Il 13 novembre, l’Egitto è stato esaminato per la terza volta secondo l’Upr presso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha formulato ben 373 raccomandazioni, a cui probabilmente non ci sarà seguito. Una situazione allarmante che coinvolge anche l’Italia che viene accusata di non fare abbastanza per la scarcerazione del ricercatore Patrick Zaky.
Il 7 febbraio 2020, il 27enne l’attivista e ricercatore egiziano Patrick George Zaky viene prelevato dagli agenti dell’Agenzia di sicurezza nazionale egiziana all’aeroporto del Cairo e arrestato.
È poi apparso davanti alla corte di Mansoura, sua città natale, dove i pubblici ministeri hanno ordinato la detenzione preventiva contestandogli i reati di “istigazione a proteste e propaganda di terrorismo sul proprio profilo Facebook”, cioè di aver pubblicato notizie false con l’intento di disturbare la pace sociale, di aver incitato proteste contro l’autorità pubblica, di aver sostenuto il rovesciamento dello stato egiziano usando i social network e di aver istigato alla violenza e al terrorismo[1].
Zaky frequenta un master internazionale in Studi di genere all’università di Bologna ed è attivista presso l’ONG “Egyptian initiative for personal rights”, Eipr.
Il ragazzo era partito da Bologna per trascorrere un breve periodo di vacanza per poi non fare più ritorno.
Da allora sono passati 10 mesi ma nessuna petizione, protesta o flash mob sono riusciti ad esercitare una pressione tale da portare ad una sua scarcerazione da parte del governo egiziano[2].
A preoccupare sono anche le condizioni in cui, questa detenzione sta avvenendo; non gli è stato permesso, per mesi, di ricevere visite dall’esterno, non gli è stato consentito di presenziare ai processi, e il carcere in cui si trova è noto per le pessime condizioni in cui i detenuti versano. Una situazione critica sotto diversi i punti di vista, su cui non si può continuare a tergiversare[3].
Durante l’ultima udienza, il 7 dicembre 2020, il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del Cairo, in Egitto, ha deciso che Patrick dovrà restare in carcere altri 45 giorni, mentre tutti i dirigenti dell’Eipr Mohamed Basheer, Karim Ennarah e Gasser Abdel-Razek sono stati liberati su ordine della procura del Cairo.
“Le recenti decisioni sono deludenti come al solito, senza una ragione comprensibile. Ho ancora problemi alla schiena e ho bisogno di forti antidolorifici e di qualcosa per dormire meglio”, “il mio stato mentale non è un granché dall’ultima udienza”.
Queste sono solo alcune delle sue parole, dal carcere di Tora, in una lettera datata 12 dicembre 2020 che la famiglia ha ricevuto e che è stata poi pubblicata sulla pagina Facebook “Patrick Libero” esprimendo la loro “grave preoccupazione per la salute mentale e fisica di Patrick”[4].
In Italia non si è imparato nulla; sembra che l’agghiacciante parallelismo con la vicenda di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso dal regime egiziano nel 2016, e sulla cui morte ancora non si è fatta chiarezza, non basti ad intraprendere azioni più concrete.
Appare doveroso ricordare come la procura di Roma abbia chiesto da mesi che il Cairo procedesse ad indagare gli agenti della NSA egiziani che nel nostro paese sono indagati per omicidio; l’impressione è che non ci siano state vere e proprie azioni volte a mettere alle strette il regime egiziano che risponde soltanto con silenzi, menzogne e depistaggi.
È stato quindi necessario invocare l’aiuto dell’Unione Europea che il 18 dicembre 2020 ha approvato una risoluzione in cui, citando come esempi i casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki, ha chiesto un’indagine trasparente e indipendente sulle violazioni dei diritti umani in Egitto, per assicurare che i responsabili siano chiamati a risponderne[5].
Trattasi però di una risoluzione non vincolante e la discussione è rimandata al prossimo Consiglio dei ministri degli Esteri previsto per il 25 gennaio 2021. Si spera quindi che sia l’alto valore simbolico del voto in plenaria a convincere le diplomazie dei Paesi europei a prendere decisioni più efficaci. Tuttavia, gli interessi nazionali degli Stati membri sono in conflitto tra loro e le agende economiche rispondono ad altre priorità[6].
Partendo proprio dall’Italia e dalla controversa ratifica della vendita da parte di Fincantieri, di due fregate Fremm, al governo egiziano, dal valore complessivo di 1,2 miliardi di euro, come parte di un accordo che prevede la vendita futura di altre quattro fregate[7]. Ma anche il recente caso francese non è esente dal destare un senso di indignazione generale: la Francia di Emmanuel Macron ha infatti addirittura insignito il presidente egiziano Al-Sisi con la Legion d’Onore francese (uno delle più alte onorificenze del Paese) il 7 dicembre scorso, in quella che doveva essere una cerimonia segreta ma finita ben presto sulle prime pagine europee.
Il presidente Macron ha poi pragmaticamente dichiarato che la Francia non condizionerà le vendite di armi all’Egitto per motivi di diritti umani[8].
Ma giungiamo al problema principale: siamo di fronte ad un paese, l’Egitto, che ha grossi problemi nel rispetto di diritti umani. Amnesty International denuncia sistematicamente come le autorità facciano ricorso a misure repressive contro manifestanti e presunti dissidenti, tra cui sparizioni forzate, arresti di massa, tortura e altri maltrattamenti, uso eccessivo della forza e pesanti provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Secondo il loro rapporto “Permanent State of Exception”, il ruolo della cosiddetta Procura suprema per la sicurezza dello Stato (SSSP), un ramo speciale del pubblico ministero responsabile di perseguire i crimini che riguardano la “sicurezza dello Stato”, ha subito una significativa espansione nel sistema giudiziario egiziano. Le autorità lo giustificano come risposta ad attacchi violenti da parte di gruppi armati nel paese ma in realtà la SSSP svolge un ruolo centrale nella repressione guidata dalle autorità egiziane, con i pubblici ministeri che violano regolarmente il diritto alla libertà e un processo equo. Sono responsabili della detenzione arbitraria di centinaia di persone e complici di gravi violazioni perpetrate da funzionari della NSA.
Il sistema messo in atto consiste spesso nell’usare il pretesto dell’antiterrorismo per imprigionare e mettere a tacere i critici e gli oppositori o presunti tali facendo sì che vengano detenuti per mesi e talvolta anni, sulla base di documenti segreti delle indagini della NSA. Queste violazioni hanno un impatto più ampio su altri diritti, tra cui il diritto alla libertà di espressione, associazione e assemblea, e il diritto alla partecipazione politica creando un senso pervasivo di paura[9].
Il clima è addirittura peggiorato in seguito alle proteste di piazza del 20 settembre scorso dopo che sono stati resi pubblici alcuni video che accusavano di corruzione il presidente e i militari egiziani. In risposta, centinaia di persone hanno manifestato nelle strade della capitale Il Cairo, Alessandria così come in altre località portando ad un’enorme ondata di arresti. E in una tale situazione, l’immobilismo delle diplomazie europee parla da sé, Patrick Zaky rimane in carcere, Giulio Regeni non ha ancora avuto giustizia e il massimo che si fa è indignarsi.
Note
[1] Il Post, “Patrick Zaki dovrà restare in carcere altri 45 giorni”, 7 dicembre 2020. https://www.ilpost.it/2020/12/07/patrick-zaki-carcere-udienza/
[2] ISPI, “Egitto: Patrick Zaky e vecchi fantasmi”, 12 febbraio 2020.https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/egitto-patrick-zaky-e-vecchi-fantasmi-25057?gclid=Cj0KCQiAuJb_BRDJARIsAKkycUnhl9Ehv5zkvQaF_P8EN7ptQj5IjLc6asoggs0C8xwMN2JLUKaSyhwaAvFZEAL w_wcB
[3] Mastrodonato L., “Sul caso Patrick Zaki la politica italiana non può più perdere tempo”, 8 ottobre 2020, Wired. https://www.wired.it/attualita/politica/2020/10/08/patrick-zaki-rinnovo-detenzione/
[4] La Repubblica, “Lettera di Patrick Zaky alla famiglia: “Sto male, detenzione incomprensibile”, 12 dicembre 2020, https://bologna.repubblica.it/cronaca/2020/12/12/news/zaki_lettera_sto_male-278063302/
[5] La Repubblica, “Europarlamento, sì alla risoluzione: “L’Egitto liberi Zaki e collabori con l’Italia sul caso Regeni”, 18 dicembre 2020. https://www.repubblica.it/esteri/2020/12/18/news/egitto_di_maio_trattiamo_il_caso_zaki_come_se_fosse_italiano_ -278920219/
[6] Bosco F., “L’Unione europea e l’Egitto di al-Sisi, tra la sete di giustizia e i limiti imposti dalla realpolitik”, 19 dicembre 2020, Open. https://www.open.online/2020/12/19/unione-europea-e-egitto-di-al-sisi/
[7] Gennaro A., “Navi all’Egitto, i genitori di Regeni: «Traditi dal fuoco amico». Amnesty e Rete Disarmo pronte a denunciare il governo”, 12 giugno 2020, Open. https://www.open.online/2020/06/12/navi-allegitto-amnesty-e-rete-del-disarmo-pronte-a-denunciare/
[8] Al Jazeera, “Macron rejects calls to get tough with Egypt’s el-Sisi on rights”, 7 dicembre 2020. https://www.aljazeera.com/news/2020/12/7/macron-rejects-calls-to-get-tough-with-egypts-sisi-on-rights
[9] Per approfondimenti: https://d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2019/11/26155138/Egypt-Report-English.pdf
Foto copertina: Immagine web