I soprusi e i progetti della Cina nei confronti del Tibet.
“Ci insegnano a ricordare le idee e non l’uomo, perché l’uomo può fallire. L’uomo può essere catturato, può essere ucciso e dimenticato. Ma 400 anni dopo ancora una volta un’idea può cambiare il mondo. Io sono testimone diretto della forza delle idee, ho visto gente uccidere per conto e per nome delle idee, li ho visti morire per difenderle…”[1]
Una trattazione recente ci ha portato ad analizzare la Questione Tibetana, in funzione degli scontri sino-indiani per il Tibet[2]. L’intento di questa nuova trattazione è di analizzare l’incalzante oppressione cinese nei confronti del Tibet.
Le condizioni attuali
L’Human Rights Watch ha registrato, in occasione del settantesimo anniversario del Partito Comunista Cinese, un incremento degli episodi di repressione[3].
È, infatti, pertinente menzionare la cosiddetta “Questione Uigura”: tale vicenda vede come protagonisti gli Uiguri, una popolazione turcofona a maggioranza musulmana, la quale occupa il 46% dello Xinjiang.
La Questione è particolarmente esplicativa degli atti di sottomissione cinesi, grazie alla pubblicazione del New York Times degli Xinjiang Papers: Si tratta di documenti consegnati alla testata giornalistica da un funzionario cinese (la cui identità è anonima), che confermerebbero l’esistenza di campi di concentramento creati nella regione per “sinizzare” la popolazione uigura[4].
Spostando la nostra lente di analisi sui rapporti sino-tibetani, si riscontra che non sussiste alcun dialogo formale tra il Dalai Lama o i suoi rappresentanti e il governo cinese dal Nono Round di Dialogo nel gennaio 2010[5]. La lama che ha tagliato le poche possibilità di dialogo è affilata dalla convinzione cinese che il Dalai Lama sia un “separatista”[6], escludendo l’eventualità di un’autonomia tibetana all’interno della Cina[7]. Alla luce dei continui soprusi cinesi, l’amministrazione tibetana ha affermato che ”la continua occupazione del Tibet da parte della Cina viola il diritto internazionale e i diritti fondamentali del popolo tibetano”[8]. È per tale ragione che il governo tibetano in esilio non demorde nel chiedere una risoluzione pacifica e negoziata della disputa sino-tibetana[9].
Gli artigli della Tigre sulla religione e cultura tibetana
Il Tibet e il buddhismo sono noti alla comunità internazionale per il loro fascino e radici millenari. È proprio per la maestosità culturale tibetana che la Cina s’impegna nel soffocare la libertà di religione tibetana, tramite ingerenze negli affari dei monasteri e persino la distruzione fisica di molti di questi[10].
La rovina di circa il 90% di tali luoghi non implica solo un atto fisico di demolizione, ma anche un attacco di tipo culturale, poiché i monasteri erano il sole attorno al quale ruotavano l’educazione, la cultura e la vita della comunità tibetana. Gli anni che hanno fatto da palcoscenico per tali misfatti vanno da maggio 1966 e gennaio 1969, periodo in cui era in atto la Rivoluzione Culturale Cinese[11].
I soprusi per mano cinese, però, non passarono inosservati agli occhi di alcuni giornalisti occidentali, ai quali fu permesso di visitare il Tibet alla fine degli anni ’70. Riportarono la devastante distruzione di quei luoghi di culto, e della cultura tibetana in generale, descrivendo la nazione come “il cimitero di una civiltà assassinata”[12]. Ciò è particolarmente confermato dal numero di monaci e suore tibetani che furono arrestati[13] (sebbene il governo cinese abbia sempre negato la presenza di prigionieri religiosi in Cina e, anzi, abbia affermato che le condanne fossero legate a violazioni della legge), torturati[14] e persino giustiziati[15].
Dal canto cinese, però, bisogna considerare che sono stati compiuti dei tentativi per allentare la stretta delle pressioni culturali e soprattutto religiose sul Tibet, concedendo quindi maggiore libertà di culto e la ricostruzione di alcuni (seppur pochi) monasteri, senza far a meno della sua vigilanza stringente per stroncare sul nascere qualsiasi attività politica all’interno dei monasteri[16].
“Segnali di fumo” a Lhasa
Nonostante gli “apprezzabili” tentativi pacifici sinici, i venti portavano segnali di tempesta. Infatti, numerose proteste con a capo monaci e suore tibetane, aizzati dalla volontà di denunciare le sopraffazioni cinesi, furono affogate nel sangue[17].
Le tensioni si sono acuite nel marzo 2008, a causa delle Olimpiadi di Pechino nell’agosto di quell’anno e della determinazione cinese che i subordini in Tibet dovessero essere disciplinati, attraverso un inasprimento delle politiche.
Ciò innescò la prima ondata di proteste tibetane, conseguendo in un aumento di natura repressiva delle libertà di parola, religione, riunione e associazione dei tibetani[18]. Fu inevitabile, dunque, assistere all’incremento di quelle che erano nate come piccole dimostrazioni, mutandosi in una rivolta su larga scala in gran parte del Tibet da marzo 2008[19].
Pertanto, ritornano con risonanza perturbante le immagini delle immolazioni pubbliche del 2011 e 2012. Il governo cinese inizialmente cercò di rifilare la motivazione di tali episodi a pratiche tipiche della tradizione buddista[20]. Nonostante l’interpretazione ufficiale, le immolazioni continuarono senza sosta, a tal punto che, per tentare di porvi un freno, il Ministro degli Esteri Liu Weimin dichiarò che “promuovere e incoraggiare attentati contro la propria vita sono immorale”.[21]
Fu tale lo scalpore mistico dei sacrifici tibetani che, nel 10 aprile 2008, il Parlamento Europeo emanò una Risoluzione[22] (2009/C 247 E/02), in cui si dichiara «preoccupato per la crescente emarginazione economica del popolo tibetano in Tibet, confrontato con un numero sempre maggiore di lavoratori cinesi che emigrano in Tibet appropriandosi di posti di lavoro e di terreni tibetani».
In aggiunta, «sottolinea la palese discriminazione nel sistema dell’istruzione, nel quale i bambini tibetani studiano la loro lingua madre come seconda lingua». È per queste motivazioni che il Parlamento Europeo «invita la Cina a rispettare i propri impegni pubblici in materia di diritti umani e delle minoranze, democrazia e Stato di diritto»[23].
Uno sguardo al presente
Sfogliando le pagine del trentesimo rapporto annuale di Human Rights Watch, possiamo riscontrare che: da un lato, il 2020 è stato l’anno più buio per i diritti umani in Cina e per i territori da essa controllati. Per quanto concerne il Tibet, le autorità continuano a imporre forti limitazioni alle libertà religiose, di parola, di movimento e di riunione.
I funzionari locali, nel rispondere alle direttive di Pechino, ignorano le richieste di risarcimento dalla popolazione in conseguenza delle attività minerarie e degli espropri terrieri. Inoltre, le forze dell’ordine fanno spesso ricorso all’intimidazione e all’uso della forza[24].
Dall’altro lato, Xi Jinping prevede dei progetti ben precisi per il Tibet. In occasione del settimo Forum sul Lavoro in Tibet (a Pechino, dal 28 al 29 agosto 2020), il piano di Xi Jinping per il Tibet può essere riassunto in: rafforzo delle difese di frontiera, assicurando la stabilità del territorio; adattamento del buddhismo tibetano al socialismo, con relativa educazione politico-ideologica; avvio di progetti infrastrutturali per promuovere la crescita economica del paese[25].
Note
[1] Citazione estratta dal film “V for Vendetta”.
[2] Si consiglia la lettura preliminare di Gentile E., 2021, “La Questione Tibetana – Quando la Tigre incontra l’Elefante: giochi di potere sino-indiani per il Tibet”. https://www.opiniojuris.it/la-questione-tibetana/
[3] Human Rights Watch, World Report 2020, China – Events of 2019. https://www.hrw.org/world-report/2020/country-chapters/china-and-tibet#bbae7b
[4] Carabotta R., 2021, “Xi(njiang) Jinping”. https://www.opiniojuris.it/xinjiang/
[5] U.S. Department of State, ‘‘2019 Report to Congress on Tibet Negotiations, Department of State Authorities Act, Fiscal Year 2017 Improvements Act PL 115–94, Sec. 13,’’ June 3, 2019, attached to letter from Mary Elizabeth Taylor, Assistant Secretary, Bureau of Legislative Affairs, U.S. Department of State, to United States Senate, Committee on Foreign Relations, May, 2019.
[6] Camera dei Deputati – Servizio Studi, XVII Legislatura, “Recenti Sviluppi della Questione Tibetana”. http://documenti.camera.it/leg17/dossier/Testi/es0122inf.htm
[7] Central Tibetan Administration, ‘‘Tibet Was Never a Part of China, but the Middle Way Approach Remains a Viable Solution,’’ October 2018; Sherab Woeser, Office of His Holiness the Dalai Lama, ‘‘‘I Am Not Seeking Independence,’ Re confirms His Holiness,’’ November 3, 2009.
[8] Central Tibetan Administration, ‘‘Tibet Was Never a Part of China, but the Middle Way Approach Remains a Viable Solution,’’ October 2018.
[9] Tibetan Parliament in Exile, Riga Declaration, adopted by the 7th World Parliamentarians’ Convention on Tibet, May 14, 2019. https://tibet.net/the-riga-declaration-7th-world-parliamentary-convention-on-tibet/
[10] Prados J., “Presidents’ Secret Wars: CIA and Pentagon Covert operations since World War II”, 1986.
[11] Norbu D., “Tibet: The Road Ahead”, 1997.
[12] Norbu, 1997.
[13] “Visit by the Special Rapporteur to China (1994)”, in Legal Materials on Tibet. http://www.tibetjustice.org/materials/un/un12.html
[14] Klein R., “An analysis of China’s Human Rights Policies in Tibet: China’s Compliance with the mandates of International Law regarding civil and political rights”.
[15] International Campaign for Tibet, “Forbidden Freedoms: Beijing’s Control of Religion in Tibet”, 1990.
[16] Human Rights Watch, “Merciless Repression – Human Rights Abuses in Tibet”.
[17] Merciless Repression.
[18] One Hundred Eleventh Congress, Congressional-Executive, Commission on China, Annual Report 2009. http://www.hrw.org/sites/default/
[19] One Hundred Eleventh Congress, Congressional-Executive, Commission On China, Annual Report 2008.
[20] Crowe D. M., the “Tibet question”: Tibetan, Chinese and Western perspectives, 2013.
[21] Il Post, “I suicidi dei monaci tibetani”, giovedì 20 ottobre 2011. https://www.ilpost.it/2011/10/20/i-suicidi-dei-monaci-tibetani/
[22] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:C:2009:247E:FULL&from=LV
[23] Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, Risoluzione del Parlamento europeo del 10 aprile 2008 sul Tibet (2009/C 247 E/02).
[24] Human Rights Watch, 30th Annual Report, China – Events of 2019. https://www.hrw.org/world-report/2020/country-chapters/china-and-tibet#bbae7b
[25] Canestri C., “I progetti di Xi Jinping per il Tibet”, Sicurezza Internazionale, 2020. https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2020/08/30/progetti-xi-jinping-tibet/
Foto copertina: Templi tibetani