Quale applicazione e quali implicazioni geopolitiche della Belt and Road Initiative per l’America Latina e i Caraibi?
Nel settembre 2013, come corollario alla volontà diplomatica di promuovere la Cooperazione Sud – Sud, la Repubblica Popolare Cinese guidata del presidente Xi Jinping, ha presentato al mondo, e promosso, la realizzazione di una moderna Via della Seta, nota in inglese con il nome di Belt and Road Initiative (BRI). Alle spalle del nuovo megaprogetto c’era l’ambizione cinese di confermare e saldare il proprio ruolo di super potenza mondiale, migliorare le infrastrutture, facilitare gli scambi commerciali internazionali e le comunicazioni con la Cina. Tutto ciò ha reso la BRI una rilevante e considerevole iniziativa di politica estera internazionale, tesa a incrementare la leadership cinese in un contesto internazionale segnato dal declino egemonico statunitense. In origine, il piano riguardava importanti investimenti infrastrutturali pensati per facilitare i commerci tra Cina e Europa, Africa orientale e il resto dell’Asia.
A partire dal 2016, però, l’ambito geografico della Belt and Road è stato esteso includendo l’America Latina e i Caraibi – coinvolgendo in particolare: Brasile, Perù, Cile, Argentina, Venezuela, Messico, Ecuador, Uruguay e Costa Rica.
Il pieno e ufficiale coinvolgimento è poi arrivato nel 2017 – parallelamente al riconoscimento diplomatico della Repubblica Popolare Cinese da parte dei paesi dell’America Centrale[1] – in occasione del primo forum della Belt and Road Initiative. Durante l’incontro, il presidente Xi Jinping ufficializzò formalmente l’invito ai paesi dell’America Latina e Caraibi ad unirsi alla Belt and Road[2]. La svolta diplomatica è da intendersi in collegamento con la volontà di promuovere una “partnership strategica strutturale”, utile a promuovere un maggiore livello di cooperazione economica, tecnologica, culturale e politica. L’allargamento può, inoltre, essere interpretato in concerto con quanto annunciato nel Secondo Libro bianco della Cina per l’America Latina e Caraibi, in cui si ribadiva l’importanza della formula della “Cooperazione Sud – Sud”[3]. In particolare dal documento emerge la volontà cinese di approfondire una relazione con i paesi latinoamericani e caribici, sulla base di tre pilastri:
1) Consolidamento dei sistemi multilaterali di commercio;
2) Promozione di una riforma di governance globale, con un focus sulle istituzioni economiche multilaterali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale;
3)Costruzione di un sistema economico rinnovato, in grado di fare da contraltare a una politica statunitense sempre più ripiegata su sé stessa[4].
La “Belt” in cui si fa riferimento nel progetto originario è costituita da autostrade e ferrovie (e in alcuni casi oleodotti e gasdotti) utili a collegare la Cina: all’Europa attraverso l’Asia centrale; a Singapore attraverso il sud-est asiatico continentale; al Golfo del Bengala attraverso il Myanmar; al Mar Arabico attraverso il Pakistan. La “Road”, invece, fa riferimento alla possibilità di costruire collegamenti marittimi attraverso la costruzione o la ristrutturazione di porti, in modo da semplificare il trasporto di merci attraverso l’Asia, l’Europa e l’Africa. Ben presto è stato chiaro, tuttavia, che la BRI avrebbe rappresentato anche più di questo[5]. Dopo quasi un decennio dal suo lancio, infatti, è evidente come il progetto non riguardasse solo le infrastrutture, ma rispondesse alle esigenze di un’economia in rapida espansione come quella cinese, in una fase di transizione da una dimensione manifatturiera con proiezione globale a un paese industrialmente avanzato. La BRI ha, pertanto, consentito di affrontare contemporaneamente importanti sfide, e ciò è evidente dalla varietà dei progetti che è arrivata ad abbracciare. Parliamo di un variegato ventaglio di investimenti multilivello che coinvolgono: il settore minerario e estrattivo; la produzione e commercializzazione di materie prime; il settore infrastrutturale per ciò che concerne l’urbanistica, la costruzione di aeroporti e le raffinerie di petrolio[6]. Per quanto riguarda più specificatamente l’area latinoamericana, la BRI risponde a tre obiettivi essenziali per l’economia cinese: 1)Garantirsi l’accesso alle materie prime, sia agricole che minerarie, considerate strategicamente essenziali. È questo il caso, ad esempio, del litio e del cobalto riccamente presenti in Cile e Argentina e fondamentali per l’industria tecnologica e informatica (es. batterie di cellulari e computer); o della soia argentina e del petrolio venezuelano.
2)Acquisire nuovi mercati per le esportazioni di merci cinesi, in modo da espandere e diversificare la propria produzione e non connotarsi più per l’assemblaggio di prodotti o con la sola produzione di merci a basso costo.
3)Ricercare nuovi mercati di sbocco per le riserve di valuta estera presenti nel paese. Ciò in modo da creare opportunità di investimento all’estero al fine di evitare che la grande quantità di riserve estere accumulate attraverso il surplus commerciale possa portare sia ad una svalutazione dell’asset accumulato, che ad un elevata concentrazione di capitale in un’unica area del mondo. Quest’ultimo aspetto potrebbe, infatti, surriscaldare l’economia cinese innescando nuove crisi economiche.
Complessivamente l’intero progetto ha potuto contare su una serie di fattori che ne hanno reso favorevole l’accoglienza, facilitando l’interscambio con i singoli governi nazionali. Innanzitutto le risorse finanziarie impiegate per la realizzazione dell’iniziativa, le quali costituiscono un notevole incentivo per chi deciderà di prendervi parte. Pur sapendo che i progetti firmati tra Pechino e le controparti estere sono tradizionalmente riservati rendendo indisponibili dei dati ufficiali, alcune stime disponibili possono fornirci delle indicazioni di massima. La maggior parte delle valutazioni, infatti, suggerisce che la BRI abbia mobilitato risorse nell’ordine di 1 trilione di dollari, mentre altre le portano fino a 8 trilioni[7]. Un secondo fattore, connesso al primo, farà riferimento all’assenza di condizionalità nei prestiti concessi. In questo senso, le istituzioni dedicate alla realizzazione della BRI come l’Asian Infrastructure and Investment Fund, il Silk Road Fund, la China Investment Bank e ad altre banche commerciali cinesi hanno reso disponibili i fondi attraverso procedure semplificate per i partecipanti. In questo senso, contrariamente ai prestiti erogati dalle Istituzioni Finanziarie Internazionali e dalle banche d’affari regionali, i prestiti connessi alla BRI sono approvati senza alcun tipo di vincolo per i riceventi. Tali prestiti, pertanto, non saranno subordinati all’adozione di specifiche riforme in materia economica, né richiederanno il rispetto di principi e normative in materia di ambiente e diritti umani, come accade invece nel caso dei prestiti concessi dalla Banca Mondiale o dal Fondo Monetario Internazionale.
A partire dal coinvolgimento latinoamericano nella BRI, è stata rilevata una notevole accelerazione nei dialoghi fra i governi, le banche e le aziende di ambo le parti. Ciò ha fatto sì che progressivamente, man mano che i singoli accordi di cooperazione venivano stipulati, si registrasse un considerevole aumento degli investimenti cinesi per la costruzione di infrastrutture (porti, strade e ferrovie) in modo da consolidare la strategia di penetrazione cinese in America Latina, con l’ambizione di connettere quest’area con il resto del mondo.
In particolare per ciò che riguarda la gestione dei porti, la strategia cinese si è confermata multisettoriale, volta a coinvolgere principalmente i paesi del Cono Sud. In questo senso, Pechino ha portato avanti un approccio teso sia al controllo e alla sovraintendenza dell’intero processo di costruzione e messa in funzione di nuovi porti, che all’acquisto di strutture portuali preesistenti. È questo il caso, ad esempio, dell’acquisizione dell’azienda brasiliana Nidera da parte della China National Cereals, Oil and Foodstuffs Coproration (COFCO) per i porti di Santos (Brasile) e Rosario (Argentina). Per ciò che concerne gli investimenti cinesi nel settore infrastrutturale tra gli stati coinvolti spicca la Bolivia – con la costruzione di strade, ponti e centrali idroelettriche – seguita poi dalla Giamaica e dal Brasile. Nel settore si registra la centralità della compagnia cinese Harbour Engineering, la più attiva fra tutte quelle presenti in America Latina, la quale opera principalmente a Panama, in Messico e nelle Bahamas[8]. Resta, invece, esclusa da ogni tipo di progetto o provvedimento legato alla BRI, la gestione dei pescherecci (legali e illegali) battenti bandiera cinese presenti ai margini della Zona Economica Esclusiva[9] (ZEE) – dunque al confine tra la ZEE e Alto mare – argentina e cilena[10]. Complessivamente la Belt and Road Initiative si conferma – sia nella sua versione originaria che in quella più estesa – uno degli strumenti medianti i quali la Cina sta cementando la sua presenza nell’area latinoamericana sovvertendo e sostituendo progressivamente, l’influenza statunitense. Ciò ha portato ad una modificazione delle relazioni con l’estero e ad una consistente capacità di influenzare, sia in maniera positiva che in maniera negativa, i processi di sviluppo interno ai singoli paesi latinoamericani. Se da un lato, infatti, sono tangibili i vantaggi economici legati a questo tipo di progetto, dall’altro sono altrettanto evidenti le criticità. In questo senso, la strategia cinese perseguita in America Latina rischia di amplificare una dinamica di dipendenza legata al commdity consensus, la quale potrebbe rendere le strutture economiche nazionali – se scarsamente diversificate – particolarmente vulnerabili in caso di crisi economica cinese. Tutto ciò, dunque, contribuisce a produrre una relazione asimmetrica tra le due parti, anche a causa dell’elevatissimo potere economico cinese, rendendo la Cooperazione Sud – Sud un mero strumento diplomatico, volto a riproporre un meccanismo centro – periferia. È, inoltre, opportuno tenere a mente che la penetrazione economica e commerciale cinese in America Latina non ha contribuito né allo sviluppo né all’incremento dei posti di lavoro ma ha, al contrario, portato ad un ulteriore approfondimento e a una rinnovata applicazione del modello estrattivista e neo – estrattivista[11].
Note
[1] {Ad oggi il memorandum d’intesa fra le parti include nell’iniziativa globale anche Panama, Bolivia, Antigua e Barbuda, Trinidad e Tobago e Guyana}.
[2] {Cfr. G. Lechini e M. N. Dussort, “Le relazioni dell’America Latina con la Cina e l’India”, in R. Nocera e P. Wulzer (a cura di), L’America Latina nella politica internazionale, Carocci, Roma, 2020, p. 156 }.
[3] {La formula della “Cooperazione Sud – Sud” è inoltre alla base del Piano di Cooperazione fra la Cina e la Comunità di Stati latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) per il quinquennio 2015 – 2019. Secondo il quale: commercio, investimenti e cooperazione finanziaria sarebbero state delle essenziali forze motrici per favorire il multilateralismo}.
[4] {Cfr. G. Lechini e M. N. Dussort, op. cit., p. 155}.
[5] {Cfr. Xi Jinping, “Work Together to Built the Silk Road Economic Belt and 21th Century Maritime Silik Road”, Discorso all’ Opening Ceremony of The Belt and Road Forum for International Cooperation, 14 maggio 2017}.
[6] {Cfr. Y. Jie e J. Wallace, “What is China’s Belt and Road Initiative (BRI)?”, Chatam House, 13 settembre 2021}.
[7] {Cfr. J. E. Hillman, “How Big is China’s Belt and Road?”, Center for Strategic and International Studies, 3 Aprile 2018}.
[8] {Cfr. G. Lechini e M. N. Dussort, op. cit., pp. 156-157}.
[9] {Istituita dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982. Prevede che lo Stato costiero abbia, fino a 200 miglia dalla costa, il monopolio sullo sfruttamento economico (tutte le utilità presenti nell’acqua, nel suolo e nel sottosuolo marino) senza incidere sulla libertà di navigazione}.
[10] {A causa della sempre maggiore presenza cinese, Cile e Argentina hanno, rispettivamente, inventato l’istituto del Mar Presencial e Miglio 201. Un’ampia a porzione di Alto mare in cui i due paesi sono presenti, attraverso la Marina Militare, per vigilare su ciò che accade in modo da riservarsi il diritto di intervenire militarmente qualora dovesse accadere qualcosa di particolarmente nocivo per le economie nazionali}.
[11] {Cfr. Ivi, p. 166}.
Foto copertina: La Belt and Road in America Latina