Dalla “sempreverde” vicinanza alla Russia all’equilibrismo nelle relazioni con l’Occidente
Introduzione
La Bielorussia (detta anche Russia bianca) è un paese incastonato tra Polonia a Ovest, Lituania e Lettonia a Nord, Russia a Est e Ucraina a Sud.
I suoi 9 milioni e mezzo di abitanti sono distribuiti in un territorio che misura circa 2/3 dell’Italia e 1/83 della Russia, con una popolazione che si concentra principalmente nelle poche grandi città presenti, soprattutto nella capitale Minsk.
Nazione sostanzialmente agricola, è dominata da distese di campi coltivati e aree boschive. Nonostante ciò, non mancano anche eccellenze in campo industriale e tecnologico (spesso grazie a joint-venture con partner stranieri).
Il passato sovietico non è mai stato rinnegato (al contrario di altre nazioni limitrofe, almeno da una parte delle élite) né dai governanti né da un significativo numero di cittadini.
Simboli comunisti e ricordi del periodo pre-1989 sono presenti su tutto il territorio nazionale, spesso posti in grande risalto (come dimostra, ad esempio, la statua di Lenin davanti al Palazzo del Governo in Piazza Indipendenza).
Una certa fierezza e orgoglio per la propria storia si ritrovano comunemente nel popolo bielorusso, anche se ciò non impedisce ad esso di sentirsi molto legato anche al cristianesimo ortodosso.
Il paese è retto da un “uomo forte”, il Presidente Aleksandr Lukašenko, il quale detiene il potere dal 1994 senza interruzioni. In Occidente è sovente definito come “l’ultimo dittatore d’Europa”.
Egli è riuscito a porre in essere una transizione “dolce” tra l’esperienza sovietica e l’indipendenza, “riscoprendosi” anche uomo vicino alla chiesa ortodossa (per motivi personali ma soprattutto politici).
Per Costituzione, la Bielorussia è una Repubblica che garantisce ampi poteri al Presidente (eletto ogni 5 anni a suffragio universale), con un Parlamento bicamerale composto da 174 membri. Le lingue ufficiali sono il bielorusso e il russo.
Per la sua posizione geografica, indiscutibilmente strategica, il paese è corteggiato sia a est che ad ovest, con la Russia da un lato e l’Unione Europea dall’altro (quest’ultima in accordo con gli USA) che non vogliono lasciare un territorio decisivo per la stabilità e il benessere di tutta l’area.
A “ingarbugliare” ancora di più la situazione geopolitica è il crescente ruolo di Pechino, con il faraonico progetto della “Belt and Road Initiative” che tocca anche il paese con capitale Minsk. In particolar modo, il “Great Stone Industrial Park” (ossia una Zona Economica Speciale sorta nel distretto di Smolevichsky) è la realizzazione concreta di una rinnovata e più intensa relazione tra i due stati, con il Vice Direttore di questo parco industriale che, in una recente dichiarazione, ha sottolineato quanto segue: “Tutti comprendiamo che l’economia bielorussa deve svilupparsi. Abbiamo bisogno di nuove tecnologie e nuove competenze, che si aggiungono agli investitori stranieri. A lungo termine, il Great Stone Industrial Park sarà in grado di fornire circa tra il 3 e il 5% del PIL della Bielorussia. E penso che si tratti di cifre decisamente buone”[1].
Il partenariato strategico Bielorussia-Russia e le difficili relazioni Minsk-Bruxelles
Come accennato in precedenza, il passato fraterno con la Russia, i loro interessi comuni e le rispettive posizioni geografiche fanno di questi due stati dei partner sostanzialmente e profondamente indivisibili, a meno di stravolgimenti su larghissima scala e che vedano decisamente e duramente coinvolte le grandi potenze del globo.
Chiunque possa pensare di “sfilare”, con una certa semplicità e naturalezza, la Bielorussia dal rapporto privilegiato con l’alleato russo fa un grandissimo errore. Non solo le classi dirigenti, ma anche una grande parte del popolo bielorusso si sente legato al suo vicino e difficilmente accetterebbe un cambio repentino di regime volto a stravolgimenti eclatanti sul piano interno ed internazionale, “modello Ucraina” (la recente inaugurazione del monumento al “soldato sovietico” a Rzhev, presieduta da Putin e Lukašenko in persona, rafforzano tali considerazioni).
A tal proposito è da sottolineare come le proteste post elezioni del 9 Agosto 2020 non hanno mai avuto, nella grande maggioranza delle persone scese in piazza, uno stampo nazionalistico di destra e anti-russo (riscontrabile più decisamente a Kiev nel 2013-2014).
Ciò è spiegabile anche con i seguenti dati:
- La quasi totalità dei bielorussi parla fluentemente il russo. A tal proposito, in una recente indagine è stato dimostrato come il 43% della popolazione consideri il russo addirittura come lingua madre e solo il 3% parli abitualmente solo il bielorusso[2].
- Il Patriarca Kirill è riconosciuto capo della chiesa ortodossa anche in Bielorussia.
- Gli scambi culturali, di studio e in moltissimi altri ambiti sono all’ordine del giorno fra i due paesi.
Ovviamente, anche a livello politico-economico-militare le relazioni sono eccellenti:
- La Russia è il principale partner commerciale della Bielorussia, nonché il primo fornitore di materie prime.
- Mosca sovvenziona finanziariamente l’alleato, anche attraverso l’acquisto di molti titoli di debito pubblico[3].
- Minsk esporta in Russia il 38,4% del suo totale, mentre importa dalla Russia il 60% del suo fabbisogno.
- Gli scambi bilaterali sono aumentati di 5,4 volte rispetto al 1996, toccando quota 40 mld di dollari.
- La Russia esporta maggiormente petrolio, automobili, acciaio e gas, mentre la Bielorussia latte e derivati, camion, carne, auto, trattori e accessori per questi ultimi[4].
- Si svolgono periodicamente delle esercitazioni militari congiunte.
- Entrambi i paesi fanno parte dell’Unione Economica Eurasiatica, della Comunità degli Stati Indipendenti (sorta dalle ceneri dell’URSS) e dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO).
Il legame più forte tra queste due nazioni, però, è dimostrato dall’esistenza dell’“Unione Russia-Bielorussia”, ossia un’entità sovrastatale nata nel 1996 che ha come obiettivo quello di creare una Federazione sul modello dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (con l’idea e l’ipotesi, soprattutto da parte russa, di sviluppare questa Unione fino alla creazione di un unico stato). Ad oggi, l’organo di più alto livello di questa Unione è il Consiglio Supremo (composto dalle massime cariche istituzionali di entrambi i paesi)[5]. Grazie all’esistenza di questo organismo avviene un dialogo su tutti i campi di interesse reciproco.
A tal proposito, alcune delle incomprensioni occorse negli ultimi anni sono state risolte (o sono in via di risoluzione) anche grazie al dialogo garantito da questa Unione (oltreché alle proteste di piazza dopo le elezioni del 9 Agosto che, come spiegherò meglio nelle righe seguenti, hanno fatto rapidamente assorbire, almeno per il momento, i dissapori tra i Presidenti bielorusso e russo).In particolar modo, le questioni che hanno creato i maggiori attriti sono state (e in parte sono ancora) due:
- L’annessione della Crimea da parte della Russia, vista con preoccupazione da Minsk e che ha necessitato chiarimenti importanti fra Putin e Lukašenko.
- Le forniture russe di gas e petrolio, a prezzi più che agevolati, alla Bielorussia. Mosca e Minsk vogliono rivedere totalmente questa situazione, per ora congelata fino al 2022, anno nel quale sarebbe anche prevista un’unità più “corposa” tra i due stati (riguardante, in primo luogo, la moneta, la politica estera e quella di difesa)[6].
Peccato che le aspettative sulla revisione dei prezzi siano opposte: la Russia è per alzarli e la Bielorussia per diminuirli.
In questo contesto, l’Unione Europea (con il sostegno interessato di Washington) ha sempre cercato di “incunearsi” nelle contraddizioni e nelle difficoltà delle relazioni Russia-Bielorussia, tentando così di sfilare a Mosca anche l’ultimo grande alleato in Europa (dopo gli accadimenti occorsi in Ucraina).
A questo interesse occidentale talvolta si è appoggiato lo stesso Presidente bielorusso, da un lato per non rompere definitivamente i rapporti con questa parte di mondo (ricca e utile per l’economia del paese) e dall’altro per “strappare” migliori condizioni all’alleato russo.
Questa politica di Lukašenko, intrisa di pragmatismo, si è rivelata fino ad oggi tutto sommato positiva per la sua nazione, sia per il relativo benessere interno che per il ruolo significativo del paese a livello regionale, dimostrato concretamente quando Minsk è divenuto il luogo deputato all’accordo per porre fine alla guerra in Ucraina orientale (mettendo al tavolo occidentali e russi).
Si può notare infatti, fra le altre cose, una disoccupazione intorno al 6%, un tasso di analfabetizzazione fermo allo 0,3% e 8,4 posti letto ogni mille abitanti (in Italia, ad esempio, sono 3,2)[7].
Fino ad oggi, le relazioni Bielorussia-Unione Europea si sono sviluppate su vari livelli (assolutamente non paragonabili a quelli Minsk-Mosca). Il quadro più interessante e di più alto livello entro il quale queste ultime si sono potenziate è certamente quello denominato “Partenariato Orientale” (esistente dal 2009), fortemente voluto e promosso dall’UE nel quadro della Politica Europea di Vicinato (in primis per rafforzare la collaborazione politica e l’integrazione economica anche con chi non fa parte dell’Unione).
Più nel dettaglio, esso riguarda Bruxelles e sei paesi ad oriente di essa (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Repubblica di Moldova e Ucraina), impegnati nel raggiungimento di cinque obiettivi strategici:
- Economie resilienti, sostenibili e integrate.
- Istituzioni responsabili, stato di diritto e sicurezza.
- Resilienza ambientale e ai cambiamenti climatici.
- Trasformazione digitale.
- Società eque e inclusive.[8]
Tutto ciò, come già accennato in precedenza, non ha mai dovuto far pensare ad una volontà di Minsk di entrare nell’Unione Europea, di svincolarsi definitivamente dall’ “abbraccio orientale” o di avvicinarsi “troppo” alle posizioni euro-atlantiche (a maggior ragione dopo la situazione venutasi a creare dopo le elezioni del 9 Agosto).
L’intera vicenda è sempre stata da ricondursi semplicemente al tentativo, da parte della Bielorussia, di esplorare varie e nuove vie di sviluppo oltre a quelle già garantite dalla collaborazione con il suo “alleato di ferro” a oriente.
Questo è, a mio avviso, molto chiaro dai fatti sopracitati ma anche da parole come quelle pronunciate nel 2019 dal Viceministro degli Esteri della Bielorussia, Oleg Kravchenko: “L’Unione Europea dovrebbe dunque considerarci come un vicino di casa e non come un paese che vuole a tutti i costi entrare a far parte di questa Unione. Al momento non abbiamo alcuna intenzione di procedere in questa direzione. Anche tra dieci anni il paese rimarrà sovrano”[9].
Le elezioni del 9 Agosto e i successivi sviluppi
Le elezioni del 9 Agosto 2020 hanno catapultato la Bielorussia in un caos senza precedenti dalla proclamazione dell’indipendenza.
Migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la vittoria alle urne del riconfermato Presidente, il quale ha risposto con fermezza e spesso avvalendosi anche delle forze di sicurezza. Alcuni leader dell’opposizione (accusati di minare la stabilità della nazione) sono espatriati per non subire ritorsioni da parte del Governo, mentre altri sono stati arrestati. In tutto questo, il neonato “Consiglio di coordinamento dell’opposizione” funziona a singhiozzo a causa della reazione governativa che ne ha decimato i membri in libertà o li ha spinti all’esilio.
Anche in questo contesto, come accaduto in Venezuela e in Ucraina (solo per citare due esempi), il ruolo delle grandi potenze regionali e mondiali gioca (e giocherà) un ruolo fondamentale.
Gli interessi in campo sono molteplici e toccano vari ambiti e livelli:
- Gli USA vedono l’occasione di rafforzare l’accerchiamento alla Russia, nell’ottica di un containment di “Kennaniana” memoria[10]. Come ben spiegato su Limes, infatti, “da nord-ovest e da est premono gli Stati Uniti; da sud-est preme la Cina; il contenzioso confinistico con il Giappone è ancora irrisolto; a sud-ovest incombe la minaccia jihadista; a ovest, la cortina di ferro si è spostata molto più lontano dall’Europa Occidentale e molto più vicino a Mosca. Gli alleati dell’ex spazio sovietico sono sempre meno (Bielorussia, con tutti i distinguo, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan). In Ucraina, dopo l’annessione russa della Crimea e l’inizio del conflitto in Donbas, non c’è ancora pace. La Turchia rimane a metà tra Mosca e Washington. A nord, impazza la competizione per l’Artico[11].”
- L’Unione Europea spera di “inglobare” un altro paese, estendere il suo territorio e aumentare il proprio peso internazionale. All’interno di essa, la Polonia e la Lituania sono le nazioni con più interessi in questa crisi; una caduta della Bielorussia, affiancata ad un rinnovato posizionamento geopolitico di Minsk, infatti, sarebbe un ulteriore tassello verso la realizzazione del loro sogno di una “Confederazione polacco-lituana 2.0”[12]. In questo contesto, il non riconoscimento dell’elezione di Lukašenko da parte del Parlamento Europeo (con voto espresso il 17 Settembre e che ha visto la stragrande maggioranza del plenum votare a favore), insieme al sostegno alle sanzioni e all’appoggio incondizionato alle proteste, spinge verso un inasprimento delle relazioni fra il Governo socialista bielorusso e l’Unione Europea nel suo complesso[13].
- La Russia, dopo la perdita dell’Ucraina, subirebbe un colpo drammatico se non mantenesse stretti legami con la Bielorussia. Interessi economici e di confine, in primis, fanno di questo partenariato una risorsa imprescindibile per Mosca. La Nato è alle porte e la “perdita” di un altro stato indebolirebbe gravemente la Russia sul piano geopolitico regionale e mondiale.
È proprio all’interno di questa cornice che a Settembre ci sono stati due eventi significativi:
- L’incontro del 14 fra Putin e Lukašenko, durante il quale è stato rinsaldato il rapporto fra Mosca e Minsk. Gli ultimi anni non erano stati semplici e questa crisi ha riavvicinato i due paesi. Dalla richiesta del Presidente Bielorusso di pagare meno il gas proveniente dalla Russia ai suoi ricorrenti “flirt” con l’occidente (fino ad essere arrivato ad ospitare il Segretario di Stato USA Pompeo agli inizi del 2020)[14] in un’ottica più indipendentista e meno legata a Mosca, infatti, le tensioni nelle relazioni Bielorussia-Russia avevano aperto una crepa profonda e difficile da ricucire. Le persone scese in piazza nel post-elezioni del 9 Agosto hanno spinto Lukašenko a chiedere aiuto al suo “fratello maggiore” (come ama definire Putin), l’unico veramente in grado di dargli una mano a resistere alle pressioni interne e dell’occidente.
- La grande esercitazione militare nel Caucaso dal 21 al 26, denominata “Kavkaz 2020”, alla presenza di truppe russe, pakistane, bielorusse, cinesi, iraniane, birmane e armene (con osservatori provenienti da Sri Lanka, Indonesia, Kazakistan, Azerbaigian e Tagikistan). Una dimostrazione di forza all’occidente, un messaggio agli Stati Uniti e all’Unione Europea e un segnale chiarissimo dell’importanza ricoperta da Minsk per i paesi non allineati alle posizioni di Washington (e Bruxelles)[15].
- Pechino, dopo il rafforzamento dei rapporti con Minsk degli ultimi anni, vede di buon occhio il mantenimento di un certo status quo che salvi almeno le sempre migliori relazioni che intercorrono fra il paese del dragone e la Russia bianca (come il progetto raccontato precedentemente dimostra). Inoltre, come accennato sopra, l’aiuto a questo paese amico è anche un segnale di profonda attenzione e rispetto al suo forte alleato (Mosca), nonché un messaggio di “sfida” e di non “indietreggiamento” dinnanzi agli USA e all’Unione Europea.
Cosa succederà in futuro?
Lo scenario futuro più probabile è il seguente: la Bielorussia rimarrà una stretta alleata della Russia, con un raffreddamento (se non una vera e propria rottura) delle relazioni con l’occidente e una risposta governativa almeno a delle richieste delle persone scese in piazza in tutto il paese. Infatti, se da un lato il Presidente Lukašenko, nei mesi antecedenti le elezioni del 9 Agosto, ha “tirato la corda” con Putin e ha irritato il suo più stretto alleato, dall’altro lato la Russia non può serbare troppo rancore, in quanto l’abbondono di Minsk equivarrebbe a “regalare” a Washington e Bruxelles uno stato da sempre strategico per Mosca.
In questo contesto è possibile anche che, nel breve-medio periodo, Lukašenko lasci la poltrona di Presidente (magari su consiglio di Putin, così da calmare le acque) ad una figura comunque garante della stretta alleanza con Mosca, oppure torni ad essere molto più accomodante verso le richieste e le aspettative russe (in primis abbandonando la politica di avvicinamento all’occidente e dei toni non sempre lusinghieri nei confronti del Presidente russo).
Il ruolo centrale di Putin e delle aspettative di Mosca in questa partita, insieme alla possibilità di cambiamento ai vertici dello Stato bielorusso, sono dimostrati anche dal fatto che le opposizioni hanno aperto alla presenza russa ad un tavolo fra le grandi potenze e le varie anime politiche bielorusse (al fine di trovare un compromesso), con lo stesso Lukašenko che non ha chiuso alla ripetizione delle elezioni (anche se dopo una riforma costituzionale), sicuramente su consiglio del suo “fratello maggiore”.
Non è da escludere nemmeno che, se non nel breve ma nel medio periodo, questo “riscaldamento” nei rapporti tra Bielorussia e Russia riporti in auge il progetto (che sta “stentando” da anni) di una “URSS 2.0” e, in prospettiva, di un nuovo stato formato dalla fusione tra Russia e Bielorussia.
Infine, è bene anche sottolineare come le vicissitudini occorse in Ucraina (con il più o meno evidente sostegno di Washington e di vari paesi europei al “regime change”), hanno “compattato” i governi dei paesi che non hanno una democrazia liberale di stampo occidentale, anche per puro istinto di sopravvivenza.
Conclusioni
La posizione geografica, insieme alla politica estera portata avanti dal 1994, infatti, fanno della Bielorussia una nazione strategicamente importante per tutti i principali attori internazionali (USA, Unione Europea e Russia in primis). Come spiegato sopra, se Washington ha come primario obiettivo quello di mettere sotto pressione Mosca, l’Unione Europea vede nella crisi bielorussa l’opportunità di dare vita ad un’altra democrazia di stampo occidentale e di “allargare” i confini. La Russia, dal canto suo, ha in Minsk un alleato prezioso, soprattutto perché riesce ad avere una forte “proiezione” europea senza essere quasi completamente chiusa sul versante occidentale. Infine, la Cina ha nella Bielorussia un partner per rafforzare la propria economia e la propria presenza in Europa, oltre ad avere l’occasione di dimostrare vicinanza alla Russia (così da rafforzare sempre più l’asse anti-USA a livello globale).
La posta in gioco è molto alta e ogni attore, sia interno che esterno alla Bielorussia, farà di tutto per mantenere e/o guadagnare posizioni.
Io credo che una situazione “stile Ucraina” non la vedremo e si troverà una soluzione che soddisfi pienamente anche, e soprattutto, la Russia di Putin.
Note
[1] Sergey Shcherbakov, Minsk, la Via della Seta avvicina Bielorussia e Cina, 21/06/2019, EuroNews.
[2] Maicol Mercuriali, Bielorussia, nell’ex Repubblica Urss si parla più russo della lingua madre, 19/02/2019, Italia Oggi.
[3] Relazioni Internazionali (Bielorussia), 31/07/2019, infomercatiesteri.it.
[4] Dario Rivolta, C’è chi vorrebbe la Bielorussia a Occidente, ma Lukashenko non cede. Perché?, 28/07/2019, Notizie Geopolitiche.
[5] Giulia Baiutti, Di nome ma non di fatto: la tormentata unione di Russia e Bielorussia, 18/03/2019, Osservatorio Russia
[6] Emanuel Pietrobon, Minsk e Mosca: la riunificazione fra luci e ombre, 18/09/2019, Insider Over.
[7] Bielorussia, Scheda Paese De Agostini, deagostinigeografia.it.
[8] Consiglio Europeo, Consiglio dell’Unione Europea, Partenariato Orientale, 17/06/2020, consilium.europa.eu.
[9] Redazione, La Bielorussia non ha intenzione di entrare nell’UE, 29/03/2019, Sicurezza Internazionale.
[10] https://www.opiniojuris.it/la-politica-del-containment/
[11] Laura Canali, Il senso di accerchiamento della Russia, 22/10/2019, Limes.
[12] Emanuele Pietrobon, Il piano dei baltici e della Polonia per risolvere la crisi in Bielorussia, 14/08/2020, insideover.com.
[13] Redazione, Pe, sanzioni a Lukashenko, da 5/11 non lo riconosceremo, 17/09/2020, ansa.it.
[14] Redazione, Pompeo a Minsk, Putin convoca subito Lukashenko, 04/02/2020, The world news, twnews.it.
[15] Redazione, Difesa: Kavkaz 2020, al via le esercitazioni militari nel Mar Nero e Mar Caspio, 21/09/1988, Agenzia Nova.