Tenutasi fuori dal Sudafrica per la prima volta a causa della pandemia mondiale, il meeting riunisce i principali attori dello scenario energetico africano. Una panoramica su ciò che accade nel continente.
Dall’8 all’11 novembre 2021 si è tenuta a Dubai l’Africa Oil Week, conferenza sul settore energetico africano che riunisce governi, compagnie petrolifere nazionali e internazionali. Tra gli ospiti l’Unione africana, la United Bank of Africa e il settore delle ONG. Punto focale dell’evento il futuro energetico del continente con particolare attenzione alla transizione energetica, ma anche una riflessione su come destinare le rendite da idrocarburi e gas per migliorare la situazione socio-economica dei Paesi produttori.
Molte risorse ma scarso accesso all’energia
Con sette Paesi all’interno dell’Opec, altri ricchi di riserve petrolifere e con un enorme potenziale in energia verde, il continente potrebbe risultare autonomo dal punto di vista energetico, se non mancassero le infrastrutture. Tradotto: servizi carenti e scarso accesso all’energia da parte della popolazione con conseguenze che si ripercuotono su tutto il sistema socio-economico e politico. Per non parlare dei casi di corruzione nel settore che diminuiscono ulteriormente gli ingressi nelle casse statali.
Per fare un esempio, la Société Nationale des Pétroles du Congo (SNPC) a fine 2020 riportava un passivo di 2,7 miliardi di dollari e i documenti contabili rivelavano inoltre milioni di altri fondi mancanti. La società rappresenta il 50% del PIL definendosi come pilastro importante per l’economia congolese fortemente dipendente dal petrolio, peggiorando così la difficoltà nel pagamento del debito pubblico. A causa della crisi del debito la spesa pubblica è diminuita di oltre il 50% impattando negativamente sulla cittadinanza, sulla gestione e offerta di servizi pubblici. Questa cattiva gestione della compagnia e i casi di corruzione spiegano anche perché la Repubblica Democratica del Congo ricavi poco più del 2% dalle vendite dell’oro nero.
Scandali e sostenibilità degli idrocarburi
Tra gli sponsor dell’Africa Oil Week di Dubai ritroviamo le grandi compagnie petrolifere come ADNOC, Chevron, Shell, Equinor, TotalEnergies ed ENI, le ultime due leader nella produzione africana. Negli anni le compagnie energetiche sono state protagoniste di casi di corruzione e disastri ambientali, emblematico il caso di Shell nel Delta del fiume Niger. La foce nigeriana risulta una delle zone più inquinate al mondo con gli oleodotti costruiti in superficie che, con l’usura degli anni, perdono facendo finire il prodotto nel terreno, inquinando anche le acque, una volta ricche di risorse ittiche sostentamento della popolazione. A questo si aggiungono gli scarti naturali della lavorazione del petrolio che vengono bruciati nell’atmosfera, formando caligine che si deposita nell’intera area.A fianco ai progetti di estrazione del greggio le grandi multinazionali stanno sviluppando progetti finalizzati allo sfruttamento delle energie rinnovabili, affiancando anche iniziative nel campo del sociale. Alcune delle grandi compagnie hanno infatti dichiarato di voler stabilizzare e non aumentare la produzione di idrocarburi a favore delle energie verdi. Ma la realtà è ben diversa.
Il mercato del petrolio procede in ogni caso
Il petrolio africano è da sempre molto ambito per il basso costo del lavoro e per la mancanza di tutele nei confronti dei lavoratori e dell’ambiente. Per quanto la pandemia e l’emergenza climatica in corso abbiano portato ad una maggiore consapevolezza della fragilità del sistema globale e indotto le compagnie petrolifere a sviluppare linee guida e azioni a favore delle fonti rinnovabili, alla diminuzione della CO2 nell’atmosfera il business del petrolio procede per la sua strada.
A settembre ENI ha scoperto un grande giacimento nelle acque della Costa d’Avorio, valutando una stima potenziale compresa tra 1,5 e 2 miliardi di barili. L’amministratore delegato della società Descalzi in un incontro con il presidente Ouattara ha dichiarato che si pensa di avviare l’estrazione dal 2024, ravvivando le aspirazioni del Paese ad entrare nella cerchia dei grandi produttori di petrolio del continente facendo concorrenza al vicino ghanese. Per il Senegal e la Mauritania è il progetto di Gran-Tortue-Ahmeyim a dare speranza nell’ingresso dei due Paesi nel circolo dei maggiori produttori di gas dal 2024, anno in cui partirà la produzione.
Al largo delle coste a nord del Mozambico si sono scoperti giacimenti di gas naturali pronti per essere sfruttati dalla TotalEnergies che per ora ha sospeso le sue azioni a casa dell’instabilità nella zona di Cabo Delgado. Le riserve stimate sono all’incirca il doppio di quelle dell’Algeria, primo produttore del continente, e permetterebbero al Mozambico di entrare nei primi dieci produttori al mondo di questa materia prima.
Afreximbank, banca nigeriana, ha recentemente siglato nella cornice dell’Intra-African Trade Fair un accordo di 1 miliardo di dollari con la compagnia petrolifera nazionale.
Lo sviluppo dei progetti green
All’evento si è annunciata l’inaugurazione nel 2022 del Green Energy Africa Summit che si concentrerà sulla promozione degli investimenti nelle energie a bassa emissione di inquinanti, con l’obiettivo di facilitare il dialogo e l’innovazione sempre con un’attenzione allo sviluppo socio-economico dei Paesi. L’Africa Development Bank è in prima linea per la promozione del nuovo settore energetico africano, con diverse iniziative nelle varie regioni africane. Nella regione del Sahel impulso è stato dato all’energia solare per accelerare lo sviluppo economico. Il Sustainable Energy Fund for Africa aperto nel 2019 ha messo a disposizione più di 150 milioni di dollari per la transizione ecologica. Una nuova piattaforma di scambio di buone pratiche e politiche per le riforme nel campo energetico è stata creata coinvolgendo autorità governative e settore privato per attrarre investimenti esteri nel settore. Esempi positivi si possono trovare lungo il continente, permane però ancora l’intensa attività del settore petrolifero come del resto in tutto il mondo. La transizione non è un percorso rapido, richiederà anni e anni sperando che l’Africa non venga lasciata indietro.
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Foto copertina: Africa Oil Week