Giornalista, scrittore, del Popolo della Famiglia, direttore de La Croce, ma anche marito di Silvia e papà di tre figlie. Si definisce così Mario Adinolfi sulla bio del suo profilo Twitter. Spirito critico, leader politico e fervente cattolico, noi lo abbiamo incontrato per discutere dei temi che formano l’oggetto principale delle sue battaglie politiche e sociali di sempre.
Giornalista, scrittore, del Popolo della Famiglia, direttore de La Croce, ma anche marito di Silvia e papà di tre figlie. Si definisce così Mario Adinolfi sulla bio del suo profilo Twitter. Spirito critico, leader politico e fervente cattolico, noi lo abbiamo incontrato per discutere dei temi che formano l’oggetto principale delle sue battaglie politiche e sociali di sempre.
Dottor Adinolfi, nelle scorse settimane lei è intervenuto sui suoi profili social per commentare il videomessaggio del Presidente Zelensky nel quale invitava a votare per l’Ucraina durante l’Eurovision, scrivendo che “vien voglia di arruolarsi nella Wagner”. Come mai?
“Evidentemente il tono era provocatorio e richiamava una vecchia battuta di Woody Allen, che andando ad un concerto wagneriano dice, uscendo, “devo uscire subito dal teatro altrimenti mi vien voglia di invadere la Polonia”. Resta una battuta, ma ho visto che l’hanno presa sul serio. Ovviamente, però, davanti alla tragedia di un popolo soprattutto, non mi piacciono le strumentalizzazioni: usare uno strumento ‘pop’ che non ha nulla a che fare con la partita in corso-che è molto seria e spinosa, dato che muoiono migliaia di ragazzi-per attirare l’attenzione di tipo mediatico, l’ho trovato intollerabile…Non è che possiamo far vincere il mondiale del Qatar all’Ucraina perché abbiamo deciso di far passare sempre il messaggio politically-correct, altrimenti diventa una burletta.”
Adinolfi Lei è stato anche molto critico con Giorgia Meloni e il suo partito, affermando che ormai “è sdraiata a favore del riarmo secondo le strategie dettate da Biden”. Ritiene che non ci sia opposizione, oggi, in Parlamento?
“Questa è la cosa più grave. Già c’è una maggioranza di governo veramente ampia, chiamata di unità nazionale-e io da deputato ho vissuto personalmente questo tipo di clima già all’epoca del governo Monti, quando bisognava votare sempre qualsiasi cosa venisse proposta, ed era il 2011; se lo stesso clima si ripresenta oggi, nel 2022, allora c’è qualcosa che non funziona nella democrazia italiana…Se poi, l’unica forza di opposizione parlamentare si è dovuta uniformare al punto che, il discorso della Meloni a Milano [durante la Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia, svoltasi a Milano dal 29 aprile al 1 maggio, nda] poteva essere perfettamente sovrapponibile al discorso di Enrico Letta… A me la politica che diventa marmellata non piace. Io credo che la politica sia fatta di differenze che devono essere sempre rappresentate.”
Nell’ultima edizione degli Stati Generali della natalità, è intervenuto il presidente dell’ISTAT Giancarlo Blangiardo, che ha sottolineato come, entro il 2050 l’Italia perderà 5 milioni di abitanti. È un tema sul quale lei è intervenuto spesso: quali sono, allora Adinolfi, secondo lei, le cause e quali le soluzioni?
“Si dice sempre che ci sia una causa economica, che la natalità è connessa alla potenza economica del Paese, ma non è così, si confonde la causa con l’effetto: si ha una perdita di potere economico perché si ha una certa politica di denatalità-basti pensare che i Paesi che hanno più natalità in Europa sono i Paesi che crescono di più (penso all’Ungheria). Io sono convinto che si stia sempre a indicare in maniera abituale, in questi inutili convegni, il problema senza mai indicare la soluzione. Il problema ce l’abbiamo chiaro da 20 anni, ma se noi vogliamo davvero rimediare c’è una solo strada che si chiama ‘Reddito di maternità’, misura necessaria che il Popolo della Famiglia propone da anni. Non c’è alcuna alternativa. Il tentativo del pannicello caldo dell’assegno unico per i figli non serve a niente.”
È altamente probabile che nelle prossime settimane, in Parlamento, sia ripresentato il Ddl Zan. Questa volta passerebbe?
“No, non può passare, ed è ovvio che si tratti di un’operazione di propaganda del Pd. Non sono cambiate le condizioni politiche, né è stata modificata la legge, perché dovrebbe passare oggi se non è passato sei mesi fa? È evidente che si tratti di un atto di campagna elettorale, che per il Pd è permanente.”
Adinolfi perché ritiene che l’Italia non ne abbia bisogno?
“Non è che non ce ne sia bisogno, è che è tragicamente sbagliato questo Ddl: sarebbe una legge liberticida e folle. Se mi si chiede di ragionare sulle aggravanti per i reati d’odio allora possiamo anche discutere, ma questa è una legge contro l’opinione, pensata contro movimenti come il mio se non direttamente puntata contro la mia persona, quindi…anche no.”
In rete è circolata, nelle scorse settimane, una sua presunta affermazione secondo la quale sarebbe pronto ad acquistare i diritti e condurre una versione italiana del programma russo “I’m not gay”, che ha fatto discutere l’opinione pubblica tutta. Adinolfi, smentisce?
“No, no non smentisco, anzi ho ribadito anche in televisione quello che ho scritto su Twitter. La mia intenzione è disinnescare quest’aura di intoccabilità del tema oggetto del programma-che, lo ricordo, è condotto da un deputato della Duma russa- introducendo l’elemento grottesco: se si guardano le immagini sono evidentemente grottesche ed evidenziano quanto sia stupido andare a caccia dell’omosessuale, e quanto siano ridicoli gli eterosessuali che si atteggiano a macisti. La forza del programma, secondo me, è la capacita di rompere il clima di politically-correct intorno al tema. Piuttosto guardiamo le oscenità che stanno nell’idea che ci si debba dividere e qualificare secondo l’orientamento sessuale: è questo il punto per me inaccettabile del contesto italiano, dove una lobby si qualifica per il proprio orientamento sessuale, cercando di drenare infiniti denari pubblici e potere rispetto a un elemento sul quale le persone si devono dividere. Non c’è differenza fra omo ed etero, non può essere costruita una discriminazione al rovescio per revanscismo magari dovuto alle discriminazioni di un decennio fa. Il programma, ribadisco, è palesemente giocato sul grottesco, anche se in salsa russa, molto agrodolce nelle modalità.”
Come commenta l’affermazione di Luca Barbareschi, che in un recente intervento pubblico ha parlato di “mafia degli omossessuali e delle lesbiche”?
“Il termine mafia non l’avrei usato. Luca lo conosco bene, è un istrione e ha voluto fare la sparata con le parole forti. Io uso interessi aggregati, il termine lobby, ma il concetto mi sembra abbastanza analogo.”
Restando in tema di diritti civili, una fuga di notizie, all’inizio del mese scorso, ha reso nota la presunta opinione della Supreme Court statunitense in tema di aborto, che sarebbe pronta ad annullare le storiche sentenze Roe v. Wade e Planned Parenthood v. Casey, ad oggi fondamento della garanzia del diritto all’aborto. Come ha accolto questa notizia?
“In Italia le conseguenze della sentenza della Corte Suprema, come è sempre stato, verranno a far sentire i loro effetti. Bisogna essere chiari però. Negli USA l’aborto è garantito fino alla 24esima settimana, in attuazione della celebre sentenza del 1973 Roe v. Wade-e la 24esima settimana vuol dire bambino di 6 mesi. In alcuni Stati, poi, è stata approvata una normativa che ha legittimato i cosiddetti aborti a nascita parziale, praticati, cioè, al settimo e ottavo mese di gravidanza. Inoltre, le cliniche planned parenthood sono una lobby potentissima (sono le prime delle lobbies finanziatrici delle campagne elettorali dei candidati democratici, per poi poter drenare un miliardo di dollari l’anno di fondi federali, che consentono di praticare tra i 300mila e 400 mila aborti l’anno). Infine, negli USA, dal 1973, ci sono stati 62mln di aborti. In Italia, la 194 [la legge n.194/1978, nda] consente l’aborto fino alla 12esima settimana, e ci sono stati sei milioni di aborti dalla sua entrata in vigore, cioè meno di un decimo dei numeri statunitensi. La discussione in Corte Suprema nasce perché il Mississippi vuole emanare una legge che limiti l’aborto alla quindicesima settimana. Pertanto, la traduzione italiana per cui la Corte Usa vuole negare il diritto all’aborto è falsa e fa parte di questa folle stagione in cui i giornali italiani si sono messi a fare solo propaganda. Evidentemente c’è un popolo, quello del Mississippi e di 25 altri Stati degli Usa che preferisce avere una legge che limiti l’aborto. La mia volontà, comunque, è far parte della generazione che cancellerà la vergogna dell’aborto dagli ordinamenti statuali, che è la grande missione di una vita. Negli Usa, insomma, non c’è in ballo il diritto ad abortire-che comunque per me non esiste, come non esiste nella 194 che è una legge a tutela della maternità, che guarda all’aborto come extrema ratio.”
La posizione che ha assunto l’Italia nel conflitto russo-ucraino la convince?
“Sono totalmente contrario alla politica del riarmo complessiva, che porta l’Italia a spendere il 2% del Pil in armamenti, e sono contrario a finanziare una delle due fazioni di quella che considero una guerra civile, fra popoli fratelli, che facevano parte fino a trent’anni fa della stessa nazione: armare e schierarsi con una fazione di una guerra civile non fa parte della nostra tradizione diplomatica e di politica estera. È una scelta folle che i ceti medio-bassi pagheranno con recessione, inflazione, difficoltà nel reperimento di materie prime, disoccupazione. Non riesco proprio a capire perché l’Italia debba trovarsi nella condizione di forza sostanzialmente belligerante contro la Russia, e non capisco perché l’Europa debba essere sottoposta al volere di Biden. Spero che l’Italia recuperi la sua terzietà, dicendo no agli Stati Uniti quando c’è da dire no, con il no di uno Stato che sa fare l’interesse dei propri cittadini e non quelli di un presidente democratico degli Usa, che non sono i nostri. Chiedo al governo Draghi, e spero presto al nuovo governo, di recuperare terzietà per costruire una soluzione diplomatica ad un conflitto che altrimenti porterà soltanto dolore e morte per lungo tempo.”
Adinolfi Lei crede che ci sia abbastanza libertà di espressione nella tv italiana su questi temi? “Un problema di libertà di espressione in Italia indiscutibilmente c’è, se si pensa che è al 58esimo posto per libertà di stampa. C’è qualcosa di malato nell’idea di Mario Monti, che ritiene che in questa fase emergenziale l’informazione debba essere somministrata dal potere esecutivo: un’affermazione del genere è da brividi, ma molti giornalisti hanno preso alla lettera questa indicazione, cancellando la presenza delle voci dissonanti dalla corrente prevalente. Ci sono stati interventi della politica sull’informazione, su singoli programmi, conduttori e ospiti, e poi diciamo che Putin è il dittatore? Forse qualche tic totalitario, nei partiti che hanno nelle loro radici la falce e il martello, è rimasto.”
Adinolfi qual è la sua posizione in merito all’affermazione del patriarca russo Kirill, che ha definito la guerra contro l’Ucraina come una guerra contro la lobby gay?
“Bisogna stare molto attenti a leggere le parole di un capo religioso, così come a pensare a delle sanzioni ad personam contro un capo religioso. Io non sono un cristiano ortodosso, e sto con Papa Francesco ovviamente, condividendone le posizioni. Kirill, però, fa un ragionamento diverso: dice che l’occidente è marcio perché si direziona verso il peccato anziché verso Dio. Chi conosce un po’ la cultura russa sa che da secoli essa è impregnata di questo elemento anti-occidentalista, che vede cioè nell’occidente il contesto ove Dio non c’è, concezione già presente in Nietzsche-che è per i russi radice del nazismo, per cui quando sentiamo parlare di denazificazione dell’ucraina contestualizziamo sempre tale espressione. Kirill, da cristiano ortodosso, ha la concezione di un Occidente dedito al peccato, che uccide Dio e mette al centro l’autodeterminazione…e lui, da capo religioso, chiede che la società si orienti a Dio e non al peccato. Questa riflessione, in Italia, ancora una volta è stata introdotta dicendo che Kirill ce l’ha col gay pride! Bisogna stare attenti alle semplificazioni, altrimenti non si può comprendere. Per un occidentale la contestazione è naturale, dato che in Europa gli schemi non credenti iniziano ad essere prevalenti, ma non banalizziamo, perché il discorso di Kirill è molto complesso. Si tenga poi conto che lui è riferimento profondo di centomilioni di cristiani ortodossi e che si tratta di concetti che affondano in una cultura, quella ortodossa, millenaria, che non può essere inquadrata in una narrazione italiana ed europea che non sa leggere la profondità della cultura russa.”.
Foto copertina: Mario Adinolfi