Il Codice Penale egiziano viene considerato il primo, tra i paesi dell’area MENA, ad essere stato scritto senza l’influenza islamica e della shari’a. Le sue origini risalgono al periodo coloniale francese e britannico, dunque il suo sviluppo risulta alquanto controverso.
Colonialismo occidentale
Il 1° luglio 1798 l’armata napoleonica sbarca nei pressi di Alessandria d’Egitto[1], quando il conflitto tra Francia e Gran Bretagna è al culmine: la Francia non soffre ancora delle sconfitte canadese e indiana del 1763 e, al momento, il suo scopo primario è riacquistare potere conquistando l’Egitto. Ogni tentativo, tuttavia, non va a buon fine: prima, il 1° agosto 1798, la Francia perde la battaglia con la flotta britannica nella baia di Abu Qir, poi viene nuovamente sconfitta, questa volta da una forza congiunta anglo-ottomana, nel marzo 1801[2]. Nel 1802 la Francia si trova costretta a firmare due diversi trattati di pace sia con la Gran Bretagna che con l’Impero ottomano: le due potenze europee devono lasciare il Paese. Il controllo del Paese è dunque nelle mani della Sublime Porta, con un nuovo sovrano: Mehmet Ali, ufficiale ottomano-albanese che diventa governatore nel 1805.
Nuove riforme
Muhammad (Mehmet) Ali ha segnato un punto di svolta per la modernizzazione egiziana, cominciando con la promulgazione di riforme agricole e amministrative[3]. Allo stesso tempo però, doveva anche seguire le riforme di Istanbul, tra le quali l’istituzione del Consiglio supremo delle ordinanze giudiziarie nel 1838 di Mahmud II. Lo scopo di questo nuovo organismo era di rimuovere il potere giudiziario dal dominio della sharia a quello dello Stato. Siamo solo all’inizio della modernizzazione dell’Impero: il 1876 vede la creazione dei Tribunali Misti, nient’altro che uno strumento nelle mani degli europei per affermare la loro supremazia nel Paese.
Come reazione ai tribunali misti, l’Egitto istituì il suo sistema di tribunali secolari: i Tribunali Nazionali, incaricati della popolazione locale. All’epoca, il Paese non aveva i propri codici o, almeno, le proprie riforme erano in via di sviluppo. Così, i Tribunali Nazionali, divenuti operativi nel 1883, iniziarono a seguire la giurisdizione della Francia e il suo Codice napoleonico[4]. Lord Cromer – Console Generale d’Egitto dal 1883 al 1907 – nel suo libro “Modern Egypt” spiega perché, nonostante il protettorato britannico nel Paese, l’ordinamento giuridico seguisse quello francese.
«È vero che, prima del 1883, in Egitto non esisteva alcun sistema di giustizia. Non è tuttavia da supporre che gli inglesi fossero liberi di introdurre nel Paese qualsiasi sistema che preferissero. Tale era lungi dall’essere il caso. La legge e la procedura francesi avevano già messo radici in Egitto. I codici amministrati dai tribunali misti erano francesi. Tutti i giovani egiziani che avevano ricevuto una formazione giuridica erano stati educati in Francia. Era quindi inevitabile che i nuovi Tribunali si fondassero su un modello francese piuttosto che su un modello inglese.»[5]
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Il Codice Penale prende forma
Ciò che si aggiunge a queste riforme di modernizzazione e laicizzazione del Paese, da parte di Mehmet Ali, è stata la traduzione dei codici francesi in arabo. Nel 1828, infatti, il governatore d’Egitto inviò un gruppo di connazionali a Parigi per studiare legge e tornare nel Paese e lavorare alle suddette traduzioni: i primi lavori in arabo furono i Codici Civile e Commerciale, seguiti da quello di Procedura Penale e Civile[6]. Siamo ora ad un punto della storia in cui l’influenza degli occidentali aumenta sempre di più nel Paese, specialmente nel suo sistema legislativo.
Il Codice Penale Egizio, così come i Tribunali Nazionali, furono istituiti nel 1883 sullo stesso modello del Codice Napoleonico, scritto nel 1810 e composto da quattro libri, ciascuno dei quali suddiviso in Capitoli e Titoli. Allo stesso modo il Codice Penale Egizio è diviso in quattro libri, divisi in Parti e Sezioni.
Nello stesso anno della sua indipendenza dalla Gran Bretagna, nel 1922, l’Egitto attuò una modifica dei suoi codici; il vecchio Codice Penale del 1883 fu sostituito con uno nuovo emanato nel 1937 e nuovamente nel 1949, eliminando i Tribunali Misti e coprendo tutta la popolazione del Paese, cosa di fatto ancora in vigore[7].
Quello che ci interessa, per questo studio, è: Libro Terzo, Titolo II, Sezione IV del Codice Napoleonico: Attacchi alla Morale (Attentats aux Mœurs) [8] che corrisponde al Libro Terzo, Parte Quarta del Codice Penale Egizio: Minacce all’indecenza e corruzione della morale.
L’entrata in vigore della “dissolutezza”
Una traduzione del Codice Napoleonico dunque porta al Paese nuovi spunti per un proprio Codice Penale nazionale, con tutti i suoi pro e contro. È chiaro così che l’Egitto non ha elaborato un codice che rispondesse alle proprie esigenze, ma piuttosto ha preferito “copiarne” uno già esistente, conforme alle norme di morale francesi.
Il concetto di dissolutezza, infatti, specifico per descrivere qualcuno che abbia rapporti con una persona dello stesso sesso era lontano dalla cultura egiziana del tempo. Lo scrittore egiziano Rifāʿa al-Tahtāwī, infatti, durante la sua visita a Parigi tra il 1826 e il 1831 scrive così:
»ومن الأمور المستحسنة في طباعهم، الشبيهة حقيقة بطباع العرب: عدم ميلهم إلى الأحداث، والتشبب فيهم أصلا، فهذا أمر منسي الذكر عندهم، تأباه طبيعتهم وأخلاقهم، فمن محاسن لسانهم وأشعارهم أنها تأبى تغزل الجنس في جنسه فلا يحسن في اللغة الفرنسية قول الرجال عشقت غلامًا؛ فإن هذا يكون من كلام المنبوذ المشكل؛ فلذلك إذا ترجم أحدهم كتابًا من كتابنا يقلب الكلام إلى وجه آخر٬ فيقول في ترجمة تلك جملة عشقت غلامة ٬ أو ذاتً« [9]
È dunque in questo scenario che emerge il codice penale del 1837, i cui articoli 270, 271 e 272, nel quadro degli articoli che criminalizzano gli atti contro la morale, vengono sostituiti dalla successiva legge n.58 del 1951, divenuta poi l’attuale legge 10/1961.
Tale legge, all’articolo 9c recita:
»وبغرامة لا تقل عن خمسة وعشرين جنيها ولا تزيد على ثلاثمائة جنيه في الاقليم المصري ولا تقل عن مائتين وخمسين ليرة ولا تزيد على ثلاثة آلاف ليرة في الاقليم السوري أو باحدى هاتين العقوبتين:
(ج) كل من اعتاد ممارسة الفجور أو الدعارة«[10]
In questo articolo viene dunque menzionata la parola fujur, corrispondete al concetto di “dissolutezza”[11]. Allo stesso modo, il Codice Napoleonico all’articolo 334 recita: «Quiconque aura attenté aux meurs, en excitant, favorisant ou facilitant habituellement la débauche ou la corruption de la jeunesse de l’un ou de l’autre sexe au-dessous de l’âge de vingt-un ans, sera puni d’un emprisonnement de six mois à deux ans, et d’une amende de cinquante francs à cinq cents francs. Si la prostitution ou la corruption a été excitée, favorisée ou facilitée par leurs père, mère, tuteurs ou autres personnes chargées de leur surveillance, la peine sera de deux ans à cinq ans d’emprisonnement, et de trois cents francs à mille francs d’amende.»[12]
La differenza tra i due paesi però emerge al giorno d’oggi: la Francia che è arrivata a legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso nel 2013 e l’Egitto che continua ad effettuare arresti e fare uso di “esami” alquanto invasivi per verificare l’effettiva omosessualità di una persona. Viene da chiedersi, dunque, quale sia la responsabilità dell’Europa, e della Francia, nello specifico, sull’esistenza di tali leggi e sullo sviluppo legale dell’Egitto moderno.
Note
[1] A. J. Goldschmidt, A brief history of Egypt, Facts On File, Inc., New York, 2008, p. 62
[2] Ivi, p. 65
[3] W. B. Hallaq, An Introduction to Islamic Law,Cambridge Univeristy Press, New York, 2009. p. 103
[4] A. J. Goldschmidt, op. cit., p. 92
[5] E.B. Cromer, Modern Egypt, Macmillan, New York, 1908, p.516
[6] Ivi, p. 104
[7] S. Reza, “Egypt,” in K. J. Heller, & M. D. Dubber (edited by), The Handbook of Comparative Criminal Law, Stanford University Press, Stanford, 2011, pp. 179-208, p. 181
[8] French original text is available at https://web.archive.org/web/20070213204406/http://ledroitcriminel.free.fr:80/la_legislation_criminelle/anciens_textes/code_penal_1810/code_penal_1810_3.htmEnglish translation is available athttps://www.napoleon-series.org/research/government/france/penalcode/c_penalcode3b.html
[9] R. al-Tahtāwī, Takhlīṣ al-ibrīz ilā talkhīs Bārīz, 1834, p. 78 Traduzione: Tra i tratti lodevoli del loro carattere, simili in realtà a quelli degli arabi (beduini, ndr), c’è il loro non essere inclini ad amare i giovani maschi e ad elogiarli nella poesia, perché questo è qualcosa di innominabile per loro e contrario alla loro natura e morale. Uno degli aspetti positivi del loro linguaggio e della loro poesia è che non consente di dire poesie d’amore a qualcuno dello stesso sesso. Così, in lingua francese un uomo non può dire: “ho amato un giovane” (ghulām), perché sarebbe una formulazione inaccettabile e imbarazzante. Quindi se uno di loro traduce uno dei nostri libri lo evita, dicendo nella traduzione: ho amato una giovane donna (ghulāmah) o una persona (dhātan).
[10] Testo disponibile presso:https://eipr.org/sites/default/files/reports/pdf/law_no.10-1961_.pdf Traduzione: Pena con la reclusione per un periodo non inferiore a tre mesi e non superiore a tre anni, con multa non inferiore a 25 LE e non superiore a 300 LE nell’amministrazione egiziana e non inferiore a 250 lire e non superiore a 3000 lire nell’amministrazione siriana o uno di queste due pene, si applica nei seguenti casi: (c) Chiunque si dedichi abitualmente alla dissolutezza o alla prostituzione.
[11] M. Pantalone, Il peso della diversità, in Opinio Juris, Settembre 2021, pp. 44-47
[12]https://web.archive.org/web/20070213204406/http://ledroitcriminel.free.fr:80/la_legislation_criminelle/anciens_textes/code_penal_1810/code_penal_1810_3.htmTraduzione: Chiunque abbia minacciato la morale, provocando, favorendo o abitualmente agevolando la dissolutezza o la corruzione di giovani di ambo i sessi di età inferiore a ventuno anni, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da cinquanta franchi a cinquecento franchi. Se la prostituzione o la corruzione è stata suscitata, favorita o facilitata dal padre, dalla madre, dai tutori o da altre persone incaricate della loro vigilanza, la pena è della reclusione da due anni a cinque anni, e da trecento franchi a mille franchi di multa.
Foto copertina: Ritratto di Muhammad Ali Pasha al Museo della Cittadella del Cairo .