L’Unione europea tenta di divincolarsi dalla sua dipendenza energetica dalla Russia, ma le strade ipotizzate non sembrano percorribili.


*A cura di Gilda Garofalo. Articolo vincitore del workshop di giornalismo internazionale proposto da MSOI-NAPOLI

La crisi energetica che sta colpendo duramente l’Unione europea ha posto quest’ultima di fronte a un profondo dilemma, che mina la credibilità stessa dell’istituzione: tutelare i diritti umani ad ogni costo o ridurre l’insicurezza energetica per i cittadini europei? L’ambiguità della risposta europea consiste essenzialmente nella sua volontà di punire la Russia per l’invasione dell’Ucraina attraverso una riduzione delle importazioni dal paese, ma di fatto non riuscendo a individuare un possibile sostituto nella fornitura di ingenti volumi di gas naturale. In secondo luogo, volendo agire a tutela dei diritti umani e tentando, allo stesso tempo, di assicurare la sicurezza energetica del continente, l’UE si rivolge ancora a regimi autoritari.
La Russia è il primo fornitore di gas naturale dell’Unione europea e, a partire dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione europea si è trovata in una posizione piuttosto scomoda, in quanto se, da un lato, voleva dare un segnale forte di sostegno all’Ucraina e di condanna delle azioni russe, dall’altro, la necessità di assicurarsi l’energia utile al funzionamento della propria economia e ai bisogni delle famiglie ha riportato in superficie la vulnerabilità a cui l’UE è esposta in ragione della sua dipendenza dal gas russo. Nel 2021, infatti, il gas russo ha rappresentato circa il 45% delle importazioni totali di gas dell’Unione europea[1] e il conflitto in Ucraina ha reso urgente un’inversione di rotta, verso il progressivo liberarsi da tale dipendenza.
L’obiettivo è quello di eliminare il gas russo dal mix energetico europeo entro il 2027. Il primo passo in questo senso è il REPowerEU, il piano presentato dalla Commissione europea lo scorso 18 maggio, che ha come fine la trasformazione del sistema energetico europeo[2]. A tal proposito, come si legge nel comunicato stampa della Commissione europea, tale trasformazione è urgente per due ordini di ragioni: per liberarsi dal giogo della dipendenza europea dai combustibili fossili della Russia, usati come arma economica e politica e che rappresentano un costo pari a cento miliardi di euro all’anno per i contribuenti europei, e per affrontare la crisi climatica. Il REPowerEU intende realizzare l’obiettivo attraverso “il risparmio energetico, la diversificazione dell’approvvigionamento energetico e una più rapida diffusione delle energie rinnovabili per sostituire i combustibili fossili nelle case, nell’industria e nella generazione di energia elettrica”[3]. Con il conflitto tra Russia e Ucraina, l’obiettivo dell’abbandono delle fonti fossili è diventato rilevante anche per l’agenda securitaria dell’UE: rinunciare alle fonti fossili costituisce non solo una scelta sostenibile, ma anche un modo per risolvere un importante fattore di insicurezza energetica per l’Europa.
A partire dallo scorso 24 febbraio, inoltre, in Europa ci si è domandati se l’Algeria fosse in grado di sostituire la Russia nella fornitura di idrocarburi; il paese, però, non si è rivelato il candidato perfetto.
La volontà di emanciparsi dal gas russo ha dato all’Algeria l’opportunità di massimizzare le sue esportazioni e ottenere una quota maggiore del mercato energetico del continente europeo. L’11 aprile scorso, in occasione della visita ad Algeri di Mario Draghi, l’ENI ha stipulato un accordo con la compagnia algerina Sonatrach che permette di sfruttare il gasdotto Transmed per incrementare i flussi di petrolio dall’Algeria al nostro paese. Secondo l’accordo, Sonatrach fornirà progressivamente maggiori volumi di gas all’Italia a partire dal 2022, con un incremento di 9 miliardi di metri cubi di gas all’anno nel periodo 2023-2024[4].
Nonostante il rinnovato interesse dell’Europa per il gas algerino, vanno brevemente illustrate le ragioni che spingono oggi a concludere che Algeri non può sostituire Mosca nella fornitura di gas naturale.
Innanzitutto, l’Algeria è già il terzo esportatore di gas naturale dell’Europa per una quota dell’8% delle importazioni totali di gas dell’UE[5] e non ha modo di rendere disponibili altre risorse di gas rapidamente.
In secondo luogo, non bisogna sottovalutare l’esistenza di un legame solido e durevole che intercorre tra Algeri e Mosca e al quale l’Algeria non sembra essere intenzionata a rinunciare. Un segnale importante della volontà del governo algerino di preservare i buoni rapporti con il gigante del gas è arrivato pochi mesi fa, quando l’Algeria si è astenuta dal voto della risoluzione del 2 marzo 2022 che condannava l’invasione russa dell’Ucraina in seno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Infine, l’ipotesi di rimpiazzare il gas russo con quello algerino deve essere considerata una strada non risolutiva – volendo usare un eufemismo – se si riflette sul fatto che l’Algeria, al pari della Russia, è un regime autoritario e in passato ha dimostrato ampiamente di non essere restia ad utilizzare le forniture di combustibili fossili come arma di pressione politica.
Dunque, bisogna concludere che l’Algeria non è il partner che l’Unione europea sperava di individuare, in grado di sopperire a un’eventuale interruzione delle forniture di gas russo. La dipendenza dell’Unione europea dal gas russo permane e questo inevitabilmente induce l’Unione europea a un comportamento piuttosto ambiguo nei confronti della Russia, generando una condanna tutt’altro che incisiva per l’invasione di quest’ultima dell’Ucraina. L’Algeria farebbe meglio a non lasciarsi distrarre da questa ravvivata attenzione dei partner internazionali per le risorse fossili del paese, dopo un lungo periodo in cui a livello internazionale la tendenza era la riduzione nella domanda di idrocarburi.
Il futuro è il rinnovabile ed è lì che l’Unione europea deve direzionare la sua attenzione, per ottenerne vantaggi ad ogni livello.

*Mi sono da poco laureata in Relazioni Internazionali, presso l’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”. Nel mio percorso accademico, ho approfondito essenzialmente due aree di interesse: l’Unione europea e la regione del Medio Oriente e del Nord Africa. Al momento, la mia attenzione è direzionata verso le tematiche del cambiamento climatico e della sostenibilità, con particolare focus sulle implicazioni di sicurezza del cambiamento climatico per i paesi più vulnerabili delle sponde sud ed est del Mediterraneo. 


Note

[1] IEA, “How Europe can cut natural gas imports from Russia significantly within a year”, https://www.iea.org/news/how-europe-can-cut-natural-gas-imports-from-russia-significantly-within-a-year.
[2] Commissione europea, “Communication from the Commission to the European Parliament, the European Council, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, REPowerEU Plan”, 18 maggio 2022, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=COM%3A2022%3A230%3AFIN&qid=1653033742483.
[3] Commissione europea, “REPowerEU: un piano per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi e accelerare la transizione verde*”, 18 maggio 2022, https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_22_3131
[4] Reinhilde Bouckaert, Claire Dupont, “Turning to Algeria to Replace Russian Gas: A False Solution”, Policy and Research Report 02/22 Ghent University, 2022, https://www.ugent.be/eb/publiek- management/en/news-events/bijlagen/policybriefturning, p. 4.
[5] Eurostat database (Comext) e Eurostat estimates, in “Extra-EU imports of natural gas by partner, 2020 and 2021.png”, Eurostat Statistics Explained, https://ec.europa.eu/eurostat/statistics- explained/index.php?title=File:Extra-EU_imports_of_natural_gas_by_partner,_2020_and_2021.png.


Foto copertina: Algeria