“Il 2022 sarà un anno di cambiamenti” intervista ad Aldo Patriciello


In occasione delle imminenti elezioni del capo dello Stato, abbiamo incontrato Aldo Patriciello, Europarlamentare di Forza Italia, che si è espresso inoltre sulle priorità politiche nell’agenda europea e sull’importanza del dialogo nel centrodestra italiano. Berlusconi? “Il nostro insostituibile pilastro!”


 

Il 2022 “sarà un anno di cambiamenti” nel panorama politico italiano. Tra i vari appuntamenti: l’elezione del capo dello Stato e la votazione della nuova legge elettorale in vista delle elezioni politiche del 2023. Ne abbiamo parlato con Aldo Patriciello, Europarlamentare di Forza Italia e membro del Gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE).
La sua è una lunga carriera in politica, iniziata nel suo Comune, Venafro, per poi proseguire a livello regionale in Molise ed infine al Parlamento Europeo, dove viene eletto per la prima volta nel 2004 nella circoscrizione Italia meridionale. Patriciello attualmente è membro della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (ITRE) e membro sostituto della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI).

Aldo Patriciello, Europarlamentare di Forza Italia e membro del Gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE).

Patriciello ha sostenuto nelle sue politiche la messa in sicurezza del mercato unico digitale e la sua regolamentazione a livello europeo. La sua politica è quella di eliminare gli ostacoli che finora hanno frenato lo sviluppo dell’economia digitale creando un ambiente più favorevole allo sviluppo di un internet, più sicuro e rispettoso dei diritti e delle libertà fondamentali che consenta di aumentare la fiducia dei cittadini verso il web con l’istituzione di un mercato europeo integrato dei pagamenti tramite carte, Internet e telefono mobile. L’Eurodeputato Patriciello si dichiara inoltre favorevole alle recenti iniziative intraprese dalla Commissione nella lotta al cambiamento climatico e nel campo della salute.

Secondo diversi analisti, il processo di integrazione europea ha subito una battuta d’arresto dovuta alle diverse crisi che hanno colpito il nostro Continente: la crisi dell’Eurozona nel 2008, la crisi migratoria nel 2015, la Brexit. Lei crede che l’Unione Europea sia riuscita a trasformare il Covid-19 da crisi ad opportunità, ed in quali modalità?
L’intera storia del processo di integrazione europea è una storia di crisi trasformate in opportunità. La stessa dichiarazione Schumann, che è considerata l’atto di nascita di questo processo, è un esempio in tal senso. L’Ue ha sempre dimostrato di saper andare oltre le crisi del momento, talvolta con difficoltà, spesso con lungimiranza. E lo stesso è accaduto con questa pandemia. Solo pochi anni fa il pensiero di creare debito comune sarebbe stato fantascienza: oggi invece il NextGenerationEu è una realtà e l’Ue sta finanziando la ripresa economica del continente con un formidabile bazooka finanziario.

La Corte costituzionale polacca ha negato il principio del primato che garantisce la superiorità del diritto europeo rispetto ai diritti nazionali degli Stati membri, uno dei principi cardine dell’ordinamento giuridico comunitario. Non sembra quindi essere bastata la condizionalità sullo Stato di diritto che lega l’accesso ai fondi del Next Generation EU al rispetto dei valori comuni. Quali saranno le implicazioni di questa decisione senza precedenti, anche in termini di credibilità dell’Unione nel suo complesso?
Non è facile valutare le conseguenze di questa decisione. In molti pensano sia più una questione giuridica che politica: roba da esperti, insomma. Ma occorre fare molta attenzione a minare le basi della nostra comune casa europea. I criteri di Copenaghen sono ancora l’asse portante dell’integrazione europea e tra questi l’indipendenza del potere giudiziario da quello politico è di fondamentale importanza. Ad ogni modo sono sicuro che anche questa volta gli Stati membri e in primis la Polonia troveranno una soluzione.

Nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, la Presidente della Commissione von Der Leyen ha annunciato la volontà di fondare un’Unione europea della salute (settore in cui le competenze dell’Unione sono solo complementari a quelle degli Stati membri), lanciando il progetto di una nuova autorità europea della salute che renda l’Unione più resiliente e capace di rispondere alle emergenze sanitarie del futuro. Pensa che un ruolo più assertivo dell’Unione in questo ambito possa aiutare a colmare i gaps esistenti tra i diversi Stati membri, contrastando così anche il crescente euroscetticismo tra la popolazione dei paesi europei?
Penso proprio di sì. Se c’è una lezione che dovremmo aver imparato da questa pandemia è che nessuno si salva da solo, men che meno i singoli Stati membri. Non è un caso che in uno dei pochi settori in cui la competenza dell’Ue è quasi nulla, ovvero la sanità, si siano avuti enormi problemi nell’affrontare questa crisi. È fondamentale la creazione di un’Unione europea della salute: non è ammissibile che le cure mediche di un cittadino europeo siano così diverse nei vari Stati membri.

Onorevole Patriciello si è da poco conclusa la COP26, ventiseiesima conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si è tenuta a Glasgow. L’accordo raggiunto viene considerato da alcuni osservatori insoddisfacente ed imperfetto e da altri come il miglior compromesso raggiungibile nella lotta al cambiamento climatico. È importante ricordare come l’Unione europea si presenti ai negoziati delle COP con una posizione comune e non con obiettivi di singoli Stati membri. L’impegno europeo per la transizione energetica e la decarbonizzazione, tuttavia, non può essere replicato nei Paesi in via di sviluppo, e l’Ue rappresenta solamente l’8% delle emissioni globali. Quali soluzioni dovrebbe adottare pertanto l’Unione nella cooperazione con i Paesi terzi?
Qui entriamo in un tema a dir poco cruciale per il futuro non solo dell’Ue ma del mondo intero. E per farlo dobbiamo partire da un assunto tanto semplice quanto veritiero: non abbiamo un altro pianeta in cui vivere. Non c’è un “piano B”, dunque. I cambiamenti climatici cui stiamo assistendo non fanno altro che confermare l’esigenza di invertire la rotta una volta e per sempre. L’Ue è orgogliosamente in prima linea su questo fronte. Abbiamo lavorato moltissimo in Commissione ambiente in questi ultimi anni e siamo fieri dei risultati raggiunti. Il Green New Deal varato lo scorso anno trasformerà l’Unione Europea in una società giusta e prospera, con un’economia di mercato moderna e dove le emissioni di gas serra saranno azzerate, e la crescita sarà sganciata dall’utilizzo delle risorse naturali. Un cambiamento epocale, dunque. Resta da superare lo scoglio dei Paesi terzi, è vero. Ma le trattative per una cooperazione rafforzata in questo ambito sono a buon punto. Sono certo che si troverà un accordo per soddisfare le esigenze di tutti.

Negli ultimi anni la politica digitale è diventata un settore sempre più prominente all’interno dell’agenda politica europea, a maggior ragione dopo lo scoppio della pandemia e la necessità di ricorrere alle forme virtuali di comunicazione, lavoro, e diffusione dei contenuti. Il Next Generation EU ha l’obiettivo di lungo termine di rendere l’Europa anche più digitale. Che ruolo dovrà giocare l’Italia nell’implementazione di questo piano, considerando altresì le carenze delle nostre infrastrutture critiche ed il livello medio molto basso di competenze digitali della nostra popolazione? E cosa possono fare le imprese italiane per cogliere le opportunità previste dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza)?
La sfida del digitale è una delle priorità del prossimo decennio, senza dubbio. La Commissione ha pubblicato nel luglio 2020 l’Agenda per le competenze, un documento che fissa gli obiettivi da raggiungere sul capitale umano entro il 2025. Tra questi, vi è quello di allargare la quota della popolazione europea in possesso di competenze digitali di base del 25%. Questo vorrebbe dire che entro il 2025 circa 230 milioni di persone nell’Ue dovrebbero possedere queste competenze. Sotto questo aspetto il ruolo delle imprese sarà fondamentale nei prossimi anni e il PNRR è il pilastro su cui costruiremo la capacità di innovazione del nostro Paese.

Il 2022 si preannuncia un anno di cambiamenti per la politica italiana, ci sarà l’elezione del Presidente della Repubblica, dovrà essere votata la legge elettorale con i partiti che si prepareranno alle elezioni del 2023. Come si presenta il centrodestra a questi appuntamenti?
Sarà un anno di cambiamenti. L’elezione del capo dello Stato rappresenta da sempre un momento spartiacque per la politica italiana e anche questa volta sarà così. Mi auguro però che tutti abbiano il senso di responsabilità per non buttare a mare quanto di buono è stato fatto fino ad ora, sia sul fronte del contrasto alla pandemia, sia sotto l’aspetto economico, visto che finalmente l’economia italiana fa registrare segnali di ripresa.  Il centrodestra arriva a questo appuntamento con le carte in regola, questo è certo.

Restando sull’elezione del Presidente della Repubblica. Berlusconi sarebbe il candidato ideale?
Io credo che in questo momento l’ultima cosa da fare sia giocare al toto-candidato. Non serve a nessuno. Il Presidente della Repubblica rappresenta l’unità politica del Paese. Mi auguro che si possa scegliere il sostituto di Mattarella con una scelta ampiamente condivisa: sarebbe un ottimo segnale di unità politica nell’interesse del Paese.

Secondo molti osservatori, è necessaria la creazione di un nuovo contenitore centrista moderato europeista capace di raggruppare popolari e riformisti. Patriciello crede che sia arrivato il momento di sganciarsi da un centrodestra a trazione populista?
Il centrodestra italiano, come avviene in tutta Europa, ha tante anime. Forza Italia rappresenta il cuore pulsante, la parte moderata e saldamente europeista senza la quale il centrodestra non avrebbe motivo di esistere. Sarebbe solo “destra”, senza centro. Con gli alleati c’è un dialogo continuo su questi temi, in passato come adesso. E questa è una ricchezza, non certo un problema.

Patriciello Forza Italia come partito sarà in grado di sopravvivere a Berlusconi?
Non ce n’è bisogno. Il Presidente è ancora saldamente al comando. È il nostro insostituibile pilastro.


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Foto copertina: Bandiere al Parlamento Europeo