Kamila Pronińska, professoressa associata presso il Dipartimento di Studi Strategici e Sicurezza Internazionale dell’Università di Varsavia ed esperta di sicurezza energetica, ci offre uno spaccato del settore energetico in Polonia.
Kamila Pronińska, professoressa associata presso il Dipartimento di Studi Strategici e Sicurezza Internazionale dell’Università di Varsavia ed esperta di sicurezza energetica, ci offre uno spaccato del settore energetico in Polonia, analizzando i fattori che hanno da sempre influenzato lo sviluppo della politica energetica polacca e l’atteggiamento del paese verso gli obiettivi in materia di energia e clima fissati a livello UE, primi fra tutti una forte dipendenza dal carbone e una scarsa consapevolezza in merito alla questione climatica. La professoressa descrive altresì i problemi che emergono in relazione ad una transizione energetica sempre più necessaria e gli sviluppi più recenti a livello governativo, sociale e di mercato, delineando il quadro di un settore energetico in forte trasformazione, che apre molteplici prospettive future per un ruolo più incisivo delle energie rinnovabili nella produzione di energia in Polonia.
Attualmente il carbone genera ancora tre quarti della produzione di energia della Polonia, mentre la quota delle risorse rinnovabili è soltanto prossima al 15%. Ciononostante, il governo guidato dal partito Diritto e Giustizia (PiS) sostiene fermamente il mantenimento delle miniere di carbone e i tentativi di diversificazione del mix energetico del paese non hanno prodotto risultati significativi- Quali fattori sociali, politici ed economici possono spiegare il supporto permanente della Polonia per il carbone? Qual è la “cultura energetica” del paese?
“L’uso del carbone nella produzione di elettricità ora ammonta approssimativamente al 75% e la Polonia sta continuamente riducendo la quota del carbone nel proprio mix energetico. Tuttavia, questo è uno dei fattori principali: la Polonia ha il mix energetico a più alte emissioni di carbonio dell’Unione europea, a causa di quella che oggi possiamo definire un’eccessiva dipendenza dal carbone. Questo è il problema principale. Se paragoniamo la Polonia ad altri paesi europei, prendendo in considerazione il punto di partenza in cui siamo ora, la Polonia è in una situazione estremamente complessa.
Ad esempio, la Francia, con l’energia nucleare che domina il mix energetico del paese, è già riuscita a decarbonizzare il suo mix di elettricità. Tra gli Stati membri dell’UE il settore dell’elettricità in Polonia presenta la più alta intensità di emissioni di carbonio ed ovviamente cambiarlo è la sfida principale. Ed io non direi che non c’è la volontà di farlo. Nei circoli governativi e delle compagnie energetiche questa volontà è presente: si comprende che questi sono i trend a livello europeo e globale e che la trasformazione energetica è inevitabile. Si tratta tuttavia di un processo molto lento, che osserviamo soltanto da qualche anno. Ci siamo uniti al processo di trasformazione energetica complessivo, ma abbastanza in ritardo. Questo non è soltanto il caso della Polonia ma anche della più ampia regione dell’Europa centro-orientale. Di conseguenza, esistono due problemi: in primo luogo, un’elevata intensità di emissioni di carbonio del settore dell’elettricità; in secondo luogo, abbiamo iniziato una securitizzazione del cambiamento climatico piuttosto in ritardo. Poco dopo aver aderito all’UE, entrammo nei negoziati per il primo pacchetto su energia e clima, ma i circoli governativi non erano né certi di questa direzione, né avevano adeguatamente compreso le cause sottostanti alla base della trasformazione energetica. Mentre il processo di negoziazione procedeva, pochissime persone nei circoli governativi avevano compreso perché fosse così necessario modificare il mix energetico del paese.
In altri termini, essi non compresero che il cambiamento climatico rappresenta una delle maggiori minacce alla sicurezza del presente. Si unirono al pacchetto, ma non erano realmente convinti delle motivazioni che vi erano dietro. Adesso stiamo osservando un grande cambiamento: sia a livello sociale che governativo si assiste ad una crescente comprensione del cambiamento climatico come minaccia alla sicurezza nazionale ed internazionale. Negli studi sulla sicurezza questo processo viene chiamato securitizzazione. Possiamo pertanto dire che la securitizzazione del cambiamento climatico è finalmente iniziata in Polonia, ma allo stesso tempo vi è ancora un grado differente di consapevolezza all’interno dell’UE. Nel 2020 c’è dunque un crescente consenso in merito a questi temi in Polonia, ma ancora siamo in un punto in cui, ad esempio, i paesi scandinavi erano quasi venti anni fa.”
Come ha influenzato i rapporti tra la Polonia e l’Unione europea l’elevata dipendenza del paese dal carbone e dai combustibili fossili?
“Abbiamo tre pilastri nella politica energetica dell’UE: lo sviluppo sostenibile, la liberalizzazione del mercato energetico e la sicurezza dell’approvvigionamento. Inizialmente, ci concentravamo soltanto sulla dimensione della sicurezza dell’approvvigionamento. Qui infatti c’erano le maggiori lacune. Per quanto riguardava il settore dell’elettricità, la Polonia si sentiva più sicura grazie ad elevati livelli di autosufficienza. La Polonia si basava semplicemente sul carbone domestico. Non potevamo sentirci però allo stesso modo in relazione alle forniture di petrolio e gas, perché eravamo completamente dipendenti da un fornitore specifico, ovvero la Russia, una potenza energetica con la sua storia di pressioni geopolitiche nella regione. Pertanto, in relazione alla politica energetica dell’Unione la Polonia si è concentrata soprattutto sulla dimensione della sicurezza dell’approvvigionamento, nel senso che si è resa conto che il paese aveva bisogno innanzitutto di costruire interconnettori di gas ed altre infrastrutture necessarie al potenziamento della sicurezza energetica. Questo è stato un problema fondamentale, dato che il gas è il combustibile scelto per il periodo di transizione. Infatti, vi erano molte vulnerabilità nel sistema energetico e del gas. Quando abbiamo colmato le “lacune” nel sistema di sicurezza energetica, era ormai tempo di concentrarsi maggiormente sul clima o sulla più ampia dimensione della politica energetica legata allo sviluppo sostenibile.
Questa è anche un motivo per il quale la Polonia si è unita così in ritardo al processo di trasformazione energetica. Oggi, se si osserva il Piano nazionale sull’energia e sul clima promulgato nel 2019, questo mostra come la Polonia stia provando ad adattarsi a tutti gli elementi dell’Unione dell’Energia.
Secondo il mio punto di vista, il nostro piano nazionale non è sufficientemente ambizioso, specialmente riguardo alla quota dell’energia rinnovabile nel mix energetico. Tuttavia, considerando i cambiamenti già menzionati nei circoli governativi e delle compagnie energetiche negli approcci alla trasformazione energetica, sono abbastanza sicura che ci sarà un progresso nell’uso delle energie rinnovabili di gran lunga maggiore rispetto a quello che viene dichiarato ufficialmente. Tutti sanno che ora è il tempo di investire sulle risorse rinnovabili. In Polonia teniamo una conferenza chiamata EuroPOWER, che riunisce le aziende leader del settore energetico polacco. Pochi anni fa erano solite discutere unicamente temi relative al petrolio e al gas. Negli ultimi tre anni, tuttavia, hanno discusso quasi interamente riguardo allo sviluppo dell’energia rinnovabile in Polonia. Nell’Unione europea abbiamo dunque diverse aree di negoziazione ed interessi competitivi dei differenti Stati membri, ed il settore dell’energia è uno di quelli strategici. Ogni Stato membro dell’UE fa il suo gioco riguardo al settore energetico. Alcuni di essi sono più impegnati nella lotta contro il cambiamento climatico e vorrei che la Polonia si impegnasse di più a presentare il nostro paese come assolutamente certo del fatto che il cambiamento climatico è una considerevole minaccia per la sicurezza. Temo che invece ora questo sia solo uno dei temi al tavolo negoziale dell’UE e che così sia stata trattata fino ad ora la politica energetica e climatica. Naturalmente, la Polonia deve assicurare una transizione giusta. Dobbiamo pensare alle regioni di estrazione del carbone e a come offrire loro una transizione giusta. Ci sono molte dimensioni coinvolte: problemi sociali ed economici emergono accanto ai problemi del settore energetico in quanto tale.”
Circa 90000 lavoratori sono impiegati nelle miniere di carbone polacche. Essi costituiscono un Gruppo di elettori estremamente potente, che gode di uno status speciale nel paese. Ad esempio, sono stati l’unica categoria professionale a ricevere una compensazione salariale del 100% dal governo durante i lockdown imposti dalla pandemia di Covid-19. Quanto è potente la lobby del carbone in Polonia e come potrebbero essere protetti i lavoratori del settore del carbone nel corso del processo di transizione energetica?
“È una lobby molto potente in relazione al governo attuale ma anche rispetto a tutti i governi precedenti. Tutti sono sempre stati molto attenti nei confronti della lobby del settore minerario. Forse l’amministrazione più coraggiosa rispetto a questo tema è stata quella del primo ministro Buzek, che iniziò molti anni fa una riforma per la modernizzazione dell’intero settore del carbone. Non sono un’esperta di politica sociale, ma comprendo che sarà cruciale per gli interessi di questi gruppi, che sono e saranno quelli più colpiti. Questo è stato anche il caso del Regno Unito e della Germania, quando hanno iniziato a chiudere le miniere di carbone. Si tratta di un problema molto serio sul piano sociale. Come professoressa di sicurezza, dico sempre che la sicurezza ha una natura comprensiva, non ci si può concentrare su una sola dimensione. Quindi, dobbiamo sempre ricordare che la politica climatica è parte di una più vasta politica sulla sicurezza ambientale e sullo sviluppo sostenibile. È parte di un quadro più ampio. Sostenibilità significa anche che questa transizione deve essere equa. Sarà fondamentale offrire un’alternativa ai lavoratori del settore del carbone. Per quanto ne so, questo è parte delle negoziazioni sui problemi di natura finanziaria di questa trasformazione nelle aree di estrazione del carbone.
Le compagnie energetiche della Polonia vogliono inoltre liberarsi delle loro attività legate al carbone ed il governo deve trovare la politica migliore possibile.”
Lei ha detto che il piano nazionale annunciato nel 2019 non è abbastanza ambizioso. Più recentemente, il governo ed i sindacati si sono accordati per porre fine alle attività estrattive entro il 2049, una data piuttosto remota se la Polonia deve conformarsi agli ambiziosi obiettivi climatici stabiliti dall’UE. Allo stesso tempo, gli investimenti nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio sono ancora scarsi e carenti. Possiamo quindi dire che il governo è veramente impegnato per il raggiungimento degli obiettivi climatici? Lei crede che queste politiche possano assicurare che il governo incanalerà con efficacia le grandi risorse finanziarie del Just Transition Fund attribuite alla Polonia verso la promozione della trasformazione energetica del paese?
“Quello che posso osservare è che il processo può avvenire molto più dal basso di quanto potremmo pensare. Questo è quello che il mercato delle energie rinnovabili ha dimostrato in Polonia. Nonostante i molteplici ostacoli, il mercato si sta sviluppando abbastanza bene, anche se la quota delle rinnovabili non è notevole ed è vicina al 15%. Quando abbiamo avuto le prime aste per l’elettricità da fonti rinnovabili, tutti erano impressionati perché i prezzi dell’energia prodotta dai parchi eolici onshore si sono rivelati essere più bassi rispetto ai prezzi dell’elettricità di mercato, più bassi rispetto a quelli dell’energia prodotta dalle centrali a carbone. Con i costi delle tecnologie rinnovabili in calo, le compagnie in Polonia stanno già decidendo di lanciare nuovi parchi eolici senza alcun sostegno da parte del governo. Negli ultimi anni abbiamo anche assistito ad un considerevole aumento degli impianti fotovoltaici, a tal punto che il mercato del fotovoltaico è stato quello che è cresciuto più rapidamente fra tutti i settori delle rinnovabili nel nostro paese. In tal senso, si tratta di un approccio prevalentemente dal basso.
Noi assisteremo a questo sviluppo, a prescindere da ciò che succederà in termini di regolamentazioni (ed anche quelle stanno migliorando). Proprio ora è in corso un grande progetto di investimento nei parchi eolici offshore e questo è assolutamente di una priorità assoluta. Nei prossimi anni vedremo che un terzo (o più) della produzione di elettricità può essere fornita dai parchi eolici offshore. Sono assolutamente convinta che il progresso tecnologico in questo settore dimostrerà che l’energia rinnovabile non è soltanto più conveniente ma anche più competitiva in confronto al carbone. In questo senso credo che potremmo vedere progressi maggiori rispetto a quanto è stato annunciato. Ad esempio, alla fine di quest’anno ci avvicineremo ai 3 GW di fotovoltaico, e nessuno si sarebbe aspettato un simile sviluppo degli impianti fotovoltaici in Polonia. Sono più scettica riguardo al livello globale piuttosto che a quello che si otterrà qui. Con l’inizio del 2021 negli Stati Uniti avremo l’amministrazione Biden-Harris e questo cambierà molto, gli Stati Uniti prenderanno nuovamente parte alla battaglia globale contro il cambiamento climatico, ma ovviamente non possiamo aspettarci cambiamenti significativi soltanto in un anno.
La Polonia è un fattore importante nell’Unione europea, ma non per quanto concerne la sicurezza climatica globale. La Cina, gli Stati Uniti, l’India, la Russia e l’UE nel suo complesso sono i principali inquinatori. In Polonia faremo progressi nello sviluppo delle fonti di energia rinnovabile con nuove regolamentazioni e nuovi programmi e strumenti finanziari. Il governo forse non è così esplicito a questo riguardo, perché, se sei troppo esplicito, potresti incorrere in problemi con la lobby del carbone. Non voglio sembrare troppo ottimista, ma riguardo alla politica energetica e climatica della Polonia sono un po’ più ottimista di quanto non fossi qualche anno fa.”
Quale ruolo rivestono il gas naturale ed il GNL nelle strategie energetiche della Polonia? E come queste fonti alternative di energia influenzano l’atteggiamento della Polonia verso la Russia ed altri attori regionali?
“Abbiamo due opzioni, se vogliamo diversificare il nostro mix energetico e abbandonare il carbone. Noi abbiamo firmato per la riduzione delle emissioni di CO2 e all’ultimo summit dell’UE il primo ministro della Polonia ha affermato che andremo verso la decarbonizzazione e raggiungeremo la neutralità climatica, seppure “secondo il nostro ritmo”. Pertanto, abbiamo due opzioni. La prima, probabilmente la più praticabile, è il gas naturale in combinazione con l’energia rinnovabile. Il gas naturale è naturalmente il combustibile di transizione. Adesso stiamo investendo nella costruzione di ulteriori capacità di GNL ma anche in altri progetti quali il Baltic Pipe, per poter essere in grado di importare gas da vari fornitori, diversi dalla Russia, e per assicurare uno stabile approvvigionamento di gas nel caso di qualsiasi tipo di interruzione. Se vogliamo mantenere il gas come combustibile di transizione, dobbiamo essere certi che il suo approvvigionamento è assicurato. Penso che il gas insieme all’energia rinnovabile rappresenti la soluzione più vantaggiosa dal punto di vista economico. È la soluzione migliore, ma il maggiore limite a questa opzione è la geopolitica. Non possiamo essere troppo dipendenti dalla Russia come fornitore di gas. La Russia non può essere l’esportatore dominante che fornisce gas, se questo deve essere il combustibile per la trasformazione energetica. La seconda opzione che la Polonia ha è l’energia nucleare in combinazione all’energia rinnovabile.
Dubito però che questa sia praticabile, prima di tutto perché nella migliore delle ipotesi si tratta di un’opzione per i prossimi decenni, e dire per il 2035 sarebbe estremamente ottimista; in seconda analisi, non lo è per ragioni finanziarie. Potrebbe essere una buona soluzione per quanto riguarda il clima, allo scopo di raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette di CO2. Tuttavia, ho dubbi che questa possa essere una buona linea d’azione in termini di sviluppo sostenibile e di più ampie questioni ambientali. La prima opzione è più economica, più praticabile e ci darebbe il tempo per preparare l’intero mercato ad un mercato dominato semplicemente dall’energia rinnovabile. Credo che i parchi eolici offshore saranno i principali fornitori di energia. E se parliamo dei prossimi quindici anni questo sarà inoltre un enorme progresso in termini di capacità di riserva, di stoccaggio di energia elettrica, ecc. Dobbiamo soltanto avere una mente aperta ed investire in queste opzioni.”
Foto copertina:Foto di Karolina Grabowska da Pixabay