Dopo la dura presa di posizione del presidente colombiano Petro anche la Bolivia manifesta il proprio dissenso per l’offensiva di Israele contro Gaza; le cancellerie di Cile e Honduras, invece, richiamano i propri ambasciatori.
«Coerentemente con il rifiuto di ogni tipo di trattamento crudele, inumano o degradante, stabilito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo» la Bolivia rompe le relazioni diplomatiche con Israele
Bolivia, Colombia e Cile si sono definitivamente schierati, lo scorso martedì 31 ottobre, contro Israele condannando l’offensiva militare in atto contro la popolazione palestinese. Il governo della Bolivia, rappresentato dalla Ministra della Presidenza e Cancelliere ad Interim María Nela Prada ha, infatti, annunciato la rottura delle relazioni delle relazioni diplomatiche con lo stato d’Israele spiegando che la decisione del presidente Luis Arce nasce «nel ripudio e nella condanna dell’offensiva aggressiva e sproporzionata di Israele nella Striscia di Gaza»[2]. Secondo una dichiarazione letta dal Vice Ministro degli Affari Esteri, Freddy Mamani, il Paese andino, «nell’ambito della sua posizione di principio», aderisce fermamente a quanto scritto all’interno della Dichiarazione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e, pertanto, in nome dei principi e diritti umani fondamentali sanciti al suo interno, non può non manifestare apertamente il proprio «rifiuto di ogni trattamento crudele, inumano e degradante» che, secondo il governo boliviano, si sta verificando in Medio Oriente.
La ministra Prada ha, inoltre, ricordato che lunedì il presidente Luis Arce ha incontrato l’ambasciatore palestinese in Bolivia, Mahmoud Elalwani, al quale ha espresso la propria solidarietà e vicinanza per le atroci sofferenze che la popolazione sta patendo – in particolare i bambini, che hanno diritto a vivere in pace – rifiutando i crimini di guerra commessi nella Striscia di Gaza.
La «Bolivia chiede la cessazione degli attacchi nella Striscia di Gaza, che hanno provocato, finora, migliaia di vittime civili e lo sfollamento forzato dei palestinesi; la cessazione del blocco che impedisce l’ingresso di cibo, acqua e altri elementi essenziali per la vita, violando il diritto internazionale e il diritto umanitario internazionale nel trattamento della popolazione civile nei conflitti armati»[3], ha dichiarato Prada. In questo senso, nel comunicato stampa ufficiale, lo Stato Plurinazionale della Bolivia ricorda che, «coerentemente con gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, il diritto alla vita, alla libertà, alla pace, il rifiuto di ogni tipo di trattamento crudele, inumano o degradante, stabilito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nel Diritto Internazionale e nel Diritto Internazionale Umanitario, e nel quadro della sua posizione di principio di rispetto per la vita, inviamo una comunicazione ufficiale allo Stato di Israele, in cui si rende nota la decisione dello Stato Plurinazionale della Bolivia di rompere le relazioni diplomatiche con quel paese»[4].
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A nome del governo della Bolivia, la Ministra della Presidenza ha respinto duramente il trattamento ostile che Israele sta riservando ai responsabili internazionali degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, ai quali ha impedito il visto per svolgere il lavoro che la comunità internazionale ha loro delegato, elemento quest’ultimo che oltre a generare una crisi sanitaria, comporta un’ulteriore violazione del diritto internazionale umanitario. Prada e Mamani hanno, inoltre, anticipato che dalla Bolivia saranno comunque inviati altri aiuti umanitari – resi disponibili attraverso il Ministero della Difesa – per tutta la popolazione civile colpita dai raid aerei israeliani a Gaza. Allo stesso tempo, «si sta facendo in modo che l’Ambasciata boliviana nei Paesi Bassi si faccia carico del concorso dello Stato Plurinazionale con lo Stato della Palestina»,[5] scrive il governo boliviano nel proprio comunicato stampa.
Alla luce delle ripetute e «inaccettabili violazioni del diritto internazionale umanitario commesse da Israele nella Striscia di Gaza» Cile, Colombia e Honduras ritirano i rispettivi ambasciatori
Alla decisione del governo boliviano è seguito un comunicato stampa dello scorso 31 ottobre del governo cileno con cui, oltre a manifestare il proprio sostegno ai civili palestinesi, si richiama l’ambasciatore Carvajal dallo stato d’Israele. La decisione dell’amministrazione Boric di richiamare il proprio ambasciatore per delle consultazioni fa seguito a una serie di tensioni crescenti tra il governo cileno e il rappresentante di Tel Aviv a Santiago, Gil Artzyeli, che in precedenza si è recato al palazzo presidenziale de La Moneda per esprimere il proprio disappunto a fronte dei commenti di Boric sul conflitto in corso. «Alla luce delle inaccettabili violazioni del diritto umanitario internazionale commesse da Israele nella Striscia di Gaza, il governo del Cile ha deciso di richiamare a Santiago l’ambasciatore cileno in Israele, Jorge Carvajal»[6] – scrive il governo guidato da Gabriel Boric -.
Anche Boric – così come Petro e Arce – si è unito alla condanna delle operazioni militari attuate dal governo guidato dal Primo Ministro Benjamin Netanyahu, ritenute in aperto contrasto con i principi fondamentali del diritto internazionale umanitario. In un comunicato stampa firmato dal Ministero degli Esteri, il governo dichiara: «Il Cile condanna fermamente, e nota con grande preoccupazione, che queste operazioni militari – che in questa fase del loro sviluppo comportano una punizione collettiva della popolazione civile palestinese a Gaza – non rispettano le norme fondamentali del diritto internazionale, come dimostrano le oltre ottomila vittime civili, per lo più donne e bambini. Il Cile ribadisce la richiesta di una fine immediata delle ostilità, che consenta il dispiegamento di un’operazione di sostegno umanitario per aiutare le centinaia di migliaia di sfollati interni e le vittime civili»[7].
Non sorprende la scelta del governo cileno dato lo storico sostegno offerto allo stato palestinese e dato l’elevato numero di comunità palestinesi presenti sul territorio andino. Con circa 500.000 persone, infatti, il Cile è uno degli stati latinoamericani ad accogliere più esuli palestinesi al di fuori del mondo arabo; ciò nel segno di una vera e propria diaspora migratoria iniziata alla fine del XIX secolo, quando centinaia di palestinesi sfuggirono alla dominazione ottomana, e cospicuamente aumentata nel XX secolo in seguito all’occupazione israeliana e alla Nakba[8] del 1948.
Nel 2011, inoltre, durante il governo del conservatore Sebastián Piñera, il Cile, inoltre, ha riconosciuto la Palestina come Stato «libero, indipendente e sovrano»[9]; ugualmente, anche l’attuale presidente Boric, si è dichiarato un sostenitore della causa palestinese.
Tramite il proprio account X il presidente socialista ha, infatti, scritto: «420 bambini vengono feriti o uccisi ogni giorno a Gaza dallo Stato di Israele guidato da Netanyahu. Non sono “danni collaterali” della guerra contro Hamas, ma le sue principali vittime, insieme a civili innocenti, soprattutto donne. Fonte? Il capo dell’UNICEF. Dal Cile abbiamo inviato aiuti umanitari in Palestina, abbiamo sostenuto le azioni promosse dall’ONU per il cessate il fuoco e continueremo a cercare soluzioni per collaborare e fermare questo massacro. E se qualcuno ne dubita, facciamo tutto questo senza esitare a condannare gli attacchi e i rapimenti perpetrati da Hamas. L’umanità non è sostenuta da legami che disumanizzano. Nulla giustifica questa barbarie a Gaza. Nulla»[10]. Nonostante il tentativo di distendere i rapporti diplomatici tra Colombia e Israele, le distanze tra le due parti sono ancora una volta aumentate nel segno di un vero e proprio deterioramento. Proprio come il governo cileno, anche quello colombiano ha deciso di richiamare la propria ambasciatrice in Israele in reazione al bombardamento campo profughi di Jabalia – nel nord di Gaza, un’enclave palestinese rimasta completamente isolata e affamata – del 31 ottobre scorso. «Ho deciso di chiamare il nostro ambasciatore in Israele per un consulto. Se Israele non ferma il massacro del popolo palestinese non possiamo essere presenti»[11] ha scritto Petro su X motivando la propria decisione. Il bombardamento di Jabalia, infatti, oltre a provocare enormi danni strutturali, ha provocato la morte di almeno 50 persone il ferimento di altre 150, mentre i corpi di almeno 3 bambini sono stati estratti esanimi dalle macerie. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, il bilancio delle vittime da quando Israele ha iniziato l’assalto è di 8.525 palestinesi, di cui 3.542 sono soltanto bambini[12]. Tramite una dichiarazione del Ministero degli Affari Esteri, il governo Petro ha innanzitutto espresso «il suo più forte rifiuto nei confronti delle azioni commesse delle forze di sicurezza israeliane a Gaza, in aree densamente popolate da civili, che hanno provocato un bilancio di oltre 8000 vittime, tra cui centinaia di bambini, come riportato dal Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF)»[13]. Anche in questo caso non solo è riproposta la necessità di “cessate il fuoco” immediato, ma è richiamata l’attenzione sulle reiterate violazioni del diritto internazionale umanitario perpetrate da Israele: «Il governo della Colombia ribadisce l’urgenza di un cessate il fuoco e l’obbligo delle forze di sicurezza israeliane di rispettare il diritto internazionale umanitario (DIU). Tutte le parti sono chiamate a rispettare il diritto internazionale e il DIU»[14]. Nel comunicato stampa viene anche ricordata una precedente proposta del presidente Gustavo Petro già presentata all’attenzione delle Nazioni Uniti e citata più volte dall’inizio del conflitto: «il Governo della Colombia ribadisce l’appello del Presidente Gustavo Petro alla comunità internazionale affinché convochi urgentemente una Conferenza di pace che consenta un dialogo utile a rendere possibile la coesistenza pacifica tra i due popoli. Il pieno riconoscimento dei due Stati da parte di tutte le nazioni del mondo e il dialogo tra le parti dovrebbero portare la pace nella regione. Alla luce di questa intollerabile situazione, il presidente Gustavo Petro ha deciso di richiamare l’ambasciatrice a Tel Aviv, Margarita Manjarrez, per consultazioni»[15].
L’ultimo stato latinoamericano in ordine temporale a manifestare il proprio sostegno alla causa palestinese e a lanciare un segnale diplomatico richiamando il proprio ambasciatore a Tel Aviv è stato l’Honduras di Xiomara Castro. «Data la grave situazione umanitaria in cui versa la popolazione civile palestinese nella Striscia di Gaza, il governo della presidente Xiomara Castro ha deciso di convocare immediatamente a Tegucigalpa Roberto Martinez, ambasciatore della Repubblica dell’Honduras in Israele, per consultazioni»[16] ha sostenuto, su X, il Ministro agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale Enrique Reina. «L’Honduras condanna fermamente il genocidio e le gravi violazioni del diritto internazionale umanitario che la popolazione civile palestinese sta subendo nella Striscia di Gaza»[17], ha affermato in un comunicato stampa il Ministero degli Esteri honduregno. Tuttavia, le relazioni diplomatiche tra i due stati restano attive, almeno per il momento. Il ministro Reina, parlando con Associated Press, ha spiegato che quella portata avanti dal governo Castro è una presa di posizione nata dalla volontà di porre l’accento sulla grave situazione che l’innocente popolazione civile palestinese della Striscia di Gaza sta vivendo. A fronte di tutto ciò l’Honduras, ha dichiarato Reina, non poteva non accogliere con favore la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per una tregua a Gaza.
Dalla votazione sono emersi tre punti importati che, secondo il ministro, richiedono una maggiore riflessione nella comunità internazionale. «Uno è la richiesta di un cessate il fuoco immediato, un altro è il rispetto del diritto umanitario e dei corridoi umanitari per consentire il sostegno alla popolazione civile, e l’ultimo è la richiesta di avviare un dialogo per cercare la pace»[18], ha dichiarato il Ministro degli Esteri honduregno.
La reazione d’Israele
Immediata la reazione dello stato d’Israele che, tramite Lior Haiat, portavoce del Ministero agli Affari Esteri ha condannato duramente il ritiro dell’ambasciatore dell’Honduras da Israele. Tramite X Haiat ha dichiarato: «La decisione del governo honduregno di richiamare il proprio ambasciatore ignora il diritto di Israele di difendersi dall’organizzazione terroristica di Hamas, peggiore dell’ISIS. I terroristi di Hamas hanno ucciso oltre 1400 persone, ne hanno rapite 240, tra cui bambini, neonati, donne e anziani, e le tengono ancora in ostaggio. Israele combatterà i terroristi di Hamas fino a quando Hamas non sarà eliminato dalla Striscia di Gaza. Ci aspettiamo che il governo honduregno condanni Hamas, che sostenga il diritto di Israele a difendersi e che non prenda decisioni che diano sostegno al terrorismo di Hamas»[19]. Altrettanto immediata è stata la risposta del portavoce in occasione del ritiro degli ambasciatori Carvajal e Manjarrez da Tel Aviv. Sempre tramite X Haiat, oltre a ricordare l’escalation di violenza innescata a partire dai fatti del 7 ottobre, evidenziando la necessità di una condanna apertamente e lapalissiana dell’operato di Hamas. «Il 7 ottobre – ha scritto Lior Haiat l’1 novembre – i terroristi di Hamas hanno ucciso più di 1.400 israeliani e ne hanno rapiti 240 portandoli nella Striscia di Gaza. Tra le vittime dell’atroce attacco terroristico di Hamas ci sono anche cittadini colombiani, cileni e di altri Paesi dell’America Latina. Lo Stato di Israele si trova in una guerra che gli è stata imposta. Una guerra contro un’organizzazione terroristica che usa i civili della Striscia di Gaza come scudi umani, commette crimini di guerra e crimini contro l’umanità e viola i diritti umani dei civili a Gaza e dei civili in Israele. Israele chiede alla Colombia e al Cile di condannare esplicitamente l’organizzazione terroristica di Hamas che ha massacrato e rapito bambini, donne, anziani e neonati. Israele si aspetta che la Colombia e il Cile sostengano il diritto di un Paese democratico di proteggere i propri cittadini e chiedano l’immediato rilascio di tutti i rapiti e non si allineino al Venezuela e all’Iran nel sostenere il terrorismo di Hamas»[20]. Ancora più dura è stata la presa di posizione del portavoce del Ministero degli Esteri di Israele a fronte del comunicato stampa della Bolivia con cui si annunciava la rottura delle relazioni diplomatiche. La decisione di Arce è stata, infatti, letta da Israele come un segnale di vicinanza, sostegno e solidarietà ad Hamas e come un sintomo di asservimento al regime iraniano degli Ayatollah. Ancora una volta, tramite X, Haiat ha dichiarato l’1 di novembre: «La decisione del governo boliviano di rompere le relazioni diplomatiche con Israele è una resa al terrorismo e al regime degli Ayatollah in Iran. Compiendo questo passo, il governo boliviano si allinea all’organizzazione terroristica di Hamas, che ha massacrato più di 1.400 israeliani e rapito 240 persone, tra cui bambini, donne, neonati e anziani. Israele condanna il sostegno della Bolivia al terrorismo e il suo asservimento al regime iraniano, che riflettono i valori che il governo boliviano rappresenta. Dopo il cambio di governo in Bolivia, le relazioni tra i due Paesi non hanno avuto sostanza»[21]. Nell’ultima parte della dichiarazione di Haiat vi è, inoltre, un messaggio indiretto all’attuale presidente Arce e all’ex presidente Morales. Quest’ultima non è stata, infatti, la prima volta in cui la Bolivia ha deciso di interrompere le relazioni diplomatiche con Israele. Il leader indigeno Evo Morales fece lo stesso nel 2009, in occasione di un attacco israeliano sulla Striscia di Gaza. I rapporti furono poi ripristinati un anno dopo da Jeanine Añez allora presidente ad interim, attualmente condannata a 10 anni di carcere perché ritenuta colpevole di aver partecipato a un colpo di stato contro il precedente presidente, Evo Morales.
Note
[1] Da sinistra: la Ministra della Presidenza María Nela Prada e il Vice Ministro degli Affari Esteri Freddy Mamani durante la conferenza stampa dello scorso 31 ottobre 2023, https://cancilleria.gob.bo/mre/2023/10/31/11891/.
[2] F. Molina, “Bolivia rompe relaciones diplomáticas con Israel por la ofensiva en Gaza”, El País, 01/11/2023, https://elpais.com/internacional/2023-11-01/bolivia-rompe-relaciones-diplomaticas-con-israel-por-la-ofensiva-en-gaza.html.
[3] Comunicado de Prensa, “Bolivia rompe relaciones diplomáticas con Israel y llama a cesar los ataques a la Franja de Gaza”, Ministerio de Relaciones Exteriores, 31/10/2023, https://cancilleria.gob.bo/mre/2023/10/31/11891/.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem.
[6] Comunicado de Prensa, “Chile llama en consultas a embajador de Chile en Israel”, Ministerio de Relaciones Exteriores, 31/10/2023, https://www.minrel.gob.cl/noticias-anteriores/chile-llama-en-consultas-a-embajador-de-chile-en-israel.
[7] Ibidem.
[8] Nella storiografia araba contemporanea, la Nakba ha portato all’esodo forzato di circa 700.000 arabi palestinesi dai territori occupati da Israele nel corso della Prima guerra arabo-israeliana. Israele impedì l’esercizio del diritto di rientrare, sancito dalla risoluzione 194 delle Nazioni unite, mentre i profughi venivano sistemati in campi gestiti dai Paesi arabi ospitanti e dalle organizzazioni internazionali.
[9] A. Laborde, “Boric cita a su embajador en Israel tras el bombardeo contra un campo de refugiados en Gaza”, El País, 01/11/2023, https://elpais.com/chile/2023-11-01/boric-cita-a-su-embajador-en-israel-tras-el-bombardeo-contra-un-campo-de-refugiados-en-gaza.html.
[10]https://x.com/GabrielBoric/status/1719485363847143686?s=20.
[11]https://x.com/petrogustavo/status/1719505034348462235?s=20.
[12] E. Jaramillo Bernat, “Petro se distancia más de Israel: llama a consultas a la embajadora”, El País, 1/11/2023, https://elpais.com/america-colombia/2023-11-01/petro-se-distancia-mas-de-israel-llama-a-consultas-a-la-embajadora.html.
[13] Comunicado de Prensa, Cancillería, 31/10/2023, https://www.cancilleria.gov.co/newsroom/publiques/comunicado-prensa-71.
[14] Ibidem.
[15] Ibidem.
[16]https://x.com/EnriqueReinaHN/status/1720531624289575107?s=20.
[17] “El gobierno de Honduras retira a su embajador en Israel, el tercer país de América Latina en hacerlo”, Associated Press, 04/11/2023, https://apnews.com/world-news/general-news-feaa2d0cdfbe65768d1baf0fb394db2c.
[18] Ibidem.
[19]https://x.com/LiorHaiat/status/1720729209587335495?s=20.
[20]https://x.com/LiorHaiat/status/1719758493136085275?s=20.
[21]https://x.com/LiorHaiat/status/1719626262333870409?s=20.
Foto copertina: Da sinistra: la Ministra della Presidenza María Nela Prada e il Vice Ministro degli Affari Esteri Freddy Mamani durante la conferenza stampa dello scorso 31 ottobre 2023, la Bolivia ha interrotto le relazioni con Israele https://cancilleria.gob.bo/mre/2023/10/31/11891/.