Dalle differenze normative alle conseguenze della pandemia.
La tutela lavorativa in Italia e in America a confronto
“Il lavoro nobilita l’uomo”.[1]
La concezione etico-giuridica del lavoro, della sua tutela e di quel che riguarda la normativa statale presenta enormi differenze tra le disposizioni in ambito italiano e americano.
Si è scelta una comparazione tra le due nazioni dati i legami storici che le legano, a partire dalle vicende migratorie transoceaniche della seconda metà del XIX secolo e dal sogno americano.
In Italia la tutela costituzionale in materia lavorativa è molto forte, per cui “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” (art.1 della Costituzione), nonché “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” (art.4).
La Repubblica “tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.” (art.35 Cost.), riconosce alle donne “gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.” (art. 36), garantisce e tutela l’organizzazione sindacale (art. 39), garantisce il diritto di sciopero (art. 40).
Un ruolo fondamentale è sicuramente svolto dalla Legge 20 maggio 1970, n. 300 “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”, aggiornato, da ultimo, con le modifiche apportate dal D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185.
I cambiamenti economico-sociali, le riforme politiche, la frammentazione del lavoro e le disuguaglianze del settore pubblico e privato hanno sicuramente indebolito l’efficacia normativa della legge. Si pensi ai ripetuti tentativi dei governi Berlusconi di abolire l’art.18, poi definitivamente snaturato dalla legge Fornero del 2012 e dal Jobs Act del 2014.
Nonostante ciò, la legge, ben nota come Statuto dei Lavoratori, non ha perso il suo valore simbolico e rimane tutt’oggi la base dei diritti fondamentali dei lavoratori.[2]
Si possono notare le differenze con il mondo americano. Le politiche per l’occupazione adottate negli Stati Uniti d’America sono considerate tra le più avanzate del mondo occidentale per la capacità di fornire risposte rapide, differenziate ed efficaci alle necessità di adeguamento delle forza lavoro. Il sistema produttivo, in larga misura basato sulla produzione di servizi, si caratterizza per una forte domanda di conoscenza e innovazione.[3]
L’impostazione generale dell’azione governativa si fonda sul decentramento della programmazione a livello locale e sulla presenza di un esteso sistema di raccolta e di elaborazione delle informazioni. Al livello federale si stanziano le risorse e si approvano i programmi presentati dagli Stati nei quali si definiscono i livelli di performance attesi nell’attuazione delle misure. La pianificazione e l’attuazione delle misure è di competenza, invece, delle autorità locali a cui è riconosciuto un ampio margine di autonomia.[4]
Un rapporto pubblicato dalla Voce dell’America ripreso poi a fini propagandistici da media cinesi e iraniani il 4 febbraio 2007 rivela che secondo uno studio svolto dalle università di Harvard e McGill, tra 173 paesi con redditi differenti, solo Stati Uniti, Lesotho, Liberia, Swaziland e Nuova Guinea non hanno previsto un reddito per la maternità.
Riconosciuta l’assenza di una legge federale univoca, in America ogni stato adotta delle proprie leggi a supporto della maternità.
Gli Stati Uniti sono uno dei tre paesi al mondo a non prevedere un congedo di maternità retribuito per legge, secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro. Solo il 17% delle donne ha accesso a un congedo retribuito, secondo le statistiche del Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti.[5]
Inoltre sono previste delle tutele per i nati dal 1° ottobre 2020 da lavoratori del Governo. La Casa Bianca ha tenuto un vertice dedicato all’argomento e recentemente ha approvato una legge per concedere a 12 milioni di lavoratori federali 12 settimane di congedo parentale retribuito.
In Italia, l’art. 37 della Costituzione sancisce che “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
Il “Testo Unico per la tutela e il sostegno della maternità e della paternità” emanato dal d.lgs. n.151/2001 e il d.lgs. n.80/2015, in attuazione del Jobs Act, ha apportato importanti modifiche alla disciplina dei congedi parentali.
Tuttavia il cammino da fare è ancora complesso: molte donne sono costrette a scegliere tra la carriera professionale e la famiglia a causa di ambiti lavorativi discriminatori e forti squilibri.
Per quanto riguarda le ferie annuali retribuite anche in questo caso non c’è una legge codificata, ma è il datore di lavoro a decidere in questi casi (sono denominati “accordi di vacanza”). I sindacati hanno fama di essere corrotti e poco efficaci. Non c’è una legge per stabilire il minimo ed il massimo delle ore lavorative. L’articolo conclude che le condizioni dei lavoratori americani siano tra le peggiori del mondo industrializzato.
Le differenze essenziali, inoltre, riguardano i principi di retribuzione.
L’ordinamento italiano introduce principi di proporzionalità e sufficienza ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione, così suddivisi:
a) il principio della proporzione fra retribuzione e quantità e qualità del lavoro svolto (principio della retribuzione proporzionata);
b) il principio secondo cui la retribuzione deve essere in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa (principio della retribuzione sufficiente o della retribuzione familiare). In America, la retribuzione netta del personale varia a seconda quindi dello stato dove il lavoratore svolge il suo lavoro, e delle condizioni familiari del personale [sposato, con o senza figli] e anche delle modalità con cui il lavoratore sceglie di fare la dichiarazione dei redditi. [6]
In Italia esistono pensioni minime, mentre un livello di salari minimi non è previsto da leggi nazionali, ma dalla contrattazione fra le parti sociali. Non è tuttavia obbligatoria la stipula di contratti collettivi, esistono imprese o tipologie di contratti di lavoro individuali cui non è applicabile nessun contratto collettivo, e quindi nessuna forma di salario minimo.
In America, invece, sebbene 29 stati americani abbiano già un salario minimo orario superiore a quello stabilito dalla legge federale a 7,25 euro l’ora, almeno in 47 Stati, secondo i dati del Bureau of Labor Statistics, un quarto di tutti i lavoratori guadagna meno di 15 dollari l’ora.
In un’epoca dove la flessibilità è il requisito fondamentale per adattarsi al cambiamento, l’italiano medio rimane fermo, granitico, nella convinzione che il posto fisso sia ancora la chimera, da desiderare sempre e comunque. Proprio come faceva Checco Zalone nel film “Quo Vado”. [7] Secondo un’indagine di Swg – società specializzata in progettazione e realizzazione di ricerche di mercato – il contratto stabile rimane fondamentale per un italiano su due (49 per cento) e importante, per quanto non prioritario per uno su tre.[8]
Il “posto fisso” è un concetto non rientra nella cultura americana e, se l’azienda decide che non ha più bisogno di un lavoratore, è libera di licenziarlo. L’unica sicurezza che avrà saranno le potenzialità e la voglia di lavorare, che porteranno il capo a salvare un soggetto e stroncare la carriera di altri.
Differenze sostanziali nel mondo sindacale
La tutela sindacale italiana e americana sono molto distanti. Le organizzazioni sindacali italiane innanzitutto devono contrattare e concordare con gli imprenditori il trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti, si ricordi la CGIL (Confederazione generale italiana del lavoro), la CISL (Confederazione italiana sindacati lavoratori), la UIL (Unione italiana del lavoro) e l’UGL (Unione generale del lavoro).
I progenitori dei sindacati americani, invece, furono i Knights of labor («Cavalieri del lavoro»), che si ispiravano alle gilde, le antiche corporazioni artigiane del Medioevo. Il più grande leader sindacale americano – Samuel Gompers, per 40 anni capo dell’AFL (American federation of labor «Federazione americana del lavoro») – era figlio di un sigaraio ebreo olandese con vaghe simpatie socialiste.[9]
Negli Stati Uniti il sindacato rimase ancorato al mestiere fino a metà degli anni Trenta del Novecento, quando il CIO (Council of industrial organizations «Consiglio delle organizzazioni industriali»), che riuniva i lavoratori comuni, si affermò grazie alla prima legge favorevole ai sindacati, il Wagner act, voluto dal presidente F. D. Roosevelt.
Ad oggi, il sistema sindacale americano è strutturato su base aziendale, all’interno del quale i dipendenti stessi (almeno il 30%) firmano petizioni per potersi organizzare in una “union”. I limiti di questo genere di struttura sono evidenti: rappresentatività limitata, diritti e benefit variabili a seconda dell’azienda in cui si lavora e crescita scarsa.[10] L’impianto prende il nome di “enterprise-level bargaining”.
Candidati come Bernie Sanders e Beto O’Rourke hanno dichiarato il proprio sostegno a un’organizzazione sindacale che non sia interna alle imprese, ma su scala nazionale. Tale passaggio da un cosiddetto “enterprise-level bargaining” a un “sectoral bargaining”, infatti, porterebbe vantaggi a tutti.
A New York i lavoratori dei fast food si sono coalizzati in una “commissione salariale” per richiedere uno stipendio minimo di 15 dollari l’ora.
Alcuni stati americani, come la California, il New Jersey e il Colorado hanno già schemi simili nel proprio sistema legislativo, mentre altri invece li prevedono solo per categorie particolari, come i minorenni.[11]
Un caso ad aver fatto scalpore è stato quello di Amazon. Il Retail, Wholesale and Department Store Union, il sindacato al quale i dipendenti di Amazon avrebbero dovuto aderire, ha annunciato il ricorso e accusato Amazon di aver violato i diritti dei lavoratori durante le votazioni, cercando di influenzarle illegalmente. Tuttavia solo il 16% dei lavoratori ha appoggiato l’iniziativa decretando che “non è Amazon ad aver vinto, sono stati i lavoratori a non aver scelto il sindacato”.
Gli effetti del Covid sul mercato del lavoro
La pandemia ha stravolto anche il mondo lavorativo. Il mercato del lavoro italiano è al momento fortemente danneggiato dalle conseguenze del Covid: il quadro presentato dall’ultimo Rapporto Istat ha evidenziato il calo più ampio nella serie storica dal 2004. Il tasso di occupazione della fascia 15-64 anni è salito al 58,9% solo nei primi due mesi dell’anno. In marzo, la diminuzione degli occupati ha riguardato soprattutto i dipendenti a termine e in parte gli indipendenti, mentre nei mesi successivi ha coinvolto tutte le categorie di lavoratori.
Questi dati confermano un preoccupante calo degli occupati, che ha interessato in particolare i più giovani e le donne, i lavoratori considerati più fragili. La riduzione è più accentuata per le donne (-1,5% solo nel mese di aprile), in confronto agli uomini, a motivo della loro maggiore concentrazione nel terziario, in particolare nei settori per i quali il periodo di lockdown è stato più prolungato.[12] Il D.L.137/2020 (cosiddetto decreto Ristori) ha introdotto una nuova disciplina, rideterminando il periodo di trattamenti di integrazione salariale e assegno ordinario che può essere richiesto da novembre 2020 a gennaio 2021.Infatti, esclusivamente per periodi intercorrenti tra il 16 novembre 2020 e il 31 gennaio 2021, l’art. 12 del D.L. 137/2020 prevede la concessione di un massimo di sei settimane dei suddetti trattamenti di CIGO e di assegno ordinario.[13] Va ricordato anche il decreto Sostegni (art. 8, co. 1, D.L. 41/2021) che ha previsto la possibilità di richiedere fino ad un massimo di 13 settimane di trattamenti di cassa integrazione ordinaria, da utilizzare per periodi compresi tra il 1° aprile 2021 e il 30 giugno 2021 e fino ad un massimo di 28 settimane, da utilizzare per periodi compresi tra il 1° aprile 2021 e il 31 dicembre 2021. Seguito dal decreto Sostegni-bis per cui i datori di lavoro delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia, e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili (in base a quanto disposto dall’art. 50-bis del D.L. 73/2021) possono richiedere fino ad un massimo di 17 settimane di trattamenti di cassa integrazione ordinaria, da utilizzare per periodi compresi tra il 1° luglio 2021 e il 31 ottobre 2021. [14]
Guardando gli Stati Uniti si può affermare, come spiegato dall’economista Fabrizio Pagani, che la pandemia ha frantumato il mercato lavorativo. Ad aprile 2021 sono stati creati solo 225 mila nuovi posti, se ne attendevano oltre un milione. Alla fine di giugno si è registrato il record di 10,1 milioni di disoccupati. A luglio circa 8,7 milioni di persone erano ufficialmente disoccupate. L’economia si è completamente ripresa nel secondo trimestre dalla forte perdita di produzione subita durante la recessione pandemica.[15]
Il New York Times ha esposto una serie di dati significativi esplicando che ad oggi il rapporto fra le aziende e i dipendenti si sta profondamente modificando e per la prima volta da moltissimi anni a vantaggio dei lavoratori.
“Le imprese stanno diventando più disponibili a pagare un po’ di più, a formare i dipendenti, a dare opportunità anche a persone senza titoli e a mostrare più flessibilità rispetto al luogo o alle modalità di lavoro”.
Sempre secondo il NYT, a marzo 2021 si è registrato un numero di posizioni aperte mai così alto dal 2000 e sono cresciute in modo rilevante sia le offerte rivolte a persone senza esperienza, sia quelle che promettono uno starting bonus garantendo più flessibilità nelle aziende.
In conclusione l’approccio normativo-giuridico adoperato dai due Stati e le conseguenze sono state varie. Tuttavia si può dire che le economie e i lavoratori beneficiano dei rapporti e del legami economici e accademici esistenti tra i due Paesi. Lo scambio bidirezionale di beni e e le relazioni, che spaziano dal commercio di beni di consumo e prodotti agricoli alla cooperazione nelle industrie della difesa, hanno stimolato la collaborazione in campi esterni all’economia, fra i quali la sicurezza e la tecnologia spaziale.
Note
[1] C.DARWIN
[2] https://lospiegone.com/2020/08/16/ricorda-1970-lo-statuto-dei-lavoratori/ [3]http://bancadati.anpalservizi.it/bdds/download?fileName=C_21_Benchmarking_208_documenti_itemName_0_documento.pdf&uid=919dded9-e6b8-483e-8fec-86ea5c82da21
[4] ibidem
[5]https://www.ilmessaggero.it/mind_the_gap/congedo_maternita_usa_mamme_al_lavoro_2_settimane_parto-5013570.html
[6] https://www.exportusa.us/costo-lavoro-statiuniti.php
[7]https://lapaginadifondo.wordpress.com/tag/italiani/
[8]https://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/conad/2018/08/19/news/il_lavoro_piu_ambito_e_quello_stabile_e_nel_settore_pubblico-203771595/
[9] https://www.ilfiloderba.it/xphc/quali-sono-i-sindacati
[10]https://www.morningfuture.com/it/2019/10/11/unions-for-all-sindacati-usa/
[11] ibidem
[12] https://www.fatebenefratelli.it/blog/crisi-economica-coronavirus-effetti-lavoratori-imprenditori-italiani
[13] https://temi.camera.it/leg18/temi/gli-interventi-in-materia-di-lavoro-del-decreto-legge-cura-italia.html
[14] https://temi.camera.it/leg18/temi/gli-interventi-in-materia-di-lavoro-del-decreto-legge-cura-italia.html
[15] https://www.agi.it/economia/news/2021-08-19/sussidi-usa-tornano-livello-precovid-13620532/
Foto copertina: Immagine web© REUTERS