La Direttiva 2001/55/CE garantisce una protezione temporanea ai profughi in fuga dalla guerra. Non a tutti però. Per alcuni studenti africani residenti in Ucraina prima dello scoppio del conflitto, è prevista una sorte diversa. Quale? Su quest’ultimo punto fa luce il Segretario generale e Direttore della rete Immigrazione, Coesione sociale e Solidarietà dell’UAOD Italia, Agbo Ahoussi Daniel.


Il 3 marzo 2022 è una data destinata a diventare simbolica nella storia dell’Unione europea: per la prima volta, la direttiva 2001/55/CE che, fino a qualche mese fa, era considerata “morta” – poiché mai aveva trovato applicazione in ventun anni – viene rianimata dal Consiglio dell’Unione, il quale, attraverso una decisione di esecuzione, le ha dato attuazione. Infatti, dopo aver accertato «l’esistenza di un afflusso massiccio di sfollati nell’Unione che hanno dovuto abbandonare l’Ucraina a seguito di un conflitto armato[1]», il Consiglio ha delineato i limiti giuridici di applicazione della direttiva, la quale garantisce la concessione della protezione temporanea[2].
A non poter godere dei diritti derivanti da tale istituto giuridico, vi sono degli studenti africani – cittadini di Paesi considerati sicuri dall’Unione – i quali, prima del 24 febbraio 2022, risiedevano legalmente in Ucraina, grazie ad un permesso di soggiorno di breve periodo, rilasciato per motivi di studio. Essi non rientrano in nessuna delle categorie previste dall’articolo 2 della norma, che conferisce protezione temporanea solo ai cittadini residenti in Ucraina prima dello scoppio del conflitto, ai beneficiari di protezione internazionale o nazionale che erano lì prima dello scoppio del conflitto, ai familiari di queste due categorie, e, infine, alle persone che soggiornavano legalmente in Ucraina prima dello scoppio del conflitto, ma che sono impossibilitate a ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio Paese d’origine.
È sulla base di quest’esclusione giuridica che tali cittadini africani hanno subito atrocità e discriminazioni al confine con la Polonia, oltre il quale non a tutti è stato concesso passare: tutt’oggi, c’è chi è rimasto indietro, chi è ancora lì sotto il frastuono delle bombe.
“Questi ragazzi hanno affrontato tanto: hanno affrontato la guerra e, purtroppo, non solo”, queste sono le parole di Agbo Ahoussi Daniel, Segretario generale e Direttore della rete Immigrazione, Coesione sociale e Solidarietà dell’organizzazione Unione Africana delle ONG di Sviluppo (UAOD[3]), coordinamento Italia, il quale, attraverso quest’intervista, ha cercato di far luce su quanto accaduto ad alcuni di questi studenti e sul destino che spetterà loro.
“Per far capire meglio ciò che intendo – continua il direttore – le riporto la testimonianza di D.J.G, studente laureando in economia e finanza in fine ciclo e lavoratore residente regolare in Ucraina prima dello scoppio del conflitto: «eravamo in Ucraina quando, precisamente il 24 febbraio 2022, la guerra è scoppiata. Il primo obiettivo dell’attacco è stato colpire gli aeroporti, perciò, a quel punto, era possibile uscire dal Paese solo per via ferroviaria. Ma non per noi africani. Così è iniziata quest’esperienza catastrofica: l’armata ucraina ci impediva di uscire dal Paese. Come? Ci menavano coi manganelli perché non volevano farci entrare nei mezzi insieme agli altri. Alla fine, alcuni di noi sono riusciti ad uscire via Liviv, al confine con la Polonia. Ma per farlo, abbiamo dovuto camminare 75-80 km a piedi con una temperatura di 7/8 gradi sotto lo zero, perché non avevamo altri mezzi. Abbiamo trascorso quattro giorni al gelo, senza cibo né acqua, senza alcuna protezione. Abbiamo sofferto prima di attraversare questo confine, al contrario degli ucraini che avevano il loro percorso e passavano tranquillamente. Siamo, poi, riusciti ad andare in Germania, dove alcuni sono rimasti, altri hanno proseguito verso il Belgio e altri, come me, sono arrivati in Francia. Giunti qui, il governo francese ci ha categoricamente rifiutato il riconoscimento della protezione internazionale, argomentando che i nostri Paesi d’origine non sono in guerra, quindi, possiamo e dobbiamo ritornare lì, nei nostri Paesi. Contrariamente a noi, gli ucraini hanno diritto alla protezione. Eppure, noi abbiamo subito la stessa situazione di guerra e abbiamo perso tutto, proprio come loro, purtroppo. Noi non eravamo turisti in Ucraina, ma residenti legali. I nostri beni sono rimasti là.
Nella nostra veste di studenti, troviamo anormale che noi africani, ancora oggi, veniamo trattati come nel tempo coloniale. Chiediamo che la comunità europea riveda la sua decisione nei nostri confronti. Chiediamo la protezione come tutti quelli che hanno subito e stanno subendo questa guerra»”.

“Quasi tutti hanno visto le immagini delle discriminazioni che i non-ucraini hanno subito al confine; evidentemente, però, la cosa non ha riscosso abbastanza scalpore affinché se ne continuasse a parlare.
Lei, in quanto rappresentante di UAOD, è in contatto con questi studenti africani che si sono ritrovati, da un momento all’altro, sfrattati dall’Europa, poiché originari di Paesi africani considerati sicuri per l’Unione. Questa domanda è un po’ insolita, ma è importante farla. Quali sono le loro emozioni? Cosa provano, al momento, sapendo che sono costretti al rimpatrio?”

 “Sì, l’UAOD è in contatto con questi cittadini africani tramite alcune associazioni socie dell’UAOD Italia. Per rispondere alla sua domanda, le dico che questi ragazzi sono assolutamente scioccati. Non avevano capito che cos’è l’Europa, e adesso lo stanno capendo. Quanti paesi africani che lei conosce sono sicuri a livello sociale, politico, fisico e alimentare, per poter affermare che l’Africa è sicura? Cioè, ignorano ciò che accade in Africa per considerarli sicuri? Davvero capisco poco… Poi, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è stata violata nel suo primissimo articolo: tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Dov’è la fratellanza adesso? Questi ragazzi provano l’effetto della discriminazione sulla loro pelle e quello della mancanza di rispetto nei confronti degli africani, originari di Paesi che sono i maggiori partner economici dell’Europa. Chi subisce ciò, per la prima volta, sarà frustrato e scioccato a vita. Noi veterani, invece, lo viviamo da decenni… purtroppo impareranno anche loro! Mi dispiace che qualcuno di questi ragazzi non solo perderà tutto ciò che aveva costruito lì, in Ucraina, ma perderà anche la dignità, e ciò accadrà proprio nel momento in cui indosserà la maglia che gli verrà regalata per essere rimpatriato, come fosse un delinquente”.

“Inoltre, è fondamentale aggiungere che con la differenziazione tra profughi di serie A e profughi di serie B, ad essere stata violata non è solo la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma anche l’impianto valoriale[4] alla base del Trattato di Lisbona.  In che parte dell’Ucraina risiedevano questi studenti?”

“La maggior parte di essi risiedeva a Kharkiv, Kiev, Odessa e Dinipro.”.

“C’è ancora qualcuno che, purtroppo, non è riuscito a passare il confine. Come si sta organizzando l’UAOD per aiutare queste persone?”

“Purtroppo sì. A questo proposito, l’UAOD, il cui portavoce è stato il ministero degli affari esteri della Côte d’Ivoire in collaborazione con il Presidente del Consiglio Esecutivo dell’UAOD, ha scritto una lettera ai ministeri esteri dei Paesi membri UAOD, per chiedere di attivarsi a darci i nomi e contatti telefonici dei propri cittadini rimasti in Ucraina, in modo che noi e i nostri partner della Romania possiamo organizzarci per recuperarli. Speriamo che si attivino in tempo.”.

“Ecco, parlando della Romania…Lei dovrà volare in Romania la settimana prossima per trattare dell’accoglienza e integrazione di questi studenti africani nelle università del Paese. Perché proprio la Romania?”

“È vero! Volo in Romania in trattativa per l’accoglienza e l’integrazione di questi studenti nelle università della nazione. Poi le farò sapere. Gli studenti sono il futuro dei Paesi africani. La loro formazione ci sta a cuore, non solo per solidarietà, ma anche perché vogliamo capire: se i nostri studenti e ricercatori non vengono considerati e accolti, non gli viene data loro una chance, ciò vuol semplicemente dire che il futuro e lo sviluppo dell’Africa non interessa a nessuno…La Romania non è a caso. Siamo partner con la Romania dal 2020. Stiamo elaborando alcuni progetti sociali, commerciali e diplomatici assieme. Ecco perché la Romania… Non è una collaborazione nata con la guerra, ma un rapporto che stiamo costruendo da anni.”.

“E, nel frattempo, dove sono questi ragazzi? Chi gli ha offerto ospitalità dopo la fuga dalla guerra, una volta giunti a destinazione?” “Principalmente si sono recati in Francia, dove sono stati accolti per un mese e poi gli è stato chiesto di firmare di lasciare il Paese entro il 20 maggio, altri sono in Belgio, dove è accaduta la stessa cosa, e altri ancora in Germania, che ha concesso 3 mesi di accoglienza dopodiché non si sa cosa succederà. Adesso si arrangiano in clandestinità. Qualcuno è stato attento, è stato bravo a non firmare quello che in Italia chiamiamo foglio di via, ed ora è in giudizio in tribunale seguito da avvocati e assistenti sociali.”.

“Coloro che leggeranno queste parole, comprenderanno la situazione che vivono questi ragazzi, che purtroppo è quella che è. Dunque, è il momento di iniziare a dare eco a questa problematica, che riguarda tutti quei cittadini stranieri che provenendo da un Paese considerato sicuro dall’Unione, si sono ritrovati non solo a dover interrompere gli studi, il lavoro, la propria vita a causa dello scoppio della guerra, ma anche a vivere il rischio di dover tornare nella propria nazione. Vuole lanciare un appello?”

“Prima di lanciare un appello, vorrei far notare una cosa: la vita di un essere umano non può dipendere da un pezzo di carta, che sia un permesso di soggiorno permanente o qualsiasi altro tipo di autorizzazione. Qui si tratta di guerra, di salvezza, di protezione, di dignità, di diritti umani fondamentali. Sappiamo enunciarli bene nei discorsi, ma è il momento di mettere tutto ciò in pratica, di valorizzare le nostre preghiere e prediche politiche. Non bisogna creare divisioni e discordia tra ucraini autoctoni e ucraini di adozione. Salviamo gli esseri umani, punto. È di questo che si tratta. Il mio appello consiste a ricordare che, innanzitutto, l’Africa è strategica nel processo di sviluppo mondiale, quindi, non va lasciata da parte, anzi, l’Africa va rispettata, l’Africa va trattata senza discriminazione razziale e differenziazione di pigmentazione. Siamo tutti uguali, anche se non ci somigliamo del tutto. Quindi, ricordiamo sempre l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: uguaglianza e fratellanza! Questo è il mio appello. Grazie.”.


Note

[1] GU L 71/5 del 4.3.2022, pag. 5
[2] GU L 212 del 7.8.2001, pag. 3
[3] È un’organizzazione africana ombrello che riunisce le ONG, le associazioni, i gruppi, le società cooperative e le mutue di sviluppo, a livello continentale e della diaspora africana, www.lavoixdelanation.info/lunion-africaine-ong-de-developpement-uaod-sinstalle-togo/
[4] Art. 3 paragrafo 5, e art. 21 TUE


Foto copertina: Rifugiati africani in Ucraina