Il ruolo della Turchia nella sicurezza europea e la sua centralità nel mar Nero.


A cura di Daniele Ferraguti

La Turchia apre le porte della NATO alla Svezia

Come previsto, il dialogo tra Turchia e Svezia giunto ad una fase di stallo qualche mese fa, si è risolto con un compromesso win-win.
La Svezia è andata incontro alle richieste turche inerenti alla lotta al terrorismo, principalmente di matrice curda. Il Parlamento svedese ha varato una legge[1] che inasprisce le pene per chiunque sostenga – in maniera finanziaria o valoriale – le istanze di gruppi legati al terrorismo. In questo modo Ankara ha aggiunto un alleato nella lotta al PKK[2], considerato una seria minaccia alla sicurezza nazionale turca.
Con ogni probabilità, il completamento del processo di adesione della Svezia all’interno dell’Alleanza verrà concluso nell’ultimo trimestre del 2023, portando a 32 i membri ufficiali.
Ciò nonostante, non sono da escludere ulteriori complicazioni. Tali nodi potrebbero derivare dalla prima data di consegna ufficiale degli F-16 statunitensi alla Turchia. Infatti, seppur l’amministrazione Biden – tramite il Consigliere alla Sicurezza Nazionale Jake Sullivan – abbia dato il via libera alla vendita, parte del Congresso continua a valutare tutte le opzioni dell’ipotesi[3].
Le perplessità riguardano il comportamento della Turchia, ritenuto da alcuni membri poco affidabile e spesso ambiguo. I timori sono che il Paese guidato da Erdoğan possa ripetere l’acquisizione di armi da Paesi considerati ostili dalla NATO. A preoccupare è anche la situazione di tensione diplomatica con la Grecia, con quest’ultima che ha richiesto circa 20 F-35 agli USA per il 2028.
Pertanto, dotare nel breve termine la Turchia di una flotta aerea avanzata, potrebbe acuire il clima di tensione tra i due Paesi nel mar Egeo. D’altra parte, per Washington, esaudire le richieste turche significherebbe anche supportare le conseguenti richieste greche.
Tutto ciò, implica una intersezione di interessi e di priorità strategiche di non scontata gestione per l’Alleanza Atlantica.
Ad oggi, tale scenario presentato, non dovrebbe condurre a ripensamenti diplomatici o alla rinuncia degli accordi fatti per la Svezia. Tuttavia, la trasformazione in corso della NATO implica la necessità di considerare tutti gli scenari verificabili.

Il ruolo strategico della Turchia nella NATO

La Turchia rappresenta il secondo esercito per numero di effettivi, dopo gli Stati Uniti, all’interno dell’Alleanza. Inoltre, è un Paese cruciale per la presenza nel Mediterraneo e per la proiezione sul mar Nero.
L’accesso a quest’ultimo è regolato dalla Convenzione di Montreux, la quale consente alla Turchia di impedire il passaggio di navi da guerra di Stati non rivieraschi.
Le portaerei non possono, in nessun caso, attraversare gli Stretti turchi. I sottomarini appartenenti agli Stati rivieraschi, invece, possono attraversare gli Stretti solo allo scopo di rientrare nelle proprie basi nel mar Nero, o per motivi di manutenzione o riparazione tecnica[4].
In un eventuale contesto bellico in cui la Turchia sia neutrale, essa ha la possibilità di interdire qualsiasi transito di navi da guerra facenti capo a Paesi belligeranti. Se la Turchia si dichiarasse parte del conflitto, potrebbe opporsi al transito di navi da guerra di qualsiasi nazionalità.
Il conflitto in corso tra Russia e Ucraina ha evidenziato la rilevanza strategica di questo spazio marittimo, che è divenuto sia teatro di battaglia, sia snodo logistico cruciale per il transito di merci di prima necessità.
Ad oggi, la Russia controlla tutto il mar d’Azov e distribuisce la sua flotta tra la base di Sebastopoli (in Crimea) e il porto di Novorossijsk.
Alla NATO, in virtù delle decisioni turche, è stato precluso qualsiasi tipo di accesso con mezzi navali da guerra[5]. Al contempo, però, ha esercitato movimenti di pressione e deterrenza attraverso gli Stati membri rivieraschi, ossia Romania e Bulgaria.
In tutti i Paesi limitrofi l’area di conflitto sono stati concentrati battaglioni e truppe di risposta rapide e sono state svolte numerose missioni di air policing[6].
Il mar Nero rappresenta l’unico spazio marittimo interno al continente europeo in cui l’Alleanza non ha una presenza stabile, né tantomeno una capacità di imporre una superiorità militare. Infatti, oltre ai motivi giuridici sopra elencati, tre dei sei Paesi prospicienti il mar Nero, non sono membri della NATO, impendendo una riproduzione di dinamiche simile a quella avvenuta nel Baltico.
La Russia rappresenta indubbiamente il rivale principale, mentre la Georgia e l’Ucraina hanno subito la sua ingerenza sin dalla caduta dell’URSS. La Turchia, il più importante Sato membro rivierasco, non ha mai condotto una politica di reale ostilità nei confronti della Russia, bensì ha rappresentato l’elemento “di mezzo” tra l’Occidente atlantista e i Paesi eurasiatici.
Pertanto, non è casuale se già da prima del conflitto scoppiato nel febbraio del 2022 si accostavano Georgia e Ucraina alla dottrina della “Open door policy”.
L’esito del conflitto, qualunque esso sia, è candidato a porre la Turchia in una posizione ancora più rilevante negli anni a venire. Questo perché, in caso di vittoria russa, sarebbe l’ago della bilancia del balance of power dell’espansione marittima (presumibile) della Russia verso i mari caldi.
D’altra parte, in caso di vittoria ucraina e della sostanziale coalizione occidentale, potrebbe svolgere un ruolo politico e diplomatico di rilievo nelle conseguenti spartizioni territoriali, che inevitabilmente riguarderanno la parte centro-orientale del mar Nero.

Leggi anche:

Verso quale direzione andrà la dottrina della Open Door Policy?

Sin dagli anni immediatamente successivi alla sua istituzione e ancor di più nell’ultimo ventennio, abbiamo considerato l’applicazione di questa dottrina periodica e coerente con il mutamento del sistema internazionale. L’allargamento della NATO ha condotto l’Alleanza verso una profonda trasformazione concettuale: passata dal garantire prettamente una difesa militare, ad ergersi costituente di una sicurezza trasversale paneuropea.
Con l’ingresso della Svezia i Paesi membri si accingono ad essere 32, rispetto ai 12 originari del 1949. Ciò implica che la dottrina della Open Door Policy si prepara ai titoli di coda, considerando che tutti gli Stati inglobabili – compresi quelli storicamente neutrali come Svezia e Finlandia – hanno scelto di aderire all’Alleanza.
Ciò non esclude che i membri della NATO possano crescere ancora, ma è opportuno anche fare delle osservazioni strategiche. Ad esempio, seppur alcuni Paesi balcanici non facciano parte della NATO, non rappresentano delle minacce alla stabilità continentale, poiché non sono situati geograficamente in fasce di scontro confinario tra sistemi politici e culturali diversi tra loro.
Le questioni in sospeso potrebbero essere l’Ucraina e la Georgia, per le quali, però, al momento non è ipotizzabile nessun coinvolgimento diretto, data la situazione in corso. Situazione destinata a rimanere congelata anche nel breve termine successivo alla fine del conflitto.
Quando si concluderà definitivamente la politica di allargamento dell’Alleanza non è definibile con certezza, ma sicuramente siamo vicini alla chiusura del cerchio e all’inizio di un periodo abbastanza duraturo di ripensamento politico e geo-strategico generale.


Note

[1]Cfr. https://www.government.se/press-releases/2023/03/participation-in-a-terrorist-organisation-to-be-a-punishable-offence/ 
[2] Partito dei lavoratori del Kurdistan
[3] Cfr. Turkey: Possible U.S. Sale of F-16 Aircraft, Congressional Research Service, may 2023.
[4] Cfr. https://www.mfa.gov.tr/implementation-of-the-montreux-convention.en.mfa
[5] Cfr. Caffio F., Il mar Nero dimenticato nel conflitto, IAI, febbraio 2023.
[6] Cfr. Romanyshyn I., Ukraine, NATO and the Black Sea, NDC Policy Brief, marzo 2023.


Foto copertina: La NATO accoglie la Svezia e rafforza la Turchia