in Israele e i risultati hanno premiato la coalizione del premier uscente Benjamin Netanyahu[1], il quale è riuscito ad assicurarsi 58 seggi sui 61 necessari per ottenere la maggioranza nella Knesset, il parlamento israeliano, e vedersi assegnato l’incarico esplorativo, per cercare di formare il nuovo esecutivo.
Nel corso del 2019, ad aprile e a settembre, nelle due tornate elettorali non è emersa una maggioranza che garantisse un governo al Paese. I partiti in campo erano molti, ma la competizione si è svolta quasi esclusivamente a destra. Da un lato Bibi Netanyahu, storico leader del Likud[2], il partito di destra israeliano, alla guida del Paese da dieci anni, ostacolato nella guida del Likud dagli stessi compagni di partito e sotto processo per corruzione e dall’altro Benny Gantz[3], leader di Blu e Bianco, ex generale e outsider della politica israeliana, che ha impostato il suo programma elettorale sulla base di un indirizzo di centro-destra, come da lui stesso affermato: “in una versione più gentile”. Gantz e Netanyahu hanno ingaggiato una battaglia sino all’ultimo voto. Se, infatti, nelle elezioni di aprile i due partiti avevano ottenuto entrambi 35 voti, nelle elezioni di settembre Blu e Bianco aveva superato di poco il Likud, mentre le elezioni della scorsa settimana hanno assegnato un ruolo prioritario al partito di Bibi che ha ottenuto 36 voti superando di tre seggi il Blu e Bianco di Gantz.
Il presidente Reuven Rivlin, nei giorni scorsi, ha affidato un mandato esplorativo al Netanyahu che ha il compito di trovare gli ulteriori voti necessari per formare una maggioranza all’interno del Parlamento. Netanyahu, infatti, ha raccolto un successo enorme, ma deve compattare il proprio schieramento di destra, fatto di partiti piuttosto eterogenei, come il partito di ultra-ortodossi, lo Shas[4], e cercare di ostacolare la possibilità che si formi un governo di minoranza composto dal partito di Gantz, da Yisrael Beiteinu, partito dei russofoni guidato da Avigdor Lieberman e dalla Lista Araba, che ha ottenuto 15 seggi nel parlamento di Gerusalemme. Bibi Netanyahu teme che le accuse di corruzione che lo porteranno a processo il prossimo 17 marzo, potranno scalfirne la popolarità guadagnata durante l’ultima tornata elettorale, pertanto vorrebbe cercare di formare il nuovo esecutivo nel più breve tempo possibile.
I recenti sviluppi della politica israeliana suggeriscono alcune riflessioni. Emerge una certa omogeneità tra gli schieramenti circa le politiche e le misure da intraprendere all’interno dello Stato. Emerge come il pilastro di ogni programma politico l’imperativo della sicurezza pubblica. Il conflitto arabo-israeliano sembra, ormai, essere sullo sfondo della politica israeliana ed entrambi i leader, Gantz e Netanyahu, hanno espresso il proprio sostegno nei confronti del “piano del secolo”[5] [6] presentato negli scorsi mesi dalla presidenza Trump. La soluzione dei due stati sembra essere tramontata, come dimostra il sostegno elettorale che i cittadini israeliani hanno garantito agli schieramenti più ostili a questa prospettiva. Blu e Bianco e Likud rappresentano i due volti della destra israeliana, che detta l’agenda politica israeliana e i loro programmi assecondano l’umore generale dei cittadini israeliani, che, secondo un sondaggio dell’Israel Democracy Institute, si dichiarano per il 63% di destra o centro- destra.
È, quindi, evidente che anche Israele si conforma al processo che vede la scomparsa dei partiti social-democratici, come sta succedendo ormai da qualche tempo in Europa. Il partito laburista israeliano, in alleanza con Gesher, partito centrista, ha ottenuto circa sette seggi, un risultato piuttosto esiguo. Infine, emerge come fronte di rappresentanza per gli arabi israeliani la Arab Joint List; questa si è storicamente battuta per una rappresentanza trasversale, ma nelle ultime elezioni ha dichiarato la volontà di candidarsi come nuova forza di sinistra nel panorama politico israeliano.
Il dato più rilevante delle elezioni del 2 marzo è stato l’affluenza che ha superato il 65 % e ha segnato un evento storico nella recente politica israeliana. I cittadini, infatti, hanno risposto positivamente agli appelli dei politici che li invitavano a recarsi numerosi alle urne e sarà più chiaro come Israele affronterà il problema della formazione di un nuovo governo, soprattutto nelle prossime settimane.
Note
[1] Bibi, così chiamato affettuosamente, è stato primo ministro dal al 1995 al 1999 e ricopre la medesima carica dal 2009.
[2] È un partito sionista israeliano, fondato nel 1973, che guida lo schieramento nazionalista e liberale della scacchiera politica israeliana.
[3] Byniamin Gantz è stato maggiore generale dell’esercito israeliano e ha svolto un ruolo attivo nella repressione della seconda intifada tra 2000 e 2002.
[4] Partito religioso Haredi con orientamento piuttosto conservatore
[5] Ci si riferisce alla proposta di soluzione del conflitto arabo-israeliano presentato lo scorso 28 gennaio. Il piano ha ricevuto numerose critiche da parte della comunità internazionale e ha causato numerosi scontri nei territori occupati.
[6] https://www.opiniojuris.it/deal-of-the-century-2/
Fonti
- Benn A., Netanyahu va all’attacco e vince, Internazionale per Haaretz, 4 Marzo 2020.
- De Martino C., Israele, Netanyahu vince ancora: cavalcare le paure paga sempre, Mondo, 5 marzo 2020.
- Harkov L., Netanyahu’s victory is an indictment of his indictment – Analysis, Jerusalem Post, 3 Marzo 2020.
- Miller D.A., Strike Three: How a Ruling Coalition Still Eludes Israel’s Netanyahu, Carnegie Endowment for International Peace, 5 marzo 2020.
- Nigro V., Elezioni Israele, la vittoria di Netanyahu ma resta l’incognita della maggioranza, La Repubblica, 2 Marzo 2020.
- Verter Y., Israel Election Results: With One Stroke of the Pen, Netanyahu Writes Off Half a Million Israelis, Haaretz, 6 Marzo 2020.